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Boccaccio e Decameron

15/10/2022

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CIOVANNI BOCCACCIO Contemporaneo a Petrarca ma non sente le contraddizioni causate dal passare da medioevo e umanesimo. La sua scrittura risente del medioevo ma è più caratteristica dell'umanesimo, la sua opera più famosa, il Decameron ha uno stile infatti umanistico. Al centro della sua poetica c'è l'uomo, egli non è proiettato verso un mondo spirituale, ma più verso l'uomo. Ci sono dei riferimenti alla letteratura medievale nelle sue opere giovanili e secondarie, principalmente commedie, elegie e canti. Nasce nel 1313 a Firenze, da padre mercante illegittimo, compie i primi studi a Firenze. Suo padre si reca a Napoli quando lui ha più o meno 16 anni perché diventa socio di una potente banca Fiorentina che finanziava la corte di Napoli, degli Angiò, e ne amministrava gli affari, siccome il padre voleva indirizzare il figlio alla medesima carriera lo porta con se a Napoli per fargli fare un po' di pratica mercantile, rimane in quel luogo per circa 13 anni, questo soggiorno ha inciso profondamente nella sua formazione letteraria, inizia a fare il mestiere del padre e viene quotidianamente a contatto con molte persone, mercanti, gente di mare, avventurieri, intellettuali. Napoli in quel periodo era uno dei centri economici e politici più importanti del mediterraneo. In Boccaccio inizia a maturare uno spirito di...

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Didascalia alternativa:

osservazione, conoscenza dei caratteri, dei costumi, di vari strati sociali, viene a contatto con un'esperienza assolutamente uniforme e completa. Tutte queste caratteristiche verranno trovate nel Decameron, dove il poeta saprà definire molto peculiarmente i personaggi, presentando tutti gli strati sociali con le loro esigenze, ad esempio il popolo, i mercanti, i borghesi, gli intellettuali, gli aristocratici. Essendo venuto a contatto con questa multiforme realtà è divenuto molto bravi a descrivere i suoi personaggi. Boccaccio, grazie alle amicizie che il padre aveva ha la possibilità di partecipare alla vita aristocratica napoletana. Nella sua vita egli vive due esperienze: La vita borghese, (mercanti, artigiani, commercianti) La vita cortese, legato alla nobiltà Quando Boccaccio si riferirà ad una mentalità borghese e concreta si dimostra più vicino alla corrente dell'umanesimo e alla mentalità umanistica, mentre quando parlerà di personaggi della sfera nobiliare sarà più vicino alla mentalità feudale e medioevale. Quando è a Napoli (1327-1340) egli comprende che ha una vocazione letteraria, tradisce le aspettative del padre che lo voleva o mercante o banchiere. In un primo momento nei suoi studi si avvicina alla letteratura medioevale, in particolare ama i romanzi cavallereschi e la letteratura cortese, ma sotto lo stimolo di importanti intellettuali si avvicina allo studio dei classici latini, ammira i poeti stilnovisti, come Dante e Petrarca. Questi primi trent'anni della sua vita vengono troncati nel 1340 di colpo, da una crisi della banca del padre (banca dei Bardi), che fallisce ed egli è costretto a lasciare Napoli e tornare a Firenze, la sua vita cambia, da passare una vita tra nobili e cortesi ora deve stare ad una vita stretta ed un po' grigia. Per fare lo scrittore inoltre doveva o avere tanti soldi oppure doveva diventare chierico, lui trova una sistemazione verso vari signori, per un po' di anni coltiva la speranza di restare legato comunque alla corte napoletana o a qualche signore legato alla corte angioina, queste speranze vengono poi deluse. Negli ultimi anni e determinante per lui l'amicizia con il suo coetaneo Petrarca, che si sviluppa in due modi o attraverso incontri o attraverso lo scambio di informazioni letterarie, Boccaccio considera Petrarca il suo maestro e approfondisce grazie a lui il suo amore per i classici. Abbandona poi l'idea di una letteratura intesa come diletta, che deve far piacere e divertire le persone, anche rivolta ad un pubblico non letterato, inizia a scrivere cose più impegnate, con un obiettivo morale, viene colpito da un Travaglio religioso e sceglie la condizione di chierico anche lui e riceve dal papa l'autorizzazione di avere una delle anime. Questa crisi spirituale si ha anche in un periodo politica, perché nel 1360 fallisce una congiura contro qualche signore del tempo in cui erano implicati gli amici di Boccaccio, ciò lo mette in cattiva luce e viene allontanato da ogni incarico pubblico e si ritira nel suo borgo che gli aveva dato i suoi Natali, Certaldo, conduce una vita isolata dedita alla letteratura e stesura di opere erudite. Intorno al 1365 torna ad avere incarichi pubblici, la sua casa diventa un luogo di incontro per intellettuali, questi costituiscono il primo nucleo di umanesimo fiorentino. La sua ultima fatica è quella di commentare la 'commedia' su incarico del comune di Firenze e le da il nome di 'divina'. Muore poi nel 1375. IL "DECAMERON" Raccolta di 100 novelle inquadrate in una cornice narrativa. Scritto intorno al 1348 quando lui è a Firenze. Scritto fra il 1348 e il 1353. Nel 1348 è arrivata la peste a Firenze, a questo punto Boccaccio immagina che dieci ragazzi, sette donne e tre uomini, nobili, decidono di scampare alla peste e trovare rifugio in campagna. Questi dieci giovani organizzano la loro vita con banchetti, canti, balli, giochi e decidono di raccontare ogni giorno una novella ciascuno. Quotidianamente viene eletto dalla brigata un re o una regina a cui tocca il compito di fissare un tema da cui poi dovrà nascere la novella, poi ogni giornata e chiusa da una conclusione composta da una ballata cantata da ognuno dei giovani. I personaggi sono: Fiammetta, Panfilo, Filostrato, nomi che richiamano opere precedenti del Boccaccio; Lauretta, preso ispirazione da Petrarca; Elissa da Didone; Dioneo che allude alla dea venere, figlia di Dione. L'esercizio del raccontare occupa 10 giorni esclusi venerdì e sabato, da cui viene il nome dell'opera (dal greco 'di dieci giorni'). Il titolo conferma questo amore per la letteratura classica. Argomenti trattati nelle novelle: 1ª giornata: regina Pampinea, sceglie il tema libero 2a giornata: regina Filomena, sceglie il tema di novelle con un lieto fine 3ª giornata: regina Neifele, sceglie il tema del raggiungimento di un obiettivo attraverso l'industria (ingegno e laboriosità) 4ª giornata: re Filostrafo, sceglie il tema dell'amore senza lieto fine 5ª giornata: regina Fiammetta, sceglie il tema dell'amore con lieto fine 6ª giornata: regina Elissa, sceglie il tema di chi riesce a superare una certa situazione con un motto 7ª giornata: re Dionio, sceglie il tema degli inganni delle donne 8ª giornata: regina Lauretta, sceglie il tema della beffa 9ª giornata: regina Emilia, sceglie il tema libero 10ª giornata: re Panfilo, sceglie il tema di coloro che agiscono in modo generoso e magnifico raggiungendo degli obiettivi Struttura Proemio Il libro di apre con un proemiò che chiarisce gli argomenti che saranno trattati. Boccaccio si preoccupa di giustificare un po' questo libro dicendo di averlo scritto perché vuole liberare coloro che sono afflitti dalle pene d'amore, in particolare si rivolge alle donne, si chiede perché le donne soffrano più degli uomini e risponde dicendo che gli uomini sono dediti a diversi lavori e sono impegnati, le donne non avendo ciò non riesco a sfogare i loro sentimenti da,ore in altre preoccupazioni e quindi vuole rivolgersi a queste donne, più precisamente a quelle che amano e che sentono che l'amore le nobilita (ascendenza stilnovista), l'amore è assunto come simbolo di questo nobile sentire, civile costume. Si capisce subito che il Decameron si colloca nella letteratura con finalità di intrattenimento, intesa proprio per intrattenere piacevolmente un pubblico non composto di personaggi di professione, perché le donne erano escluse dagli studi e dalla cultura, si vuole rivolgere ad un pubblico raffinato ed elegante, alle donne in particolare perché possiedono più difficilmente il modo per sfogare le pene d'amore perché a loro sono vietati il gioco e la caccia, attività che possono tenere occupato l'uomo. Il motivo amoroso si trova in gran parte delle novelle. Narrazione Quando descrive la prima giornata Boccaccio fa la descrizione della peste, la vede come un flagello che disgrega la società e procura una degenerazione delle norme sociali, uno sfaldamento dei valori sociali. Per questo motivo l'obiettivo di questi giovani è di ritrovare quelle norme sociali distrutte dalla peste. La peste fa da cornice a quest'opera per far capire che questi giovani stanno cercando di ricostruire queste norme ormai distrutte, attraverso forza, intelligenza e astuzia, la cornice da un senso di equilibrio. Si delinea una letteratura laica, mondana, svincolata dagli elementi sacri e mondani Lo scopo Lo scopo è quello di insegnare all'individuo come superare le avversità e imporre il proprio dominio sulla realtà che molto spesso è regolata dalla fortuna, eventi irrazionali, casuali che capitano all'uomo che non possono essere predetti, secondo Boccaccio però l'uomo può far fronte attraverso le sue capacità a questa; inizia ad avere fiducia nelle sue capacità, si sente al centro del mondo e comincia a capire che può essere lui artefice del suo destino (homo faber fortunae suae) Per Boccaccio è importante maneggiare il denaro in maniera accorta, parsimoniosa, prudente e diligente, attraverso uno scambio che deve essere vantaggioso, Boccaccio vuole proprio fare un analisi delle basi economiche e materiali della realtà, però in lui non c'è più quella condanna religiosa dell'avidità, dell'avarizia.analizza con compiacimento questo istinto umano di accumulare denaro, che però deve essere intelligente. Tema dell'industria Industria: iniziativa umana che sa superare le avversità della fortuna e da quelle poste dagli uomini attraverso l'astuzia e il ligerà e la realtà attraverso ì proprio fini, valore tipico della civiltà mercantile, che vuole esaltare l'iniziativa dell'individuo e la sua capacità di creare la realtà. Tema della rappresentazione del mondo cavalleresco: Ispirato soprattutto alla cortesia e in fusione con il mondo mercantile, per esempio crede che questa nuova realtà del denaro e dell'accumulo possa conservare comunque il gusto della cortesia e del vivere splendido, della magnanimità. Questa fusione viene vissuta direttamente dallo scrittore, quando a Firenze si crea una nuova classe dirigente, formata da mercanti e banchieri che sentono veramente il fascino dell passare civiltà cortese e cerca di assimilarne i valori e la sua cultura. Boccaccio si presenta come intellettuale che grazie alla sua esperienza multiforme vuole dare vita a questo esperimento sociale che ha come obiettivo la fusione di questi due mondi: quello feudale, cortese e mercantile. La borghesia che auspica questa fusione, una volta raggiunto l'obiettivo, chiude ogni possibilità di un ulteriore processo dinamico, esclude ogni possibilità di accesso ai ceti inferiori, per esempio gli artigiani, i piccoli mercanti, i lavoratori ecc.. Tema della fortuna: La fortuna e una forza capricciosa e imprevedibile, irrazionale e purtroppo la vita dei mercanti è sottoposta continuamente alla fortuna, che da una parte può favorire un'iniziativa e dall'altra può portare al fallimento. Fortuna come complesso di forze accidentali non regolate da forze e volontà superiori, può essere considerata come caso (visione assolutamente laica, che ritaglia una sfera autonoma). Homo faber fortunae suae. Tema dell'amore Tema che muove l'iniziativa di molti personaggi, analizzato da Boccaccio in una prospettiva assolutamente laica e terrena, è una forza che scaturisce unicamente dalla natura, quindi una forza di per se sana e positiva e sembra assurdo provare a fermarla. Viene rappresentato in moltissime forme: ingentilimento dell'uomo, può portare individui rozzi ad avere una certa grandezza d'animo; come raffinatore delle capacità dell'individuo per fare in modo che l'individuo raggiunga i suoi obiettivi. L'amore viene visto come poco pudico, fondato sull'adulterio, fondato sulla beffa, amore infelice, rapporto tra amore che porta alla morte, novelle di argomento erotico (non c'è mai una grossolanità oscena, l'autore mantiene sempre un certo equilibrio e contegno). Tema della realtà multiforme, analisi della realtà in tutti i suoi aspetti: Vengono analizzati tanti aspetti della società, tante figure (altolocate come re, feudatari, grandi feudatari, alto e basso clero; figure medie come mercanti, banchieri, aristocrazia cittadina; svariate professioni come bottegai, artisti; plebe urbana; abitanti della campagna) appartenenti a tante sfere sociali. Così come il mondo sociale anche quello naturale è studiato, le novelle sono ambientate in diversi luoghi come campagna, città (importante perché luogo degli scambi, dei traffici, di una viva socialità, luogo d'incontro delle persone, spesso caratterizzata come labirinto di strade, che indica le difficoltà che il personaggio deve attraversare per raggiungere i propri obiettivi), nel mare (spazio molto caro nella mentalità del Boccaccio, perché imprevedibile e che va temuto, muta in maniera imprevedibile e diventa metafora della fortuna). Non c'è una dispersione di questa molteplicità, la realtà multiforme in realtà viene ordinata in metodi armonici, nelle novelle è possibile, nella cornice, trovare delle simmetrie. Esempio: nella prima novella si parla di sir. Ciappelletto, peggior uomo mai vissuto, si mettono in luce i vizi degli uomini; l'ultima novella è dedicata invece ad una virtù sublime, dedicata a Griselda, si mettono in evidenza le virtù degli uomini, il centro di queste novelle e rappresentato nella 6ª giornata, dedicata ad esaltare l'arte della parola e del linguaggio, tematica molto importante perché è una dote dell'uomo e può modificare, attraverso questa, la realtà e raggiungere i propri fini e obiettivi. Simmetricamente rispetto alla 6a giornata, la 4ª e la 5ª sono dedicate all'amore e altre due giornate, la 7ª e l'8ª dedicate all'intelligenza umana. L'atteggiamento del Boccaccio nei confronti della realtà è laico, nel Decameron è assente il mondo sovrannaturale, luogo dove vengono esaltati i valori e i vizi dell'uomo, l'amore definito come forza analizzata in tutte le sue sfumature, l'uomo dotato d'intelletto, l'uomo dotato d'industria (fabbro del proprio destino); mentre Dante ha una visione verticale, mondo terreno proiettato in modo trascendente, quella del Boccaccio è orizzontale perché non ha una spinta verso il soprannaturale, il mondo di Dante ha un ordinamento gerarchico subordinato all'uno (Dio), quello di Boccaccio vuole investigare il molteplice. Caratterizzato dal motto pungente e acuto, si raccontano situazioni simpatiche, indirizzate a persone non letterate che riescono a trovare nella letteratura un'occupazione non Tecniche narrative: -Tipologie narrative: Novelle che hanno impianto prevalentemente narrativo, c'è uno sviluppo dell'azione Novelle di tipo scenico, molto ricche di dialoghi, botta e risposta, meno riflessive Novelle brevissime, incentrate sulla battuta finale, il motto finale che può ribaltare completamente la situazione precedente --Narratori: Di primo grado, onniscienti, esterni rispetto alle novelle -Focalizzazione: Zero, il punto di vista è normalmente quello del narratore onnisciente, anche se il punto di vista diventa quello dei personaggi, vocalizzazione interna -Tempo: La fabula (ordine cronologico) e l'intreccio (flashback e flashforward) coincidono -Durata: Varia, il tempo del racconto può coincidere o essere maggiore di quello della storia, in casi di discongruenza si usa il riassunto, sommario --Spazio: Spazio vario, molto spesso definito e corrispondente a luoghi geografici specifici (Firenze, Napoli, Perugia), lo spazio non è mai oggetto di descrizioni fini a se stesse, ma fa da sfondo alle vicende dei personaggi, si integra molto bene con il loro nome La lingua All'interno del Decameron si trova un molteplice realtà, che corrisponde ad una pluralità di registri stilistici in quanto troviamo diversi in base alla condizione sociale del personaggio, il linguaggio varia a seconda delle condizioni del parlante (stile drammatico, linguaggio elevato; stile comico, linguaggio basso e semplice). Si deve distinguere la lingua della voce narrante (voce dell'autore, linguaggio elevato e sostenuto, caratterizzato dalla presenza di caratteristiche latine, classiche, presenza di figure retoriche) da quella dei personaggi (dipende dalla loro condizione sociale e dagli argomenti) Lessico: Si può trovare il fiorentino letterario, francesismi, modi vernacolari, dialettali SER CIAPPELLETTO Ciappelletto uomo pessimo, tema della giornata: uomini di bassa virtù, è dedito all'omosessualità, al gioco e ad atti violenti, persona poco affidabile che ad un certo punto si trova in difficoltà economica, così parte per la Borgogna, città della Francia e viene ospitato da due fratelli fiorentini che fanno gli usurai e nel mentre si ammala gravemente e i due fratelli iniziano a preoccuparsi, il problema sta nel fatto che se egli morisse nella loro casa, dovrebbe essere sepolto in terra sconsacrata e avrebbe causato problemi alla fama dei due fratelli, di fama già non immacolata; dall'altra parte i due fratelli non se la sentono neanche di lasciare quest'uomo per strada, sanno anche che se egli si confessasse non sarebbe mai perdonato. Sir Ciappelletto chiama i fratelli dopo averli sentiti e propone un piano, chiamare un frate, confessarsi e fingere di essere un santo uomo, colui che effettivamente non è. Sir Ciappelletto si presenta al frate come un uomo santo e il frate cerca di consolarlo dicendogli che i suoi peccati sono di poco conto, gli viene detto che ha peccato con donne, di non aver praticato usura, di aver praticato irà contro i peccatori e aver parlato male di un marito per salvare la moglie dai soprusi e gli dice che una volta ha sputato in chiesa perché era soprappensiero e gli dice che il suo peccato maggiore e quello di aver insulator sua madre. Non solo egli viene perdonato, viene seppellito in terra santa e gli venne fatto un tale funerale che venne definito santo. I critici hanno dato varie interpretazioni a questa novella Luigi Russo: ha interpretato la confessione del frate come una gratuita, mossa dalla beffa, dall'inganno e Ciappelletto risulta essere un bravissimo attore Giovanni Getto sostiene che Ciappelletto sia stato mosso da questa ragion di mercatura, ossia un principio che induce a subordinare qualsiasi sentimento morale o civile all'interesse economico e non mi interessa se per raggiungerlo devo compiere azioni non moralmente concepibili, la ragion di mercatura e una caratteristica che domina il mondo dei mercanti, degli usurai della Borgogna, quindi fondamentalmente Sir Ciappelletto aiuta e salva questi fratelli che altrimenti sarebbero incorsi in un fallimento economico. Si dice che in questa novella c'è un tema centrale del Decameron, quello di esaltare la virtù umana, il saper vivere, l'industria, quindi Boccaccio ha voluto evidenziare in questi personaggio il saper superare gli ostacoli attraverso la parola. Questo uso della parola e un tema molto caro nella letteratura del Boccaccio, questa celebrazione del saper vivere pone in secondo piano ogni giudizio morale, perché Boccaccio si concentra sull'intelligenza e astuzia si questo personaggio, non mette in discussione le norme sociali e civili. Di fronte a questo personaggio si collocano degli anti-eroi, il frate che crede alle parole di Sir Ciappelletto e il popolo che arriva addirittura a celebrarlo come un santo. La credulità sciocca del popolo Giovanni Boccaccio nel Decameron, l'opera di cento novelle raccontate da sette donne e tre uomini nell'arco di dieci giorni, scrive di una straordinaria varietà di personaggi, di ambienti sociali, di situazioni. In tale moltepli à tuttavia c'è una protagonista, la società mercantile, rappresentata nell'opera più volte sia nella sua positività che nella sua negatività. Questo mondo è talmente fondamentale come tema del Decameron che viene significativamente trattato sin dall'inizio nella novella della prima giornata ("Ser Ciappelletto") in tutti i suoi aspetti: se da un lato mette in rilievo la saggezza, la responsabilità, l'intelligenza del mercante, dall'altro critica e ammette l'immoralità di tutti quei procedimenti commerciali che vengono messi in atto per il solo gusto dell'accumulare, vede Ciappelletto come l'esponente tipico del mondo dei mercanti e degli usurai italiani in Borgogna: la sua messinscena con il frate sarebbe dettata dallo spirito di solidarietà tra mercanti e dall'intento di aiutare i due mercanti fiorentini, anche a costo della dannazione eterna. È probabile che Boccaccio, abbia voluto celebrare l'astuzia, l'intelligenza e la capacità di adattamento dell'uomo che gli consentono di adattare il mondo alle proprie esigenze. La capacità di adattamento, di reazione è ciò che contraddistingue la nuova classe sociale e in base a queste, ci informa il Boccaccio, bisognerebbe procedere nella valutazione degli uomini. Il sottile umorismo che accompagna le vicende umane, la beffa, il mondo come retto ormai dalla forza dell'espressione, della parola, nel quale è superfluo un commento moralistico, questi sono i nodi tematici principali che, fin da subito, vengono chiariti. ANDREUCCIO DA PERUGIA Tema centrale dell'industria, saper vivere, quest'umana industria che permette ad un uomo di superare gli ostacoli e superare situazioni difficili, inizialmente andreuccio non si presenta come l'antintesi dell'eroe del Boccaccio, il suo esatto opposto. Ci viene presentato come giovane ingenuo e inesperto che si trova calato di colpo in un mondo ben più insidiosa di quello a cui era abituato, perché Perugia non era una grande città, ma un paese e si ritrova buttato nella città di Napoli, ch era la più grande città del mediterraneo. Andreuccio cambia e nel corso della novella si redime da questa condizione negativa e passa a diventare una persona che ha capito come sapere vivere, un elemento importante è il suo processo di formazione, attraverso una serie di difficoltà ed esperienze diventa più scaltro e si prepara a affrontare le insidie della società e quando si libera dal sepolcro si può definire uno degli eroi dei Boccaccio, uno di quelli che ha capito come sapere vivere. Questo processo di formazione fa si che ripari il danno economico subito e risarcirlo conquistando l'anello dell'arcivescovo, il fatto che lui si appropri di questo anello non è un'azione lodevole, perché fondamentalmente si è dimostrato un ladro, rubare l'anello è un furto, un sacrilegio, ma Boccaccio mette tra parentesi questo giudizio morale, non lo giudica secondo il suo agire, ma gli interessa far capire il saper vivere. Tematica della fortuna, che si dimostra antagonista di Andreuccio, e il caso che fa incontrare al mercato andreuccio e la vecchia, nell'incontro con i ladri, quando Andreuccio cade nella latrina, nell'incontro con i due sbirri e nella seconda banda di ladri; in questa novella all'azione umana sembra riservata una parte più grande rispetto la fortuna, questa si accanisce contro Andreuccio solo perché egli non è in grado di contrastarla. In molte novelle del Boccaccio la fortuna sembra prevalere rispetto alle azioni dell'uomo, qui e il contrario, l'industria prende parte maggiore, la fortuna viene sottomessa alla capacità dell'individuo. Lo spazio è racchiuso all'interno della città, e uno spazio labirintico, andreuccio per esempio si perde, questo spazio è uno spazio che genera continui incontri, sorprese che si accorda perfettamente con motivo della fortuna, perché imprevedibili e capricciosi. Il tempo è in particolare il tempo notturno, tempo propizio agli intrighi, che favorisce le imprese, i sotterfugi, che sembra anch'esso accordarsi con questo tema della fortuna. La struttura narrativa è un intreccio che a sua volta si divide in tre sequenze, la prima può essere rappresentata dal tranello della siciliana; la seconda dal vagabondare e dagli incontri notturni, in uno spazio labirintico e nel tempo notturno, incontri dettati dal caso; la terza sequenza è rappresentata dal furto della cattedrale. Il momento critico comune nelle tre sequenze è quello del pericolo, segnato da un movimento dall'alto verso il basso, caratterizzato da una discesa, da una caduta, dal basso verso l'alto, da uno spazio chiuso ad uno aperto, ciò ha un valore, nelle civiltà arcaiche caratterizzate da riti di iniziazione, riti che provvedono la calatura di ragazzi in un pozzo mentre viene violato fisicamente e mentalmente, viene fatto risalire e si testa come ha affrontato questa prova fino a che questo ragazzo 'muore' e 'rinasce' l'adulto, in analogia andreuccio è diventato un uomo accorto e sicuro di se, ha acquisito l'industria. Ci si può chiedere perché nel Decameron persistano questi residui di culture arcaiche, il tramite tra questi è costituito dal patrimonio fiabesco in cui si conserva la memoria di questi riti di passaggio, la novella di andreuccio stessa è una fiaba, ne ha le caratteristiche; un critico ne ha rintracciato le caratteristiche, come l'elemento dell'allontanamento-andreuccio si allontana da casa per andare a Napoli, il divieto e l'infrazione-andreuccio viola il codice della prudenza al mercato, mostra a tutti i suoi fiorini d'oro, il danneggiamento-perdita dei soldi sottratti dalla vecchia siciliana, la marchiatura- andreuccio viene calato nella latrina e si imbratta di sterco, la persecuzione-chiusura nella tomba, il salvataggio-salvezza dalla banda di ladri e ritorno con il rubino. Il discorso narrativo, colpisce soprattutto la voce del narratore eterodiegetico, non presente nel racconto ma onnisciente, conosce tutto, spesso interviene a pronunciare giudizi soprattutto sulle ingenuità e gli errori di andreuccio, il racconto dei fatti è spesso focalizzato sul protagonista, sappiamo sostanzialmente soltanto quello che andreuccio sa, ciò consente di prevedere gli sviluppi futuri dell'azione, essenziale per creare un clima di suspense, sorpresa che dom in tutta la novella, fa sentire ancora di più l'incidenza e il capriccio più incidente della fortuna COMPITO ANDREUCCIO DA PERUGIA 1. Andreuccio si trova a napoli per scambiare i suoi 500 fiorini con dei cavalli 2. La siciliana di presenta come sua sorella, figlia di un amante di suo padre, quando invece era una semplice sconosciuta 3. La struttura narrativa è un intreccio che a sua volta si divide in tre sequenze, la prima può essere rappresentata dal tranello della siciliana; la seconda dal vagabondare e dagli incontri notturni, in uno spazio labirintico e nel tempo notturno, incontri dettati dal caso; la terza sequenza è rappresentata dal furto della cattedrale. Andreuccio, che non si è mai allontanato da Perugia, è un “cozzone” (cioè, un mercante) di cavalli assai giovane ed ingenuo, che, giunto a Napoli per concludere qualche buon affare, fa sfoggio della sua ricchezza sulla piazza del Mercato: Andreuccio viene così notato da una prostituta siciliana ("una giovane ciciliana bellissima, ma disposta per piccol pregio a compiacere a qualunque uomo", spiega Boccaccio), che cerca di derubarlo: dopo aver visto il giovane salutare con trasporto un'anziana donna, anch'essa siciliana, chiede a quest'ultima notizie sul giovane, per poi fingersi sua sorella, figlia di un'amante conosciuta dal padre durante un viaggio nell'isola 2. Il ragazzo viene invitato dalla donna nella sua casa, nella contrada Malpertugio, un quartiere malfamato di Napoli. Il giovane è commosso dalla rivelazione della donna ("questa favola, così ordinatamente, così compostamente detta da costei"), al punto da fermarsi a cena e poi, su insistenza della presunta sorella, a dormire lì. Spogliatosi dei suoi vestiti e della bisaccia con i denari così ambiti, Andreuccio si reca nella latrina (il "chiassetto"), dove c'è un'asse schiodata che funge all'uso. Il protagonista vi scivola dentro, senza tuttavia subire danni fisici dalla caduta nella fogna; mentre la donna s'impossessa dei denari, il giovane inizia così a gridare e a richiamare l'attenzione del quartiere. Interviene il ruffiano della prostituta, che invita il ragazzo ad andarsene per evitare problemi più gravi. Direttosi verso il proprio albergo, Andreuccio incontra poi due ladri, che lo scovano nonostante egli si sia rifugiato in un casolare: i due gli spiegano che è stato fortunato ad essere caduto fuori dalla casa della prostituta, perché se fosse rimasto là sarebbe stato senza dubbio ucciso. I due delinquenti raccontano poi al giovane che hanno intenzione di derubare il cadavere dell'arcivescovo Filippo Minutolo, gran dignitario del Regno napoletano, che, morto da poco, è stato seppellito con ornamenti e oggetti preziosi nel duomo partenopeo. Andreuccio (nuovamente ingannato da chi è più esperto di lui della vita ma soprattutto desideroso di recuperare la fortuna perduta) decide di partecipare al furto. I due ladri, però, obbligano il giovane a lavarsi, data la puzza che emana. Viene calato così in un pozzo vicino alla chiesa, ma viene subito abbandonato dai due, a causa dell'arrivo di alcune guardie di giustiza. Queste, assetate, tirano su la corda a cui era appeso il giovane e alla sua vista, colti dal terrore, fuggono. Andreuccio incontra nuovamente i ladri, cui racconta il proprio rocambolesco "salvataggio" e con cui attua finalmente il furto. Scoperchiata la tomba in marmo dell'arcivescovo i due criminali obbligano il ragazzo a introdursi nel sepolcro e a consegnare loro gli oggetti preziosi. Andreuccio, capendo che i ladri vogliono nuovamente abbandonarlo, una volta ottenute tutte le reliquie, tiene per sé un anello. I due chiudono poi nella tomba il giovane, che sviene per il terrore della morte e il puzzo del cadavere. Mentre Andreuccio si tormenta sul proprio destino sciagurato, sopraggiungono altri due ladri che aprono l'arca. Un prete prova a calarsi all'interno, ma Andreuccio, cogliendo l'occasione favorevole, gli afferra la gamba, terrorizzando lui e i due malfattori, che fuggono immediatamente. Finalmente libero, il protagonista esce dalla cripta e torna a Perugia, con l'anello dell'arcivescovo. 4. cozzone mercante contezza familiarità fanticella serva • soperchia eccesso • villania inciviltà panni da gamba=brache bacalare-lucerniere • • il cattivel d'Andreuccio= • scarabone scarafaggio • putisse=puzzare • dopo lunga tencione=dopo lunga tensione 5. Lo spazio è racchiuso all'interno della città, e uno spazio labirintico, andreuccio per esempio si perde, questo spazio è uno spazio che genera continui incontri, sorprese che si accorda perfettamente con motivo della fortuna, perché imprevedibili e capricciosi. 6. si evince che è sciocco dal fatto che crede subito alla donna che si spaccia per sua sorella e che accetta il suo invito a casa sua e anche dal fatto che lascia i suoi fiorini incustoditi a casa di una donna mai vista 7. riti sacrificali, riti di iniziazione, riti che provvedono la calatura di ragazzi in un pozzo mentre viene violato fisicamente e mentalmente, viene fatto risalire e si testa come ha affrontato questa prova fino a che questo ragazzo 'muore' e 'rinasce' l'adulto, in analogia andreuccio è diventato un uomo accorto e sicuro di se, ha acquisito l'industria. 8. fortuna, che si dimostra antagonista di Andreuccio, e il caso che fa incontrare al mercato andreuccio e la vecchia, nell'incontro con i ladri, quando Andreuccio cade nella latrina, nell'incontro con i due sbirri e nella seconda banda di ladri; in questa novella all'azione umana sembra riservata una parte più grande rispetto la fortuna, questa si accanisce contro Andreuccio solo perché egli non è in grado di contrastarla. 9. andreuccio da essere un uomo ingenuo che non aveva mai avuto esperienze col mondo viene, come si suol dire, bastonato dalla vita appena mette piede fuori dalla città di perugia e viene così formato da questa esperienza che lo porta ad avere industria e diventare una versione migliore di ste stesso. LISABETTA DA MESSINA Riassunto: Lisabetta è una giovane ragazza messinese, orfana di padre, che vive insieme ai suoi tre fratelli, originari di San Gimignano e divenuti ricchi conducendo affari e commerci particolarmente redditizi. La giovane donna, non ancora maritata, commette lo sbaglio d'innamorarsi di Lorenzo, un modesto ragazzo di Pisa che aiuta i fratelli nel loro lavoro. Il giovane appartiene a un ceto inferiore a quello di Lisabetta e di conseguenza il loro amore assume immediatamente implicazioni sociali assai complicate per l'epoca, esemplificate dalla mentalità ristretta dei tre fratelli, rispetto alla quale invece la passione tra i due protagonisti si afferma come qualcosa di assolutamente spontaneo e naturale. Dice infatti Boccaccio: Di che Lorenzo accortosi 1 e una volta e altra, similmente, lasciati suoi altri innamoramenti di fuori, incominciò a porre l'animo a lei; e si andò la bisogna che, piacendo l'uno all'altro igualmente, non passò gran tempo che, assicuratisi 2, fecero di quello che più disiderava ciascuno. Se la "bisogna" (ovvero, la situazione che nasce tra i due) sembra promettere un esito felice della vicenda (come nelle novelle della quinta giornata), lo sviluppo successivo sarà tragico. I tre fratelli infatti, una volta scoperto che la sorella si reca nottetempo dal suo amante, decidono di contrastare con ogni mezzo la loro unione, che nella loro ottica affaristica (Lisabetta è ancora nubile) mette a rischio il decoro e il buon nome della famiglia. Inducono così Lorenzo a seguirli fuori città con una scusa, e una volta usciti da Messina lo assassinano e ne occultano il corpo. Tornati a casa giustificano l'assenza del loro giovane aiutante dicendo a tutti che si trova altrove per motivi di affari, e convincono di ciò anche la povera Lisabetta. Quando l'assenza di Lorenzo diventa però sospetta, protraendosi per troppo tempo, la giovane donna innamorata comincia a disperarsi. Una notte il defunto compare ad animare i sogni di Lisabetta, rivelandole di essere stato ucciso dai fratelli, e mostrandole il luogo dove è stato sepolto da questi. La ragazza, presa da sconforto e disperazione, escogita un piano per recuperare il corpo di Lorenzo. Ottiene infatti il permesso dei fratelli di fare una gita in campagna con una fidata donna di servizio, Lisabetta si reca sul luogo indicatole in sogno dall'amato. Qui ne disseppellisce il cadavere, e, non potendogli dare più degna sepoltura, gli taglia la testa per poter conservare vicino a sé almeno un ricordo del suo innamorato. Tornata a casa, Lisabetta nasconde la testa di Lorenzo in un vaso ("un testo di bassilico", dice Boccaccio introducendoci alla narrazione) e la copre con una profumatissima pianta di basilico, che cresce in modo assai rigoglioso. Ogni giorno Lisabetta piange e si dispera sul vaso di basilico, trasferendo su questo l'amore e la passione insopprimibili per l'amato Lorenzo: E per usanza aveva preso di sedersi sempre a questo testo vicina e quello con tutto il suo disidero vagheggiare, sì come quello che il suo Lorenzo teneva nascoso: e poi che molto vagheggiato l'avea, sopr'esso andatesene cominciava a piagnere, e per lungo spazio, tanto che tutto il basilico bagnava, piagnea. Il comportamento di Lisabetta insospettisce i vicini, che segnalano l'anomalia ai fratelli; questi ultimi decidono quindi di requisirle la pianta e, dopo averci trovato all'interno la testa dell'amato, di far sparire il tutto. Timorosi che la vicenda e il delitto da loro compiuto diventino di dominio pubblico, abbandonano Messina e si trasferiscono a Napoli, portando con loro Lisabetta. La ragazza, già ammalatasi dopo la sottrazione della pianta, muore di lì a poco di dolore. Il suo amore disperato - ci dice Filomena, narratrice degli eventi - viene ancor oggi ricordato in una struggente canzone, che ricorda il furto della pianta. L'amore e il dramma di Lisabetta Con questa novella Boccaccio difende la forza del sentimento amoroso, che, espressione di un istinto naturale e irrefrenabile, non deve essere assolutamente represso, tantomeno per motivazioni economiche o di gerarchie sociali. Il tema è in sintonia con quanto l'autore afferma nell'importantissima Introduzione alla quarta giornata dove, spezzando il meccanismo narrativo della "cornice", Boccaccio specifica e precisa la propria posizione in merito: l'amore è pulsione naturale e spontanea dell'uomo e della donna, e non dovrebbe per nessuna ragione essere impedito, in quanto le forze dell'istinto sono superiori a quelle della società o della morale. Le conseguenze drammatiche dell'opposizione ad un amore spontaneo e sincero sono messe in luce sin dalla caratterizzazione dei personaggi principali della novella; i fratelli, dominati solo dalla logica della "mercatura" e dalla necessità di conservare il buon nome della famiglia, considerano Lisabetta alla stregua di un oggetto, da portare ad un matrimonio utile e conveniente. All'opposto, Lorenzo si qualifica, nella breve descrizione che gli viene concessa, come un giovane "assai bello della persona e leggiadro molto": le virtù fisiche e il suo bell'aspetto si impongono rispetto alla sua umile origine. Tuttavia, è Lisabetta il personaggio su cui Boccaccio si concentra con più attenzione: giovane donna succube della famiglia, è condannata per tutta la durata della vicenda (a parte i momenti felici con Lorenzo) ad una condizione di minorità. Quando l'amante le viene sottratto con l'inganno e la violenza, non può che trasferire nevroticamente i propri sentimenti sul basilico, nutrito dalla testa dell'innamorato. Assai significativo che i pensieri e i sentimenti di Lisabetta non si manifestino quasi mai per via verbale, con sue frasi o espressioni dirette; piuttosto, Lisabetta è un personaggio che si esprime attraverso gesti silenziosi, su tutti le lacrime che, alla fine, la conducono ad una morte tragica. TANCREDI E GHISMUNDA Riassunto Fiammetta esordisce esprimendo preoccupazione e disagio per il tema cupo scelto da Filostrato, cui però intende attenersi secondo le regole stabilite. Ella dunque narrerà una storia degna delle loro lacrime. Tancredi, principe di Salerno, è un uomo di grande umanità e indole generosa, padre di una giovane, Ghismunda, che ama immensamente, tanto che dapprima ne ritarda il matrimonio e poi, quando ella è rimasta vedova, ne prolunga lo stato di solitudine, pur di averla vicina a sé. La ragazza, affezionata al padre ma infelice per l'isolamento, comincia a nutrire il desiderio di innamorarsi, disposta anche ad avere un amante. In tale disposizione d'animo, subisce il fascino di un valletto del padre, Guiscardo, di bell'aspetto e animo nobile, benché povero e di umili origini. A sua volta il giovane ha notato la bellezza e nobiltà di lei e la ama segretamente. Ghismunda a questo punto trova il modo di incontrare in modo discreto e privato il suo amato e lo avverte facendogli avere con l'astuzia un messaggio nascosto in una canna di bambù. La camera della giovane è collegata, mediante una scala segreta che tutti hanno dimenticato da tempo, ad una grotta scavata nel monte a ridosso del palazzo, in cui Guiscardo può calarsi con una corda per poi raggiungere le stanze dell'amata. I due giovani coronano così il loro amore e continuano a vedersi clandestinamente in diverse occasioni. Un giorno però Tancredi, secondo un'abitudine consolidata, va a trovare Ghismunda nelle sue stanze e, non trovandola, si siede ad aspettarla dietro un baldacchino, dove si addormenta. Nel frattempo Ghismunda, che non sospetta della presenza del padre, riceve in segreto Guiscardo. Tancredi si sveglia quando ormai il loro legame è evidente. Il principe, pur consapevole di quello che sta succedendo e profondamente addolorato, decide di restare nascosto per evitare lo scandalo e avere il tempo di decidere a mente fredda quali provvedimenti prendere. Il principe decide quindi di arrestare Guiscardo e rinchiuderlo in una stanza con delle guardie che lo sorvegliano giorno e notte; poi comunica a Ghismunda di aver scoperto la sua tresca con un uomo che, oltre a non essere suo marito, è soprattutto di condizione inferiore, il che costituisce un'onta inaccettabile per un uomo tanto nobile quanto Tancredi. Ghismunda, pur temendo che Guiscardo sia già morto, mantiene un atteggiamento decoroso e controllato. In un lungo e accorato discorso, in cui dimostra la sua nobiltà d'animo e la sua eloquenza, confessa al padre il suo amore per il valletto, esaltandone la virtù e la grandezza interiore, che nulla hanno a che fare con la classe sociale inferiore cui appartiene. Ghismunda per altro insiste sul fatto che tutti gli uomini nascono uguali e che spesso la sorte ne cambia all'improvviso la condizione. Infine, ella lascia intendere al padre che ha intenzione di porre fine alla propria vita, qualora l'amante muoia. Tancredi, accecato dalla sua folle gelosia e incapace di credere alla minaccia della figlia, comprende comunque di non potersi vendicare sulla figlia e decide di concentrare la propria crudeltà sul giovane. Ordina perciò alle sue guardie di strangolare Guiscardo e portargliene il cuore. Egli poi lo fa consegnare in una coppa d'oro alla figlia, accompagnato da una frase che chiarisce l'intento vendicativo del gesto. Ma Ghismunda, che temendo il peggio aveva già distillato delle radici velenose, dopo aver a lungo elogiato il suo amato e pianto la sua morte, versa la fiala di veleno sul cuore dell'amato e da lì la beve. Sul letto accostando il cuore dell'amante al suo, aspetta la morte. Le ancelle di Ghismunda corrono quindi a informare dell'accaduto Tancredi, il quale corre al capezzale della figlia: ma è ormai troppo tardi. Ghismunda, come suo ultimo desiderio, chiede al padre di seppellirla al fianco di Guiscardo; poi spira. Tancredi, pentitosi troppo tardi della propria crudeltà, fa seppellire i due amanti nella stessa tomba. Analisi e commento L'elemento strutturale preminente nella novella è quello cortese, tipico della letteratura romanzesca e della poesia lirica, soprattutto occitanica. I valori di quella tradizione rappresentano per il mondo borghese cui appartiene Boccaccio la sfera ideale, sebbene per lo più non realistica, cui tendere come modello esistenziale e sociale. Gli aspetti più caratteristici riproposti nel racconto sono: • il rapporto determinante tra esperienza amorosa ed elevazione morale, che contraddistingue entrambi gli amanti; • la contrapposizione tra nobiltà di sangue e nobiltà d'animo, importantissima anche nell'orizzonte stilnovistico, ben noto all'autore; • diversi spunti tematico-narrativi, come la presenza della caverna e le difficoltà anche fisiche che il giovane deve affrontare per incontrare l'amata - che ricordano la tradizione delle prove d'amore -, oppure il tema topico del cuore strappato all'amato e consegnato all'amante, o infine l'immagine di un amore che rende ciechi, tanto che i due protagonisti non si accorgono di essere osservati tanta è la gioia di essere insieme. Appaiono invece tipicamente boccacciani sia l'importanza della Fortuna nelle sorti degli amanti, scoperti per caso, sia la caratterizzazione realistica del personaggio femminile: Ghismunda è infatti una donna forte, coraggiosa, dignitosa, intelligente, capace di prendere l'iniziativa e di trovare un modo per realizzare ciò che desidera, e soprattutto eloquente (cioè, una delle doti che maggiormente Boccaccio dimostra di apprezzare). Guiscardo, per quanto rimanga in secondo piano, è un personaggio affine, per nobiltà e virtù. In netto contrasto si trova invece Tancredi, figura complessa ed incoerente, che al confronto con la lineare coerenza degli affetti di Ghismunda, rivela un irrisolvibile contrasto interiore: egli è infatti un principe virtuoso ma un padre vendicativo, capace di ammirare la grandezza della figlia ma anche incline ad un amore morboso - e quasi incestuoso - nei suoi confronti. Questa contrapposizione riproduce la discrepanza tra due mondi, due concezioni diverse: l'apertura al nuovo e il senso del moderno della gioventù da una parte, l'aristocrazia chiusa e superba, incapace di cambiare se stessa, dall'altra. Anche l'amore è presentato in termini molteplici e complessi: da una parte l'istinto naturale che non può essere arginato dall'esterno, cioè l'amore sensuale, alla cui forza non è possibile resistere. Dall'altra l'amore che non presta attenzione ai criteri economici e sociali, ma solo alla dimensione interiore e spirituale, dunque nobile e puro. Infine, l'amore tragico e contrastato di Ghismunda e l'alto valore retorico del suo discorso ricordano quelli di Francesca nel canto quinto dell'Inferno di Dante 1: in entrambi i casi si parla infatti di donne nobili e colte che hanno ceduto alla passione amorosa, benché - si noti bene - Boccaccio non condanni assolutamente la sua Ghismunda, come invece Dante fa con Paolo e Francesca. MERCATURA E RAGIONE DI Il mercante in Boccaccio è una figura positiva, che possiede anzitutto l'industria, cioè quella capacità umana che permette di superare gli ostacoli posti dalla Fortuna, o Fato. Questo è un aspetto importante nell'evoluzione del protagonista delle novelle: la Fortuna, intesa come complesso di circostanze fortuite e casuali, è antagonista dell'eroe, che però grazie alla sua astuzia e capacità di iniziativa riesce a superare le difficoltà. In Andreuccio da Perugia vediamo che la Fortuna si accanisce sul protagonista solo perché lui non è in grado di contrastarla: inizialmente è molto ingenuo, ma quando acquisisce esperienza, riesce a cogliere l'occasione per salvarsi e l'industria assume quindi un ruolo decisivo. Lintraprendenza e il dinamismo sono un altro aspetto positivo del mercante in Boccaccio, capacità che gli consentono di far fruttare le proprie ricchezze facendo fruttare i loro guadagni. Il mercante non è avventato: un'altra sua caratteristica è l'accortezza, che lo spinge a valutare ogni eventualità per poter dominare gli imprevisti della Fortuna: questo accade soprattutto nella novella di Landolfo Rufolo che, prima di partire, ha "fatti suoi avvisi". La ragion di mercatura porta anche degli aspetti negativi, come la mancanza di scrupoli: il denaro diventa l'ideale supremo cui aspirare e condiziona anche la moralità dell'individuo. Landolfo Rufolo non esita a darsi alla pirateria per recuperare le ricchezze perdute, e preferirebbe morire piuttosto che tornare povero. Ma la situazione diventa ancora peggiore nella novella di Lisabetta da Messina, dove i tre fratelli, non potendo tollerare l'amore della sorella per un garzone, uccidono il suo amante e la portano a morire di dolore. In Boccaccio tuttavia manca il giudizio morale: non commenta il furto dell'anello da parte di Andreuccio o la pirateria di Landolfo, poiché vuole solo far emergere la virtù dei protagonisti, il loro "saper vivere". Le qualità del mercante rischiano di essere degradate dalla grettezza morale: per evitare questo devono associarsi ai valori cortesi come la generosità disinteressata, la liberalità e l'amore per le belle forme del vivere. È quanto accade per Federigo degli Alberghi, il gentiluomo che sa fondere cortesia e gestione della casa. NASTAGIO DEGLI ONESTI Nastagio si innamora di una fanciulla della famiglia dei traversa e per farsi vedere inizia a spendere in maniera smisurata in banchetti e feste, la donna non si dimostra interessata e lui a sua volta si propone di suicidarsi, di lasciarla stare e di odiarla, ma non riesce perché tanto innamorato. Vedendo che seguendo questo sogno si stava consumando si trasferisce a Classe e un venerdì all'inizio di maggio, Nastagio si addentra in una pineta e vede una ragazza correre nuda in lacrime inseguita da due cani che la mordevano e inseguita anche da un cavaliere nero che la minacciava di morire, lui si mette dalla parte della fanciulla e il cavaliere si presenta come Guido degli Anastagi gli dice di lasciarlo fare e stava svolgendo la sua penitenza infernale vendicando quella che in vita lo fece suicidare, al termine dell'uccisione della donna si ripete tutto all'infinito. Nastagio invita i parenti a pranzare nello stesso luogo il venerdì dopo, si ripete la stessa scena e ottiene l'effetto sperato, questa giovane traversa, ricordandosi del disprezzo provato verso Nastagio e non volendo adempire allo stesso destino, per paura si sposa con Nastagio e se ne innamora. Emerge l'industria di Nastagio nel sapersi trarre da una situazione avversa, ha saputo cogliere l'occasione mostrandosi una persona in grado di commerciare, questa acuta intuizione e previsione delle reazioni degli altri e l'intelligenza, così raggiunge il suo fine, questo è un nobile apparentemente viziato che attraverso le sue ricchezze cerca di conquistare la donna, in agguato c'è però la bancarotta, per Boccaccio e importante il senso della parsimonia tipica della classe mercantile. Rapporto fra aldilà e vita terrena, ciò che conta non è l'aldilà, ma viene sfruttato ai fini della vita terrena. Linguistico Nastagio e Giudo degli Anastagi, continuità fra i due destini. Tema della fortuna che fa scoprire a Nastagio la vicenda del cavaliere. La virtù sfrutta la fortuna. FEDERIGO DEGLI ALBERIGHI Riassunto: Novella importante perché Federigo degli Alberighi incarna i valori cavallereschi del Boccaccio, le azioni del personaggio hanno del meraviglioso, del sorprendente, è un giovane innamorato di una gentildonna Fiorentina, Giovanna, e per attirarne la sua attenzione lui spende oltre misura il suo matrimonio, lo fa per aprire agli occhi della donna amata come un uomo dotato di determinate virtù, la cortesia, la generosità e la prodezza (coraggio), ma per dimostrarle si riduce in povertà, allora senza lamentarsi si ritira in campagna in un suo piccolo podere dove coltiva il suo hobby, cacciando con il suo falcone a cui si lega con tanto affetto, se non che in questa casa modesta di campagna, viene a trovarlo la donna amata dopo parecchio tempo, la donna vedova e con un figlio malato che desiderava vedere il famoso falcone, Federigo vorrebbe onorare la donna ma non ha molto per pranzare e quindi uccide il suo Falcone per darglielo in pasto, non sapendo che il figlio di questa voleva vederlo, la donna venuta a sapere di ciò si commuove, il figlio dopo poco muore e lei si decide a sposare Federigo, che per lei aveva sofferto tanto a lungo e aveva vissuto in povertà. La conclusione delle due novelle (questa e Nastagio)hanno lo stesso fine, ma nastagio utilizza la furbizia per far innamorare la donna, è un gesto volontario causato da lui, mentre Federigo si comporta in modo gentile e l'innamoramento della donna è involontario. Analisi: Nella parte iniziale Federigo incarna perfettamente gli ideali della letteratura cortese, in particolare ha due tratti distintivi di questa aristocrazia cortese, la liberalità (generosità) e l'amor fino (amore esclusivo), Federigo spende senza ritegno i suoi averi, facendo feste, donazioni, organizzando divertimenti, giostrando, armeggiando tutto ciò per conquistare la donna, il cosiddetto servizio d'amore. Boccaccio ammira queste virtù cavalleresche di Federigo, ma d'altra parte non solo ne esalta le doti, la sua prospettiva è maggiormente problematica perché Boccaccio vuole farci capire che la letteratura cortese aveva sempre ignorato le basi materiali di questa cortesia, perché per essere perfetti cavalieri e fare ciò che Federigo ha fatto occorre molto denaro, Boccaccio non idealizza la realtà, ma ne idealizza le forze e vede i limiti che indeboliscono questo amore cortese, che non può fare i conti con delle basi materiali. Boccaccio scrive una per assurdo, il paradosso is manifesta in una sorta di vicolo cieco dove si trova Federigo, dove ha l'occasione tanto attesa di onorare Monna Giovanna nella sua dimora, ma non può perché ha speso tutto il suo denaro, quindi sacrifica il suo Falcone (culmine del paradosso) perché ciò gli proibisce di accontentare la prima richiesta della donna. La prima scelta sbagliata di Federigo e quella di aver sperperato il suo podere per la donna, si conciliano la mentalità cortese e il culto cortese del denaro, la liberalità con la masserizia (termine utilizzato nella civiltà mercantile del tempo, indica la oculata amministrazione del matrimonio, la gestione di questo), condizione necessaria per l'esercizio della cortesia, perché se si amministra il proprio patrimonio, gli uomini possono essere liberali, ma alo stesso tempo ciò e necessario per definire la masserizia, per evitare che ciò diventi avarizia, grettezza, atteggiamenti meschini. L'ideale del perfetto cavaliere e che lui sia anche massaio. Attraverso sta novella Boccaccio si fa portavoce di una nuova aristocrazia borghese, una nuova classe comunale, che fonda il suo potere sul denaro, ma eredità il culto delle belle forme, della generosità, del culto signorile, dei gesti magnanimi, del parlare bene e gentile, Federigo è quindi il rappresentante di questa fusione, è la perfetta sintesi di questa masserizia e di questa liberalità. Infatti all'inizio ha soltanto la virtù della cortesia, che lo porta sino all'assurdo, poi subentra un'esperienza negativa che insegna a Federigo e lo fa diventare massaio, gli insegna ad amministrare in maniera oculata il denaro. La trasformazione di questo personaggio, dopo un'esperienza negativa, si redime. Il mondo borghese di monna Giovanna, la donna rappresenta il mondo borghese in senso positivo perché lei è colei che incarna i valori familiari e il senso del denaro, l'Unione col marito e stata un'unione felice, quando lui muore fa si che nel testamento la dote che la moglie aveva messo comune col marito quando si sono sposati vada alla moglie, così che lei diventi ricca. Ai tempi c'era questa legge secondo la quale la donna vedova rientrava in possesso del suo patrimonio che la sua famiglia d'origine aveva versato allo sposo. CHICHIBIO CUOCO Currado Gianfigliazzi che durante una battuta di caccia caccia una gru e la da al suo cuoco Chichibio per cucinarla, il cuoco la cucina per Brunetta, la donna di cui lui è perdutamente innamorato. Brunetta desidera una coscia di questa gru e Chichibio glielo nega dicendo che quella gru e per Currado e i suoi compagni e sarebbe stato ucciso se gliel'avesse dtata senza una coscia, brunetta quindi provoca Chichibio dicendogli che se non la accontenta lei non gli avrebbe parlato più, Chichibio cede e gli da la coscia, serve poi la gru con una sola coscia e currado se ne accorge e fa chiamare il cuoco chiedendogli il motivo per cui questa gru avesse una zampa sola, Chichibio non può ne vuole dire la verità è inventa una bugia dicendo che tutte ke gru hanno una zampa sola, Currado arrabbiato non ci crede e non tollera l'essere preso in giro da un cuoco, Currado così parte verso il fiume e vede un gruppetto di gru, tutte immobili e su una sola zampa, così Chichibio esordisce per dire che hanno effettivamente una sola zampa, Curradole spaventa così che scappino sulle loro due zampe e Chichibio gli dice che se avesse gridato anche all'altra gru lei avrebbe usato le due cosce e l'avrebbe servita così, Currado così si mette a ridere e perdona Chichibio. Chichibio è l'unico non fiorentino, è veneziano. Boccaccio e i fiorentini odiavano Venezia perché potenza politica ed economica. Ľabilità di parola di Chichibio non è come quella dei toscani, la sua abilità di parola non è firto di una acutezza dell'ingegno o di prontezza, è un aspetto molto banale, si dimostra debole. Chichibio e c'è finito e siano pergolo, un cinguettatore, un chiacchierone, il suo motto nasce dalla fortuna non dall'industria. In questa novella prevale la fortuna, è il caso che lo salva, che ha fatto in modo di trovare le gru in riposo su una gamba, la battuta finale inoltre è frutto della disperazione e della sua ostinazione in una situazione assurda. Currado rappresenta la ricca borghesia che ha assimilato i costumi della nobiltà, le sue caratteristiche nobili sono: la sua definizione di liberale e magnifico, fa vita cavalleresca, il suo intrattenimento preferito è la caccia con cani e uccelli, sport tipico dei nobili, ha cacciato la gru con il falcone, davanti alle scuse di Chichibio si adira notevolmente ma allo stesso tempo cerca di controllarsi per amore dei forestieri che aveva con se, dimostra il suo humor mettendosi a ridere e perdonando il cuoco. Chichibio invece è un nuovo bergolo, chiacchierone, le sue chiacchiere sono vuote e agisce senza pensare alle conseguenze dei suoi gesti, viene anche definito un veneziano bugiardo che cerca di abbindolare il padrone con delle chiacchiere assurde, verrà quindi anche chiamato ghiottone, quando mostra le dodici gru che stanno su una gamba sola si dimostera anche abbastanza pronto di riflessi, questa battuta finale lo salva infatti. GUIDO CAVALCANTI In questa novella viene visto soprattutto come uomo solitario, ateo, a cui non piace mescolarsi con le brigate cittadine, compagnie di giovani gentiluomini che sono dediti a fare un po' di baldoria. Un giorno mentre passeggia si ritrova vicino ad un battistero dove c'erano anche alcune arche sepolcrali, passa la brigata di questa compagnia che non gli piaceva, guidata da Betto Brunelleschi, questi giovani notano il grande poeta e lo accerchiano dandogli fastidio, gli domandano a che cosa gli servirà dimostrare che Dio non esiste e allora Guido fa una battuta di spirito dicendo che a casa loro possono dire quello che vogliono (casa loro-mondo dei morti). I giovani non capiscono la risposta, tranne il loro capo e capisce che gli ha appena dato il nome di morti, cioè ignoranti e rozzi che capendo come si comportasse hanno smesso da quel giorno a dare fastidio a Guido Cavalcanti. Guido rappresenta la realizzazione più alta dell'ideale di uomo di Boccaccio, perché possiede al massimo grado di perfezione alcune virtù che Boccaccio ammira, in primis la cortesia, uomo leggiadrissimo (costumato e parlante uom molto) è anche una persona generosa, generoso della sua ricchezza e questa virtù o cortesia si inserisce molto bene sullo sfondo delle usanze cortesi della Firenze del passato, Guido possiede anche la virtù dell'industria, perché si dimostra pronto a cavarsi d'impaccio in situazioni difficili e ha questa energia nel sapersi destreggiare nei fatti, è abile nella parola. Si vedono fondere due orfani di valori, da una parte quelli della cortesia, della nobiltà, e leggiadro, costumato e dall'altra parte incarna i valori borghesi, come il dominio di parola e l'industria. In Cavalcanti si fondono molto bene i valori del passato con quelli del presente e se ne aggiunge un'altra addirittura superiore, quello della cultura che viene dimostrata sia nel motto finale, sia nel parlare da epicureo, la cultura diventa parte preponderante della novella, e proprio sul motto finale il fulcro su cui poggia questa novella, vuol dire che senza la cultura l'uomo è morto, può essere equiparato ai vegetali, ai minerali, agli uomini bruti. Boccaccio vuole di,lastrare che la cultura e molto importante nell'uomo e in questa risiede l'essenza dell'uomo, cioè quello che lo differenzia dagli altri esseri viventi, fondamentale per renderlo vivo. In questo breve motto dove Boccaccio esalta la cultura, risedé il fulcro della cultura dell'umanesimo che è una cultura che vuole esaltare l'humanitas, come l'elemento che nobilita l'uomo. Il balzo e una virtù fisica, che incarna. Per gli intellettuali dell'umanesimo era importante che al parte fisica dell'uomo fosse in armonia con quella spirituale FRATE CIPOLLA Tutte le estati veniva a Certaldo un certo Fra Cipolla, che dopo aver tenuto la messa chiedeva delle offerte ai suoi fedele, dopo una messa chiede di tornare ai fedeli per mostrargli un'antica reliquia che era una penna dell' arcangelo Gabriele che aveva usato per annunciare a maria che sarebbe stata incinta di Gesù Cristo. Due giovani gli fanno uno scherzo ai danni del frate, sapendo che egli sarebbe andato a pranzo da un suo amico nobile, vanno in albergo dove all'agonia va il frate per rubargli questa reliquia e per mettere alla prova l'abilità di frate cipolla davanti ai credenti. Il servo di fra cipolla era rimasto nell'albergo per custodirne gli averi, innamorato di una servetta, la vede e abbandona il suo incarico per andare dalla sua amata, allora i due burloni ne approfittato, entrano nella stanza, vedono la cassetta con la penna e la sostituiscono con pezzi di carbone. La sera Guccio porta al frate le sue bisacce, il frate prende la cassetta con penna, la apre e vedendo come stavano le cose la richiude precipitosamente e maledice in silenzio Guccio. Si trova davanti alla folla e racconta che quando era ancora giovane era stato inviato in terra santa,aveva conosciuto un padre che aveva un nome strano 'Non vi scocciate se a me piace' e gli aveva fatto vedere le reliquie che custodiva con venerazione, una piccola ampolla, Carboni del fuoco che aveva bruciato San Lorenzo e la penna dell' arcangelo, ma la penna e il carbone erano custoditi in due scatole uguali, quindi si era sbagliato e visto che fra due giorni sarebbe stata la festa di San Lorenzo aveva invitato i fedeli ad essere segnati con quei Carboni di San Lorenzo. Così il frate aveva raccolto grandi offerte. Commento: Frate cipolla possiede l'industria, Dante l'avrebbe collocatosi una delle male bolgie, Boccaccio invece non si preoccupa del giudizio morale, am ne ammira la sua prontezza e la sua abilità di parola. La predica ha a che fare con questa cultura del rovesciamento, che vuole esaltare le realtà più basse e non i valori. Il discorso del frate gioca sul rovesciamento, le cose laiche che per irriverenza diventano cose sacre.