Zenone di Elea e i suoi paradossi
Zenone di Elea fu scolaro e amico di Parmenide, opponendosi fermamente alla concezione della realtà come molteplice e mutevole. Si scontrò principalmente con i pitagorici, Anassagora e il pensiero di Eraclito, filosofo del divenire per eccellenza.
Aristotele lo definì il filosofo della dialettica, in quanto Zenone utilizzava un metodo particolare: ammetteva ipoteticamente le tesi degli avversari per poi dimostrarne l'assurdità e confutarle. Questo approccio evidenzia la sua abilità nel ragionamento logico e nella confutazione.
Zenone propose due argomenti contro la pluralità. Il primo sostiene che se le cose sono molte, il loro numero sarebbe contemporaneamente finito e infinito: finito perché non possono essere né più né meno di quelle che sono, ma infinito perché tra due cose ce ne sarà sempre una terza, e così via. Il secondo argomento afferma che se ogni cosa è composta da molte unità, si cade in contraddizione riguardo alla grandezza.
💡 I paradossi di Zenone non sono semplici giochi mentali, ma profonde riflessioni sui limiti del nostro modo di concepire lo spazio e il tempo che anticiparono questioni matematiche come il calcolo infinitesimale.
I paradossi più famosi di Zenone sono quelli contro il movimento:
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Il paradosso dello Stadio: non si può mai arrivare all'estremità dello stadio perché prima si dovrebbe arrivare alla metà, poi alla metà della metà e così via, rendendo impossibile percorrere infinite parti di spazio in un tempo finito.
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Il paradosso di Achille e la tartaruga: Achille non raggiungerà mai la tartaruga poiché ogni volta che raggiunge una posizione precedente della tartaruga, questa si sarà già spostata.
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Il paradosso della freccia immobile: in ogni singolo istante, la freccia occupa uno spazio uguale alla sua lunghezza e quindi è immobile. Se è immobile in ogni istante, è immobile sempre.
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Il paradosso delle masse nello stadio: dimostra come un punto mobile possa simultaneamente muoversi a due velocità diverse a seconda del riferimento.