Religione e potere politico
Hobbes affronta con decisione il problema del potere religioso, che ai suoi tempi causava gravi conflitti. Pur rimanendo formalmente anglicano, la sua visione è profondamente razionalista: considera le religioni una delle principali fonti di sedizione e guerre civili.
Il filosofo critica duramente sia i cattolici (che subordinano il potere temporale a quello spirituale) sia gli anglicani (che teorizzavano l'obbligo di realizzare il regno di Dio sulla Terra). Entrambi gli approcci, secondo Hobbes, minacciano l'unità dello Stato.
Nella sua visione, i cristiani, in quanto cittadini, devono rispettare le leggi dello Stato, poiché queste coincidono con le leggi naturali e divine. Violare le norme statali significa violare anche la legge divina che è alla base della natura razionale umana.
La soluzione proposta da Hobbes è radicale: il capo dello Stato deve essere anche la suprema autorità religiosa, il "pastore supremo". In questo modo, il sovrano controlla sia il potere temporale che quello spirituale, nominando i pastori e conferendo loro il potere di svolgere i propri incarichi. Solo così lo Stato può mantenere la sua unità e forza, evitando che autorità religiose indipendenti ne minaccino il dominio.