La polemica con Pelagio
La visione pessimistica di Agostino sull'umanità incontra una forte opposizione in Pelagio, monaco inglese o irlandese attivo tra Roma e Cartagine. Il suo movimento prende piede soprattutto tra i ricchi proprietari terrieri romani, preoccupando Agostino non solo sul piano spirituale ma anche economico-sociale.
Pelagio interpreta il cristianesimo con la mentalità razionalistica e giuridica degli aristocratici romani. Per loro l'idea di un'umanità strutturalmente degenerata è inaccettabile: mette in discussione l'orgoglio di essere eredi di una grande civiltà e contrasta con la loro educazione stoica. Se tutti sono propensi al male, come è possibile la società?
La posizione di Pelagio è rivoluzionaria: l'uomo può ottenere la salvezza con le proprie capacità, senza l'aiuto divino. Il peccato originale è solo un cattivo esempio, un monito. Cristo ha ripristinato la natura umana nella sua integrità, ogni individuo nasce nelle condizioni di Adamo prima di peccare.
Per Pelagio è fondamentale salvare la responsabilità individuale e il libero arbitrio: dire che l'uomo è spinto al male per natura significa assolverlo dalla colpa. Gli uomini nascono eticamente integri, la tendenza al peccato è solo eventuale. Ogni uomo è artefice del proprio destino: "Dio mi ha fatto uomo, spetta a me farmi giusto".
Agostino reagisce duramente, dichiarando eretica la dottrina pelagiana. Il libero arbitrio snatura l'essenza del cristianesimo, annulla il bisogno di Dio, riduce Dio a un magistrato supremo. È peccato di superbia credere che l'uomo possa salvarsi da solo.
Solo Dio può salvare secondo criteri a noi sconosciuti. Le buone opere hanno valore ma non sono decisive: non siamo buoni perché ci comportiamo bene, ma operiamo bene perché Dio ci ha fatto nascere buoni. Nasce così il principio della predestinazione: alcuni godono della grazia divina fin dalla nascita.
💡 Attenzione: In Agostino non c'è una dottrina univoca della salvezza - le sue posizioni cambiano nei diversi scritti!