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Critica della Ragion Pratica (critica della ragione pura pratica) In quest'opera l'obiettivo di Kant è quello di fondare una Legge Morale unica, vera e valida universalmente, che risieda in tutti noi e che ha un obiettivo che va oltre noi stessi. A Kant non interessa una morale empirica, dei popoli, non gli interessa la metafisica dei costumi, dei mores, cioè delle abitudini che caratterizzano le epoche, ovvero qualcosa di relativo e non assoluto : a lui interessa una morale pura a priori che renda possibile l'esperienza. Perché Kant scrive la Critica della Ragion Pratica? Perché dice che si deve analizzare il comportamento umano e ciò che lo guida. Kant vede nell'uomo una duplice forma di Ragion Pratica: Ragion Pratica Pura - che agisce indipendentemente dalla sensibilità. Questa prescinde dal mondo empirico, potremmo dire "la ragione dei santi", di coloro che si comportano in un modo a prescindere dalla situazione che li circonda. Una ragione che non appartiene all'uomo perché lui si trova dentro al mondo empirico, è una ragione esterna sempre morale perché non essendo empirica è quella assoluta. 2. Ragion Pratica Empirica - che agisce nella sensibilità, sulla base dell'esperienza perciò ha a che fare con la scelta, con la libertà, con la possibilità di essere morali o immorali. Questa ragione non è sempre morale,...
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Stefano S, utente iOS
Susanna, utente iOS
è una possibilità di essere o non essere morale. 1. Kant perciò, rientrando nel significato del termine "critica" (eresia, scelta), che presuppone una disposizione alla scelta nel tribunale in cui la ragione giudica sé stessa, critica la Ragion Pratica Empirica, legata all'esperienza, il limite della Ragion Pura, perché a volte la Ragion Pratica ha delle pretese nell'esperienza che non sono morali, nel senso che l'uomo potrebbe fare qualsiasi cosa per raggiungere un fine, anche uccidere, diventando amorale. La Ragion Pratica Empirica è sempre legata all'esperienza perché noi uomini siamo sempre legati ad un mondo empirico dunque non dobbiamo chiederci se la Ragion Pratica è legittima nell'esperienza perché io uomo sono sempre nell'esperienza empirica, ma dobbiamo porci la domanda "la Ragione pratica Empirica è morale o non morale?", cioè se il modo in cui mi comporto è morale o amorale. Per fare questo Kant parte da un'evidenza di base. L'evidenza proviene dalla coscienza comune che tutti sentiamo, cioè che esista una vita morale, delle leggi morali che provengono da una sola legge morale universale, sempre valida per tutti, che non ha nulla a che vedere con la compassione e i sensi, ma che è un fatto della ragione: a livello razionale abbiamo l'evidenza che esista una vita morale assoluta che consiste nella volontà buona e non nelle singole leggi morali relative. Kant parte dall'evidenza comune dell'esistenza di una volontà buona che viene istruita dalla ragione per fondare una legge morale universale. Volontà buona: volontà disinteressata, un'azione che non volge ad un proprio tornaconto personale, non per ottenere qualcosa per sé stessi. Aiutare una vecchietta ad attraversare, doppio scopo: Farsi vedere dagli altri Stare bene con me stesso In questo caso non c'è un calcolo o una logica nella volontà buona, non ha un fine intrinseco. La volontà buona si conforma alla Ragione Pratica, che si esprime nella forma di una legge morale universale, che non ha un valore contingente, puro, a priori. L'agire morale, secondo la legge morale, si esprime con il motto "devi perché devi", perché la Ragione obbliga la volontà a raggiungere il fine che lo ha generato, devi perché c'è una legge universale morale razionale per cui non si vuole ottenere qualcosa in cambio. Se l'uomo agisce secondo ragione è morale, se agisce con sentimento e utilitarismo, non è morale. La legge morale per Kant può essere espressa sia attraverso: Un imperativo ipotetico → si costruisce un'azione del tipo se vuoi raggiungere un obiettivo devi comportarti in un certo modo. La ragione diventa un mezzo usato per raggiungere un altro fine, solitamente empirico. (Ragione Pratica Empirica) Un Imperativo categorico: si afferma la formula "devi perché devi", è categorico e non apre la strada ad altre ipotesi, così porta ad agire in maniera disinteressata. il motivo per cui si fa l'azione è fine a sé stesso, ha un fine che è la stessa legge morale, generata dalla ragione. Modelli morali sentimentali: utilitarismo, muove tutto l'utile, un carattere egoistico (no ragione) edonismo è egoistico, il bello invece è universale, il fine è il piacere egoistico (no ragione) l'eudemonismo, fa riferimento alla condizione di Socrate, è un pensiero che sostiene che virtù morale = felicità. Per Socrate l'aspetto materiale viene demonizzato. La parte importante è il Daimon, la parte razionale e le passioni e i sentimenti sono un'illusione. Esce fuori un uomo lacerato tra una sfera sensibile, demonizzata per glorificare il daimon, e la parte razionale. Per Kant l'uomo è diviso tra una sfera razionale e irrazionale e, la parte irrazionale, non può essere demonizzata Per Kant agire in maniera virtuosa, razionale, non comporta la felicità, perché tagliamo fuori una parte di noi, non prendendo in considerazione la parte sensibile. Se noi viviamo solo per compiacere la parte razionale tralasciamo la parte irrazionale. La felicità, irraggiungibile per Kant nel mondo sensibile, tiene conto anche della sfera sensibile, una dimensione empirica, contingente e particolare: la mia felicità vale solo per me e non interessa gli altri. In Kant vediamo, anche nell'ambito pratico, la rivoluzione copernicana della critica della ragion pura. Il fondamento della morale è la Ragione, la legge morale determina un comportamento, che è giusto e buono se si adequa alla ragione. Il bene, per Kant, sta nella legge morale, cioè la ragione, che determina la bontà di un comportamento esterno. Se al centro ci fosse un comportamento esterno, ci sarebbe non più come centro la ragione universale ma ci sarebbe la ragione egoistica. La legge morale sta al centro e il comportamento si adegua alla legge morale. La Fondazione della metafisica dei costumi: Agisci solo secondo quella massima che tu puoi volere che diventi una legge universale. Massima = un motto che diamo a noi stessi per agire in una determinata maniera, qualcosa di personale che dico di voler fare e che vale per me. L'io agisce seguendo quella massima che deve diventare una legge universale, quella che noi vorremmo che si estendesse a tutti. Puoi volere = c'è spazio al soggetto e all'autonomia, è il soggetto che può decidere. La rivoluzione di Kant è che l'universalità della conoscenza è soggettivo perché è in noi ma è universale perché condiviso da tutti gli esseri umani. La nostra Ragione dà forma alla realtà esterna, cioè alle azioni morali e amorali, ed è la morale esterna che si deve adeguare alla legge morale universale. Forma → universale perché tutti abbiamo le strutture della conoscenza L'imperativo categorico ha un carattere formale, riferito al come, e non sostanziale, universale. Le morali particolari ci dicono fare perché basate sull'esperienza, legate all'empirismo, invece, la morale universale è come un orizzonte a cui si tende ma che non si raggiunge mai. Sulla Terra non si può realizzare una morale universale ma si può tendere a questa e ciò porta a un fine, il buon costume e porta del bene a tutti. Agisci in modo da trattare l'uomo sempre come fine mai come mezzo (perché ci dobbiamo trattare come dei fini data la nostra dignità) Agire in maniera disinteressata, agendo secondo ragione e non come mezzo, non verso un interesse personale. La ragione è fine a sé stessa. Tutti noi se agiamo in maniera razionale vorremmo che tutti non rubassero. Se volessimo agire secondo una prospettiva empirica si cade nel sentimento egoistico. Agisci in modo che la volontà di ogni essere razionale diventi legislazione universale La morale è una legge autonoma legiferata da noi attraverso la ragione, non viene dall'esterno come nel caso delle morali empiriche, ma ha un valore universale perché siamo tutti dotati di ragione, che ha un valore assoluto. Quali sono le condizioni affinché si realizzi l'imperativo categorico? Un comportamento è buono quando si adegua alla Ragione e la ragione si esprime sotto forma di legge, di dovere. Il termine "Dovere" ha un duplice senso: senso deterministico, secondo una legge naturale, senso libero, che alla base presenta una scelta, si può scegliere se seguire la legge morale o no, il comportamento è buono se e solo se si adegua alla ragione, noi siamo liberi di scegliere. Senza libertà non possiamo dire di essere morali, io devo scegliere di essere morale perché l'uomo ha un impulso verso la sensibilità. Quindi la morale deve elevarsi da qualcosa di sensoriale a qualcosa di spirituale. Alla base della morale c'è la responsabilità (devi perché devi, non c'è spazio alla libertà apparentemente, ma si è pienamente liberi perché la legge morale deriva da noi autonomamente, adeguandosi alla nostra ragione). La libertà è la chiave di volta del sistema Kantiano, tutto è dominato da impulsi e leggi naturali, mentre, attraverso la morale, noi prendiamo consapevolezza di noi stessi come esseri razionali. La libertà non si può conoscere scientificamente ma da un punto di vista morale siamo portati ad ammettere che siamo liberi. Al termine della sua dimostrazione formula 3 postulati (proposizione che si afferma solamente e che non si può dimostrare) che danno un senso alla vita morale. Nonostante non possiamo conoscere ciò che ci guida, tendiamo a questo per condurre una vita morale e cerchiamo di arrivare alla felicità, raggiungibile in un'altra dimensione. Postulato della libertà Il punto debole della morale di Kant è che la virtù non può raggiungere la felicità e questo porta alla sofferenza: l'uomo però ha un'inclinazione naturale verso la felicità irraggiungibile con la morale. La ragione tende ad una dimensione in cui virtù e felicità coincidono. Postulato di Dio: dobbiamo ammettere che esista senza dimostrazione. Il garante di questo sommo bene è Dio a livello pratico, un bene che si può realizzare per risolvere l'antinomia tra virtù e felicità. Postulato sull'immortalità dell'anima - la virtù non si raggiunge come un oggetto nel mondo terreno ma è una stella a cui tendiamo all'infinito, quindi bisogna ammettere l'esistenza di una realtà infinita e immortale, in una dimensione ultraterrena, cioè l'anima.
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Critica della Ragion Pratica
1378
Vita e opere di Kant
17
critica dell ragion pura, della ragion pratica e del giudizio
86
biografia, scritti, percorso filosofico, la critica della ragion pura, la critica della ragion pratica, la critica del giudizio
564
Vita, Scritti, il Criticismo, i 3 Giudizi, la Rivoluzione Copernicana, le Categorie, l'Io Penso. La Critica della Ragion Pratica, Pura e del Giudizio.
38
Come prendere 9 di filosofia
94
spiegazione completa e chiara del filosofo
Critica della Ragion Pratica (critica della ragione pura pratica) In quest'opera l'obiettivo di Kant è quello di fondare una Legge Morale unica, vera e valida universalmente, che risieda in tutti noi e che ha un obiettivo che va oltre noi stessi. A Kant non interessa una morale empirica, dei popoli, non gli interessa la metafisica dei costumi, dei mores, cioè delle abitudini che caratterizzano le epoche, ovvero qualcosa di relativo e non assoluto : a lui interessa una morale pura a priori che renda possibile l'esperienza. Perché Kant scrive la Critica della Ragion Pratica? Perché dice che si deve analizzare il comportamento umano e ciò che lo guida. Kant vede nell'uomo una duplice forma di Ragion Pratica: Ragion Pratica Pura - che agisce indipendentemente dalla sensibilità. Questa prescinde dal mondo empirico, potremmo dire "la ragione dei santi", di coloro che si comportano in un modo a prescindere dalla situazione che li circonda. Una ragione che non appartiene all'uomo perché lui si trova dentro al mondo empirico, è una ragione esterna sempre morale perché non essendo empirica è quella assoluta. 2. Ragion Pratica Empirica - che agisce nella sensibilità, sulla base dell'esperienza perciò ha a che fare con la scelta, con la libertà, con la possibilità di essere morali o immorali. Questa ragione non è sempre morale,...
Critica della Ragion Pratica (critica della ragione pura pratica) In quest'opera l'obiettivo di Kant è quello di fondare una Legge Morale unica, vera e valida universalmente, che risieda in tutti noi e che ha un obiettivo che va oltre noi stessi. A Kant non interessa una morale empirica, dei popoli, non gli interessa la metafisica dei costumi, dei mores, cioè delle abitudini che caratterizzano le epoche, ovvero qualcosa di relativo e non assoluto : a lui interessa una morale pura a priori che renda possibile l'esperienza. Perché Kant scrive la Critica della Ragion Pratica? Perché dice che si deve analizzare il comportamento umano e ciò che lo guida. Kant vede nell'uomo una duplice forma di Ragion Pratica: Ragion Pratica Pura - che agisce indipendentemente dalla sensibilità. Questa prescinde dal mondo empirico, potremmo dire "la ragione dei santi", di coloro che si comportano in un modo a prescindere dalla situazione che li circonda. Una ragione che non appartiene all'uomo perché lui si trova dentro al mondo empirico, è una ragione esterna sempre morale perché non essendo empirica è quella assoluta. 2. Ragion Pratica Empirica - che agisce nella sensibilità, sulla base dell'esperienza perciò ha a che fare con la scelta, con la libertà, con la possibilità di essere morali o immorali. Questa ragione non è sempre morale,...
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è una possibilità di essere o non essere morale. 1. Kant perciò, rientrando nel significato del termine "critica" (eresia, scelta), che presuppone una disposizione alla scelta nel tribunale in cui la ragione giudica sé stessa, critica la Ragion Pratica Empirica, legata all'esperienza, il limite della Ragion Pura, perché a volte la Ragion Pratica ha delle pretese nell'esperienza che non sono morali, nel senso che l'uomo potrebbe fare qualsiasi cosa per raggiungere un fine, anche uccidere, diventando amorale. La Ragion Pratica Empirica è sempre legata all'esperienza perché noi uomini siamo sempre legati ad un mondo empirico dunque non dobbiamo chiederci se la Ragion Pratica è legittima nell'esperienza perché io uomo sono sempre nell'esperienza empirica, ma dobbiamo porci la domanda "la Ragione pratica Empirica è morale o non morale?", cioè se il modo in cui mi comporto è morale o amorale. Per fare questo Kant parte da un'evidenza di base. L'evidenza proviene dalla coscienza comune che tutti sentiamo, cioè che esista una vita morale, delle leggi morali che provengono da una sola legge morale universale, sempre valida per tutti, che non ha nulla a che vedere con la compassione e i sensi, ma che è un fatto della ragione: a livello razionale abbiamo l'evidenza che esista una vita morale assoluta che consiste nella volontà buona e non nelle singole leggi morali relative. Kant parte dall'evidenza comune dell'esistenza di una volontà buona che viene istruita dalla ragione per fondare una legge morale universale. Volontà buona: volontà disinteressata, un'azione che non volge ad un proprio tornaconto personale, non per ottenere qualcosa per sé stessi. Aiutare una vecchietta ad attraversare, doppio scopo: Farsi vedere dagli altri Stare bene con me stesso In questo caso non c'è un calcolo o una logica nella volontà buona, non ha un fine intrinseco. La volontà buona si conforma alla Ragione Pratica, che si esprime nella forma di una legge morale universale, che non ha un valore contingente, puro, a priori. L'agire morale, secondo la legge morale, si esprime con il motto "devi perché devi", perché la Ragione obbliga la volontà a raggiungere il fine che lo ha generato, devi perché c'è una legge universale morale razionale per cui non si vuole ottenere qualcosa in cambio. Se l'uomo agisce secondo ragione è morale, se agisce con sentimento e utilitarismo, non è morale. La legge morale per Kant può essere espressa sia attraverso: Un imperativo ipotetico → si costruisce un'azione del tipo se vuoi raggiungere un obiettivo devi comportarti in un certo modo. La ragione diventa un mezzo usato per raggiungere un altro fine, solitamente empirico. (Ragione Pratica Empirica) Un Imperativo categorico: si afferma la formula "devi perché devi", è categorico e non apre la strada ad altre ipotesi, così porta ad agire in maniera disinteressata. il motivo per cui si fa l'azione è fine a sé stesso, ha un fine che è la stessa legge morale, generata dalla ragione. Modelli morali sentimentali: utilitarismo, muove tutto l'utile, un carattere egoistico (no ragione) edonismo è egoistico, il bello invece è universale, il fine è il piacere egoistico (no ragione) l'eudemonismo, fa riferimento alla condizione di Socrate, è un pensiero che sostiene che virtù morale = felicità. Per Socrate l'aspetto materiale viene demonizzato. La parte importante è il Daimon, la parte razionale e le passioni e i sentimenti sono un'illusione. Esce fuori un uomo lacerato tra una sfera sensibile, demonizzata per glorificare il daimon, e la parte razionale. Per Kant l'uomo è diviso tra una sfera razionale e irrazionale e, la parte irrazionale, non può essere demonizzata Per Kant agire in maniera virtuosa, razionale, non comporta la felicità, perché tagliamo fuori una parte di noi, non prendendo in considerazione la parte sensibile. Se noi viviamo solo per compiacere la parte razionale tralasciamo la parte irrazionale. La felicità, irraggiungibile per Kant nel mondo sensibile, tiene conto anche della sfera sensibile, una dimensione empirica, contingente e particolare: la mia felicità vale solo per me e non interessa gli altri. In Kant vediamo, anche nell'ambito pratico, la rivoluzione copernicana della critica della ragion pura. Il fondamento della morale è la Ragione, la legge morale determina un comportamento, che è giusto e buono se si adequa alla ragione. Il bene, per Kant, sta nella legge morale, cioè la ragione, che determina la bontà di un comportamento esterno. Se al centro ci fosse un comportamento esterno, ci sarebbe non più come centro la ragione universale ma ci sarebbe la ragione egoistica. La legge morale sta al centro e il comportamento si adegua alla legge morale. La Fondazione della metafisica dei costumi: Agisci solo secondo quella massima che tu puoi volere che diventi una legge universale. Massima = un motto che diamo a noi stessi per agire in una determinata maniera, qualcosa di personale che dico di voler fare e che vale per me. L'io agisce seguendo quella massima che deve diventare una legge universale, quella che noi vorremmo che si estendesse a tutti. Puoi volere = c'è spazio al soggetto e all'autonomia, è il soggetto che può decidere. La rivoluzione di Kant è che l'universalità della conoscenza è soggettivo perché è in noi ma è universale perché condiviso da tutti gli esseri umani. La nostra Ragione dà forma alla realtà esterna, cioè alle azioni morali e amorali, ed è la morale esterna che si deve adeguare alla legge morale universale. Forma → universale perché tutti abbiamo le strutture della conoscenza L'imperativo categorico ha un carattere formale, riferito al come, e non sostanziale, universale. Le morali particolari ci dicono fare perché basate sull'esperienza, legate all'empirismo, invece, la morale universale è come un orizzonte a cui si tende ma che non si raggiunge mai. Sulla Terra non si può realizzare una morale universale ma si può tendere a questa e ciò porta a un fine, il buon costume e porta del bene a tutti. Agisci in modo da trattare l'uomo sempre come fine mai come mezzo (perché ci dobbiamo trattare come dei fini data la nostra dignità) Agire in maniera disinteressata, agendo secondo ragione e non come mezzo, non verso un interesse personale. La ragione è fine a sé stessa. Tutti noi se agiamo in maniera razionale vorremmo che tutti non rubassero. Se volessimo agire secondo una prospettiva empirica si cade nel sentimento egoistico. Agisci in modo che la volontà di ogni essere razionale diventi legislazione universale La morale è una legge autonoma legiferata da noi attraverso la ragione, non viene dall'esterno come nel caso delle morali empiriche, ma ha un valore universale perché siamo tutti dotati di ragione, che ha un valore assoluto. Quali sono le condizioni affinché si realizzi l'imperativo categorico? Un comportamento è buono quando si adegua alla Ragione e la ragione si esprime sotto forma di legge, di dovere. Il termine "Dovere" ha un duplice senso: senso deterministico, secondo una legge naturale, senso libero, che alla base presenta una scelta, si può scegliere se seguire la legge morale o no, il comportamento è buono se e solo se si adegua alla ragione, noi siamo liberi di scegliere. Senza libertà non possiamo dire di essere morali, io devo scegliere di essere morale perché l'uomo ha un impulso verso la sensibilità. Quindi la morale deve elevarsi da qualcosa di sensoriale a qualcosa di spirituale. Alla base della morale c'è la responsabilità (devi perché devi, non c'è spazio alla libertà apparentemente, ma si è pienamente liberi perché la legge morale deriva da noi autonomamente, adeguandosi alla nostra ragione). La libertà è la chiave di volta del sistema Kantiano, tutto è dominato da impulsi e leggi naturali, mentre, attraverso la morale, noi prendiamo consapevolezza di noi stessi come esseri razionali. La libertà non si può conoscere scientificamente ma da un punto di vista morale siamo portati ad ammettere che siamo liberi. Al termine della sua dimostrazione formula 3 postulati (proposizione che si afferma solamente e che non si può dimostrare) che danno un senso alla vita morale. Nonostante non possiamo conoscere ciò che ci guida, tendiamo a questo per condurre una vita morale e cerchiamo di arrivare alla felicità, raggiungibile in un'altra dimensione. Postulato della libertà Il punto debole della morale di Kant è che la virtù non può raggiungere la felicità e questo porta alla sofferenza: l'uomo però ha un'inclinazione naturale verso la felicità irraggiungibile con la morale. La ragione tende ad una dimensione in cui virtù e felicità coincidono. Postulato di Dio: dobbiamo ammettere che esista senza dimostrazione. Il garante di questo sommo bene è Dio a livello pratico, un bene che si può realizzare per risolvere l'antinomia tra virtù e felicità. Postulato sull'immortalità dell'anima - la virtù non si raggiunge come un oggetto nel mondo terreno ma è una stella a cui tendiamo all'infinito, quindi bisogna ammettere l'esistenza di una realtà infinita e immortale, in una dimensione ultraterrena, cioè l'anima.