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Giovanni Giolitti

18/9/2022

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L'età giolittiana
Contesto socio-economico e político del goo
Alla fine dell'Ottocento l'Italia vive un momento di profonda tensione che vie

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L'età giolittiana Contesto socio-economico e político del goo Alla fine dell'Ottocento l'Italia vive un momento di profonda tensione che viene chiamato "crisi di fine secolo": si ha una condizione economica sfavorevole (legata alla diminuzione della produzione del grano e al conseguente innalzamento del prezzo del pane) che scatenano una serie di tumulti popolari repressi dapprima con la forza dell'esercito nella città di Milano e successivamente, almeno dal punto di vista teorica, attraverso una serie di leggi che sospendevano le libertà fondamentali. Queste vennero presentate dal governo di Pelloux come delle misure eccezionali (vietavano le manifestazioni politiche, la libertà di stampa e tutte le associazioni reazionarie) che non vennero approvate dall'opposizione parlamentare dei socialisti e una parte dei liberali, portando così nel 1900 a delle nuove elezioni politiche. Le elezioni portarono alla formazione di un nuovo governo in cui primo ministro fu Giuseppe Saracco il quale però pochi giorni dopo dal suo nuovo incarico, il 29 luglio, dovette fare i conti con l'assassinio del re Umberto I da parte di Bresci, un anarchico fiorentino, che voleva rivendicare le vittime di Milano: in questo clima di paura ed indignazione i socialisti venne ritenuti responsabili indiretti dell'uccisione, il nuovo re Vittorio Emanuele III nominò un nuovo primo ministro che nel 1901 chiamò al ministero degli interni Giovanni Giolitti...

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Didascalia alternativa:

(leader dei liberali progressisti e già capo di governo nove anni prima) che dominò la vita politica italiana per i primi quindici anni del 900. Età giolittiana Coincide con l'inizio del graduale processo di industrializzazione che ebbe delle dimensioni più modeste rispetto agli altri paesi ma che configurò l'economia italiana come agricolo-industriale: -la nascita e lo sviluppo di grandi imprese venne favorita dalla politica protezionistica già adottata nell'800 (con dazi sulle importazioni per sconfiggere à concorrenza straniera) e banche miste (che si dedicavano sia all'attività di credito che all'investimento); -crescita di produzione per le imprese chimiche, siderurgiche, elettriche, meccaniche (come l'Ansaldo che riuscì a competere nel mercato europeo delle ferrovie e la Società Tosi in quello delle motrici a vapore). Tale processo si concentrò soprattutto nelle regioni nord-occidentali: dove Torino (nel 1899 venne fondata la prima industria automobilistica italiana della FIAT), Genova e Milano formarono il cosiddetto "triangolo industriale" italiano; ma anche l'agricoltura subì dei grandi processi di modernizzazione. In questo panorama sia gli operai, con dei salari bassissimi, e i braccianti agricoltori venivano sfrittati e vivevano ai limiti della decenza: da ciò ne scaturì una forte protesta sociale con degli scioperi tra il 1901 e il 1902. Senza ricorrere alla repressione, inefficace e generatrice di istanze rivoluzionarie, Giolitti stabilì una nuova linea di intervento mostrando un'apertura nei confronti del movimento operaio che rese la sua politica molto diversa da quella che fino ad allora era stata espressa dei dirigenti al potere ritenendo che le organizzazioni del movimento operaio erano il risulta del progresso della società di massa e solo il loro miglioramento potava portare a risolvere i conflitti tra le parti sociali. --I prefetti dovevano garantire l'ordine pubblico senza soffocare con la forza gli eventuali moti di protesta (così accadde durante gli scioperi del 1901-1902 in cui il governo promise un miglioramento delle condizioni salariali); -Legge a tutela del lavoro minorile (vietato ai minori di 12 anni) e delle donne. Le forze politiche del paese Il governo di Giolitti va dal 1903 al 1914 e rispecchia la trasformazione di una società che stava progressivamente diventando di massa: in questa socialisti e cattolici riscuotevano grandi consensi e proprio per questo motivo Giolitti capì che era importante coinvolgere entrambe le formazioni nel governo del paese. -I socialisti Il mondo socialista e operaio si trovava in una fase di fermento dettata dallo sviluppo delle organizzazioni sindacali (come la Confederazione generale del lavoro, CGdL, e l'Unione sindacale italiana). Il Partito socialista era divido da una profonda frattura: da un lato la corrente riformista/moderata, che aveva la propria guida in Filippo Turati, era convinta che per affermare le istanze del movimento operaio fosse necessaria la collaborazione con le altre forze politiche aperte al progresso sociale; dall'altro la corrente rivoluzionaria/massimalista che conseguiva il programma "massimo" cioè la rivoluzione socialista non aprendo alcun tipo di dialogo con i partiti dei dirigenti politici. Sebbene Giolitti fu osteggiato dall'ala rivoluzionaria del socialismo, il cui progetto avrebbe fallito con il programma di riforme giolittiano, riuscì a dialogare con gli esponenti del socialismo moderato: propose a Turati di entrare a far parte del suo primo governo ricevendo però un rifiuto nato dal timore del leader socialista di produrre nel suo partito un'insanabile lacerazione perché dominato dalla corrente rivoluzionaria in quel momento. Dopo lo sciopero generale del 1904 la politica conciliante di Giolitti risultò vincente e nelle successive elezioni si aprì tra i due partiti una collaborazione siccome l'ala moderata dei socialisti prevalse su quella rivoluzionaria. -I cattolici Nel corso dell'età giolittiana anche i cattolici iniziarono ad avere un ruolo politico sempre più importante sebbene fossero divisi al loro interno in diverse correnti: quella intransigente sosteneva che la Chiesa avrebbe dovuto disinteressarsi delle questioni politiche del paese; quella democratico-cristiana che sperava in un intervento della Chiesa a sostegno sei lavoratori e una maggiore democratizzazione delle istituzioni esistenti (con l'introduzione del suffragio universale e del decentramento amministrativo); quella moderata guidata da Filippo Meda, il quale riteneva necessario che i cattolici si inserissero all'interno delle istituzioni dello Stato liberale per riformarlo. → Dopo che venne nominato papa nel 1903, Pio X rendendosi conto che l'isolamento politico della Chiesa avrebbe favorito i socialisti procedette gradualmente alla sospensione del Non expedit (non era conveniente per il suo predecessore, papa Pio IX, che i cristiani partecipassero alla vita politica del paese opponendosi al processo di unificazione dello Stato italiano) autorizzando candidature cattoliche moderate in appoggio ai liberali giolittiani (scioglendo le correnti intransigenti e democratico-cristiane le cui fratture risultavano insanabili): nel 1904 per la prima volta dopo l'Unità d'Italia due deputati cattolici entrarono in Parlamento fondando l'alleanza con Giolitti sulla comune opposizione al socialismo rivoluzionario. -I liberali In quegli stessi anni vi erano delle profonde trasformazioni nello schieramento dei liberali: a fronte dell'ala progressista guidata dallo stesso Giolitti stava emergendo una destra liberale di orientamento conservatore contraria ad ogni apertura con i socialisti ed incline a fare propri gli ideali di nazionalismo, pretendendo dal governo un atteggiamento più aggressivo in politica estera e una linea dura contro gli scioperi interni. I nazionalisti davano voce alle insoddisfazioni della piccola e media borghesia che condannavano i governi liberali di perseguire una politica estera poco incisiva riducendo il paese ad un ruolo di secondo piano nel panorama internazionale e di essersi mostrati deboli nei confronti delle associazioni degli operai e dei contadini. → Inizialmente rappresentati da alcuni intellettuali i nazionalisti si organizzarono nel 1910 politicamente nell'Associazione nazionalista italiana che ottenne un esito sempre più significativo: il suo programma prevedeva la repressione della lotta operaia e contadina, trovava come soluzione ai problemi della società italiana la conquista di colonie viste come territori da sfruttare per l'industria italiana nei quali indirizzare il grande flusso dell'emigrazione; sostituendo così alla lotta di classe quella tra nazioni proletarie. Luci e ombre del governo di Giolitti Giolitti tentò di accogliere le istanze dei socialisti riformisti e dei cattolici e sul finire del suo mandato anche quelle dei nazionalisti: la sua politica risultò ambivalente e a tratti oscura con una propensione liberale nell'abito interno e una più nazionalista in quello estero; le sue azioni erano volte a trovare anche consensi a destra pur di ottenere un risultato elettorale che gli dimostrasse la sua maggioranza ↑ Riforme sociali Nell'ambito della normativa sul lavoro ci fu l'introduzione del giorno di riposo settimanale, la regolamentazione del lavoro notturno, la concessione di un congedo per le donne durante la gravidanza e diversi sussidi dopo il parto, la tutela contro gli infortuni e difesa pensionistica in caso di vecchiaia: per garantire l'applicazione di queste leggi venne fondato l'Ispettorato del lavoro sostituendo a volte gli stessi agenti di polizia. Venne introdotto l'obbligo scolastico fino a 12 anni e la spesa per la costruzione di scuole elementari su tutto il territorio fu attribuita allo Stato e non più ai comuni. Riforme economiche Per limitare gli interessi dei grandi gruppi finanziari e industriali si attuò un programma di statalizzazione dei servi i pubblica utilità come la rete telefonica e ferroviaria: i fu costretto a dimettersi per pochi mesi a causa dei liberisti più rigidi contrari a tali riforme che avrebbero permesso al potere politico di entrare nella materia economica, ma il secondo governo cadde nel momento: cui propose al Parlamento un'imposta progressiva sul reddito (una tassa proporzionale al reddito percepito per rendere più equa la distribuzione del carico fiscale, andando sicuramente a vantaggio delle classi meno abbienti). Altrettanto travagliata fu la realizzazione dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni attraverso il quale lo Stato si sarebbe fatto carico delle pensioni di invalidità e di vecchiaia dei lavoratori. Questione meridionale Queste riforme diedero impulso alle zone più avanzate del paese escludendo dal processo di sviluppo il sud Italia: questo non possedendo né adeguati impianti industriali né una classe imprenditoriale dinamica, vide un aumento del numero dei braccianti a vantaggio di coloro che possedevano dei propri terreni stagnando di certo l'agricoltura meridionale. La questione meridionale quindi non solo non era stata risolta ma si era ancora di più aggravata e per ovviare a ciò mise in campo una legislazione speciale: per sostenere l'economia locale vennero realizzate nel sud opere pubbliche come strade e ferrovie con delle agevolazioni fiscali a quelle imprese che sarebbero nate in quei luoghi; gli esiti però delusero di molto le aspettative perché queste iniziative incisero solo superficialmente e momentaneamente alimentando sprechi e corruzione di una classe dirigente che doveva gestire risorse importanti senza avere la formazione adeguata. I contadini abbandonati a se stessi e alla miseria decisero di emigrare allontanandosi dalle proprie radici per andare in un paese di cui non si sapeva nulla. Nel sud lo Stato per mantenere l'ordine pubblico dovette fare affidamento sulla violazione anche per non perdere l'appoggio dei grandi proprietari terrieri e delle forze conservatrici che si opponevano a qualunque riforma che potesse intaccare i loro interessi economici: in cambio di favori la classe politica meridionale garantiva l'appoggio al governo ed il clientelismo politico venne sfruttato da Giolitti per consolidare la propria maggioranza parlamentare; se nel nord l'opinione pubblica era sostanzialmente matura e autonoma, nel sud le elezioni si svolgevano facendo ricorso sistematicamente alla corruzione, ai brogli e alle intimidazioni degli stessi corpi di polizia. I meridionalisti denunciarono con forza le dannose conseguenze del sistema politico giolittiano nel Sud definendolo "ministro della malavita" che rallentò la formazione di una coscienza pubblica sfruttando a proprio vantaggio l'arretratezza delle plebi. La guerra di Libia Nel 1911 Giolitti formò un nuovo governo in cui decise di andare incontro parzialmente ai sentimenti nazionalistici e militaristici della borghesia italiana: questi auspicavano la regione della Libia immaginata come luogo di intensa colonizzazione dove gli italiani che fino ad allora emigrarono verso l'America avrebbero trovato terra e lavoro; ma per assecondare tali ambizione già gli anni precedenti il governo italiano aveva ottenuto l'assenso delle grandi potenze europee e anche l'appoggio del Banco di Roma (istituti legato al Vaticano che sperava di estendere i propri interessi economici in quella regione. Alla prospettiva di una guerra erano favorevoli alcuni socialisti, sindacalisti rivoluzionari ma non il Partito socialista: dinanzi a tali posizioni e di fronte all'espansione territoriale delle altre potenze l'Italia invase la Libia ma le operazioni militari si rivelarono più ostili delle aspettative. Nonostante la pace di Losanna che riconosceva formalmente la regione all'Italia, l'esercito riuscì ad occupare solamente le fasce costiere in quanto all'interno le popolazioni locali e i soldati turchi formarono una grand resistenza ponendo come unica soluzione la guerriglia: solo nel 1931 la nazione acquistò il pieno controllo del territorio. Le aspettative erano deluse: il territorio africano non era fertile come si diceva ma risultava essere un vero e proprio "scatolone di sabbia" che non poteva fornire né materie prime né occasioni di impiego. Tutto ciò mise a repentaglio gli equilibri politici su cui Giolitti aveva contato fino ad allora: nel partito socialista prevalse la corrente rivoluzionaria a nel parlamento venne isolata l'aria riformista; la direzione dell'organo di stampa del socialismo, l'Avanti!, venne affidata al giovane Benito Mussolini che si distinse per il suo nuovo stile comunicativo incentrato sul rapporto diretto con il lettore. La fine dell'età giolittiana L'impresa di Libia potè momentaneamente attenuare le opposizioni all'iniziativa dell'introduzione del suffragio universale maschile (non accettata dalla destra perché i socialisti possedevamo la loro base elettorale nelle classi sociali più povere) che concedeva il diritto di voto a tutti i maschi alfabeti all'età di 21 anni e anche quelli che avevano prestato il servizio militare seppur analfabeti, altrimenti questi potevano votare all'età di 31 anni (il numero degli elettori raggiunse il 24,5% della popolazione). Di fronte alle elezioni del 1913 per fronteggiare un'avanzata della sinistra Giolitti stipulò il Patto Gentiloni con i cattolici che prevedeva l'appoggio delle forze liberali a patto che venissero rifiutate tutte le leggi contro le congregazioni religiose ma anche quelle che tutelavano l'istruzione privata cattolica, l'inserimento della disciplina della religione nelle scuole e la difesa dell'unità della famiglia. Grazie a a questo patto Giolitti vinse le elezioni ma la maggioranza che ne derivò fu disorganica perché nata dall'opposizione del pericolo della sinistra: il suo governo cadde quando l'estrema sinistra radicale con la sua tradizione anticlericale (infatti riteneva che ci dovesse essere una totale separazione tra Stato e Chiesa) non accettarono il Patto Gentiloni; nel marzo del 1914 Giolitti diede le dimissioni e il governo passò nelle mani del conservatore Salandra ma lo scoppio della prima guerra mondiale non permise più a Giolitti di ritornare al potere. La situazione europea. All'inizio del Novecento nei paesi economicamente più avanzati si affermò la società di massa con il coinvolgimento di milioni di persone nei processi economici, politici e culturali: questa era caratterizzata da una concentrazione della popolazione nelle città, sistema economico di produzione e consumo di massa, partecipazione alla vita politica di classi sociali sempre più ampie (introduzione del suffragio universale maschile ma ci furono anche le Suffragette, femministe britanniche, che combatterono per prime per l'estensione del diritto di voto alle donne), mezzi di comunicazione di massa. Le premesse della nascita di questo tipo di società risalgono alla seconda rivoluzione industriale che vedendo aumentare la richieste di mercato diminuiva il prezzo dei propri prodotti aumentandone il numero: per migliorare la produttività venne introdotta la catena di montaggio (sperimentata per la prima volta nelle fabbriche automobilistiche di Harry Ford negli Stati Uniti con la produzione di massa della prima automobile, modello T). Il coinvolgimento delle masse avvenne anche grazie alla scolarizzazione della popolazione che dotata di istruzione elementi poteva essere raggiunta dai sistemi di comunicazione come il cinema e la radio: epoca di fiducia nel progresso che verra definita Bell'epoqué. Si assiste alla nascita di numerosi partiti socialisti che ebbero grande successo tra gli operai delle industrie, affiancati dai nazionalisti che sostenevano il primato della propria Nazione sulle altre (questa corrente ideologica assunse una fisionomia razzista che stabiliva la superiorità razziale su delle razze inferiori) e dal mondo cattolico che si avvicinava ai cambiamenti degli ultimi anni rifiutando però la lotta socialista di classe tra gli operai e i capitalisti. Le diverse potenze mondiali -Stati Uniti vissero un periodo di crescita economica stimolata da un enorme flusso migratorio proveniente dalle regioni meno industrializzate dell'Europa: il presidente Roosevelt si impegnò in un maggior controllo dello stato sulla sfera economica promuovendo riforme sociali (indirizzo politico del progressismo); -In Gran Bretagna finiva il lungo regina della regina Vittoria con il suo vasto impero coloniale e il partito liberale consolidò le basi dello Stato; -In Francia la Repubblica nata dopo la caduta dell'impero di Napoleone III fu attraversata da forte tensioni sociali che culminarono nell'affaire Dreyfus (questo capitano di artiglieria ebreo du accusato ingiustamente di spionaggio e condannato) mettendo in luce il forte pregiudizio antisemita che era presente nella società del tempo, dopo essere stato rilasciato la sinistra prese la guida del potere con un programma di laicizzazione della società e della scuola; -L'impero tedesco attraversava una fase di crescita economica mentre l'imperatore Guglielmo II adotto una forte politica estera volta all'estensione del proprio dominio; -L'impero austro-ungarico viveva una fase di crisi a causa del peso dei conflitti nazionali delle sue numerose minoranze etniche; -Nell'impero russo il disagio economico dei cittadini sfociò in una rivoluzione durante la quale lo zar concedette limitate riforme distribuendo le varie terre agli agricoltori ma non riuscendo a risanare la crisi; -La Cina era uno stato ormai debolissimo che era assoggettata dalle potenze straniere; -Il Giappone aveva intrapreso una rapida modernizzazione economica.