Lotta di classe e interclassismo
I partiti socialisti si rafforzarono con l'obiettivo di abolire il capitalismo. L'Internazionale socialista unì i rappresentanti di tutta Europa per lottare contro colonialismo e militarismo, sognando una società basata su pace e uguaglianza.
Alla fine dell'Ottocento il movimento socialista si spaccò in due: i socialisti rivoluzionari rimasero fedeli agli ideali di Marx, mentre i socialisti riformisti preferirono lavorare attraverso il parlamento. Nonostante le divisioni, tutti si riconoscevano negli stessi simboli: falce e martello, bandiera rossa e la festa del 1° maggio.
Lo Stato fu costretto a cambiare atteggiamento verso i lavoratori. Non poteva più ignorare le loro richieste, dimostrate efficaci attraverso gli scioperi. Nacquero così le prime legislazioni sociali: limiti di età per il lavoro minorile, divieto di turni notturni per donne e bambini, riduzione della giornata lavorativa da 12 a 8 ore. La Germania introdusse assicurazioni obbligatorie contro malattie, infortuni e vecchiaia.
La Chiesa cattolica entrò nella questione sociale con l'enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII (1891). Il papa criticò lo sfruttamento dei lavoratori pur difendendo la proprietà privata, promuovendo l'interclassismo: ricchi e poveri dovevano collaborare per il bene comune.
Nel primo Novecento nacque il modernismo cattolico con sacerdoti come Romolo Murri che volevano una Chiesa più impegnata socialmente e politicamente. Papa Pio X condannò duramente questo movimento nel 1907, considerandolo una minaccia per il cattolicesimo tradizionale.
Svolta storica: Questi cambiamenti rappresentarono i primi elementi di un sistema di garanzie sociali che ancora oggi caratterizza gli stati europei.