Durante il Medioevo, l'Italia vide lo sviluppo delle autonomie locali attraverso l'ascesa dei Comuni, un fenomeno che caratterizzò profondamente la storia della penisola.
I Comuni nel Medioevo rappresentarono una delle più significative innovazioni politiche e sociali dell'epoca. Queste entità urbane autonome nacquero inizialmente nell'Italia centro-settentrionale, dove le città svilupparono proprie istituzioni di autogoverno, sistemi giuridici e forze militari. La gestione del potere era affidata a magistrature elettive, con il coinvolgimento diretto dei cittadini attraverso assemblee popolari. Le autonomie regionali si manifestarono principalmente attraverso l'elaborazione di statuti propri e la capacità di gestire autonomamente il commercio e le relazioni diplomatiche.
Lo scontro tra i Comuni e il potere imperiale raggiunse il suo apice con Federico Barbarossa, che tentò di ristabilire l'autorità imperiale in Italia. La resistenza dei Comuni portò alla formazione della Lega Lombarda e culminò nella battaglia di Legnano (1176). Successivamente, Federico II di Svevia, figura affascinante e complessa, tentò una nuova politica di centralizzazione del potere. Conosciuto come "Stupor Mundi" per la sua vasta cultura e le sue capacità diplomatiche, Federico II fu educato in Sicilia, dove creò una corte multiculturale e promosse le arti e le scienze. La sua morte, avvenuta nel 1250 a Castel Fiorentino, segnò la fine di un'epoca. Il suo aspetto fisico, secondo le cronache dell'epoca, era caratterizzato da capelli biondi e occhi chiari, tratti che lo distinguevano nell'Italia meridionale. Le autonomie locali in Italia continuarono a evolversi nei secoli successivi, lasciando un'eredità significativa nell'organizzazione territoriale e amministrativa del paese.