La crisi politica e la riforma di Mario
Dopo i tentativi di riforma dei Gracchi, Roma si spaccò in due fazioni che si odiavano profondamente. Da una parte gli optimates, i ricchi senatori che volevano mantenere tutti i loro privilegi. Dall'altra i populares, un gruppo misto che includeva cavalieri, plebei benestanti e persino qualche aristocratico furbo che aveva capito da che parte tirava il vento.
La guerra di Giugurta (112 a.C.) fu il banco di prova di questa tensione. I cavalieri accusarono i senatori di essere stati corrotti dal re della Numidia, costringendoli a dichiarare guerra. I primi generali condussero le operazioni in modo così fiacco che tutti sospettarono della corruzione.
Nel 107 a.C. arrivò la svolta: Gaio Mario, un homo novus (il primo della sua famiglia a diventare console), ottenne il comando. La sua mossa geniale? Trasformò l'esercito da coscrizione obbligatoria a esercito volontario. Non più piccoli contadini costretti a combattere, ma veri professionisti che si arruolavano per mestiere.
💡 Ricorda: Mario eliminò le vecchie divisioni dell'esercito (velites, hastati, ecc.) creando un corpo unico di fanti pesanti. Questa riforma rese l'esercito romano imbattibile, ma creò anche un problema: i soldati iniziarono a essere più fedeli ai loro generali che a Roma stessa.