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Romanticismo

16/9/2022

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ROMANTICISMO
Tra la fine del 700 e l'inizio dell'800, si diffonde in Germania e in altri paesi europei un movimento
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ROMANTICISMO Tra la fine del 700 e l'inizio dell'800, si diffonde in Germania e in altri paesi europei un movimento culturale detto Romanticismo, cui contribuiscono filosofi, scrittori, musicisti, pittori e scultori. L' arte romantica è tutto ciò che ha un'aria di inverosimile, irreale e fantastico, tutto quello che si contrappone all'arte accademica definita forzata, artificiale e priva di fantasia. Per i romantici l'arte era l'espressione del sentimento. Per essi l'opera d'arte è il frutto dell'intuito di una persona.. Il romanticismo è un sentimento che si definisce bene proprio confrontandolo il neoclassicismo. In sostanza, mentre il neoclassicismo dà importanza alla razionalità umana, il romanticismo rivaluta la sfera del sentimento, della passione ed anche della irrazionalità. L'artista romantico è attratto dalla natura, dalle tradizioni popolari, dai grandi gesti eroici, dai sentimenti impetuosi e sinceri, come l'amore e la nobiltà. Guarda molto in se stesso cercando di capire cosa dice il suo cuore. Egli infatti privilegia un'arte più vicina al cuore che alla ragione. L'arte romantica investe principalmente la pittura, per quanto abbia dato impulso ad un nuovo modo di concepire l'architettura e il restauro. I tratti essenziali del romanticismo sono: -Innanzitutto il rapporto speciale tra l'uomo e la natura: la natura diventa l'espressione del divino in terra, di cui l'uomo non è che una passeggera manifestazione. Essa,...

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Didascalia alternativa:

con la sua perfezione e bellezza, stimola nell'uomo sentimenti talmente intensi da devastarlo, a volte spaventandolo, e rassegnandolo, determinando i suoi umori e le sue vicende. -Ritorno al passato medievale: si traduce in un vero e proprio tuffo nella fede, con opere che esprimono il bisogno di riconciliare l'uomo con Dio. In pittura si è fatto largo uso di ruderismo per esprimere al meglio l'impossibilità dell'uomo. L'uomo aspira all'infinito, che in filosofia corrisponde all'idealismo. L'uomo vive una perenne tensione verso la perfezione. Però, quest'aspirazione rischia di rendere l'uomo perennemente infelice. Della pittura che ricorda il medioevo, tuttavia, spesso rimane solo il colore, le tinte fosche, le ambientazioni suggestive, la leggera inquietudine che scaturisce dalla memoria di quei secoli lontani. -Inoltre l'uomo prova un forte amore per la patria. La pittura romantica, nello specifico, fu in alcuni casi particolarmente legata a fatti di cronaca recente in cui erano riportati questo tipo di episodi, di morte, di sacrificio per la patria. Il genio diventa colui che, godendo di un rapporto particolarmente intenso con l'assoluto, vede ciò che gli altri non vedono e riceve la responsabilità di comunicare loro quanto ha visto. Proprio per il suo carattere eccezionale, tuttavia, il genio è condannato a essere incompreso e a dover lottare contro la propria differenza. Il sublime è invece quel peculiare sentimento, misto di terrore e piacere, che sottende la vista di qualcosa di eccelso e spettacolare, capace di colpire e "innalzare" l'animo dello spettatore Caspar David Friedrich Caspar David Friedrich, pittore tedesco e maggior esponente del Romanticismo Tedesco, nacque a Greifswald nel 1774 e morì a Dresda nel 1840. Era tipico rappresentare la tensione umana verso l'infinito, verso il sublime. Per lui non era importante una rappresentazione pittorica fedele alla realtà, ma bisogna dipingere ciò che suscita emozioni nell'animo umano; il suo soggetto prediletto erano i paesaggi. Il naufragio della Speranza In quest'opera viene espresso al meglio il concetto di natura personificata. Il tragico affondamento di una nave tra i ghiacci del Mar Glaciale Artico, diventa un pretesto per celebrare la grandezza e la forza della natura, qui rappresentata dai ghiacci aguzzi e taglienti come enormi lame, in confronto alla piccolezza dell'uomo. Alle atmosfere chiare del neoclassicismo, si contrappongono ambientazioni più oscure, ricche di riferimenti simbolici e magici. Gli artisti cercano così di toccare il tasto delle emozioni e della sensibilità piuttosto che quello della ragione, promuovendo quindi il coinvolgimento emotivo dello spettatore. Viandante sul mare di nebbia Nel grandi tematiche del romanticismo riguardanti natura e sublime, trovano maggiore espressione nel Viandante sul mare di nebbia, realizzato a Dresda tra i 1817 e il 1818. Il dipinto rappresenta un uomo di spalle, in piedi sopra uno spuntone roccioso, che guarda in solitudine l'immenso paesaggio alpino immerso tra la nebbia mattutina. La scena, di grandissimo impatto emotivo, si compone in due piani: il primo caratterizzato da un forte controluce che si staglia contro lo sfondo completamente illuminato dalle prime luci dell'alba. La sensazione che l'artista voleva trasmettere attraverso questo dipinto, è proprio l'immensa grandezza della natura in confronto alla piccolezza dell'uomo che risulta un semplice viandante. La contrapposizione delle luci, il dolce svaporarsi delle nuvole e le vette scoscese dei lontani monti sullo sfondo, non fanno altro che aumentare quel senso di stupore e meraviglia legata al concetto del sublime. Francisco Goya Francisco Goya è considerato il più grande dei pittori spagnoli dell'età illuminista, essendo nato nel 1746 e morto nel 1828. La sua arte costituisce il superamento dello stile neoclassico, basato sulla rappresentazione della bellezza ideale dedotta dai modelli classici, e propone un'originale apertura verso il Romanticismo e il realismo, con la raffigurazione di scene tratte dalla vita reale ma anche di immagini fantastiche frutto della sua immaginazione. Le fucilazioni del 3 maggio 1808 In questo grandioso dipinto, Goya riporta sulla tela tutto il dramma della rivolta antinapoleonica, vissuta quando, nel maggio del 1808, assistette alla resistenza del popolo Madrileno contro l'invasione francese. In essa vengono per la prima volta rappresentati avvenimenti contemporanei colti nel loro violento svolgersi. Il dipinto, infatti, raffigura una delle tante esecuzioni effettuate dalle truppe napoleoniche. A destra, di spalle, è schierato il plotone di esecuzione, con colbacchi neri e pesanti pastrani. Dei loro volti è impossibile riconoscerne l'espressione, e persino i lineamenti poiché nascosti dall'oscurità della notte. A sinistra invece vi sono i patrioti spagnoli, ammassati gli uni contro gli altri come poveri animali impauriti, rappresentati con un realismo carico di pietà. L'uomo con la camicia bianca leva le braccia al cielo, in un gesto pieno di rabbia e disperazione, ma che afferma anche la sua giusta causa. I compagni intorno a lui sono disperati, impauriti dalla morte, temi ancora sconosciuti, fino ad allora, ai pittori neoclassici. In basso, come un mucchio di stracci sporchi, sono ammassati disordinatamente i cadaveri di coloro già stati fucilati. Il corpo in primo piano ha la faccia brutalmente sfigurata e giace sul suo stesso sangue. I toni cupi rispecchiano sia il paesaggio notturno, sia i valori psicologici della scena altamente emotiva. I corpi sono modellati dalla fioca luce della grande lanterna ai piedi dei soldati e, sullo sfondo, si intravede la sovrastante città di Madrid, ormai martoriata, e addormentata nella notte. La pennellata frammentata, la povertà della tavolozza con colori sporchi e terrosi, l'espressività dei personaggi, l'attimo colto e bloccato nel dipinto, sono tutti indizi di una tecnica pittorica che, pur partendo dal neoclassico, si avvia sempre di più verso lo stile romantico. Théodore Géricault Théodore Gériacault è stato un pittore francese, esponente del romanticismo; nacque a Rouen il 26 settembre 1791 e morì a Parigi 33 anni dopo, il 26 gennaio del 1824. Egli lavorò prevalentemente in modo autonomo, senza ricevere commissioni. La zattera della medusa Ne La zattera della Medusa viene riportata una scena proveniente da un recente fatto di cronaca. In quest'opera l'artista rifiuta la perfezione classicista e predilige la nuova ferioresensibilità romantica, preannunciando addirittura il Realismo. Il dipinto mostra i pochi superstiti al naufragio della fregata francese Méduse, affondata al largo delle coste africane nel 1816, nel momento dell'avvistamento, in lontananza, della nave che poi li porterà in salvo. Tutti gli uomini sono accalcati nella piccola porzione ancora solida del relitto, uno spazio quadrangolare con un vertice che sta quasi sul bordo inferiore della tela. I cavi di canapa che tengono l'albero a cui è issata la vela di fortuna, disegnano una sorta di piramide. La stessa geometria è data dagli uomini, collegati tra loro dalle braccia che si toccano e si sostengono, il cui vertice è rappresentato dal ragazzo che sventolo il panno bianco e rosso. I corpi sono modellati come statue e la luce che li colpisce, conferisce loro grande solidità. Gli uomini sono distintamente divisi in due gruppi: nella parte alta coloro che, uniti, con le braccia levate in gesto di aiuto e soccorso, sono rivolti verso la nave che li salverà; nella parte inferiore, in primo piano, giacciono i cadaveri, a testimoniare le ghe sofferenze subite. Questi ultimi vengono rappresentati con colorazioni grigio-verde-gialla per evidenziare l'orrore della morte, che però, allo stesso tempo, viene superato grazie alla perfezione anatomica con cui vengono dipinti i corpi. In basso a destra un cadavere riverso è coperto da un drappo che richiama il lenzuolo funebre degli antichi. A sinistra un giovane, completamente abbandonato alla morte, è quasi del tutto nudo ed è sorretto da un vecchio dal nobile volto pensoso, coperto con un drappo rosso, assomigliato per la sua espressione severa a un eroe omerico. L'anziano è un comodo appoggio per il corpo esanime del giovane: le braccia allargate, la testa reclinata, gli occhi chiuse e le labbra leggermente aperte, fanno di lui un dio dormiente, riportato alla realtà terrena dal calzino rimasto sul suo piede sinistro. Tutta la scena è dominata da un'atmosfera cupa, data sia dai colori scuri usati in tutta la tela per rappresentare al meglio il cielo ancora plumbeo dopo la tempesta, sia dalle alte onde che, minacciose, si stanno per riversare ancora una volta su quel che rimane della Méduse. Eugène Delacroix Eugène Delacroix nacque a Saint-Maurice nel 1798 Nonostante l'istruzione neoclassica, egli si distaccò molto velocemente da quella corrente, incarnando caratteri del Romanticismo, come la malinconia, il desiderio di cambiamento e il riferimento ai fatti accaduti nell'epoca medioevale. La Libertà che guida il popolo Nel 1829 il re di Francia Carlo X di Borbone insediò un governo clerical-reazionario guidato da Polignac. Tale governo, dopo la vittoria delle opposizioni alle elezioni, sciolse il parlamento prima ancora che fosse convocato, sospese la libertà di stampa, modificò il sistema elettorale a suo vantaggio e indisse nuove elezioni. Dal 27 al 29 luglio 1830 insorse contro queste nuove disposizioni che andavano contro la libertà del cittadino, obbligando il re ad allontanare Polignac e a revocare le ordinanze da esso emesse. Delacroix realizzò l'opera in tre mesi e la espose al Salon in quello stesso anno. I riferimenti alla zattera della Medusa sono innegabili, a partire dalla sua composizione piramidale, nella disposizione dei due corpi esanimi in primo piano, fino al particolare del calzino del popolano senza vita sulla sinistra dell'opera. I popolani, a differenza dei personaggi sulla zattera che vengono rappresentati anatomicamente perfetti e con caratteri facciali ben precisi, qui vengono rappresentati come una massa indistinta di persone, senza particolari caratterizzanti, cosicché ognuno potesse rivedersi in quei personaggi che evano combattuto per il bene del proprio Paese. Delacroix unisce tutte le varie classi sociali e persone di tutte le età, uniti per la lotta comune. L'artista dipinge il popolano, il militare, il monello e il borghese (tradizionalmente ritenuto un autoritratto dell'artista, ma forse si tratta del ritratto di un suo amico d'infanzia Felix Guillemardet). Il fumo degli incendi, degli spari e la polvere sollevata dalle lotte, lasciano all'immaginazione lo scenario che non può essere osservato. Le due torri gemelle del Notre-Dame, appena visibili dalla polvere sulla destra, suggeriscono la collocazione geografica dell'avvenimento. Domina la scena una donna con il berretto frigio, simbolo di libertà, poiché i romani lo facevano indossare agli schiavi una volta liberati. La donna indossa una veste all'antica e ha il seno scoperto, stringendo con la mano destra il tricolore francese e con la sinistra un fucile, incita il popolo a seguirla, mentre un rivoluzionario ai suoi piedi la guarda come se fosse l'unica a poter restituire la dignità ad un'intera Nazione. Essa corre verso lo spettatore, seguita da tutti i rivoluzionari. È vista con la testa di profilo, il naso dritto, le labbra rosse, il braccio destro levato, il busto inarcato in avanti, e rappresenta la naturale evoluzione di un ideale femminile eroico. È la prima volta che viene rappresentato un nudo femminile in uno scenario rappresentante un episodio di storia contemporanea. I colori della tela sono scuri, ma resi più vivaci dai colori brillanti della bandiera, i quali si ripetono, non a caso, negli abiti della figura ai piedi della libertà. Francesco Hayez Francesco Hayez (Venezia, 1791 - Milano, 1882) è il massimo esponente in Italia della pittura romantica, vissuto nell'epoca di passaggio tra la cultura neoclassica e quella romantica, ponendosi come il principale pittore italiano di quest'ultima corrente. La congiura dei Lampugnani È uno dei dipinti di Francesco Hayez che meglio rispondeva al requisito di affinità con l'allora molto diffuso sentimento patriottico italiano. In esso è raffigurato il momento in cui, il 26 dicembre 1476, tre giovani milanesi, Andrea Lampugnani, Girolamo Olgiati e Carlo Viscconti, Sfoderano i coltelli per assassinare il duca Galeazzo Maria Sforza nella chiesa di Santo Stefano per porre fine alla sua tirannia. I tre, i primo piano, sono disposti diagonalmente sulle scale ai piedi della statua di Sant'Ambrogio, a cui Cola Montano, educatore dei tre cospiratori e ideatore del piano, affida la loro protezione. A sinistra, in fondo, il duca entra nella chiesa, dipinta da Hayez con caratteri romanico-gotici, nonostante ai tempi l'edificio avesse ancora una decorazione barocca. Il bacio Il bacio, realizzato nel 1859, è senza dubbio l'opera più famosa dell'artista. Il bacio, dolce e furtivo, che i due giovani si stanno scambiando, venne subito interpretato come l'addio del volontario, o del rivoluzionario, all'amata. Tale teoria era favorita dal volto coperto del giovane, dal suo piede sinistro sul gradino, quasi come se avesse fretta di fuggire, dal pugnale la cui impugnatura preme sul fianco della giovane ragazza e, infine, dalle spalle di una possibile domestica che, all'estrema sinistra, scende le scale, dando l'impressione di essere qualcuno che precede facendo strada. Le due figure si stagliano su una parete di pietre perfettamente squadrate. La superficie dello sfondo è interrotta da un varco, introdotto da una sottile colonnina a sinistra, e dall'accenno di una bifora in alto a destra, tagliata dal bordo superiore della tela. La ragazza è completamente abbandonata nell'abbraccio, mentre tiene la mano sinistra nella spalla del suo amato, cingendolo in vita col braccio destro. La sua figura sembra quasi ritagliata fra il rosso delle calze e il mantello bruno del giovane, ed è impreziosita dai riflessi cangianti e lucenti della sua veste di seta azzurra, aderente sul busto e gonfia sui fianchi. Il giovani tiene le mani sulla sua nuca e sulla guancia dell'amata, sostenendole la testa, gettata all'indietro con tenerezza e passione, mentre avvicina le labbra a quelle della fanciulla. Esposizioni universali Uno dei campi in cui l'architettura del ferro trovò maggiore possibilità di esprimersi, fu quello delle grandi strutture. In occasione delle Esposizioni Universali che, a partire dal 1851 si succedettero nelle varie capitali europee e anche negli Stati Uniti. Era necessario in brevi tempi, padiglioni ampi abbastanza da poter contenere i materiali in mostra. Essi dovevano rispondere a delle esigenze, una di queste era la facilità di montaggio e di smontaggio, nell'ipotesi di eventuali riutilizzi futuri. Il Palazzo di Cristallo La prima Esposizione Universale si tenne Londra nel 1851. Il comitato organizzativo bandì un concorso per la costruzione di un padiglione da collocare al centro di unna delle zone più verdi della città. Tra i 245 progetti presentati, vinse quello di Joseph Paxton, un costruttore di serre che prevedeva la realizzazione di un'enorme struttura in ghisa e vetro che, con i suoi 77 mila metri quadrati, sarebbe stato lo spazio più vasto mai coperto da una costruzione nella storia. L'impresa fu portata a termine in pochi mesi e venne subito battezzata Palazzo di Cristallo. Si componeva di una navata centrale a gradoni, lunga oltre 500 metri, nella quale si attaccava un transetto coperto con una grande volta a botte in ghisa e vetro, costruita appositamente per non dover abbattere nessun albero presente nel parco. Dopo l'esposizione l'edificio venne smontato e rimontato a Sydenham, dove ancora si sarebbe potuto osservare, se non fosse per un incendio appiccato nel 1936 che lo distrusse completamente. La Torre Eiffel Il simbolo dell'esposizione di Parigi si deve al progetto dell'ingegnere Gustave-Alexandre Eiffel, dal quale ha preso il nome. La torre è alta 300 metri e al tempo era l'edificio più alto della Terra. La sagoma non è dipesa ne dalla fantasia del progettista, ne da altre cospirazioni di tipo estetico, ma dipende solo dalla necessità di dover contrastare il vento che, a quell'altezza, avrebbe compromesso l'equilibrio dell'intera struttura. Per la prima volta non è più l'uomo ad imporre le proprie idee su un progetto ma le stesse leggi della natura. La torre si regge su quattro piloni a struttura reticolare disposti in modo arcuato al fine di scaricare meglio sulle fondamenta il peso dell'enorme struttura. È divisa in 3 ripiani. A 57 metri, in corrispondenza del primo, altri quattro piloni inclinati si innalzano fino ai 115 metri, dove inizia la seconda piattaforma, più piccola della prima. Nella parte terminale, e più alta, dell'edificio, fino al terzo ripiano, posto a 274 metri, i piloni si fondono tutti in un unico tralicio verticale. Chiusasi l'esposizione la torre, nonostante le critiche, perchè ci si accorse che, senza di essa, il paesaggio parigino sarebbe inevitabilmente e completamente mutato. Galleria Vittorio Emanuele II L'architettura del ferro trova terreno fertile anche in Italia, pur non avvenendo per scelte di tipo economico o progettuale, ma solo per rimanere al passo con le mode che stanno andando nel resto delle capitali europee. La Galleria Vittorio Emanuele II è stata realizza dall'architetto Giuseppe Mengoni che in realtà aveva vinto il concorso per il rifacimento della facciata del Duomo di Milano. Dell' ambizioso progetto non venne realizzato granchè, al cui interno era compresa la galleria che collega piazza del Duomo con la piazza della Scala. La galleria, costruita tra il 1856 e il 1878, fu sin dall'inizio motivo di polemiche. La struttura era inizialmente pensata come un'unica navata leggermente obliqua che veniva intersecata da un transetto più corto ma della medesima ampiezza. I quattro bracci che si creavano erano così coperti da grandi volte a botte in ferro e vetro che congiungevano in unico ottagono centrale che costituiva il perno di tutto il sistema. Questa formazione versatile, però impedì all'artista di perfezionare la sua opera per cui, accanto alle eleganti coperture in vetro, convivono delle pareti in muratura, appesantite ulteriormente da elaborate decorazioni in stucco in stile neorinascimentale. Un'incongruenza di cui Mengoni non è responsabile quanto l'intero ambiente culturale dal quale proveniva. L'impossibilità di realizzare la sua opera e l'amarezza per le critiche ricevute, buttarono giú talmente tanto l'architetto che, quando il 30 dicembre 1877 morì tragicamente cadendo dall'impalcatura più alta della sua galleria, a pochi giorni dalla sua inaugurazione, in pochi credettero che si trattasse davvero di un incidente.