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Appunti opere di Francisco Goya

27/9/2022

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IL 3 MAGGIO - 1814
Il 3 Maggio 1808 del pittore spagnolo Francisco Goya è un'opera realizzata nel 1814 ed oggi
conservata al Museo del Prado

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IL 3 MAGGIO - 1814
Il 3 Maggio 1808 del pittore spagnolo Francisco Goya è un'opera realizzata nel 1814 ed oggi
conservata al Museo del Prado

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IL 3 MAGGIO - 1814 Il 3 Maggio 1808 del pittore spagnolo Francisco Goya è un'opera realizzata nel 1814 ed oggi conservata al Museo del Prado di Madrid. L'opera, un olio su tela, è una pittura di genere di storia contemporanea, infatti l'iconografia fa riferimento ad un episodio storico, ossia la fucilazione sulla Montagna del Principe Pio. Il quadro viene realizzato nel 1814 perchè nel 1808 la Spagna rifiuta il blocco continentale napoleonico e viene invasa dalla Francia, tuttavia nel 1814, con la caduta di Napoleone, si forma in Spagna un governo della reggenza temporaneo, che commissiona a Goya questo dipinto col fine di celebrare l'imminente ritorno del re Ferdinando; l'opera racconta quindi la resistenza opposta dagli spagnoli nei confronti dei soldati francesi, iniziata però il 2 Maggio 1808, in cui i cittadini spagnoli tentarono di opporsi all'occupazione francese, senza però riuscirci, e questo porterà alla loro imprigionamento e fucilazione sul Monte del Principe Pio, quest'opera infatti fa parte di un dittico che illustra anche la giornata del 2 Maggio. L'ambientazione dell'opera appare notturna, ci troviamo sotto la montagna del Principe Pio all'esterno della città e possiamo notare due gruppi di figure; sulla sinistra gli spagnoli che vanno incontro alla morte e sembrano posizionati secondo una sequenza cinematografica di un'azione in divenire del passaggio simbolico...

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dalla vita alla morte: l'uomo che precede la fila rappresenta il momento antecedente all'azione, il secondo uomo rappresentato nell'istante della fucilazione e il terzo accasciato a terra. A destra i francesi, riconoscibili dalla divisa, appaiono compatti, schierati lungo una linea diagonale e danno le spalle allo spettatore. La fonte di luce è rappresentata nel dipinto, infatti la scena è illuminata da una lampada posta in terra che illumina le vittime di questo episodio atroce, i soldati francesi appaiono invece molto scuri e sintetici. Lo stile di Goya è nettamente emotivo, ciò è riconoscibile dal modo in cui dipinge, infatti le pennellate sono cariche di emozione ed è come se la sua l'urgenza emotiva non gli desse il tempo necessario ad aggiustare queste pennellate, che appaiono molto sfrangiate originando una superficie per niente omogenea. Troviamo in Goya alcuni aspetti molto rivoluzionari e moderni, ad esempio la qualità della luminosità, secondo cui il colore varia in base al variare della luce ed esso viene anche utilizzato in funzione materica: ad esempio per rendere più realistiche le chiazze di sangue, ha lasciato la tempera a grumi, senza preoccuparsi di stendere il colore con cura. Dal punto di vista stilistico troviamo quindi una grande modernità che non risponde ai canoni dell'epoca, quanto all'espressività dell'artista. La figura centrale rappresenta un paragone col Cristo in Croce: a partire dalla luce che lo illumina e dalla sua figura, la camicia bianca e la sua disposizione, viene evocato un sacrificio e quest'uomo muore ingiustamente, esattamente come successe a Gesù. Si può quindi dire che Goya esalta il sacrificio e la fede per cui gli spagnoli sono disposti a morire, a costo di salvare la propria patria ed è proprio questo che il re Ferdinando vuole celebrare. Così come la morte di Marat, questo quadro è un'icona perché rappresenta l'emblema della violenza dell'uomo sull'uomo. LA MAJA DESNUDA - 1797/1800 Quest'opera, realizzata da Francisco Goya tra il 1797 ed il 1800, è oggi conservata al museo del Prado di Madrid; il dipinto, un olio su tela, fa in realtà parte di un dittico, insieme alla Maja Vestida, realizzata invece più tardi, tra il 1800 ed il 1805. In realtà non sappiamo con certezza la datazione dell'opera, così come non conosciamo l'identità di questa donna, infatti sono state formulate svariate ipotesi; secondo una di queste la donna raffigurata sarebbe l'amante del committente, un uomo della corte di re Ferdinando. Goya realizza due quadri poiché al tempo la Spagna era un paese molto cattolico ed il nudo femminile era proibito e la Maja vestida, attraverso un meccanismo, poteva coprire la Maja desnuda, qualora ce ne fosse la necessità, ad esempio con l'arrivo di ospiti. Proprio a causa del forte credo cattolico spagnolo, Goya dovette subire un processo da parte dell'Inquisizione per aver realizzato questo dipinto. Un'altra ipotesi riguarda il ritrovamento di una lettera nell'inventario di una nobildonna, in cui viene descritto un quadro molto affine a questo e si dice che la committente, che potrebbe essere anche l'amante del pittore, si fosse fatta ritrarre da egli. Il tipo di pennellata dell'artista anticipa l'impressionismo perché essa appare libera e sfrangiata ed ognuna di esse è imbevuta di luce e restituisce la carica emotiva, in questo caso riguardante la sensualità del soggetto. Tra una figura e l'altra c'è un trapasso cromatico, non un contorno netto perciò Goya abbandona il metodo accademico scolastico, rifiutando il limite della precisione formale. La donna viene rappresentata in modo molto sensuale ed è un nudo integrale ed i modelli di riferimento per Goya sono sicuramente la Venere classica e le Veneri di Giorgione e Tiziano insieme alla loro estrema femminilità e sinuosità. La Venere diventa una donna in carne ed ossa carica di sensualità di una donna reale che si offre all'occhio dello spettatore, infatti, se con Canova Paolina Borghese è simbolo di un'idealizzazione della donna, qui troviamo un'incarnazione della bellezza idealizzata, come se il modello di riferimento fosse umanizzato. SATURNO CHE DIVORA I SUOI FIGLI - 1821/1823 Il dipinto, realizzato tra il 1821 ed il 1823, è oggi conservato al Museo del Prado di Madrid, e fa parte delle Pitture Nere, un ciclo di quattordici dipinti. L'opera mostra il Dio Saturno intento ad addentare il corpo del figlio come fosse una preda animale e dai morsi scendono rivoli di sangue. Il cadavere è ormai privo della testa mentre un braccio si trova nella bocca del dio. Lo sfondo è indefinito e scuro, come anche il piano sul quale poggia Saturno. L'iconografia fa riferimento al mito classico secondo cui Saturno, per paura di essere sostituito dai figli, iniziò a divorarli uno ad uno, tuttavia la sua compagna riuscì a salvare Zeus; ciò nonostante il dipinto propone un'interpretazione molto distante da quella che si ispirava al mito degli artisti neoclassici, di fatto la scena è maggiormente drammatica e si avvicina alla poetica del Romanticismo. Questo fa sì che l'arte di Goya sia difficilmente collocabile entro un preciso registro artistico, creando piuttosto un unicum personale e un percorso più da individuo che da pittore. Goya dipinse con grande efficacia la ferocia e la crudeltà di Saturno, che viene rappresentato nel buio simile a un mostro. La tecnica utilizzata crea infatti un'atmosfera scomposta mentre le zone di colore steso a macchie favoriscono la fusione di figure e sfondo. I contorni delle figure sono definiti dalle zone di colori chiari e scuri. Come le altre opere della serie nera, anche questo dipinto è molto buio e solo un lampo illumina la schiena del figlio e parte del corpo di Saturno; l'unico colore acceso è il rosso del sangue che sgorga dal corpo del figlio a causa dell'aggressione del padre, il tutto avvolto da un buio raccapricciante. L'artista dipinse queste opere per indagare le sue emozioni, infatti dopo il processo subito e dopo essere stato colpito da un'improvvisa perdita dell'udito, fu avvolto in una nebbia di incubi e mostri che riaffiorano sulla tela; questi suoi traumi si sintetizzano appunto nelle Pitture Nere, raffigurazioni di scene mostruose, che realizzò sulle pareti della sua casa nella periferia di Madrid.