Le riforme dei Gracchi e il loro fallimento
La proposta di Tiberio provocò l'ira dei nobili, che temevano di perdere le loro terre. Nonostante l'opposizione, Tiberio riuscì a far approvare la riforma, sostenendo che l'ager publicus apparteneva allo Stato e non ai nobili. Fece persino destituire il tribuno Marco Ottavio Cecina che si opponeva alla riforma.
Gli aristocratici, non riuscendo a fermare Tiberio legalmente, organizzarono una rivolta nel 133 a.C. che portò al suo assassinio. Suo fratello Caio Gracco, dopo un periodo di lontananza dalla politica, divenne tribuno della plebe nel 123 a.C. per continuare il progetto del fratello, ma con un approccio più diplomatico.
Caio sostenne la plebe con diverse iniziative: fondò colonie in Italia e Africa per dare lavoro ai disoccupati, promulgò la Lex Frumenta che abbassava il prezzo del grano, e propose di estendere la cittadinanza romana ai latini e italici.
Quest'ultima proposta trovò l'opposizione di tutti i gruppi sociali romani, che non volevano condividere i loro diritti con nuovi cittadini. Caio, capendo di aver fallito, si fece uccidere da un suo schiavo nel 121 a.C., tra i festeggiamenti dell'aristocrazia senatoria.