Il De Providentia: Il Problema del Male
Il De providentia affronta una delle domande più antiche dell'umanità: se esiste una provvidenza che dovrebbe occuparsi del bene degli uomini, perché il male colpisce anche le persone buone?
Epicuro aveva già tentato di rispondere: "Dio o vuole eliminare i mali e non può (quindi è debole), o può e non vuole (quindi è malvagio), o né vuole né può (quindi non è Dio), oppure vuole e può - ma allora perché esistono i mali?". La sua conclusione era che gli dei esistono ma non si interessano delle vicende umane.
Seneca, da stoico, non può accettare questa risposta. Scrive a Lucilio (un amico più giovane di origine campana che voleva perfezionarsi in filosofia) per spiegare la sua visione.
La sua prosa è completamente diversa da quella ciceroniana: usa espedienti retorici per stupire e incidere sulla sensibilità del lettore. Per esempio, nell'espressione "multa mala bonis viris acciderent" (molti mali capitano agli uomini buoni) utilizza chiasmo, antitesi e allitterazione per creare un effetto sentenzioso.
Seneca distingue tra vir bonus (la persona per bene del mos maiorum) e bonus vir, che per lui è sinonimo di sapiens - l'intellettuale che si incammina sulla strada della sapientia.
Tecnica retorica: La prosa di Seneca si basa sulla sententia (frase ad effetto) piuttosto che sui periodi complessi ciceroniani - deve colpire l'uditorio in modo efficace.