Le Isole Fortunate: fuga dalla realtà
Il componimento "Verso le Isole Fortunate" nasce durante la guerra tra Antonio e Ottaviano, quando Orazio è pervaso da pessimismo sulle sorti di Roma. Vede la città destinata all'autodistruzione a causa delle guerre intestine.
Il poeta constata che Roma, che nessun nemico esterno era riuscito a distruggere - né i Marsi, né Porsenna, né Spartaco, né Annibale - sarà distrutta dai romani stessi: "noi la distruggeremo, noi, empia generazione nata da sangue maledetto".
La soluzione proposta è radicale: abbandonare Roma e rifugiarsi nelle Isole Fortunate, luoghi mitici dove regna ancora l'età dell'oro. Là il suolo produce frutti senza essere arato, la vite fiorisce senza potature, il miele stilla dagli alberi.
Differenza importante: Mentre Virgilio nella IV Egloga spera in una rigenerazione concreta, Orazio invita alla fuga in una dimensione totalmente utopica.
Orazio descrive un giuramento solenne: si potrà tornare a Roma solo quando accadranno cose impossibili, come quando i sassi galleggeranno o il Po bagnerà le montagne. È un modo poetico per dire "mai più".