Le Epistole: l'ultima fase della produzione oraziana
Le Epistole rappresentano la fase finale della produzione di Orazio: una raccolta di lettere fittizie in esametri indirizzate a destinatari reali come Augusto, Mecenate o persino il fattore del suo podere. Divise in due libri, costituiscono un'innovazione nel genere epistolare latino, essendo la prima raccolta completa di lettere in poesia.
Le Epistole si pongono come un'ideale continuazione delle Satire, tanto che Orazio le definisce sermones (conversazioni), lo stesso termine usato per la sua prima opera. Rispetto alle Satire, però, hanno un tono diverso:
- Sono prive di umorismo
- Presentano una sottile vena malinconica
- Utilizzano un linguaggio più elevato
Con questa raccolta, Orazio crea un genere ibrido tra l'epistolografia reale e l'autobiografia poetica. Sebbene sembrino conversazioni intime e personali, sono in realtà rivolte a un pubblico di lettori.
Riflessione: Le Epistole possono essere considerate una sorta di biografia spirituale di Orazio, in cui il poeta offre un quadro ampio e variegato dei suoi stati d'animo e della sua evoluzione intellettuale.
Il libro I, pubblicato nel 20 a.C., contiene 20 componimenti di varia natura: lettere d'occasione indirizzate ad amici, riflessioni morali, esortazioni. Il filo conduttore è sempre lo stesso ideale di sapienza e moderazione che aveva caratterizzato tutta la sua opera.
Il libro II comprende solo tre epistole ma ha il valore di un testamento poetico. Nella prima, dedicata ad Augusto, Orazio critica la letteratura romana arcaica; nella seconda, indirizzata a Floro, riflette sulla sua gioventù e delinea il ritratto del poeta ideale. La terza lettera è la celebre Ars poetica, un vero e proprio trattato sulla poesia in forma poetica.