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5 dic 2025

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Cicerone: Vita, Opere e Pensiero

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Giovanni Palma @giovannip___

Marco Tullio Cicerone è una delle figure più influenti della Roma antica, celebre per le sue straordinarie doti... Mostra di più

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Cicerone

La vita:

Marco Tullio Cicerone (Marcus Tullius Cicero in latino) nasce il 3 gennaio del 106 a.C. a
Ponte Olmo, in Italia,

La vita di Cicerone dagli inizi alla questura

La vita di Marco Tullio Cicerone inizia il 3 gennaio del 106 a.C. a Ponte Olmo, a circa cento chilometri da Roma. Nato in una famiglia della piccola nobiltà locale (classe equestre), dimostra fin da giovane un'intelligenza fuori dal comune.

Il padre, riconoscendo il suo talento, lo conduce a Roma insieme al fratello Quinto per avviarli entrambi alla carriera politica e forense. Qui Cicerone entra in contatto con i migliori oratori dell'epoca, tra cui Lucio Licinio Crasso e Marco Antonio, e si forma in giurisprudenza presso Quinto Mucio Scevola. Contemporaneamente sviluppa interessi per la poesia, traducendo Omero e Arato.

Durante gli anni della formazione, Cicerone incontra importanti figure intellettuali che influenzeranno il suo pensiero il filosofo Fedro, il maestro di retorica Apollonio Molone e l'accademico Filone di Larissa. Nonostante un breve servizio militare durante la Guerra Sociale sotto Silla e Pompeo Strabone, Cicerone dimostra poco interesse per la vita militare.

💡 L'81 a.C. segna una svolta nella sua vita con l'orazione "Pro Quinctio", Cicerone fa il suo ingresso ufficiale nella carriera forense, sfidando il famoso oratore Quinto Ortensio Ortalo.

Dopo un periodo trascorso in Grecia e Asia Minore 7977a.C.79-77 a.C., dove visita l'Accademia di Platone e incontra filosofi come Posidonio a Rodi, Cicerone torna a Roma per iniziare la sua carriera politica. Nel 76 a.C. ottiene la questura di Lilibeo in Sicilia, lavorando con tale competenza da guadagnarsi la fiducia degli isolani. Proprio questa fiducia lo porta al successo nel famoso processo contro Verre, accusato di aver saccheggiato la Sicilia, che segna l'inizio della sua ascesa politica.

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Marco Tullio Cicerone (Marcus Tullius Cicero in latino) nasce il 3 gennaio del 106 a.C. a
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Dal consolato al triumvirato anni di gloria e crisi

La carriera di Cicerone raggiunge l'apice nel 63 a.C., quando viene eletto console insieme a Gaio Antonio Ibrida. Durante il suo mandato, affronta con decisione il tentativo di congiura organizzato dal nobile decaduto Catilina, che mirava a rovesciare la repubblica.

Con grande abilità politica, Cicerone convince il senato a promulgare un "senatus consultum ultimum de re publica defendenda", ottenendo poteri speciali. Nel tempio di Giove Statore pronuncia la famosa "Prima Catilinaria", un'orazione così incisiva che Catilina, smascherato, è costretto a fuggire da Roma rifugiandosi in Etruria.

Nonostante la sua ammirazione per Giulio Cesare, Cicerone si ritrova ai margini della vita politica durante la dittatura di quest'ultimo. Dopo l'assassinio di Cesare, però, diventa uno dei principali leader degli optimates (i conservatori), in opposizione a Marco Antonio, leader dei populares.

💡 Tra il 44 e il 43 a.C. Cicerone pronuncia contro Antonio le "Filippiche", orazioni così denominate in omaggio alle simili invettive di Demostene contro Filippo II di Macedonia.

Il destino di Cicerone si compie quando Antonio, in modo inaspettato, forma un triumvirato con Ottaviano e Marco Emilio Lepido. Inserito nelle liste di proscrizione e condannato a morte, Cicerone è costretto a fuggire da Roma. Raggiunto dai sicari di Antonio nella sua villa di Formia, viene decapitato il 7 dicembre del 44 a.C., ponendo fine a una delle vite più brillanti dell'antica Roma.

La sua opera letteraria, raccolta dal fedele schiavo-segretario Tirone, in particolare l'imponente Epistolario composto da 864 lettere, rappresenta una testimonianza straordinaria non solo della sua vita e personalità, ma anche degli eventi politici e della società romana dell'epoca.

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Marco Tullio Cicerone (Marcus Tullius Cicero in latino) nasce il 3 gennaio del 106 a.C. a
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L'Epistolario una finestra sulla Roma antica

L'Epistolario di Cicerone costituisce uno dei tesori più preziosi della letteratura latina. Composto da 864 lettere scritte tra il 68 e il 43 a.C., è suddiviso in quattro importanti raccolte che ci offrono uno spaccato unico della Roma repubblicana.

Le Epistulae ad Atticum contengono 397 lettere indirizzate all'amico Tito Pomponio Attico, rivelando il lato più intimo e confidenziale di Cicerone. Le Epistulae ad familiares raccolgono invece la corrispondenza con importanti figure politiche come Giulio Cesare, Pompeo e intellettuali come Marco Terenzio Varrone. Completano la collezione le 27 lettere al fratello Quinto (Epistulae ad Quintum fratrem) e la corrispondenza con Marco Giunio Bruto (Epistulae ad Brutum).

Questo immenso corpus epistolare non è solo una fonte insostituibile per comprendere la personalità dell'autore e gli eventi politici dell'epoca, ma ci permette anche di conoscere usi e costumi della società romana.

💡 L'Epistolario di Cicerone fu riscoperto tra il 1345 e il 1389 da Francesco Petrarca e dall'umanista Coluccio Salutati, diventando fondamentale per la rinascita degli studi classici nel Rinascimento.

L'oratoria ciceroniana un modello di eloquenza

L'oratoria di Cicerone venne subito riconosciuta come modello supremo di stile e lingua. Il suo approccio, definito genus medium, si poneva a metà strada tra l'asianesimo e l'atticismo, evitando eccessi in entrambe le direzioni. La sua capacità di variare lo stile, risultando ora semplice, ora emozionante, ora drammatico, costituisce uno dei suoi tratti distintivi.

Secondo Cicerone, l'oratore ha tre obiettivi fondamentali docere (insegnare), delectare (intrattenere) e movere (commuovere). Per raggiungere questi scopi, prestava particolare attenzione all'eleganza espressiva e al ritmo del discorso, curando con maestria le clausulae, ovvero le chiusure dei periodi.

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L'ascesa oratoria dalle prime cause alle Verrine

Il percorso oratorio di Cicerone inizia ufficialmente con la "Pro Quinctio" dell'81 a.C., seguita dalla "Pro Roscio Amerino" dell'anno successivo, una causa particolarmente delicata poiché l'accusatore era un liberto del dittatore Silla. In queste prime orazioni si nota uno stile più vicino all'asianesimo, ricco e ornato.

La svolta nella carriera di Cicerone arriva nel 70 a.C. con il famoso processo a Verre, ex governatore accusato dai siciliani di aver dissanguato l'isola con estorsioni, furti di opere d'arte e abusi giudiziari. Nonostante Verre si fosse assicurato la difesa del celebre Ortensio Ortalo, Cicerone accettò la sfida per affermarsi nel panorama politico.

Le Verrinae comprendono sette orazioni la "Divinatio in Q. Caecilium", l'"Actio prima in Verrem" e i cinque libri dell'"Actio secunda". La prima orazione servì a Cicerone per ottenere l'incarico dell'accusa, superando un prestanome di Verre che tentava di sabotare il processo.

💡 Il processo si concluse con l'esilio volontario di Verre a Marsiglia, ma Cicerone pubblicò comunque tutte le orazioni preparate, creando uno dei suoi primi ritratti di personaggi moralmente corrotti.

Le Verrine rappresentano il primo capolavoro oratorio di Cicerone, e il loro valore non è solo stilistico ma anche politico attraverso queste orazioni, Cicerone propone al Senato di mantenere il potere solo a condizione di dimostrarsi una guida morale, difendendo i valori condivisi.

Nei sei anni tra il processo di Verre e il consolato, Cicerone pronuncia diverse orazioni giudiziarie, tra cui la "De lege agraria" e la "Pro Rabirio", oltre alla "De imperio Cn. Pompei", un'orazione politica per concedere maggiori poteri a Pompeo durante la guerra.

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Marco Tullio Cicerone (Marcus Tullius Cicero in latino) nasce il 3 gennaio del 106 a.C. a
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L'anno del consolato e il trionfo delle Catilinarie

Il 63 a.C., anno del consolato di Cicerone, rappresenta il culmine della sua carriera politica e oratoria con la pronuncia delle celebri Catilinarie. Queste quattro orazioni, indirizzate contro Lucio Sergio Catilina che tramava per rovesciare la Repubblica, mostrano Cicerone nella sua piena maturità espressiva.

Nella prima Catilinaria, pronunciata in Senato, Cicerone attacca direttamente il cospiratore con tale forza da costringerlo ad abbandonare Roma. L'esordio, con la famosa frase "Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?" (Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?), è uno dei passi più celebri della letteratura latina.

La seconda orazione è rivolta al popolo per convincerlo della pericolosità di Catilina. Nella terza, Cicerone informa i cittadini dell'avvenuta scoperta della congiura, mentre nella quarta chiede la condanna a morte dei cospiratori, anche se non ottiene pieno sostegno popolare.

💡 Nelle Catilinarie Cicerone mantiene un tono elevato e sublime, ricco di pathos e drammaticità, esprimendo con intensità i valori patriottici e la paura verso il pericolo rappresentato da Catilina.

Nello stesso periodo Cicerone pronuncia anche la "Pro Murena", in difesa del console eletto Licinio Murena, accusato dal rivale Servio Sulpicio Rufo e da Marco Porcio Catone. In questa orazione, Cicerone mostra un'altra sfaccettatura del suo talento, ricorrendo all'umorismo e all'ironia senza sacrificare l'efficacia persuasiva.

L'esordio della prima Catilinaria esemplifica perfettamente lo stile di Cicerone l'uso di domande retoriche incalzanti, la drammaticità del tono, l'indignazione morale e i riferimenti storici si combinano per creare un'apertura di straordinaria potenza espressiva, che cattura immediatamente l'attenzione e suscita emozioni intense nell'uditorio.

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Dopo il consolato dalla Pro Archia alla Pro Milone

Dopo il periodo del consolato, Cicerone continua la sua brillante attività oratoria con la "Pro Archia" (62 a.C.), in difesa del poeta greco di Antiochia accusato di usufruire illegalmente della cittadinanza romana. Quest'orazione, oltre alla sua funzione difensiva, contiene una splendida celebrazione della poesia e della cultura.

Dopo un periodo di esilio dovuto agli attacchi di Clodio, suo acerrimo nemico, Cicerone rientra a Roma grazie a una legge approvata da Pompeo. Riprende l'attività forense con la "Pro Sestio" (56 a.C.), difendendo Publio Sestio dall'accusa di violenza.

Nello stesso anno, Cicerone pronuncia la "Pro Caelio" in difesa di Marco Celio Rufo, accusato di atti violenti e del tentato avvelenamento di Clodia (sorella di Clodio), con cui aveva avuto una relazione. La particolarità di questa orazione sta nel tono sarcastico e nelle battute maliziose che Cicerone utilizza per dipingere Clodia come una donna vendicativa.

💡 Nel 52 a.C. Cicerone affronta il caso più drammatico della sua carriera forense la difesa di Milone, accusato dell'omicidio di Clodio. Nonostante la "Pro Milone" sia considerata da molti la sua migliore orazione, Cicerone si confuse durante l'arringa, perdendo la causa.

Negli ultimi anni della Repubblica, dopo la guerra civile, Cicerone pronuncia le "orazioni cesariane" la "Pro Marcello", un discorso di ringraziamento a Cesare in Senato; la "Pro Ligario", un'orazione giudiziaria tenuta nel Foro alla presenza di Cesare; e la "Pro Lege Deiotaro", anch'essa un'orazione giudiziaria svoltasi nella residenza del dittatore.

Le Filippiche, 14 orazioni pronunciate contro Marco Antonio tra il 44 e il 43 a.C., rappresentano l'ultimo grande impegno oratorio di Cicerone. Il titolo, scelto dallo stesso autore, richiama le celebri invettive di Demostene contro Filippo di Macedonia, e queste orazioni si distinguono per il vigore polemico e la passione morale con cui Cicerone combatte quella che considera l'ultima minaccia alla Repubblica romana.

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Le opere politiche il pensiero sulla Repubblica romana

Il De re publica, composto tra il 54 e il 51 a.C., rappresenta la riflessione più profonda di Cicerone sulla teoria politica. Quest'opera in sei libri, strutturata come un dialogo platonico, prende ispirazione dalla "Repubblica" di Platone, ma a differenza del filosofo greco, Cicerone non teorizza uno stato ideale astratto, mantenendo sempre il riferimento alla concreta esperienza della Repubblica romana.

Nel primo libro, attraverso il personaggio di Scipione (portavoce dell'autore), Cicerone analizza le tre forme classiche di governo monarchia, aristocrazia e democrazia. Nessuna di queste gli sembra preferibile in forma pura, poiché ciascuna può degenerare rispettivamente in tirannide, oligarchia e oclocrazia. La sua tesi è che la forma mista realizzata nella Repubblica romana rappresenti il modello ottimale, dove il potere monarchico si ritrova nel consolato, quello aristocratico nel Senato e quello democratico nelle assemblee popolari.

💡 Una differenza fondamentale che Cicerone sottolinea nel secondo libro è che, mentre le costituzioni greche furono formulate da singoli legislatori, quella romana si sviluppò organicamente nel corso di generazioni, con il contributo di numerose personalità.

Nel terzo libro, Cicerone affronta il tema della giustizia come fondamento di ogni comunità, mentre nel quarto si concentra sulla formazione del buon cittadino. Il quinto libro delinea la figura del princeps, il governatore ideale che sa sacrificare gli interessi personali per il bene comune.

Del sesto libro ci è giunto principalmente il "Somnium Scipionis" (Il sogno di Scipione), in cui Scipione Emiliano racconta un sogno in cui gli appare il nonno adottivo, Scipione l'Africano, che gli espone la dottrina platonica dell'immortalità dell'anima e della beatitudine eterna riservata ai grandi uomini di Stato.

Il De legibus, scritto nel 51 a.C., completa la riflessione politica di Cicerone occupandosi del sistema legislativo. Nel primo libro tratta della giustizia e della legge, sostenendo che l'organizzazione statale nasce dall'innata propensione umana alla vita sociale; nel secondo analizza le leggi religiose, mentre nel terzo discute delle leggi riguardanti i magistrati, i loro poteri e le loro competenze.

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Le opere retoriche la teoria dell'oratoria perfetta

Cicerone dedicò grande attenzione alla teoria dell'oratoria, che considerava non solo una tecnica di persuasione, ma un'arte completa che richiede ampie conoscenze e un profondo senso morale. Le sue opere retoriche rappresentano un pilastro fondamentale nella storia della teoria del discorso.

Il De inventione, opera giovanile e incompiuta composta tra l'85 e l'80 a.C., era strutturata in due libri che trattavano in modo generale la retorica. Presenta notevoli somiglianze con la "Rhetorica ad Herennium", scritta nello stesso periodo ma non da Cicerone.

Di maggiore maturità è il De oratore, composto nel 55 a.C. in forma di dialogo. Nel primo libro, Cicerone sostiene che l'oratore deve essere non solo un tecnico della parola, ma un intellettuale completo con conoscenze di storia, diritto, politica e filosofia. Introduce il concetto dell'oratore come "vir bonus dicendi peritus" (uomo integerrimo, esperto nell'arte della parola), riprendendo un'espressione di Catone il Censore.

💡 Nel secondo e terzo libro del "De oratore", Cicerone analizza dettagliatamente le cinque fasi del lavoro dell'oratore inventio (ricerca degli argomenti), dispositio (organizzazione del discorso), memoria (memorizzazione), elocutio (espressione stilistica) e actio (declamazione).

Un aspetto fondamentale della teoria ciceroniana è l'individuazione dei tre obiettivi dell'oratore docere (dimostrare e spiegare chiaramente), delectare (intrattenere il pubblico) e movere (persuadere e suscitare emozioni). A questi corrispondono rispettivamente tre stili subtile (lineare) per docere, modicum (moderato) per delectare e vehemens (impetuoso) per movere.

Grande importanza viene data all'eufonia e al ritmo della prosa, regolati da norme che Cicerone rispetta con scrupolo. Le clausole ciceroniane (le chiusure dei periodi) sono particolarmente curate, così come l'uso di figure retoriche, soprattutto negli esordi e negli elogi, le parti che richiedono uno stile più elaborato ed elevato.

La retorica ciceroniana, con la sua ricchezza di sfumature e la sua profondità teorica, ha influenzato profondamente non solo l'oratoria romana, ma tutta la tradizione occidentale fino ai giorni nostri.

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Le opere filosofiche un ponte tra Grecia e Roma

A partire dal 45 a.C., in seguito alla morte della figlia Tullia e all'instaurazione della dittatura di Cesare che lo allontanò dalla vita pubblica, Cicerone si dedicò intensamente alla filosofia. Il suo approccio filosofico è definibile come eclettismo non crea teorie originali, ma seleziona e adatta il meglio delle scuole filosofiche greche, fungendo da ponte tra il pensiero ellenico e quello romano.

Cicerone segue il probabilismo di Filone di Alessandria, basato sulla discussione di tesi contrapposte per trovare la soluzione più verosimile. Convinto che la verità assoluta fosse irraggiungibile, mirava a identificare il più probabile senza legarsi dogmaticamente a una singola scuola filosofica. Tendeva a escludere la filosofia epicurea, analizzando principalmente le tradizioni accademica e stoica.

Tra le sue prime opere filosofiche troviamo i Paradoxa stoicorum (46 a.C.), che illustra sei tesi degli stoici apparentemente contrastanti con il senso comune, e gli Academica (45 a.C.), un'opera dialogica sul problema della conoscenza secondo le dottrine della Nuova Accademia.

💡 Nel "De finibus bonorum et malorum" (45 a.C.), Cicerone affronta il problema fondamentale dell'etica come l'uomo possa raggiungere la felicità. Confronta le teorie epicuree, stoiche e accademico-peripatetiche, propendendo per quest'ultime.

Le Tusculanae disputationes 4544a.C.45-44 a.C. esplorano gli ostacoli alla felicità umana in cinque libri il timore della morte, il dolore, la tristezza, i turbamenti dell'animo e il rapporto tra virtù e felicità. Il De natura deorum 4544a.C.45-44 a.C. esamina le teorie epicuree e stoiche sull'esistenza degli dei, mentre il De divinatione (44 a.C.) critica la divinazione come superstizione, pur riconoscendone l'utilità sociale. Il De fato (44 a.C.), giunto lacunoso, affronta il contrasto tra destino e libero arbitrio.

Opere più brevi ma significative sono il Cato maior de senectute, elogio della vecchiaia come età di maggiore autorevolezza, e il Laelius de amicitia, che definisce l'amicizia come comunione di uomini onesti fondata sulla virtù, non sull'interesse. Il De officiis, ultimo lavoro di Cicerone, è un trattato in tre libri sui doveri morali, basato sulle quattro virtù stoiche (giustizia, magnanimità, temperanza e sapienza), pensato come guida per la futura classe dirigente romana.

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L'eredità di Cicerone un modello per i secoli

La vastità e la profondità dell'opera ciceroniana hanno lasciato un'impronta indelebile nella cultura occidentale. In campo filosofico, sebbene Cicerone non abbia elaborato teorie originali, il suo merito principale fu quello di rendere accessibile al mondo romano il pensiero greco, adattandolo alla mentalità latina e creando un vocabolario filosofico in lingua latina che sarebbe stato utilizzato per secoli.

La sua produzione oratoria rappresenta il vertice dell'eloquenza latina. Le orazioni di Cicerone mostrano una straordinaria varietas stilistica, con la capacità di alternare registri diversi – dal semplice al sublime, dall'ironico al patetico – in funzione del contesto e degli obiettivi. La struttura dei suoi discorsi, con le cinque parti canoniche (exordium, narratio, argumentatio, confutatio, peroratio), divenne il modello per generazioni di oratori.

💡 Lo stile di Cicerone, con il suo perfetto equilibrio tra contenuto e forma, tra pensiero e parola, tra solennità e naturalezza, divenne il punto di riferimento per la prosa latina e, successivamente, per quella delle lingue romanze.

Il suo pensiero politico, esposto principalmente nel "De re publica" e nel "De legibus", influenzò profondamente la teoria dello Stato nei secoli successivi. La sua concezione della costituzione mista e l'idea del governante ideale come uomo virtuoso al servizio della comunità hanno ispirato pensatori politici dal Medioevo al Rinascimento, fino all'Illuminismo.

L'Epistolario ci ha consegnato un ritratto vivo e complesso dell'uomo Cicerone, con le sue ambizioni, i suoi dubbi, le sue paure e i suoi affetti, oltre a fornirci una testimonianza preziosa e diretta della società romana del I secolo a.C. e degli eventi cruciali che segnarono il passaggio dalla Repubblica all'Impero.

La figura di Cicerone incarna l'ideale dell'intellettuale impegnato nella vita civile, che mette la sua cultura e le sue capacità al servizio dello Stato. La sua visione di un'eloquenza fondata su solide basi etiche e culturali, sintetizzata nella formula "vir bonus dicendi peritus", ha definito per secoli il modello dell'uomo pubblico.

Attraverso le sue opere, Cicerone ci ha lasciato non solo un corpus letterario di straordinario valore, ma anche una testimonianza della possibilità di coniugare cultura e impegno civile, pensiero e azione, in una sintesi che continua a parlare anche al mondo contemporaneo.

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La vita di Cicerone: dagli inizi alla questura

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Durante gli anni della formazione, Cicerone incontra importanti figure intellettuali che influenzeranno il suo pensiero: il filosofo Fedro, il maestro di retorica Apollonio Molone e l'accademico Filone di Larissa. Nonostante un breve servizio militare durante la Guerra Sociale sotto Silla e Pompeo Strabone, Cicerone dimostra poco interesse per la vita militare.

💡 L'81 a.C. segna una svolta nella sua vita: con l'orazione "Pro Quinctio", Cicerone fa il suo ingresso ufficiale nella carriera forense, sfidando il famoso oratore Quinto Ortensio Ortalo.

Dopo un periodo trascorso in Grecia e Asia Minore 7977a.C.79-77 a.C., dove visita l'Accademia di Platone e incontra filosofi come Posidonio a Rodi, Cicerone torna a Roma per iniziare la sua carriera politica. Nel 76 a.C. ottiene la questura di Lilibeo in Sicilia, lavorando con tale competenza da guadagnarsi la fiducia degli isolani. Proprio questa fiducia lo porta al successo nel famoso processo contro Verre, accusato di aver saccheggiato la Sicilia, che segna l'inizio della sua ascesa politica.

Latino

Cicerone

La vita:

Marco Tullio Cicerone (Marcus Tullius Cicero in latino) nasce il 3 gennaio del 106 a.C. a
Ponte Olmo, in Italia,

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Dal consolato al triumvirato: anni di gloria e crisi

La carriera di Cicerone raggiunge l'apice nel 63 a.C., quando viene eletto console insieme a Gaio Antonio Ibrida. Durante il suo mandato, affronta con decisione il tentativo di congiura organizzato dal nobile decaduto Catilina, che mirava a rovesciare la repubblica.

Con grande abilità politica, Cicerone convince il senato a promulgare un "senatus consultum ultimum de re publica defendenda", ottenendo poteri speciali. Nel tempio di Giove Statore pronuncia la famosa "Prima Catilinaria", un'orazione così incisiva che Catilina, smascherato, è costretto a fuggire da Roma rifugiandosi in Etruria.

Nonostante la sua ammirazione per Giulio Cesare, Cicerone si ritrova ai margini della vita politica durante la dittatura di quest'ultimo. Dopo l'assassinio di Cesare, però, diventa uno dei principali leader degli optimates (i conservatori), in opposizione a Marco Antonio, leader dei populares.

💡 Tra il 44 e il 43 a.C. Cicerone pronuncia contro Antonio le "Filippiche", orazioni così denominate in omaggio alle simili invettive di Demostene contro Filippo II di Macedonia.

Il destino di Cicerone si compie quando Antonio, in modo inaspettato, forma un triumvirato con Ottaviano e Marco Emilio Lepido. Inserito nelle liste di proscrizione e condannato a morte, Cicerone è costretto a fuggire da Roma. Raggiunto dai sicari di Antonio nella sua villa di Formia, viene decapitato il 7 dicembre del 44 a.C., ponendo fine a una delle vite più brillanti dell'antica Roma.

La sua opera letteraria, raccolta dal fedele schiavo-segretario Tirone, in particolare l'imponente Epistolario composto da 864 lettere, rappresenta una testimonianza straordinaria non solo della sua vita e personalità, ma anche degli eventi politici e della società romana dell'epoca.

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L'Epistolario: una finestra sulla Roma antica

L'Epistolario di Cicerone costituisce uno dei tesori più preziosi della letteratura latina. Composto da 864 lettere scritte tra il 68 e il 43 a.C., è suddiviso in quattro importanti raccolte che ci offrono uno spaccato unico della Roma repubblicana.

Le Epistulae ad Atticum contengono 397 lettere indirizzate all'amico Tito Pomponio Attico, rivelando il lato più intimo e confidenziale di Cicerone. Le Epistulae ad familiares raccolgono invece la corrispondenza con importanti figure politiche come Giulio Cesare, Pompeo e intellettuali come Marco Terenzio Varrone. Completano la collezione le 27 lettere al fratello Quinto (Epistulae ad Quintum fratrem) e la corrispondenza con Marco Giunio Bruto (Epistulae ad Brutum).

Questo immenso corpus epistolare non è solo una fonte insostituibile per comprendere la personalità dell'autore e gli eventi politici dell'epoca, ma ci permette anche di conoscere usi e costumi della società romana.

💡 L'Epistolario di Cicerone fu riscoperto tra il 1345 e il 1389 da Francesco Petrarca e dall'umanista Coluccio Salutati, diventando fondamentale per la rinascita degli studi classici nel Rinascimento.

L'oratoria ciceroniana: un modello di eloquenza

L'oratoria di Cicerone venne subito riconosciuta come modello supremo di stile e lingua. Il suo approccio, definito genus medium, si poneva a metà strada tra l'asianesimo e l'atticismo, evitando eccessi in entrambe le direzioni. La sua capacità di variare lo stile, risultando ora semplice, ora emozionante, ora drammatico, costituisce uno dei suoi tratti distintivi.

Secondo Cicerone, l'oratore ha tre obiettivi fondamentali: docere (insegnare), delectare (intrattenere) e movere (commuovere). Per raggiungere questi scopi, prestava particolare attenzione all'eleganza espressiva e al ritmo del discorso, curando con maestria le clausulae, ovvero le chiusure dei periodi.

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L'ascesa oratoria: dalle prime cause alle Verrine

Il percorso oratorio di Cicerone inizia ufficialmente con la "Pro Quinctio" dell'81 a.C., seguita dalla "Pro Roscio Amerino" dell'anno successivo, una causa particolarmente delicata poiché l'accusatore era un liberto del dittatore Silla. In queste prime orazioni si nota uno stile più vicino all'asianesimo, ricco e ornato.

La svolta nella carriera di Cicerone arriva nel 70 a.C. con il famoso processo a Verre, ex governatore accusato dai siciliani di aver dissanguato l'isola con estorsioni, furti di opere d'arte e abusi giudiziari. Nonostante Verre si fosse assicurato la difesa del celebre Ortensio Ortalo, Cicerone accettò la sfida per affermarsi nel panorama politico.

Le Verrinae comprendono sette orazioni: la "Divinatio in Q. Caecilium", l'"Actio prima in Verrem" e i cinque libri dell'"Actio secunda". La prima orazione servì a Cicerone per ottenere l'incarico dell'accusa, superando un prestanome di Verre che tentava di sabotare il processo.

💡 Il processo si concluse con l'esilio volontario di Verre a Marsiglia, ma Cicerone pubblicò comunque tutte le orazioni preparate, creando uno dei suoi primi ritratti di personaggi moralmente corrotti.

Le Verrine rappresentano il primo capolavoro oratorio di Cicerone, e il loro valore non è solo stilistico ma anche politico: attraverso queste orazioni, Cicerone propone al Senato di mantenere il potere solo a condizione di dimostrarsi una guida morale, difendendo i valori condivisi.

Nei sei anni tra il processo di Verre e il consolato, Cicerone pronuncia diverse orazioni giudiziarie, tra cui la "De lege agraria" e la "Pro Rabirio", oltre alla "De imperio Cn. Pompei", un'orazione politica per concedere maggiori poteri a Pompeo durante la guerra.

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L'anno del consolato e il trionfo delle Catilinarie

Il 63 a.C., anno del consolato di Cicerone, rappresenta il culmine della sua carriera politica e oratoria con la pronuncia delle celebri Catilinarie. Queste quattro orazioni, indirizzate contro Lucio Sergio Catilina che tramava per rovesciare la Repubblica, mostrano Cicerone nella sua piena maturità espressiva.

Nella prima Catilinaria, pronunciata in Senato, Cicerone attacca direttamente il cospiratore con tale forza da costringerlo ad abbandonare Roma. L'esordio, con la famosa frase "Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?" (Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?), è uno dei passi più celebri della letteratura latina.

La seconda orazione è rivolta al popolo per convincerlo della pericolosità di Catilina. Nella terza, Cicerone informa i cittadini dell'avvenuta scoperta della congiura, mentre nella quarta chiede la condanna a morte dei cospiratori, anche se non ottiene pieno sostegno popolare.

💡 Nelle Catilinarie Cicerone mantiene un tono elevato e sublime, ricco di pathos e drammaticità, esprimendo con intensità i valori patriottici e la paura verso il pericolo rappresentato da Catilina.

Nello stesso periodo Cicerone pronuncia anche la "Pro Murena", in difesa del console eletto Licinio Murena, accusato dal rivale Servio Sulpicio Rufo e da Marco Porcio Catone. In questa orazione, Cicerone mostra un'altra sfaccettatura del suo talento, ricorrendo all'umorismo e all'ironia senza sacrificare l'efficacia persuasiva.

L'esordio della prima Catilinaria esemplifica perfettamente lo stile di Cicerone: l'uso di domande retoriche incalzanti, la drammaticità del tono, l'indignazione morale e i riferimenti storici si combinano per creare un'apertura di straordinaria potenza espressiva, che cattura immediatamente l'attenzione e suscita emozioni intense nell'uditorio.

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Dopo il consolato: dalla Pro Archia alla Pro Milone

Dopo il periodo del consolato, Cicerone continua la sua brillante attività oratoria con la "Pro Archia" (62 a.C.), in difesa del poeta greco di Antiochia accusato di usufruire illegalmente della cittadinanza romana. Quest'orazione, oltre alla sua funzione difensiva, contiene una splendida celebrazione della poesia e della cultura.

Dopo un periodo di esilio dovuto agli attacchi di Clodio, suo acerrimo nemico, Cicerone rientra a Roma grazie a una legge approvata da Pompeo. Riprende l'attività forense con la "Pro Sestio" (56 a.C.), difendendo Publio Sestio dall'accusa di violenza.

Nello stesso anno, Cicerone pronuncia la "Pro Caelio" in difesa di Marco Celio Rufo, accusato di atti violenti e del tentato avvelenamento di Clodia (sorella di Clodio), con cui aveva avuto una relazione. La particolarità di questa orazione sta nel tono sarcastico e nelle battute maliziose che Cicerone utilizza per dipingere Clodia come una donna vendicativa.

💡 Nel 52 a.C. Cicerone affronta il caso più drammatico della sua carriera forense: la difesa di Milone, accusato dell'omicidio di Clodio. Nonostante la "Pro Milone" sia considerata da molti la sua migliore orazione, Cicerone si confuse durante l'arringa, perdendo la causa.

Negli ultimi anni della Repubblica, dopo la guerra civile, Cicerone pronuncia le "orazioni cesariane": la "Pro Marcello", un discorso di ringraziamento a Cesare in Senato; la "Pro Ligario", un'orazione giudiziaria tenuta nel Foro alla presenza di Cesare; e la "Pro Lege Deiotaro", anch'essa un'orazione giudiziaria svoltasi nella residenza del dittatore.

Le Filippiche, 14 orazioni pronunciate contro Marco Antonio tra il 44 e il 43 a.C., rappresentano l'ultimo grande impegno oratorio di Cicerone. Il titolo, scelto dallo stesso autore, richiama le celebri invettive di Demostene contro Filippo di Macedonia, e queste orazioni si distinguono per il vigore polemico e la passione morale con cui Cicerone combatte quella che considera l'ultima minaccia alla Repubblica romana.

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Le opere politiche: il pensiero sulla Repubblica romana

Il De re publica, composto tra il 54 e il 51 a.C., rappresenta la riflessione più profonda di Cicerone sulla teoria politica. Quest'opera in sei libri, strutturata come un dialogo platonico, prende ispirazione dalla "Repubblica" di Platone, ma a differenza del filosofo greco, Cicerone non teorizza uno stato ideale astratto, mantenendo sempre il riferimento alla concreta esperienza della Repubblica romana.

Nel primo libro, attraverso il personaggio di Scipione (portavoce dell'autore), Cicerone analizza le tre forme classiche di governo: monarchia, aristocrazia e democrazia. Nessuna di queste gli sembra preferibile in forma pura, poiché ciascuna può degenerare rispettivamente in tirannide, oligarchia e oclocrazia. La sua tesi è che la forma mista realizzata nella Repubblica romana rappresenti il modello ottimale, dove il potere monarchico si ritrova nel consolato, quello aristocratico nel Senato e quello democratico nelle assemblee popolari.

💡 Una differenza fondamentale che Cicerone sottolinea nel secondo libro è che, mentre le costituzioni greche furono formulate da singoli legislatori, quella romana si sviluppò organicamente nel corso di generazioni, con il contributo di numerose personalità.

Nel terzo libro, Cicerone affronta il tema della giustizia come fondamento di ogni comunità, mentre nel quarto si concentra sulla formazione del buon cittadino. Il quinto libro delinea la figura del princeps, il governatore ideale che sa sacrificare gli interessi personali per il bene comune.

Del sesto libro ci è giunto principalmente il "Somnium Scipionis" (Il sogno di Scipione), in cui Scipione Emiliano racconta un sogno in cui gli appare il nonno adottivo, Scipione l'Africano, che gli espone la dottrina platonica dell'immortalità dell'anima e della beatitudine eterna riservata ai grandi uomini di Stato.

Il De legibus, scritto nel 51 a.C., completa la riflessione politica di Cicerone occupandosi del sistema legislativo. Nel primo libro tratta della giustizia e della legge, sostenendo che l'organizzazione statale nasce dall'innata propensione umana alla vita sociale; nel secondo analizza le leggi religiose, mentre nel terzo discute delle leggi riguardanti i magistrati, i loro poteri e le loro competenze.

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Le opere retoriche: la teoria dell'oratoria perfetta

Cicerone dedicò grande attenzione alla teoria dell'oratoria, che considerava non solo una tecnica di persuasione, ma un'arte completa che richiede ampie conoscenze e un profondo senso morale. Le sue opere retoriche rappresentano un pilastro fondamentale nella storia della teoria del discorso.

Il De inventione, opera giovanile e incompiuta composta tra l'85 e l'80 a.C., era strutturata in due libri che trattavano in modo generale la retorica. Presenta notevoli somiglianze con la "Rhetorica ad Herennium", scritta nello stesso periodo ma non da Cicerone.

Di maggiore maturità è il De oratore, composto nel 55 a.C. in forma di dialogo. Nel primo libro, Cicerone sostiene che l'oratore deve essere non solo un tecnico della parola, ma un intellettuale completo con conoscenze di storia, diritto, politica e filosofia. Introduce il concetto dell'oratore come "vir bonus dicendi peritus" (uomo integerrimo, esperto nell'arte della parola), riprendendo un'espressione di Catone il Censore.

💡 Nel secondo e terzo libro del "De oratore", Cicerone analizza dettagliatamente le cinque fasi del lavoro dell'oratore: inventio (ricerca degli argomenti), dispositio (organizzazione del discorso), memoria (memorizzazione), elocutio (espressione stilistica) e actio (declamazione).

Un aspetto fondamentale della teoria ciceroniana è l'individuazione dei tre obiettivi dell'oratore: docere (dimostrare e spiegare chiaramente), delectare (intrattenere il pubblico) e movere (persuadere e suscitare emozioni). A questi corrispondono rispettivamente tre stili: subtile (lineare) per docere, modicum (moderato) per delectare e vehemens (impetuoso) per movere.

Grande importanza viene data all'eufonia e al ritmo della prosa, regolati da norme che Cicerone rispetta con scrupolo. Le clausole ciceroniane (le chiusure dei periodi) sono particolarmente curate, così come l'uso di figure retoriche, soprattutto negli esordi e negli elogi, le parti che richiedono uno stile più elaborato ed elevato.

La retorica ciceroniana, con la sua ricchezza di sfumature e la sua profondità teorica, ha influenzato profondamente non solo l'oratoria romana, ma tutta la tradizione occidentale fino ai giorni nostri.

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Le opere filosofiche: un ponte tra Grecia e Roma

A partire dal 45 a.C., in seguito alla morte della figlia Tullia e all'instaurazione della dittatura di Cesare che lo allontanò dalla vita pubblica, Cicerone si dedicò intensamente alla filosofia. Il suo approccio filosofico è definibile come eclettismo: non crea teorie originali, ma seleziona e adatta il meglio delle scuole filosofiche greche, fungendo da ponte tra il pensiero ellenico e quello romano.

Cicerone segue il probabilismo di Filone di Alessandria, basato sulla discussione di tesi contrapposte per trovare la soluzione più verosimile. Convinto che la verità assoluta fosse irraggiungibile, mirava a identificare il più probabile senza legarsi dogmaticamente a una singola scuola filosofica. Tendeva a escludere la filosofia epicurea, analizzando principalmente le tradizioni accademica e stoica.

Tra le sue prime opere filosofiche troviamo i Paradoxa stoicorum (46 a.C.), che illustra sei tesi degli stoici apparentemente contrastanti con il senso comune, e gli Academica (45 a.C.), un'opera dialogica sul problema della conoscenza secondo le dottrine della Nuova Accademia.

💡 Nel "De finibus bonorum et malorum" (45 a.C.), Cicerone affronta il problema fondamentale dell'etica: come l'uomo possa raggiungere la felicità. Confronta le teorie epicuree, stoiche e accademico-peripatetiche, propendendo per quest'ultime.

Le Tusculanae disputationes 4544a.C.45-44 a.C. esplorano gli ostacoli alla felicità umana in cinque libri: il timore della morte, il dolore, la tristezza, i turbamenti dell'animo e il rapporto tra virtù e felicità. Il De natura deorum 4544a.C.45-44 a.C. esamina le teorie epicuree e stoiche sull'esistenza degli dei, mentre il De divinatione (44 a.C.) critica la divinazione come superstizione, pur riconoscendone l'utilità sociale. Il De fato (44 a.C.), giunto lacunoso, affronta il contrasto tra destino e libero arbitrio.

Opere più brevi ma significative sono il Cato maior de senectute, elogio della vecchiaia come età di maggiore autorevolezza, e il Laelius de amicitia, che definisce l'amicizia come comunione di uomini onesti fondata sulla virtù, non sull'interesse. Il De officiis, ultimo lavoro di Cicerone, è un trattato in tre libri sui doveri morali, basato sulle quattro virtù stoiche (giustizia, magnanimità, temperanza e sapienza), pensato come guida per la futura classe dirigente romana.

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L'eredità di Cicerone: un modello per i secoli

La vastità e la profondità dell'opera ciceroniana hanno lasciato un'impronta indelebile nella cultura occidentale. In campo filosofico, sebbene Cicerone non abbia elaborato teorie originali, il suo merito principale fu quello di rendere accessibile al mondo romano il pensiero greco, adattandolo alla mentalità latina e creando un vocabolario filosofico in lingua latina che sarebbe stato utilizzato per secoli.

La sua produzione oratoria rappresenta il vertice dell'eloquenza latina. Le orazioni di Cicerone mostrano una straordinaria varietas stilistica, con la capacità di alternare registri diversi – dal semplice al sublime, dall'ironico al patetico – in funzione del contesto e degli obiettivi. La struttura dei suoi discorsi, con le cinque parti canoniche (exordium, narratio, argumentatio, confutatio, peroratio), divenne il modello per generazioni di oratori.

💡 Lo stile di Cicerone, con il suo perfetto equilibrio tra contenuto e forma, tra pensiero e parola, tra solennità e naturalezza, divenne il punto di riferimento per la prosa latina e, successivamente, per quella delle lingue romanze.

Il suo pensiero politico, esposto principalmente nel "De re publica" e nel "De legibus", influenzò profondamente la teoria dello Stato nei secoli successivi. La sua concezione della costituzione mista e l'idea del governante ideale come uomo virtuoso al servizio della comunità hanno ispirato pensatori politici dal Medioevo al Rinascimento, fino all'Illuminismo.

L'Epistolario ci ha consegnato un ritratto vivo e complesso dell'uomo Cicerone, con le sue ambizioni, i suoi dubbi, le sue paure e i suoi affetti, oltre a fornirci una testimonianza preziosa e diretta della società romana del I secolo a.C. e degli eventi cruciali che segnarono il passaggio dalla Repubblica all'Impero.

La figura di Cicerone incarna l'ideale dell'intellettuale impegnato nella vita civile, che mette la sua cultura e le sue capacità al servizio dello Stato. La sua visione di un'eloquenza fondata su solide basi etiche e culturali, sintetizzata nella formula "vir bonus dicendi peritus", ha definito per secoli il modello dell'uomo pubblico.

Attraverso le sue opere, Cicerone ci ha lasciato non solo un corpus letterario di straordinario valore, ma anche una testimonianza della possibilità di coniugare cultura e impegno civile, pensiero e azione, in una sintesi che continua a parlare anche al mondo contemporaneo.

Pensavamo che non l'avreste mai chiesto....

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