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Verga e il positivismo (esame di maturità)

1/12/2022

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If Positivisule corrente di pensiero basata sulla conoscenza scientifica della realtà, essa esercito un'influenza grandissima nella filosofia ma in particolare nella letteratura contribuendo alla nascita del naturalismo. re perché metteva in discussione il principio della creazione divina e dell'immutabilità degli esseri viventi. Realismo: il grande romanzo realista su cui influisce in seguito la nascita del naturalismo francese e del verismo italiano è da collocarsi nella seconda metà dell'Ottocento riservando una particolare attenzione all'Inghilterra dell'età Vittoriana di charles Dickens, Oliver Twist in inglese e la Russia zarista in storia (Dostoevskij e Tolstoj) Naturalismo si afferma in Francia negli anni 70 del 1800 e trova il proprio retroterra culturale filosofica del positivismo. Il positivismo porta al rifiuto di ogni visione di stampo religioso, metafisico idealistico e alla convinzione che la realtà sia il risultato di Forze materiali e fisiche chimiche e biologiche regolate da leggi che possono essere spiegate attraverso la scienza. Maggiore esponente: zola Giovanni Verga appoggiò attivamente l'unità italiana arrivando ad arruolarsi nella guardia nazionale. Il Suo patriottismo emerge anche attraverso alcuni romanzi che si inseriscono nella corrente molto diffusa all'epoca della letteratura patriottica. il contatto con la città del nuovo stato unitario e la crescente sfiducia verso la vita moderna determina in verga un ritorno alle sue radici, a quel mondo siciliano rimasto fuori dalla storia e dominato da leggi immutabili....

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Didascalia alternativa:

interesse verso la questione meridionale Il verismo è il movimento letterario fondato da verga e capuana sulla scia della poetica del Naturalismo francese i cui principi consistevano nell'estendere il metodo scientifico alla letteratura. L'artista è come lo scienziato, non deve giudicare le vicende che racconta, ma deve trascriverle in modo impersonale, scomparendo dietro le cose che narra: eclissi dell'autore. Per descrivere un mondo come quello siciliano fisso nei propri valori verga sceglie un tipo di scrittura oggettiva priva dei sentimenti dell'autore. Questo tipo di scrittura rientra all'interno della poetica dell'impersonalità che vuole guardare il mondo dei contadini e dei pescatori da una certa distanza, al fine di restituire la verità usando le parole della narrazione popolare mettendo al centro il fatto nudo e crudo. In questo senso si parla di regressione dell'autore: lo scrittore mette da parte se stesso, le sue conoscenze sul mondo e regredisce fino a calarsi all'interno del contadino/del pescatore, paria con le sue parole e vede il mondo con i suoi occhi. Queste scelte narrative portano all'effetto di straniamento: consiste nel fare apparire strano agli occhi del pubblico quello che invece appare normale agli occhi dei protagonisti ed è dato dal divario tra la visione del mondo del narratore (personaggio) e quella dello scrittore (autore) che coincide con quella dei lettori. verga non ha alcuna fiducia nel progresso, nel miglioramento della società, per lui il progresso e la modernità sono come un fiume in piena che scorre con grande velocità trasportando il mondo verso nuovi traguardi ma che travolge e distrugge la vita di coloro che non riescono ad adattarsi in tempo alle novità (TEORIE DARWINIANE) E COSì che il progresso e la modernità lasciano dietro di sé una scia di Vittime, i vinti. Di questi personaggi verga decide di parlarne nei suoi romanzi per ripagare in qualche modo questa sconfitta. verga ha una visione profondamente pessimistica, addirittura fatalista, del mondo. sopraffazione del più forte sul più debole e l'egoismo dei singoli, spinti dalla logica dell'interesse. Questa condizione è un dato di natura, sostanzialmente uguale in tutti i tempi e in tutti i luoghi, che nulla può cambiare (fatalismo). Tutti sono infelici perché alla fine risultano sconfitti nelle loro aspirazioni e nei loro sentimenti. Non resta allora che accettare la vita con rassegnazione al proprio destino. Gli unici valori in cui verga crede sono: la famiglia, gli affetti domestici e il lavoro. L'individuo che sceglie di allontanarsi dalla propria famiglia e dal proprio ambiente d'origine è destinato al fallimento: ideale dell'ostrica. Il lavoro è inteso come un dovere. La sua visione è materialistica e atea, esclude, infatti, ogni religione e speranza di riscatto in un'altra vita. La prima opera verista è vita dei campi, una raccolta di novelle uscita nel 1880, che comprende ROSSO malpelo e La lupa. Il ciclo dei vinti: I Malavoglia, uscito nel 1881, racconta le vicende di una famiglia di pescatori siciliani, i Toscano, detti Malavoglia. Nel romanzo si contrappongono due mondi con i rispettivi Sistemi di valori: quello del passato e della saggezza proverbiale (incarnato da padron 'Ntoni) e quello del presente e della modernità Cittadina (incarnato dal giovane 'Ntoni). Uscito nel 1889 Mastro don Gesualdo racconta la storia di Gesualdo Motta, un arrampicatore sociale ossessionato dalla roba, la cui morte solitaria e desolata rivela però l'insensatezza di una Vita dedicata all'accumulo economico. I Malaveglia Le prime pagine del romanzo sono molto significative: contengono l'ambientazione della vicenda e la descrizione della famiglia Toscano, detta "Malavoglia", in particolare del patriarca padron 'Ntoni e del nipote maggiore il giovane 'Ntoni, chiamato a svolgere il servizio militare in marina per 5 anni. In apertura del romanzo si possono osservare anzitutto le caratteristiche del tempo e dello spazio dei Malavoglia in cui il tono fiabesco di certe espressioni come "un tempo", "da che il mondo era mondo", "di padre in figlio", che rappresentano un tempo e uno spazio indeterminati e smisurati, si fonde con la precisione geografica con cui vengono indicati i nomi dei paesini costieri a nord di catania (ognina, Aci Trezza, Aci castello). secondo la poetica del verismo per rappresentare il mondo attraverso il punto di vista dei pescatori e dei contadini, occorre vedere la realtà con i loro occhi e parlare con la loro cultura. (impersonalità narrativa, eclissi dell'autore e regressione del punto di vista). La presentazione dei personaggi è infatti condotta attraverso il punto di vista di padron 'Ntoni che si esprime per proverbi e mostra di possedere una saggezza popolare rassicurante. L'ADDIO DI 'NTONI (Cap. XV) Il giovane 'Ntoni ritorna alla casa del nespolo dopo 5 anni di carcere, rimane solo una notte e poi riparte all'alba. Egli ormai si sente un estraneo, avverte la sua solitudine e il senso di esclusione, ha perso la solidarietà dei suoi familiari, non si riconosce più nei valori di quella comunità. La conclusione è simbolica: nell'andare via 'Ntoni riflette malinconicamente sul proprio destino. L'impallidire delle stelle, le luci dell'alba, i rumori consueti degli abitanti che tornano al loro lavoro, rappresentano anc'essi l'amarezza della separazione dalle proprie radici. Il passaggio di Ntoni dalla società contadina arcaica alla civiltà moderna è sottolineato dalla contrapposizione tra due tempi verbali. Nella descrizione del paese e dei suoi abitanti prevale l'uso dell'imperfetto, che comunica il senso della ripetizione e della continuità e rappresenta il tempo ciclico della società contadina, ancora a stretto contatto con la natura. Nel delineare invece le azioni di 'Ntoni prevalgono i verbi di movimento quasi sempre al passato remoto. Nella vicenda di 'Ntoni verga rappresenta in realtà la propria storia di scrittore costretto ad abbandonare la sicilia, a vivere a Milano, nel cuore della modernità, e a sentirsi emarginato. Rosso Malpelo Pubblicato nel 1878. Fa parte della raccolta vita dei campi, 1880. come in altri racconti di questa raccolta il protagonista è un "diverso", un escluso dalla società, spesso sopraffatto da chi sta sopra di lui nella scala sociale. E' un ragazzo che lavora in una cava di rena e che viene ritenuto mo ché ha i capelli rossi e per questo viene maltrattato da tutti, sia in famiglia che al lavoro. Quando muore il padre in un incidente di lavoro, l'unico che gli voleva bene e lo proteggeva, rimane solo e indifeso. Egli assimila la violenza che subisce e cerca di insegnarne la lezione anche al suo unico amico, un ragazzo zoppo soprannominato ranocchio. Quando anche Ranocchio muore, Malpelo accetta un lavoro rischioso in un tratto della cava e vi si perde per sempre Si tratta della prima novella verista. L'inizio del racconto rivela subito la rinuncia dell'autore ad esprimere apertamente il proprio giudizio e il racconto viene narrato dalla voce diretta dei personaggi. subito emerge la tecnica dell'impersonalità narrativa che si fonda sull'eclissi dell'autore e su una voce narrante che è quella di un narratore anonimo popolare se ci racconta i fatti già conclusi. Esso rappresenta la voce di tutto il popolo, il punto di vista della comunità. verga in quanto persona è completamente assente e l'autore regredisce adottando un punto di vista che non è il suo "Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi ed era un ragazzo malizioso e cattivo". Si tratta di un narratore malevolo che usa espressioni popolari e crede in antiche superstizioni contadine. Il lettore non può condividere naturalmente quello che sostiene il narratore (straniamento). per il lettore è chiaro che malpelo ha dei valori autentici come la pietà verso il padre, il senso della giustizia, l'amicizia e la Solidarietà. Il punto di vista del narratore con i suoi pregiudizi e le sue incomprensioni crea su questi valori un effetto di Straniamento. Questo accade perché il narratore è portatore di un punto di vista disumano che ignora i valori e conosce solo gli interessi privati della logica del più forte. LO Straniamento ha l'effetto di negare che possono esistere dei valori in un mondo dominato dalla lotta per la sopravvivenza,in questo vergá esprime il suo pessimismo. secondo Malpelo nella realtà non esiste alcun valore; ogni uomo deve lottare per sopravvivere in un Sistema di violenza in cui l'unica alternativa alla sofferenza appare la morte e dove addirittura sarebbe meglio "non essere mai nati". La concezione della vita di malpelo è priva di speranza. Per questo motivo egli decide di non ribellarsi contro le ingiustizie che subisce perché gli sembra inevitabile. A volte sogna un destino diverso ma subito ne comprende l'impossibilità e torna alla realtà. E come se alpelo si facesse carico del male del mondo. In questo pessimismo assoluto senza uscita vediamo lo stesso pessimismo di verga. L'autore che si era eclissato dal testo attraverso la tecnica dell'impersonalità Vi rientra in modo brusco imponendo al protagonista della vicenda la propria concezione del mondo. la lupa La lupa è è ambientata in un piccolo paese in sicilia. La protagonista è Gnà Pina, che viene soprannominata dalla comunità "la Lupa" a causa del suo comportamento e del suo fisico molto sensuale. Le altre donne del paese osservano la lupa con un misto di invidia e paura tanto che, quando la vedono camminare da sola, arrivano a farsi il segno della croce. La figlia della Lupa, Maricchia, ha invece un carattere dolce e sensibile e soffre di solitudine poiché, a causa del comportamento della madre, è anche lei un'esclusa. un giorno La Lupa si imbatte in un giovane appena tornato dal servizio militare, Nanni. Il ragazzo lavora come bracciante nei campi Vicino alla sua abitazione e, in realtà, è innamorato di Maricchia. Gnà Pina, follemente innamorata del giovane, pur di averlo vicino e riuscire a sedurio, sarà disposta a dargli in moglie la figlia a una condizione: i ragazzi, dopo il matrimonio, si sarebbero dovuti trasferire a vivere a casa sua. Il piano diabolico della Lupa si compie e, una volta trasferitisi a casa di Gnà Pina, questa proverà in tutti i modi a sedurre nanni. Maricchia denuncia la madre alle forze dell'ordine che chiamano Nanni per interrogarlo: il ragazzo confessa l'adulterio e si giustifica dicendo che la donna era per lui come una tentazione dell'inferno. Le forze dell'ordine chiedono alla Lupa di lasciare la casa che condivide con la figlia Maricchia e Nanni ma questa non vuol sentire ragioni. Finale: Durante il lavoro Nanni viene ferito da un mulo e rischia la morte. Il prete, chiamato a dare l'estrema unzione al ragazzo, si rifiuta di farlo poiché Gnà Pina è ancora all'interno dell'abitazione. La Lupa decide così di allontanarsi per un periodo ma, al suo ritorno a casa, continua a provare a sedurre Nanni che, disperato, la uccide con un gesto brutale ed estremo. La figura femminile qui descritta è caratterizzata da questa sessualità così estrema e animalesca da essere paragonata al diavolo o a una strega. La donna sembra riuscire ad ammaliare il povero Nanni, che non riesce a resistere alla donna e cede alle sue tentazioni come se fosse sotto l'effetto di un incantesimo che si può rompere solo in modo brutale e quindi con un assassinio. L'uomo viene descritto come una vittima e la donna come una carnefice. Il soprannome che la comunità le affibbia la descrive proprio come una donna affamata di desiderio che vuol divorare l'uomo. La descrizione che verga fa della donna è un classico esempio di Straniamento tramite regressione del punto di vista, il narratore si identifica con il punto di vista del paese, senza prenderne le distanze, presentando i giudizi sulla donna e la visione che il resto del villaggio ha di lei. A indicare la sua estraneità al resto del paese è anche il sistema di nominazione. La Lupa è gnà Pina, ma il suo nome reale compare solo una volta nel testo e in un discorso diretto. come ROSSO Malpelo, è sempre identificata con il soprannome con cui è nota in paese (ancora a esempio dell'abbassamento del punto di vista). uccidere la Lupa è la sola azione effettivamente compiuta dal ragazzo, che anche così non riesce però ad acquistare un ruolo attivo. Anche nel liberarsi da una passione opprimente e diabolica, Nanni sembra ancora una volta succube della donna. "Pallido e stralunato", non può fare altro che compiere balbettando quanto da lei suggerito ("Ammazzami, rispose la Lupa, chè non me ne importa; ma senza di te non voglio Starci"). Al contrario, la Lupa si riafferma nella sua statuaria e indifferente consapevolezza e continua a marciare con passo perino verso l'oggetto del suo desiderio. la roba La roba di verga è una novella raccolta all'interno delle sue Novelle rusticane. Il tema dell'opera è la bramosia del possesso, l'avarizia e l'attaccamento ai beni materiali. "La roba" è una ricchezza che si misura in pascoli, terre, animali, Fattorie, magazzini: è un bene che può produrre ricchezza. Il protagonista dell'opera, ambientata a catania, è Mazzarò, un contadino. Tutto ruota intorno alla sua ascesa sociale e tragedia personale Mazzarò vive nel terrore della morte: che fine faranno i sacrifici ei traguardi di una vita intera quando morirà? La roba racconta la vicenda di Mazzarò, un uomo che passa dalla condizione di bracciante povero, sfruttato e maltrattato, a quella di ricchissimo latifondista. con enormi sacrifici fatti di durissimo lavoro e disumane privazioni, con le sue forze fisiche e la sua intelligenza tese soltanto a riscattarsi dalla miseria e a possedere la "roba", egli diventa padrone di terre immense, uliveti, vigne, mandrie, greggi, Fattorie. Ma la "roba" diventa per Mazzarò la ragione stessa della sua vita, un'ossessione che lo perseguita: non ha tempo per gli affetti né per godersi la sua agiatezza, ma solo per pensare a come accumulare altre ricchezze. così, quando la morte lo sorprende, ha un moto di ribellione, perché morire significa abbandonare la roba che gli è costata tanta fatica. Mazzarò è un uomo che ha sacrificato tutto nella sua vita, con fatica, perseveranza e ostinazione per accumulare più beni materiali possibili, ma è incapace di godere dei benefici che possono scaturire da tanta ricchezza. Non ha famiglia, vive in condizioni di povertà per non sprecare le sue ricchezze, lavora come un mulo nei campi. Non ha vizi, non ha amici. Ha allontanato tutti nella sua vita, per paura che potessero sottrargli la sua roba La sua ribalta da povero bracciante sfruttato e sottopagato a proprietario di tutti i beni che sottrae a quello che una volta era il suo padrone è un'ascesa sociale sterile. La sua scalata riesce grazie al sacrificio e alla furbizia, ma una volta guadagnata una posizione migliore, l'uomo sembra mandare in fumo ogni possibilità di crescita personale. sleale nei confronti di chi lavora per lui e ossessionato dall'accumulo della ricchezza. Durante la sua vecchiaia Mazzarò si rende conto di quanto vuota e povera sia, in senso metaforico, la sua vita, e dunque il suo attaccamento di beni materiali diventa, se possibile, ancora più tossICO. NON avendo eredi né conoscenti, va in fumo anche la possibilità di trasferire i suoi beni a qualcuno. Il pensiero di non poter portare con sé i suoi beni nella vita ultraterrena lo fa addirittura impazzire e il testo si conclude con una scena pietosa e indimenticabile: lui che vaga nei campi, accecato dalla follia, distruggendo raccolti e colpendo animali e gridando "Roba mia, vientene con me!"