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società di massa, belle epoque, Giovanni Giolitti

11/10/2022

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LA SOCIETÀ DI MASSA
Gli anni difficili di fine Ottocento
Gli ultimi decenni dell'ottocento erano stati per l'Europa un periodo turbolento e

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LA SOCIETÀ DI MASSA Gli anni difficili di fine Ottocento Gli ultimi decenni dell'ottocento erano stati per l'Europa un periodo turbolento e pieno di ansie. La grande crisi economica aveva fatto temere a industriali e a proprietari di terre che l'intero sistema capitalistico stesse per crollare, gli uomini politici vivevano nel costante terrore degli attentati anarchici. Quanto all'Italia essa era ancora sotto il peso del NON EXPEDIT (ovvero quando papa Pio IX aveva vietato ai cattolici di partecipare alle elezioni o alla vita politica in generale, questo perché il papa non era contento che l'Italia avesse conquistato Roma). Belle Epoque Negli ultimissimi anni dell'ottocento ci fu un periodo di certezze perché si sentivano gli effetti dall'uscita della crisi economica. La regina d'Inghilterra Vittoria morì e succedette al trono suo figlio Edoardo VII, la successione divenne il simbolo di una svolta: dall'epoca dei sacrifici alla Belle Epoque, così vennero chiamati gli anni che vanno dal 1900 al 1914. Anche in Italia la belle epoque coincise con un cambio di sovrano, da Umberto I a Vittorio Emanuele III. Esposizione universale di Parigi Il 15 aprile 1900 si aprì una nuova era che fu battezzata con l'inaugurazione dell'Esposizione universale di Parigi, al centro dell'esposizione sorgeva il Palazzo dell'elettricità che era il monumento all'energia per eccellenza dopo la la seconda rivoluzione industriale. Parigi e Vienna furono...

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Didascalia alternativa:

le due capitali dalla Belle Epoque, in cui chi desiderava godersi i frutti del successo e trascorrere una vita spensierata trovava tutto ciò di cui aveva bisogno; però la Belle Epoque non fu goduta da tutti allo stesso modo, la vita dei contadini rimase simile a quella che era sempre stata, stessa cosa per i operai, quindi la Belle Epoque fu tale solo per chi aveva denaro, questa élite si muoveva da una capitale all'altra sul Orient-Express, il treno extra lusso che andava da Parigi a Instambul, fino a San Pietroburgo. La società di consumatori La seconda rivoluzione industriale aveva iniziato a offrire beni di consumo durevoli, il pubblico voleva possederli facendo nascere una "società di consumatori", gli Stati Uniti furono i primi a soddisfare questo desiderio e nei maggiori centri urbani nacquero grandi magazzini in cui si poteva trovare di tutto. Nel 1909 Henry Ford costruì la prima automobile chiamata "modello T" un'invenzione che però non si rivolgeva all'élite ma alla "middle class" ovvero piccoli e medio borghesi. La società del Novecento fu caratterizzata dalla partecipazione delle masse alla vita politica, ci fu un nuovo modello di partito e fu proposto per la prima volta da Carl Marx e determinò la formazione di partiti socialisti socialdemocratici, il primo obiettivo dei partiti di massa fu quello di fare pressione ai rispettivi governi perché cambiassero le leggi elettorali e concedessero il suffragio universale maschile. Quindi, i decenni del Novecento, furono il periodo in cui nacque e si sviluppò la società di massa, dove la maggior parte degli abitanti non vive più nelle campagne ma si concentra sulla città. Concludo l'argomento dicendo che in questa società i comportamenti e le mentalità tendono a uniformarsi, l'individuo ha sempre meno peso e il pensiero è sempre più condizionato. L'ETA' GIOLITTILIANA In Italia il 900 si aprì in modo drammatico con l'uccisione di Umberto I da parte di Gaetano Bresci per rivendicare le vittime di Bava Beccaris (ovvero il generale che sperò sui milanesi in sciopero contro il rincaro del pane), a Umberto succedette il figlio Vittorio Emanuele III, l'evento rappresentò una svolta decisiva; nel 1901 affidò il I governo agli esponenti della sinistra liberale di cui faceva parte anche Giovanni Giolitti, sotto di lui l'Italia fece enormi passi avanti che la portarono a compere con le altre grandi nazioni europee. Nei confronti delle agitazioni operaie il presidente del Consiglio cambiò radicalmente tattica rispetto ai governi precedenti, e introdusse i sindacati in quanto un'organizzazione garantiva sempre maggior ordine rispetto a un movimento spontaneo e senza guida, inoltre gli scioperi alla base, dovevano avere motivazioni economiche e non politiche. Quindi la politica giolittiliana era basata sulla neutralità dello Stato, esso doveva semplicemente svolgere una funzione da mediatore, limitandosi alla tutela dell'ordine pubblico. Questo progetto però trovò alcuni sostenitori e molti oppositori: ● Sostennero il progetto gli industriali che riconobbero le condizioni necessarie per lo sviluppo delle loro aziende All'inizio anche il partito socialista sostenne Giolitti. Dalla parte degli oppositori incontrò gli agrari ovvero i grandi proprietari terrieri che non intendevano perdere nessuno dei privilegi che avevano accumulato nel tempo; Nell'opposizione vi erano anche i clericali che erano considerati i più insidiosi nemici dello Stato. Lo sciopero nazionale Nel 1904 Giolitti dovette affrontare il primo sciopero generale nazionale che si scatenò per via di una serie di stragi di contadini avvenute nel Sud dell'Italia. Lo sciopero iniziò il 16 settembre, e si estese in tutta la Penisola, si concluse il 21 settembre senza risultati; Giolitti condannò questo sciopero in quanto non mirava a vantaggi economici ma era di natura politica. Quando lo sciopero si concluse Giolitti sciolse il parlamento e indisse nuove elezioni con l'intento di mettere fuori gioco i socialisti. Le riforme sociali Giolitti riuscì a portare avanti un programma di riforme sociali il suo programma conteneva: ● ● ● Una legge per la prevenzione della pellagra; la legge sul lavoro femminile che limitò a 12 ore il lavoro giornaliero; la legge sul lavoro minorile il limite lo fissò a 12anni; la legge sulla maternità che obbligò le aziende a concedere un mese di congedo alla futura madre conservando il posto di lavoro una legge per le assicurazioni sugli infortuni una legge sulla municipalizzazione una legge sul riposo settimanale (la domenica) una legge sull'istruzione che sottraeva le scuole ai comuni, troppo poveri per finanziarle e le affidò allo stato; il tasso di analfabetismo passò dal 48% al 27%. Il suffragio universale La riforma giolittiana più importante fu, nel 1912, il suffragio universale maschile estendendo il diritto di voto a tutti i cittadini maschi che avessero svolto il militare o compiuto 30 anni. Insieme al suffragio Giolitti aveva proposto anche l'indennità parlamentare (rimborso a chi doveva rinunciare al lavoro nza il quale non poteva mantenersi) che però fu rifiutata perché chi si occupava della politica era già ricco, l'importante era che il potere rimanesse nelle mani dei conservatori. Il decollo dell'industria Le riforme sociali emanate da Giolitti portarono sull'Italia l'attenzione da parte del resto d'Europa. Giolitti creò due banche destinate a prestare denaro alle imprese, estese la rete ferroviaria e nazionalizzò il servizio telefonico. Queste misure favorirono in particolare Torino, Milano e Genova. Il meridione e il voto di scambio Questi miglioramenti però non risolsero i problemi del sud, il tasso di analfabetismo infatti era al 60% contro il 15% del Nord Giolitti peggiorò la situazione con il sistema delle clientele infatti prima delle elezioni, temendo di non ottenere abbastanza voti, finì per accordarsi con i magnati e latifondisti. Il patto Gentiloni Il patto Gentiloni è il primo passo per la pace tra cattolici e italiani, questo patto assicurava l'alleanza dei cattolici e segnava il loro ingresso nella vita politica; questo patto fu criticato sia dai socialisti sia dai laici del partito. La conquista della Libia Giolitti pensava che anche l'Italia dovesse avere un impero, Giolitti mantenne l'Italia nella Triplice Alleanza. nel 1911 dichiarò guerra all'Impero turco-ottomano per conquistare la Libia. L'italiani si macchiarono di crimini atroci, e da questa guerra l'Italia non trasse benefici. colonia diventando così un la fine di Giolitti La Libia non riuscì a dare lustro a Giolitti, aveva contro sia le forze di estrema destra che quelle di estrema sinistra, e aveva iniziato a perdere l'appoggio anche dei moderati. Giolitti riuscì a prevalere nelle elezioni del 1913 ma ottenne una maggioranza risicata che mise spesso il governo in difficoltà, fu allora che contro di lui fu organizzata una feroce campagna di stampa durante la quale a causa del voto di scambio nel sud, nel 1914 Giolitti rassegnò le sue dimissioni.