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Il primo Novecento

1/4/2023

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Il primo Novecento
LA SITUAZIONE STORICA E SOCIALE IN ITALIA
Nei primi anni del Novecento il Nord dell'Italia si avvia ad un lento

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Italiano Il primo Novecento LA SITUAZIONE STORICA E SOCIALE IN ITALIA Nei primi anni del Novecento il Nord dell'Italia si avvia ad un lento processo di industrializzazione che comporta alcuni nuovi fenomeni sociali, come l'emigrazione dal Sud della penisola e la formazione di grandi agglomerati urbani. Tuttavia la modernizzazione dell'economia non è sufficiente a risolvere i problemi legati all'occupazione e molti italiani sono costretti ad emigrare all'estero. Di fronte a questa situazione viene intrapresa la politica coloniale italiana, che porta alla conquista della Libia (1911-12). Tra il 1903 e il 1914 la scena politica è dominata dalla figura di Giovanni Giolitti, esponente della corrente dei liberali che tenta di risolvere i gravi conflitti sociali attraverso una serie di provvedimenti volti a migliorare l'amministrazione pubblica e soddisfare le richieste dei lavoratori. Nel 1912 estende il diritto di voto con la legge sul suffragio niversale maschile, ma la sua politica di accordo tra i partiti fallisce in seguito alle resistenze dei conservatori di fronte al cosiddetto "patto Gentiloni", che di fatto sancisce l'ingresso delle forze cattoliche nel confronto elettorale. Nel frattempo la tensione accumulata nei rapporti internazionali esplode con la Prima guerra mondiale, alla quale l'Italia decide di partecipare a partire dal 1915, dopo un lungo dibattito tra neutralisti e interventisti. IDEOLOGIE E NUOVA MENTALITÀ La concezione della realtà proposta...

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Didascalia alternativa:

dal Positivismo durante la seconda metà dell'Ottocento entra in crisi soprattutto a causa della diffusione di alcuni importanti studi e teorie del tutto rivoluzionarie: in campo scientifico Albert Einstein si distingue per la teoria della relatività che dimostra il carattere convenzionale delle scienze "esatte", mentre la psicoanalisi di Sigmund Freud cancella rapidamente le vecchie concezioni in ambito psichiatrico e antropologico. Il pensiero filosofico si arricchisce grazie all'opera di Friedrich Nietzsche, che smaschera i falsi miti delle ideologie ufficiali, e di Henri Bergson, che propone una concezione dinamica e vitalistica della realtà. L'atteggiamento degli intellettuali nei confronti della situazione sociale e politica si converte gradualmente: al senso di esclusione e di declassamento percepito per molti decenni subentra ora un nuovo impulso alla partecipazione attiva e alla promozione del cambiamento culturale. Il disprezzo per i valori borghesi determina la diffusione di tendenze antidemocratiche e nazionalistiche, che rivelano il bisogno di soluzioni forti e autoritarie. Contro queste posizioni estremistiche e irrazionali si schiera fermamente Benedetto Croce, esponente del pensiero idealistico che esercita un'influenza duratura sulla cultura italiana ed europea. LE ISTITUZIONI CULTURALI Il desiderio di partecipare attivamente alla vita culturale e politica spinge gli intellettuali a cercare nuovi spazi di confronto e di aggregazione e parallelamente anche mezzi efficaci per raggiungere il pubblico. Per questo motivo nei primi decenni del Novecento si assiste alla creazione di numerose riviste, che si propongono di diffondere le nuove ideologie e i gusti letterari. Le iniziative più importanti da questo punto di vista si concentrano nella città di Firenze, dove vengono pubblicate importanti riviste come “Hermes”, “La Voce” e “Lacerba”. Le nuove proposte culturali si esprimono attraverso la formulazione di programmi e manifesti redatti dai gruppi di intellettuali che condividono le medesime idee sull'arte, sul costume e sulla società. La volontà di rompere con la tradizione provoca una frattura profonda con il sapere istituzionale, mentre si delinea un radicale divario tra la critica accademica e la critica militante. Il mercato editoriale comincia a proporre un'offerta ampia e differenziata. I mezzi di informazione scritta, e in primo luogo i quotidiani, migliorano la qualità del loro servizio e si occupano di questioni di interesse sociale e culturale anche attraverso alcune pubblicazioni periodiche. LA LINGUA Numerosi sono i fattori che concorrono alla diffusione della lingua nazionale. Primo tra tutti la scuola, che consente alla maggior parte della popolazione di comprendere e usare l'italiano, anche se la totale padronanza linguistica è raggiunta soltanto dall'esigua minoranza di coloro che riescono ad accedere all'istruzione media e superiore. La crescente diffusione della stampa quotidiana e periodica incide poi doppiamente sulle abitudini linguistiche degli italiani, perché da un lato i giornali avvicinano alla lettura un pubblico sempre più ampio e dall'altro influenzano anche la lingua letteraria, che su imitazione della prosa giornalistica si avvicina sempre più alla lingua parlata, riducendo così la notevole distanza che per molto tempo si era venuta a creare a causa della tradizione fortemente elitaria e aristocratica della nostra cultura. Anche i fenomeni migratori agiscono a favore dell'unificazione linguistica, poiché gli italiani che scelgono di trasferirsi nei centri urbani industrializzati o di emigrare all'estero, entrando in contatto con nuove realtà culturali, si rendono conto dell'importanza dell'istruzione e della competenza linguistica come strumenti di integrazione e di promozione sociale. In generale possono essere poi considerati fattori favorevoli alla diffusione dell'italiano tutte le occasioni di incontro e di scambio (il confronto con le istituzioni e con la burocrazia, le attività di tipo commerciale, il servizio militare, la guerra ecc.) che si realizzano con sempre maggior intensità grazie al progresso economico e sociale del paese. LE CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE LETTERARIA Il rinnovamento delle forme letterarie Agli inizi del Novecento, a causa del rapido processo di trasformazione che caratterizza il bisogno di rinnovamento artistico-culturale, mutano sensibilmente gli statuti della poesia e della prosa. La lirica tende ad abbandonare gli schemi più rigidi e rigorosi, basati sulla metrica e sulla rima per avvalersi del "verso libero". La prosa tende a farsi soggettiva e intimistica, privilegia misure molto brevi e assume cadenze liricheggianti, evitando il più possibile la struttura del romanzo. Si indebolisce la costruzione organica e chiusa dell'opera d'arte; a distruggerne completamente le forme sarà il Futurismo. I crepuscolari La poesia "crepuscolare" rappresenterebbe appunto il tramonto della più alta tradizione lirica nazionale, ancora incarnata da Carducci, Pascoli e d'Annunzio. Ai contenuti nobili e sublimi della tradizione si sostituiscono gli umili oggetti della realtà quotidiana, gli interni più dimessi della comune esistenza, le «buone cose di pessimo gusto» che la poesia fino ad allora aveva rifiutato. Con Sergio Corazzini emerge soprattutto la disposizione sentimentale del poeta, con la sua stanchezza esistenziale; in Guido Gozzano si avverte il disincanto di un'ironia che corrode gli ideali e le mitologie della società contemporanea. Se in Corazzini si afferma il verso libero, Moretti e Gozzano conservano strutture metriche regolari, indebolendole però dall'interno. I vociani Pur gravitando attorno alla rivista “La Voce”, i cosiddetti "vociani" non costituiscono un gruppo omogeneo e compatto, ma esprimono soprattutto quelle esigenze spirituali e morali di cui il periodico fiorentino aveva voluto farsi carico. La poesia, in particolare, affronta i contenuti interiori di una soggettività vista come scavo esistenziale, alla ricerca dei valori della coscienza o di una fede anche religiosa. Di qui anche la richiesta di un impegno civile e sociale reso necessario dal bisogno di colmare un vuoto profondo. L'opera dei vociani si colloca alle origini della lirica del Novecento sotto molti aspetti: dal lirismo puro all'espressionismo, dal simbolismo visionario al bisogno di una libera e spesso sofferta confessione. Non solo diventa abituale l'impiego del verso libero, ma si realizza un reciproco scambio tra la poesia e la prosa che trova nel cosiddetto “frammento" la sua misura ideale. Il Futurismo e le avanguardie L'idea del gruppo è invece connaturata con la nascita e la storia del Futurismo, che sorge come un vero e proprio movimento culturale e obbedisce a precise linee programmatiche, formulate in appositi manifesti. Questa strategia è motivata anche dalla necessità di chiarire le ragioni di un progetto che, per la sua natura rivoluzionaria, era destinato a provocare opposizioni e proteste. Sotto la guida del suo fondatore, Filippo Tommaso Marinetti, il Futurismo si propone di distruggere non solo le istituzioni culturali del passato, ma tutte le esperienze artistiche fino ad allora praticate, in vista di un cambiamento radicale, che riguarda i più svariati aspetti della vita culturale e sociale. L'ambizione di questa trasformazione passa anche attraverso la proposta di una contaminazione e fusione tra i diversi linguaggi espressivi adottati dalle varie forme di arte; per quanto riguarda più propriamente la letteratura, invece, il movimento si pone come obiettivo la distruzione della sintassi e l'applicazione del procedimento analogico, fino ad approdare alle <<parole in libertà>>. Il Futurismo è all'origine della grande stagione delle avanguardie europee, e sarà seguito ben presto dal Dadaismo e dal Surrealismo. La narrativa La contaminazione delle forme letterarie indebolisce la costruzione organica e tendenzialmente chiusa dell'opera d'arte, fino a distruggerne ogni regola e ordine con il Futurismo. Anche il romanzo contesta le forme della narrativa ottocentesca. Il distacco si compie non solo con d'Annunzio e la narrativa decadente, ma riguarda soprattutto, in Italia, Italo Svevo e Luigi Pirandello, che forniranno gli esempi più significativi di una trasformazione capace di allineare il romanzo italiano alle esperienze di punta della narrativa europea. Fondamentale, in questo senso, è stato il saggio pirandelliano sull'Umorismo, che insiste sul carattere disorganico e frammentato dell'opera d'arte, portando al più alto livello il processo di frant ione di una realtà che appare sempre più relativa, priva di ogni direzione e criterio di orientamento. Così, dopo lo "sdoppiamento" del protagonista, nel Fu Mattia Pascal, Pirandello distrugge l'identità del personaggio, in Uno, nessuno e centomila, e nel contempo dissolve la forma stessa del romanzo tradizionale, alterandone e disgregandone le funzioni. Si intensifica anche in questo periodo l'attività di Pirandello novelliere con la pubblicazione di numerose raccolte, che verranno riunite sotto il titolo di Novelle per un anno. L'edizione ultima dell'opera, rappresenta il più alto esempio della novellistica novecentesca. Anche con la Coscienza di Zeno di Svevo andiamo oltre i limiti cronologici segnati dalla Prima guerra mondiale, ma, a parte il carattere convenzionale di questi “confini”, si tratta di opere lungamente maturate in precedenza. Nell'ultimo romanzo di Svevo la realtà viene "filtrata" dalla coscienza del narratore protagonista, che non solo ne propone una interpretazione in chiave psicoanalitica, ma la riorganizza attorno ad alcuni nuclei ritenuti rivelatori. Di qui il venir meno di una progressione cronologica unitaria, mentre il tempo si spezza in tanti frammenti che riportano circolarmente il discorso al suo punto di partenza, in un monologo che demistifica convenzioni e luoghi comuni, assumendo un alto valore ironico e critico. La letteratura drammatica Anche il teatro muta radicalmente la sua tradizionale fisionomia ottocentesca, che si proponeva di portare sulla scena la realtà della vita quotidiana. Il teatro teorizzato dai futuristi vuole invece escludere dalla rappresentazione ogni logica comune e ogni criterio di verosimiglianza, proponendosi come un teatro sintetico che si basa sull'assurdo di situazioni irreali, fino a sostituire i personaggi con degli oggetti. Dal teatro borghese di fine secolo muove invece il teatro cosiddetto del "grottesco", che, pur basandosi sul triangolo moglie-amante-marito, ne corrode il banale convenzionalismo, demistificandolo attraverso un personaggio che giudica dall'esterno gli avvenimenti. Negli anni successivi anche Pirandello partecipa all'esperienza del "grottesco", che con lui raggiunge le sue soluzioni più radicali e corrosive, anticipando le rivoluzionarie innovazioni dei Sei personaggi in cerca d'autore, che consacreranno la fama internazionale del drammaturgo. Esperienze teatrali europee Anche in Europa il primo Novecento è il momento delle avanguardie, che sono diverse, molteplici e variamente articolate. In Germania il teatro espressionista mostra in modo violento il rifiuto di una società che viene fin da allora intuita come massificata: uno dei testi chiave di questo teatro è proprio Uomo massa. Anche in Russia nasce e si sviluppa un movimento futurista: il suo maggior rappresentante è il poeta Vladimir Majakovskij, che scrive per il teatro opere di straordinario interesse come La cimice e Il bagno. In Inghilterra George Bernard Shaw con il suo "dramma di idee" affronta sul palcoscenico i vari problemi della vita e del mondo contemporanei. Lo spagnolo Federico García Lorca diventa celebre per la rappresentazione di alcuni drammi come Nozze di sangue e La casa di Bernarda Alba. Negli Stati Uniti Eugene O'Neill interpreta nei suoi numerosi testi il dramma dell'esistenza, per cui alla fine l'uomo rimane ineluttabilmente solo con il proprio destino. La stagione delle avanguardie Il rifiuto della tradizione e del "mercato culturale" Il termine "avanguardia" appartiene al vocabolario militare e indica la pattuglia di soldati che va in avanscoperta, precedendo il grosso delle truppe e affrontando così i maggiori pericoli. Per la prima volta viene impiegato, agli inizi del secolo scorso, a proposito di movimenti oggi detti "avanguardie storiche", per distinguerli dalle neoavanguardie più recenti. Questi gruppi si propongono in primo luogo compiti di rottura, rifiutando radicalmente non solo la tradizione culturale del passato, ma gli stessi canali della comunicazione artistica corrente, che rendevano le opere facilmente apprezzabili da un ampio pubblico. È una rivolta che vuole colpire al cuore le ideologie dominanti, a partire dalle forme artistiche che ne sono l'espressione e che vengono coinvolte in un comune giudizio di condanna. L'intenzione è in ultima analisi politica e mira a un rinnovamento totale della società, tanto è vero che uno dei tanti manifesti futuristi si proporrà addirittura come obiettivo una Ricostruzione futurista dell'universo. Ricostruire vuol dire rifondare, ma per rifondare bisogna distruggere, azzerando tutto ciò che lega il presente al passato e anticipando, per così dire, le attese del "futuro". Lo scrittore d'avanguardia contesta l'intero sistema del "mercato culturale", accusato di aver trasformato il prodotto artistico in merce, che, per essere venduta, si basa su stereotipi e luoghi comuni, lusingando la pigrizia intellettuale del grosso pubblico. Al contrario l'opera deve abbandonare i canoni estetici tradizionali e risultare di difficile comprensione, urtando le abitudini mentali dei fruitori e proponendosi con un intento dichiaratamente provocatorio. Gruppi e programmi L'avanguardia presenta in questo senso un evidente carattere militante, attribuendosi un ruolo forte di intervento anche ideologico e politico, oltre a proporre un profondo rinnovamento delle forme dell'arte che interagiscono strettamente tra di loro, basandosi su princìpi comuni di poetica. Da questa volontà di rottura nasce anche l'esigenza di costituirsi in gruppi, alla ricerca di una maggiore forza d'urto, che consente di svolgere un'azione più efficace; di qui anche la necessità di formulare dei programmi, per chiarire le ragioni di scelte che potevano apparire incomprensibili, data la sperimentazione di linguaggi arditi e sconcertanti, mai usati prima, tali comunque da sconvolgere ogni abitudine in precedenza acquisita. Si spiega così lo stretto legame tra i princìpi teorici e la realizzazione delle opere, che ne costituiscono la concreta esemplificazione. Nata in Italia, la prima delle avanguardie storiche, il Futurismo, si diffuse ben presto in Europa e nel mondo, aprendo la strada alle avanguardie successive. I FUTURISTI Azione, velocità e antiromanticismo Nel Manifesto del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti formula il suo programma di rivolta contro la cultura del passato e tutti gli istituti del sapere tradizionale, proponendo un azzeramento su cui elevare una concezione della vita integralmente rinnovata. I valori su cui intende fondarsi la visione del mondo futurista sono quelli della velocità, del dinamismo, dello sfrenato attivismo, considerati come distintivi della moderna realtà industriale. Il culto dell'azione violenta ed esasperata respinge ogni forma esistente di organizzazione politica e sindacale, così come rifiuta il parlamentarismo, il socialismo e il femminismo, nel nome di un individualismo assoluto e gratuito, in cui non è difficile notare una nuova incarnazione del mito del superuomo. Di qui l'adesione all'ideologia nazionalista e militarista, che celebra la guerra come «sola igiene del mondo»>. Anche l'uomo finisce per ridursi a un essere meccanico e dinamico. Disinteressandosi del tutto della dimensione psicologica, i futuristi disprezzano i comuni atteggiamenti spirituali e sentimentali nei confronti della donna e dell'amore. Di qui la polemica si estende alla sensibilità romantica e decadente. A essere rifiutata, di conseguenza, è anche la letteratura che si basava su questi valori e che viene considerata come espressione di una civiltà oramai superata: dalla più antica tradizione critica, tramandata dall'insegnamento, fino alle tendenze più recenti, alle quali lo stesso Marinetti aveva in precedenza aderito. Solo la «velocità», considerata alla stregua di un nuovo dio, può contemperare in sé tutti i valori, spirituali e morali, dell'uomo, come riportato in un manifesto del 1916, La nuova religione-morale della velocità. Le innovazioni formali Sul piano delle soluzioni letterarie la contestazione si propone di colpire le strutture stesse della comunicazione ideologica, costituite dal linguaggio. La letteratura si era sempre basata su un impianto concettuale, al quale aveva affidato i suoi messaggi; il Futurismo respinge ogni forma consueta di causalità e di consequenzialità, sostituendo, all'impianto logico del pensiero, una forma più sintetica e abbreviata, quella dell'analogia. Non più, però, l'analogia proposta dai simbolisti, tutta fondata sulla ricerca di significati impalpabili, spirituali e metafisici, ma un'analogia che sappia rappresentare <<l'ossessione lirica della materia», accostando e assimilando realtà diverse e lontanissime tra di loro, anche attraverso l'uso della sinestesia e dell'onomatopea. La forma stessa della parola deve suggerire visivamente e concretamente le immagini di una dinamicità complessa, per dare una voce autonoma all'infinita relazione tra le cose. Il rifiuto della logica tradizionale ha anche, come conseguenza, il proposito di distruggere la sintassi, che riflette l'ordine consequenziale di un pensiero rigorosamente concatenato. Vengono anche aboliti i tradizionali elementi di interpunzione, che scandivano i rapporti interni della frase, con lo scopo di suggerire il fluire ininterrotto delle sensazioni, la rapidità folgorante dei passaggi, il compenetrarsi "analogico" tra i diversi piani del reale. Alla distruzione della sintassi si sostituisce la teoria delle «parole in libertà», che consiste nel disporre «i sostantivi a caso, come nascono»>. Notevole rilievo assume anche la forma grafica delle parole, che sottolinea effetti particolari. La parola vale non solo per l'immagine mentale che può suggerire, ma anche come segno concretamente visibile, destinato a sua volta a produrre impressioni acustiche o tattili, come se la parola producesse suoni si ascoltano o realtà che si toccano, do anche particolarmente adatta, insieme con le immagini, all'efficacia del messaggio pubblicitario. La poetica futurista opera così una fusione o compenetrazione tra i diversi linguaggi artistico-espressivi, che perdono le caratteristiche della loro separatezza. Evidente è il rapporto tra letteratura e pittura nelle <<tavole parolibere», che si basano su un libero accostamento di lettere, parole, segni grafici e immagini. È questo il risultato ultimo e più "rivoluzionario" a cui giunge la proposta delle <parole in libertà», che vivono indipendentemente da ogni schema compositivo prestabilito. Un analogo processo di trasformazioni riguarda il rapporto con lo spettacolo, in quanto la parola, oltre a farsi immagine, tende a risolversi in suono, mimica, gesto. I manifesti Questa vicenda è fittamente scandita dal rapido susseguirsi dei manifesti e di altri interventi programmatici, che, aggiungendosi a quelli già indicati, riguardano più specificamente le diverse esperienze artistiche: il Manifesto dei pittori futuristi e La pittura futurista; il Manifesto dei musicisti futuristi; La scultura futurista; Il Teatro di Varietà, Il teatro futurista sintetico e La declamazione dinamica e sinottica; La pittura dei suoni, rumori e odori; L'architettura futurista; La cinematografia futurista. I protagonisti Sorto a Milano, il Futurismo si diffuse rapidamente in tutta la penisola e all'estero, assicurandosi numerosissime adesioni. Ci limitiamo qui a ricordare alcuni dei suoi principali esponenti, soprattutto per quanto riguarda il versante dell'attività letteraria: Paolo Buzzi, autore delle raccolte poetiche Aeroplani, Versi liberi, L'ellisse e la spirale; Enrico Cavacchioli, che, dopo la fase futurista, sarà uno dei più significativi rappresentanti del “teatro grottesco"; Francesco Cangiullo, che scrisse Le cocottesche, Piedigrotta e Caffèconcerto, firmando poi con Marinetti il manifesto Il teatro della sorpresa e lasciando una vivace rievocazione narrativa nelle Serate futuriste (1930); Luciano Folgore che compose Il canto dei motori e Città veloce; Bruno Corra, di cui si ricorda soprattutto il romanzo Sam Dunn è morto. Al Futurismo aderirono anche scrittori provenienti dall'esperienza crepuscolare Aldo Palazzeschi che è il maggiore esponente del Futurismo letterario fiorentino. LE AVANGUARDIE IN EUROPA Il Futurismo russo Lo scopo dell'avanguardia, in generale, è quello della distruzione e della rivoluzione; il suo linguaggio punta a un massimo di disordine, da contrapporre all'ordine dei valori esistenti. L'impegno della trasformazione, di conseguenza, finisce per convergere con le finalità di un impegno anche politico. Ma se i futuristi aderiranno, nel dopoguerra, al regime fascista, non per questo si deve stabilire, per forza di cose, una relazione reciproca tra i programmi dell'avanguardia e i regimi dittatoriali di destra; basti pensare che per un marxista come Antonio Gramsci il Futurismo, avrebbe potuto dare vita a un'arte del proletariato. È I questa la direzione imboccata dal Futurismo russo, il cui maggiore esponente, Vladimir Majakovskij, nello scritto Il futurismo oggi, separa nettamente le scelte ideologiche dalle soluzioni tecnico-espressive. Anche per i viaggi in Russia compiuti da Marinetti e seguaci, il Futurismo si estese ben presto in questo paese, dove assunse un'importanza decisiva sul piano politico-culturale, favorendo il distacco sia dalla tradizione positivistica sia dalle più recenti espressioni del Simbolismo poetico. Majakovskij ne fece inoltre l'espressione i un attivismo che vedrà i futuristi russi a fianco della rivoluzione bolscevica, nell'ipotesi di una trasformazione politica strettamente legata a istanze di giustizia sociale. Le straordinarie immagini della poesia majakovskiana non nascono da una forma di individualismo esasperato e decadente, ma da uno sfondo persistente di valori collettivi, che ricorda la tradizione dell'epica russa. Durante la rivoluzione Majakovskij creò e diffuse un gran numero di manifesti, in cui i risultati estetici utilizzavano le risorse tecniche della composizione e della riproduzione in serie dell'opera d'arte. Apollinaire Il Futurismo si diffuse rapidamente in quasi tutti i paesi europei e nelle Americhe; in Francia in particolare, e a Parigi, si innestò sulle persistenti e diffuse spinte di quelle ricerche d'avanguardia che avevano fatto della capitale francese il centro d'irradiazione dell'arte mondiale. Una figura importante è quella di Guillaume Apollinaire, che pubblica su "Lacerba" il manifesto L'antitradizione futurista, proponendosi anche come precursore dei movimenti dadaista e surrealista. Dadaismo e Surrealismo Sorto durante la guerra, a Zurigo, “centro di intrattenimento artistico", soprattutto per opera del rumeno Tristan Tzara, il Dadaismo trasferì la sua sede principale a Parigi nell'immediato dopoguerra, ottenendo l'adesione di numerosi artisti e scrittori internazionali. Proclamando il superamento dello stesso Futurismo, il Dadaismo ne contesta il carattere normativo delle regole e la struttura di gruppo rigidamente organizzato, che finiva per essere riassorbito nella logica del sistema e per condividerne in parte le scelte. Il suo programma, formulato da Tzara nel 1918, considera l'arte come una forma anarchica e gratuita di assoluta libertà, che contesta alla radice ogni aspetto della comunicazione e delle ideologie costituite. A differenza dei futuristi, i dadaisti non si curano di far nascere, dalle rovine del passato, un mondo nuovo; la contestazione e l'irrisione valgono in se stesse, risolvendosi nella pura provocazione della parodia, del gioco, dello sberleffo o del non senso, fino alla ricerca del "disgusto", alla brutale degradazione di ogni valore estetico. Nella mescolanza dei linguaggi, si fanno ancora più evidenti, rispetto al Futurismo, i legami tra letteratura, pittura, musica e spettacolo. Staccatosi dal Dadaismo, André Breton darà vita al movimento surrealista. Le loro ricerche approderanno nel 1924 al primo Manifesto del Surrealismo, in cui Breton ne illustrava i princìpi ispiratori. Le componenti assurde e irrazionali, già presenti nel Dadaismo, trovano la possibilità di una loro giustificazione alla luce della psicoanalisi freudiana; Breton teorizza il procedimento della "scrittura automatica", che, sottraendosi a ogni forma di controllo razionale, può esprimere e formalizzare le fantasie dell'inconscio e le pulsioni profonde della psiche. Il Surrealismo presenta così anche una valenza conoscitiva e terapeutica, rivendicando l'esigenza di liberare l'uomo dai condizionamenti e dalle costrizioni sociali. Di qui la ricerca di un impegno politico, che porterà alcuni dei suoi più prestigiosi esponenti ad aderire al comunismo. Il Surrealismo risulterà attivo fra le due guerre, coinvolgendo anche artisti italiani come il pittore Giorgio De Chirico e il fratello Alberto Savinio, anch'egli pittore, oltre che musicista e importante scrittore. SVILUPPI DELL'AVANGUARDIA Il messaggio dell'avanguardia ha condizionato profondamente gli sviluppi della letteratura novecentesca, che si troverà a fare i conti con il carattere rivoluzionario delle soluzioni espressive da essa proposte. È questa la linea che potremmo definire della "rottura dell'ordine", a cui si contrapporrà talora l'esigenza di un "ritorno all'ordine", che tende alla "conservazione" del patrimonio culturale della tradizione. Anche al di là di una costituzione di gruppi e della formulazione di specifici programmi, l'eredità dell'avanguardia si manifesta soprattutto nello "sperimentalismo" di una ricerca letteraria che si prefigge costantemente il compito di rompere gli schemi, con la proposta di soluzioni inedite e radicalmente innovatrici. Tra i più significativi esponenti di questa tendenza ci sono due scrittori di area anglosassone, Ezra Pound e Thomas Stearns Eliot, per molti aspetti attratti dalla cultura italiana. In particolare Pound eserciterà una profonda influenza su Edoardo Sanguineti, il capofila della Neoavanguardia italiana degli anni Sessanta. La lirica del primo Novecento in Italia La lirica del primo Novecento esprime una profonda esigenza di rinnovamento, in seguito alla crisi della cultura positivistica e all'esaurirsi delle forme della letteratura tradizionale. Il romanzo, oltre a subire profonde trasformazioni, diventa un genere poco praticato, se si eccettua la produzione di opere di facile consumo. Alla prosa narrativa i giovani scrittori preferiscono la prosa lirica, che si ispira ai poemetti in prosa già coltivati da Baudelaire e dai simbolisti. Di qui la pratica del "frammento”, cioè della composizione breve e intensa, che cerca di suggerire impressioni simili a quelle della poesia. Questa a sua volta risente del nuovo clima idealistico e della concezione di una poesia "pura", che pone in primo piano la soggettività del poeta e la condizione esistenziale dell'uomo contemporaneo, nel difficile e sofferto rapporto con la realtà che lo circonda. Anche le rime e le forme chiuse della metrica tradizionale vengono via via contestate e rifiutate, sia da chi comincia a corroderle dall'interno, sia da chi le abbandona decisamente attraverso l'uso del verso libero destinato a diventare una costante della lirica del Novecento. I CREPUSCOLARI Tematiche e modelli La definizione di poeti "crepuscolari" risale ad una recensione di Giuseppe Antonio Borgese, il quale parlò di «una voce crepuscolare, la voce di una gloriosa poesia che si spegne». Questi poeti rappresentano infatti l'esaurirsi di un'intera tradizione, che aveva annoverato, tra gli ultimi prestigiosi esponenti, Carducci e d'Annunzio. Ai contenuti aulici e sublimi di questa tradizione, espressi in forme retoricamente complesse ed elaborate, i crepuscolari contrappongono l'amore per le piccole cose, con le atmosfere più grigie e comuni della vita quotidiana, rievocate attraverso un linguaggio dimesso e prosaico, tendenzialmente vicino al parlato. Mutano dunque radicalmente la concezione e il significato della poesia, che non ha più messaggi eccezionali da proporre, ma si mimetizza nell'opacità dell'esistenza borghese, presentandosi come esperienza minore, se non addirittura inutile. I modelli di questa tendenza vanno cercati in certo Simbolismo intimista e introverso, diffuso soprattutto in Francia e in Belgio. Ma anche l'esempio di Pascoli ha contato molto; soprattutto il Pascoli della poetica del «fanciullino» e di una tematica domestica, chiusa nel cerchio di ambienti e di affetti limitati. La geografia degli autori La nozione di Crepuscolarismo non indica un programma rigorosamente formulato, che faccia capo a un gruppo preciso; si tratta piuttosto di un orientamento diffuso, che interpreta, in maniera diversa, la crisi dei valori poetici nel mondo borghese. Anche geograficamente, del resto, i cosiddetti "crepuscolari" appartengono ad aree diverse e lontane, senza che vi siano, in molti casi, rapporti diretti fra di loro. A Torino spicca la personalità di Guido Gozzano, attorno alla quale si possono raggruppare figure minori. Gozzano fu in rapporti con l'ambiente ligure. Per il resto Sergio Corazzini vive a Roma, mentre dall'Emilia Romagna provengono Marino Moretti e Corrado Govoni, che, come il fiorentino Aldo Palazzeschi, supererà poi la fase crepuscolare, per aderire al Futurismo. A questa varietà geografica corrispondono modi diversi di concepire l'esperienza crepuscolare. Corazzini e Moretti Il crepuscolarismo di Corazzini, che adotta il verso libero e si mostra sensibile alla lezione simbolista, ha anche un forte valore di proposta esistenziale; il poeta si presenta come un fanciullo malato, fino a negare, paradossalmente, il significato di poesia alla sua povera scrittura dell'anima. Moretti privilegia gli ambienti della provincia, le atmosfere di interni chiusi e soffocanti, la noia delle giornate monotone e vuote (Poesie di tutti i giorni); nelle Poesie scritte con il lapis compie una scelta regressiva, risalendo agli anni dei banchi di scuola e ricavando dai ricordi infantili la sua ispirazione. Alla voluta banalità dei contenuti corrisponde un linguaggio che, pur rispettando la metrica e la rima, assume una cadenza tutta dimessa e prosaica, al punto che si è potuto parlare di un “grado zero” della scrittura morettiana. In questo senso Moretti conduce alle più radicali e significative conseguenze le premesse di un esaurimento della forma poetica oltre il quale sembra davvero difficile poter procedere. Con un abile procedimento di identificazione, la poesia tende a mimetizzarsi nei modi della comunicazione piccolo borghese, adottandone anche le prospettive ideologiche. Gozzano, «poeta dello choc»> C'è in Gozzano un distacco ironico, che conduce a uno straniamento sottile e complesso nei confronti della realtà: di qui la maggiore complessità dell'operazione poetica da lui condotta, rispetto alle esperienze degli altri crepuscolari. Gozzano considera l'arte come artificio, in un senso tipicamente decadente, che tuttavia, non promette la creazione di paradisi artificiali o di mondi alternativi attraverso una ricerca di valori estetizzanti. Da un lato la letteratura sembra offrire un'alternativa, il solo modo per sfuggire alla negatività del presente, ma, dall'altro, non può comunque evitare quel processo di degradazione in cui l'intera realtà sembra coinvolta. Da questo paradosso nasce l'operazione gozzaniana, che consiste nella necessità di salvaguardare il valore della poesia in un mondo in cui la poesia stessa ha perso i suoi significati, la sua ragione di essere. Gozzano mescola espressioni comuni alla sapiente ripresa di termini e citazioni che risalgono alla più nobile tradizione letteraria; ma questi riferimenti sono inseriti in un contesto straniante, che li sottrae ai suoi significati originari. Di qui la carica demistificante e corrosiva della sua poesia, che riguarda sia i valori della società borghese, sia le finzioni e gli inganni della letteratura. I versi gozzaniani rivelano una grande perizia formale, sia nella scelta delle parole, sia nell'abilità metrica, che introduce virtuosistiche varia strutture della versificazione abituale. I VOCIANI Una nuova sensibilità lirica Con il termine di "vociani" vengono indicati alcuni scrittori che collaborarono, più o meno intensamente, alla rivista fiorentina "La Voce". A differenza dei futuristi, le loro opere non obbediscono ai princìpi di una poetica ben definita, ma partecipano intensamente a quelle ipotesi di rinnovamento di cui si era fatta espressione la rivista. È questo l'elemento che collega personalità assai diverse fra di loro, ma che tuttavia hanno, in comune, alcune esigenze di fondo; in particolare quella di esprimere una letteratura svincolata dalla tradizione accademica, in cui si riflettano le inquietudini e i problemi dell'uomo contemporaneo. Utilizzando oramai abitualmente il verso libero, questi scrittori si possono considerare come i primi veri esponenti della lirica italiana del Novecento, intesa come ricerca esistenziale, libera e autonoma espressione delle esigenze dell'io; non a caso adottano anche la forma del "poemetto in prosa", giungendo a una più accentuata contaminazione fra prosa e poesia. I poeti del "frammento" Si afferma con loro la cosiddetta “poetica del frammento", ossia del componimento breve, dall'espressione intensamente significativa, che accentua il carattere lirico dell'esperienza letteraria, ritagliata, per così dire, su una misura soggettiva e interiore. Risalendo a esperienze già praticate dalla letteratura decadente, i vociani ne colgono soprattutto l'aspetto simbolico-analogico ed esistenziale. Del Decadentismo viene comunque rifiutata la tendenza edonistica ed estetizzante, compresa la variante superomistica cara a d'Annunzio. Al contrario, di fronte alla negatività del presente, il poeta si propone non di rado una ricerca di valori spirituali e morali, che testimoniano anche l'esigenza di un forte impegno e di una partecipazione civile. Camillo Sbarbaro proietta, nella scabra configurazione del suo paesaggio ligure, un'aridità e una sofferenza esistenziale che sembrano anticipare il tono della poesia di Montale. Clemente Rebora trasferisce nei Frammenti lirici una stessa sofferta ricerca della verità che caratterizza anche il suo itinerario biografico, utilizzando la cruda e impietosa concretezza di un linguaggio espressionistico. Se la lirica di Dino Campana vive nella dimensione di un simbolismo allucinato e visionario, la poesia di Piero Jahier, con le sue contaminazioni e cadenze prosastiche, giunge a restituire voce e dignità alle sofferenze del mondo contadino. Altre esperienze vociane Altri scrittori si possono ricondurre a questa forma di esperienza. Il ligure Giovanni Boine ha espresso, nei suoi saggi religiosi, una sensibilità misticheggiante, che lo indusse a pronunciare, sulla “Voce”, una dura condanna del Modernismo, la corrente cattolica che mirava a un rinnovamento la Chiesa in grado di corrispondere meglio alle esigenze della società del tempo; favorevole all'entrata in guerra, pubblicò nel 1915 i Discorsi militari. La sua opera più significativa è il romanzo Il peccato, rappresentazione di una vicenda tormentata e morbosa condotta secondo i moduli di un lirismo antinaturalistico. Nel 1918 uscì postuma una raccolta di versi e di poemetti in prosa, Frantumi, che comprendeva anche gli animosi interventi sulla letteratura contemporanea, in cui aveva acutamente colto i valori della nuova poesia. Essenzialmente filosofica è la formazione del goriziano Carlo Michelstaedter. La sua opera maggiore è La persuasione e la retorica, dove viene denunciato il carattere inautentico dell'esistenza, in cui la sola vera possibilità di scelta è rappresentata dalla morte. Le sue poesie riflettono una drammatica crisi delle certezze e dei valori. Triestini sono Scipio Slataper e Giani Stuparich. L'opera più significativa di Slataper è Il mio Carso, prosa autobiografica di intensa concentrazione lirica, animata da suggestive evocazioni memoriali. Stuparich si propose di tenere desto il ricordo dell'amico Slataper, sia pubblicandone gli scritti, sia dedicandogli un limpido profilo monografico. È autore di numerose opere: romanzi, novelle, poesie e prose autobiografiche, fra cui il diario Guerra del '15.