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Rosso Malpelo

25/9/2022

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Rosso
Malpela
GIOVANNI VERGA
ROSSO MALPELO
Rosso Malpelo è una novella scritta da Giovanni Verga
nell'anno 1878.
In quest'opera lo scrittore

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Rosso Malpela GIOVANNI VERGA ROSSO MALPELO Rosso Malpelo è una novella scritta da Giovanni Verga nell'anno 1878. In quest'opera lo scrittore decise di usufruire per la prima volta della tecnica dell'impersonalità, secondo la quale il narratore non deve interferire emotivamente nel corso del racconto. Il protagonista è Malpelo: ragazzo nel pieno dell'età adolescenziale, soprannominato così per il colore dei suoi capelli, rossi. A quel tempo, difatti, era diffusa l'errata credenza popolare che coloro che possedevano i capelli color fuoco erano di carattere malvagio e avido e, perciò, disprezzati. Il suo appellativo era così utilizzato e conosciuto, tanto che la madre non ricordava il vero nome del figlio, come dice Verga all'inizio del brano. A pochi importava di lui ed uno di questi era proprio il padre, Mastro Misciu, che lavorava insieme a lui in una cava d'arena rossa. Sovente Malpelo veniva preso di mira dagli altri minatori e questo gli recava molto dolore, portandolo ad isolarsi e mostrare diffidenza e frustrazione. Durante una regolare ad estenuante settimana di duro lavoro, Mastro Misciu accettò un pericoloso lavoro in cambio di una modesta somma di denaro, che sarebbero serviti alla figlia prossima alle nozze. Tuttavia quell'ingente e assai desiderata remunerazione non venne mai recapitata, poiché il povero Mastro Bestia perì ricoperto dalle macerie di arena rossa. Poco prima dell'incidente al fianco del padre era presente il giovane Malpelo che, però a causa...

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Didascalia alternativa:

di una dimenticanza, riuscì a salvarsi. Nonostante i numerosi tentativi di estrarre Misciu dai detriti, ben presto si capì che essi sarebbero stati vani e con essi le speranze. Malpelo cercò di estrarre dai calcinacci il padre con tutte le sue forze, ma non ci riuscì ed ancora incredulo del decesso del suo unico punto di riferimento, venne ritrovato dagli altri lavoratori in preda al panico ed alla disperazione: con unghie strappate ed occhi sbarrati. Nei giorni seguenti Malpelo divenne sempre più irascibile, tanto che nei corridoi della cava girò voce che egli fosse. stato posseduto dal diavolo. Qualche settimana più tardi arrivò un nuovo esile minatore, Ranocchio, tra i due nacque una bizzarra ed insana amicizia. Malpelo iniziò a perseguitarlo recandogli dolore sia psicologico che fisico. La sua intenzione non era però di ferirlo, ma bensì di abituarlo alla dura e scarsa di soddisfazioni vita della cava. Nel mentre il giovane Rosso, senza la protezione del padre, divenne il bersaglio di tutti gli operai prendendosi così colpe che non gli erano addebitabili. All'interno del nucleo familiare la situazione non era granché migliore, infatti, il suo letto si limitò ad un angusto giaciglio di paglia ed era sovente disdegnato. Malpelo si era ormai rassegnato al suo misero destino da minatore, anche se avrebbe di gran lunga preferito lavorare come contadino, in maniera da passare giornate sotto la cocente luce del sole e non all'oscurità della cava. Ci vollero giorni prima che il corpo esanime di Mastro Misciu riemergesse, era visibile il suo tentativo di liberarsi date le unghie lacerate. Gli abiti che indossava al momento del decesso furono adattati alle misure del Rosso ed i pantaloni di fustagno gli ricordarono le lisce mani del deceduto genitore. Oltre che i vestiti ereditò, inoltre, l'equipaggiamento da lavoro, troppo pesante per la sua taglia, ma questo a lui poco importò. Nel mentre morì anche l'asino che lavorava nella cava, il Grigio, di cui Malpelo andò ad osservare la carcassa insieme a Ranocchio, contemplando il modo in cui cani del luogo se ne contendevano le carni, riflettendo sul fatto che anche quella sarebbe stata la loro fine. Da ciò arrivo a pensare al fatto che egli avrebbe preferito non essere mai nato. Le condizioni di salute di Ranocchio si aggravarono vertiginosamente e ciò portò Malpelo a preoccuparsi di lui.Un dì il giovane "anfibio", dopo essere stato colpito dal Rosso, sputò sangue e Malpelo tentò di dimostrare che la colpa non era sua e per farlo si autoinfisse e dolore. Di giorno in giorno, di settimana in settimana Ranocchio peggiorava sempre più e poco dopo lasciò la cava senza mai più rientrarvi. Dopo essere stato abbandonato dall'amico, il povero Malpelo, fu lasciato anche dalla famiglia, che si trasferì in una cittadina poco lontana. Intanto, nella miniera arrivò un detenuto e questo portò Malpelo a pensare che avrebbe preferito essere incarcerato, ponendo fine alla sua esistenza in una fredda ed umida cella. Ormai stremato il Rosso accettò un pericoloso incarico. esplorare un profondo cunicolo al cui termine si sarebbe I dovuto trovare un pozzo, pozzo che non trovò. Benché di lui non si seppe più nulla, il suo nome di tanto in tanto aleggiava nei bui corridoi della cava, ma sempre a basso volume poiché molti ebbero timore di ritrovarselo dinanzi. A mio parere, questa novella incarna appieno l'ideologia dei vinti sviluppata da Verga. Tratta di argomenti importanti, forti e di grande sensibilità. Riesce in maniera chiara far comprendere la triste realtà delle miniere di quel tempo, grazie alle minuziose descrizioni di luoghi e pensieri. Grazie inoltre, alla tecnica dell'impersonalità la narrazione risulta essenzialmente oggettiva, ma a tratti riflessiva e sorprendente. Ad esempio durante l'annuncio della morte del povero Ranocchio, alla quale Malpelo reagisce quasi con un'esclamazione di sollievo che lascia trasparire invidia nei suoi confronti. Ritengo, infine, che nonostante questa novella sia stata scritta circa due secoli fa, descriva una realtà purtroppo ancora attuale in alcuni paesi su cui ancor oggi riflettere.