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purgatorio 1-6-11-28

11/9/2022

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PURGATORIO
Il purgatorio è l'unico dei 3 regni con la dimensione temporale (giudizio universale esisterà solo
inferno e paradiso), le anime

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PURGATORIO Il purgatorio è l'unico dei 3 regni con la dimensione temporale (giudizio universale esisterà solo inferno e paradiso), le anime non sono fisse nelle cornici ma salgono le varie cornici purgando i 7 peccati capitali. Le anime sono sottoposte alla legge del contrappasso o analogia (es. lussuriosi camminano con un masso sulle spalle poichè in vita si sono creduti migliori degli altri). I sette peccati capitali sono:superbia, gola, avarizia, ira, lussuria, accidia e invidia Oltre al purgatorio c'è l'anti purgatorio, 7 cornici più paradiso terrestre. -Anti purgatorio si trova davanti al purgatorio prima della porta dove si trova l'angelo portinaio che incide le 7 P e gli angeli custodi posti davanti ad ogni cornice cancellano la P corrispondente alla cornice. -Paradiso terrestre, luogo pensato in origine da Dio per gli uomini poi però il peccato originale di Adamo ed Eva ha fatto si che l'uomo fosse scacciato e finisse sulla terra. il paradiso terrestre è un locus amoenus. Ci sono 2 fiumi : letè, in cui si immergono e fa dimenticare il peccato commesso in vita e porta le sue scorie all'infermo eunoè, eu significa bene dal greco, si immergono e ricordano il bene che hanno compiuto. CANTO 1 In questo primo canto Dante e Virgilio, dopo essere usciti dall'Inferno, si trovano sulla spiaggia del Purgatorio. Qui incontrano Catone,...

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Didascalia alternativa:

e questi gli ordina di cingere Dante con il giunco. Il canto si apre con il tradizionale proemio che il poeta usa per descrivere l'argomento della cantica, la descrizione dell'aldilà con l'invocazione alle Muse, l'incontro con Catone e il rito di purificazione di Dante. La struttura del Purgatorio si contrappone a quella dell'Inferno: il Purgatorio presenta un cielo stellato e luminoso mentre l'Inferno è buio e privo di stelle; nel Purgatorio vi è la figura di Catone che si materializza nel raggio di luce che si contrappone a Caronte, il traghettatore infernale. Il canto è caratterizzato dalla presenza di numerosi elementi allegorici sono: la metafora del viaggio per mare, a indicare il cammino di Dante attraverso il Purgatorio (vv. 1-6); la visione di Venere splendente in cielo, simbolo delle virtù che incitano ad amare le cose alte e pure (vv. 19-21); le quattro stelle simbolo delle virtù cardinali, virtù che l'umanità peccatrice ha perso (vv. 22-27); l'incontro con Catone, simbolo della libertà (vv. 30 e successivi); il rito di purificazione di Dante con il giunco, simbolo di umiltà (vv 94-136). Catone è il protagonista del canto ed ha il ruolo di guardiano del Purgatorio, è pagano e morto suicida ma non appartiene al Regno infernale, poiché morto per difendere l'ideale di libertà, per cui la sua anima è salva e si trova nel Purgatorio. Inizialmente Catone è sdegnato alla vista di Dante e Virgilio perché pensa che siano arrivati nella spiaggia del Purgatorio in modo innaturale. Virgilio spiega la natura del viaggio di Dante che avviene per volontà divina e attua la captatio a Catone per farli entrare nel Purgatorio parlandole della moglie Marzia (si trova nell'anti inferno perché pagano). Catone spiega che gli affetti terreni non influenzano la vita oltremondana, e questo tentativo di Virgilio lo infastidisce. Ma alla fine Catone lascia passare perché questa è la volontà divina. Il Purgatorio viene descritto positivamente. Le stelle luminose hanno l'intensità di una luce primordiale che fanno ritrovare all'uomo virtù le virtù cardinali ormai scomparse, cioè: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza un tempo date in dote all'umanità. Per Dante, Catone è il simbolo di una libertà ritrovata. Libertà si intende la consapevole affermazione, alta e sovrana, della dignità dello spirito umano. Così Dante pone Catone a guardia del regno della libertà. lacrime di Dante sanciscono la fine di un incubo e l'aprirsi della sua anim a nuove esperienze interiori, mentre la sua vita, cinta dal semplice giunco, suggerisce che libertà e semplicità concorrono in egual misura alla consapevolezza del proprio io. CANTO 6 tratta il tema politico incentrato sull'Italia. Un'Italia straziata da guerre interne, dalle ingiustizie, dal disinteresse dell'Impero che hanno portato al temporalismo della Chiesa. Quindi Dante ribadisce che il potere spirituale della Chiesa e quello temporale dell'Impero non devono andare in contrasto o sovrapporsi perché altrimenti come in questo caso danno origine a tutti i mali del mondo. Il tema politico non è l'unico elemento importante del canto, infatti alla fine del canto avviene il dialogo fra Dante e Virgilio sulla dottrina del suffragio e l'incontro con Sordello da Goito. Nei canti precedenti i penitenti chiedevano a Dante di ricordare ai loro familiari e amicizie terrene di pregare per loro in modo da poter accorciare il tempo di espiazione delle anime. Dante non è convinto che basti la preghiera dei vivi per ridurre la durata del tempo di espiazione. Virgilio, che nell'Eneide la pensava come Dante, spiega che è vero che le preghiere abbreviano il periodo di pena delle anime ma precisa che quando lui ha scritto non corrisponde ancora alla verità perché riferito ai pagani. Sordello da Goito è una figura importante descritto come un uomo dignitoso e inflessibile; quando Virgilio nomina Mantova, Sordello perde quell'atteggiamento severo e distaccato e si rende conto di avere di fronte un concittadino di Mantova: si abbracciano per la commozione. Nella parte finale del canto, Firenze diventa il punto focale della riflessione dantesca: utilizzando un velo di sarcasmo Dante infatti espone la grave decadenza in cui Firenze si trova in quel periodo denunciandone l'ambizione, l'avidità, l'inciviltà, la fragilità della sua politica e della sua gente corrotta. Per le invettive a tema politico, Dante fa largo uso dell'apostrofe. Dante non risparmia nulla in questo canto: accuse feroci e precise contro gli ecclesiastici e il papa, durissime contro l'imperatore "tedesco" a cui rivolge anche funesti auguri. Roma è una vedova che piange il suo morto sposo, l'Italia è una cavalla bizzarra a cui manca il cavaliere capace di guidarla. Sotto l'invettiva feroce, si percepisce dolente, l'animo di chi tanto ama la sua terra. C'è la tragedia di un popolo che, grande un tempo, giace ora preda dei diversi egoismi stranieri e locali, la squallida constatazione di una terra meravigliosa venduta a chi più offre. Dante piange l'Italia che non è più e lo fa fuori dalla narrazione. L'abbraccio fra Virgilio e Sordello, è un semplice pretesto per affrontare un discorso spinoso, che pervade tutta la Commedia. Per il poeta, la politica è la vita, e il suo viaggio alla ricerca della giusta dimensione del vivere prevede anche la conquista di corretti valori terreni. Alla fine del canto, lo sguardo ritorna poi sulla sua Firenze, sede di scontri politici violenti suggellati dal sangue, di leggi che si alternano e variano nell'arco di pochi giorni; dove chiunque ha il diritto di alzare una bandiera e osa atteggiarsi a salvatore della patria. Dante poi punta il dito contro la nuova classe di borghesi arricchiti. CANTO 11 L'atto di apertura, è la recita della preghiera per eccellenza, il Padre nostro: in tutta la cantica l'espiazione dei peccati è ispirata a riti liturgici collettivi, quindi vi è una coralità. Seguono i due dialoghi che occupano il resto del canto. Il primo (vv. 37-72) riguarda la richiesta di informazioni per salire la montagna ed è un'elemento costante nella struttura narrativa della cantica perché indice della tensione verso l'alto che urge i due pellegrini. Interlocutore è Omberto Aldobrandeschi è l'esempio di superbia aristocratica. Il secondo incontro è l'episodio principale del canto, quello con lo spirito di Öderisi da Gubbio, artista miniatore di grande fama ai suoi tempi (vv. 73-142), a lui è affidato il compito di sviluppare il tema della superbia, e dalle sue parole è presentata in chiusura di canto la figura di Provenzan Salvani. Agli spiriti superbi incontrati in questa cornice Dante affida per contrappasso il tema morale della vanitas vanitatum = la vanità della gloria terrena. Proprio coloro che peccarono per il desiderio di porsi al di sopra degli altri o per aver dato un valore eccessivo alla fama, ora si fanno interpreti della verità opposta: prima con gli accenti di umiltà e di amore per Dio e per il prossimo presenti nel Padre nostro, poi nella confessione di Omberto Aldobrandeschi, quindi soprattutto nel lungo discorso di Oderisi da Gubbio e nella sua rievocazione della figura di Provenzan Salvani. La riflessione sulla vanità della nominanza in terra è esemplificata in ambito artistico, dove l'eccellenza di un autore ha breve durata per il sopraggiungere di altri migliori è poi sviluppata in termini lirici nell'esposizione sulla momentanea durata del tempo umano rispetto all'eterno delle cose divine. Qui la superbia diventa colpa: la ricerca della gloria terrena non può essere lo scopo della propria opera, perché allontana dalla vera meta della salvezza nella Fede. Il padre nostro è di rilievo particolare per la sacralità dell'orazione, per la sua funzione di aprire la strada agli incontri con le anime del Purgatorio vero e proprio, per la collocazione in testa al canto, e soprattutto per essere l'unico testo liturgico proposto nella sua interezza. Dante produce una parafrasi commentata preghiera, una lode a Dio e una richiesta di aiuto circostanziate e motivate. La preghiera è anche occasione per rinnovare i legami caritatevoli che uniscono i morti ai vivi, come nell'Antipurgatorio le anime chiedevano aiuto mediante le preghiere, qui sono gli spiriti a intercedere per i vivi. I superbi incontrati sono 3, la prima anima che parla con Dante è quella di Omberto Aldobrandeschi, un protagonista della vita politica toscana del 1200, che indica ai due poeti la strada da seguire e che denuncia la propria superbia rievocando episodi di cronaca. Ma il vero protagonista è Oderisi da Gubbio, è a lui che viene affidata la più ampia riflessione sul tema della superbia e sulla vanità della fama terrena, e la presentazione della vicenda di Provenzan Salvani. Oderisi che profetizza oscuramente a Dante futura gloria poetica e futuro esilio. Il superbo ora manifesta la propria umiltà nel riconoscere l'altrui eccellenza (vv. 82-90), dichiara la vanità dei primati artistici con gli esempi di Cimabue e Giotto per la pittura e di Guinizzelli e Cavalcanti per la poesia, e infine sentenzia sulla brevità delle cose umane rispetto all'eternità del mondo divino. Qui il personaggio è anche però esempio di forza d'animo e di spirito d'amicizia, nell'episodio narrato negli ultimi versi (vv. 127-142). Curvi sotto il peso dei macigni i superbi in vita devono scontare così il loro peccato. Dante si uniforma al modo di camminare di queste anime, con le quali vive una particolare consonanza. Tre sono i modi di essere superbi: c'è chi lo è per sangue, chi per il proprio ingegno, chi per il potere e il comando. Tutti recitano il Pater Noster. CANTO 28 Matelda è una tappa decisiva nelviaggio di purificazione di Dante, verso Beatrice e verso la beatitudine. Ha raggiunto infatti Paradiso terrestre, luogo della perfezione naturale e vetta del Purgatorio qui avviene l'incontro con Matelda, ultimo tramite di Beatrice. Il canto, dopo l'introduzione descrittiva del luogo, consiste interamente nell'incontro fra Dante e Matelda, dove si intrecciano valori simbolici e rituali sulla natura dell'Eden. Il discorso prende spunto ancora una volta da un dubbio di Dante: la presenza del vento e del fiume nel Paradiso terrestre sembra in contraddizione con la natura del luogo, che dovrebbe essere incontaminato da qualunque perturbazione atmosferica. La rappresentazione dell'Eden costituisce un tema centrale di mitologia sacra e di tradizione culturale. In ambito religioso significa il recupero della purezza primigenia nel luogo creato da Dio per l'uomo. Riproduce la natura idillica dell'«<età dell'oro», ricordato qui dalla stessa Matelda (vv. 139-148). Il Paradiso terrestre di Dante riporta tutti i tratti idillici dell locus amoenus della cultura classica, lo stato felice di natura, diventa il luogo eletto. Matelda è protagonista di questo e del canto successivo, è stata prefigurata come immagine e come simbolo dal sogno di dante che ha fatto su Lia nel canto precedente; a sua volta. Matelda è in qualche modo prefigurazione di Beatrice. Lei rappresenta la vita attiva che conduce l'anima alla santità: vita attiva moralmente e intellettualmente, guidando Dante all'immersione purificatrice nel Letè e nell'Eunoè. La spiegazione di Matelda sulla presenza nel Paradiso terrestre del vento e dei fiumi ripropone il mito delle origini cristiane e la visione cosmologica dantesca. L'Eden per la cultura medievale è un luogo realmente esistito, per cui nel costruirlo poeticamente è necessario il rigore logico e teologico che permetta di inserirlo nelle strutture ordinate dell'universo. Spiega il fenomeno del vento e della vegetazione spontanea in rapporto al moto dei cieli, quindi svela l'origine metafisica delle acque del paradiso terrestre, indicandone le virtù miracolose, infine riconduce la realtà dell'Eden alle intuizioni divinatorie della poesia. Nel canto sono presenti tre elementi di forte carica simbolica: la divina foresta spessa e viva, il fiume Letè che impedisce di proseguire e l'incontro con Matelda. A sottolineare il senso di un'esperienza che si conclude, ci sono i rimandi alle simmetriche situazioni che avevano determinato l'inizio del racconto, nella cantica infernale: la selva oscura in cui Dante si trova smarrito nel primo canto, il fiume Acheronte del terzo canto, e l'incontro con Virgilio. Dante, dopo aver provato l'orrore del male (l'Inferno) e aver espiato le proprie colpe (Purgatorio), può ritornare allo stato di purezza dell'uomo prima del peccato originale e aspirare alla piena felicità. Essa è vicina ma ancora irraggiungibile: Matelda è lì viva ma distaccata, poiché tre passi di acqua la separano da Dante. La sorella di Matelda è Rachele, è simbolo della vita contemplativa, ossia della beatitudine eterna, probabile prefigurazione di Beatrice. Matelda assume la funzione di diventare guida, svelatrice di misteri, anello di congiunzione tra Virgilio (ragione umana) e Beatrice (rivelazione). Bella donna e perfetta consonanza tra apparire e sentire, Matelda è la figura centrale del canto, il punto di congiunzione fra la prima parte, vivace e armoniosa, e la seconda, concettosa e tecnica, colei che, nella sua duplice realtà, realizza la profonda unità dell'ispirazione dantesca. Matelda, creatura ridente e amorosa, può simboleggiare sia la condizione di felicità dell'uomo preesistente al peccato originale, sia la riconquistata felicità dopo il peccato originale attraverso il pentimento e la purificazione.