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positivismo, naturalismo, verismo, verga (maturità)

positivismo, naturalismo, verismo, verga (maturità)

 Il secondo Ottocento
Nella prima parte della seconda metà del '800 si sviluppò la corrente letteraria del REALISMO che privilegia
la forma

positivismo, naturalismo, verismo, verga (maturità)

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Ilenia Cortello

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appunti su verga verismo naturalismo e positivismo + 2 opere verga

 

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Appunto

Il secondo Ottocento Nella prima parte della seconda metà del '800 si sviluppò la corrente letteraria del REALISMO che privilegia la forma del romanzo raccontando in modo oggettivo la realtà che circonda gli uomini. Il Realismo si esprime, in Francia con il NATURALISMO, e in Italia con il VERISMO. Sono entrambe due correnti che si esprimono in prosa, ma a differenza del naturalismo, il verismo tratta anche la poesia con la scapigliatura e la figura di Carducci che fa da tramite tra la poesia romantica e quella decadente. Nella seconda parte, verso la fine del '800, si sviluppò la corrente del DECADENTISMO. Questa corrente predilige la poesia ed esprime la crisi dell'uomo, la caduta delle grandi certezze e l'inquietudine nell'affrontare il 1° conflitto mondiale. Questo è anche il periodo dei poeti maledetti francesi e della poesia decadente, mentre in Italia è presente la scapigliatura e Carducci . Dal punto di vista storico il periodo della metà del '800 parte con l'unificazione italiana -> realizzando il sogno dei romantici. D'altra parte, però, è un periodo di grande arretratezza e povertà delle campagne, a causa di : -il divario tra nord e sud che portò poi al fenomeno del brigantaggio, -una frammentazione linguistica e amministrativa, -una unità territoriale incompleta. Il realismo italiano, attraverso il VERISMO,...

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racconta e denuncia i problemi della post-unificazione (soprattutto del meridione) tentando di contribuire alla realizzazione di una nuova nazione. L'età del realismo però non può essere considerata completamente diversa dal romanticismo, è piuttosto una continuazione; infatti il romanticismo comprendeva due tendenze tematiche: 1. Storica (Manzoni) 2. Ideale (Europa Centrale) più passionale. Il realismo riprende il filone del romanticismo, ma, se i romantici avevano una concezione più ideale dell'Italia perché erano aspirazioni a ciò che sarebbe potuta diventare, i veristi raccontano l'Italia per come è in modo oggettivo (senza esprimere idee personali) e scientifico. Si può quindi distinguere un realismo romantico di Manzoni e il verismo di Verga. Con la 2° rivoluzione industriale in Francia (1870) e la nascita delle fabbriche, cambiano i modi di produzione e si inizia a parlare di questione sociale <- tema principale della corrente del NATURALISMO. In questo periodo però c'è un ottimismo nei confronti della scienza, apparentemente in grado di poter migliorare e cambiare la realtà degli uomini. Alla base di questo ottimismo troviamo una forte cultura razionalista ripresa dall'illuminismo, per questo viene chiamato neo-illuminismo. IL POSITIVISMO Si sviluppa un nuovo contesto filosofico: il positivismo, termine utilizzato per la prima volta nel 1823 dal filosofo socialista utopista Saint-Simon, ripreso poi dal filosofo francese Comte. Con il termine positivismo Saint-Simon definì tutte le scienze fondate sull'osservazione dei fatti che avrebbe contribuito a migliorare la società, inoltre indica come la scienza sia l'unico strumento utile per indagare il mondo e poter dominare la realtà, sono sicuri di ciò perché la scienza si basa sul metodo scientifico su cui si basa ogni conoscenza, ovvero: l'osservazione, verifica, conclusione = legge. Questa fiducia nella scienza nasce dopo il progresso e il miglioramento della 2° rivoluzione industriale. Con il positivismo c'è quindi un'esaltazione della scienza. Il positivismo ha fiducia nella ragione umana con la quale si arriva alla concezione di realtà (come illuminismo) e esalta la nuova società industriale considerata positiva per la vita dell'uomo. Spencer e Darwin furono rappresentanti del positivismo, ma riconosciamo Comte come il più importante, quest'ultimo si oppose all'idealismo romantico perché distaccato dalla realtà e dalla ragione, ma condivide con l'idealismo l'idea che la realtà è in continuo progresso. Comte, inoltre, studia lo sviluppo dell'umanità e offre una nuova visione scientifica, individua come l'umanità abbia attraversato 3 fasi: 1° TEOLOGICA: dove l'uomo attribuiva le cose del mondo a identità sovrannaturali. 2° METAFISICA: dove l'uomo attribuiva i fenomeni che lo circondavano a forze misteriose. 3° POSITIVA: dove gli uomini studiano come si manifestano gli eventi e cercano di comprendere le cause e le conseguenze dei fenomeni attraverso la ragione. È presente una novità: l'uomo comincia a osservare la realtà e a cercare di comprenderne i fenomeni. Con Darwin (scienziato inglese) nasce la teoria dell'evoluzione nel suo testo più celebre: "L'origine delle specie" dove afferma che l'interazione tra le condizioni ambientali e le conseguenti modifiche delle caratteristiche dei viventi determina l'origine, la sopravvivenza o l'estinzione delle specie, genere umano compreso. Il metodo positivistico viene applicato a tutti gli ambienti scientifici, l'uomo diventa oggetto di indagine e nascono nuove discipline, quali la psicologia, la sociologia, la neurologia e l'antropologia. Il Naturalismo In Francia attorno al 1870-90, il termine Naturalismo indica una corrente letteraria che sceglie la realtà quotidiana come oggetto privilegiato di osservazione e narrazione. Lo scrittore descrive gli ambienti sociali e le dinamiche dei rapporti fra gli individui senza abbellimenti; il narratore studia il meccanismo degli eventi per rappresentarne le cause e conseguenze con impersonalità e precisione, liberandosi il più possibile dalla soggettività senza far emergere i propri sentimenti. Gli autori fondanti furono Zola e Maupassant. Come base letteraria persisteva una filosofia positiva (che si basava sulla ragione, fiducia sulla scienza) e una nuova organizzazione industriale. I naturalisti condividono la teoria determinista del filosofo Hippolyte Taine, dove vengono individuate 3 cause che determinano l'identità di una persona: 1. Razza: l'eredità dei caratteri determinano l'identità fisica e caratteriale della persona. 2. Ambiente: il carattere o la fisionomia di una persona è influenzata dall'ambiente che la circonda. 3. Storia: gli eventi storici del periodo in cui si vive influenzano una persona. Flaubert e Balzac furono gli anticipatori del naturalismo francese; Flaubert fu il primo ad applicare la teoria dell'impersonalità nei suoi romanzi ma soprattutto in Madame Bovary, in cui mira a fornire un modello di oggettiva esplorazione della realtà; “la scrittura deve andare oltre i sentimenti, la realtà deve essere raccontata così com'è" . La narrazione di Flaubert è impersonale e l'autore, pur essendo onnipresente, non è onnisciente (carattere che viene abbandonato) ma racconta solo ciò che vede dall'esterno. Balzac nell'opera "commedia umana” analizza in modo molto specifico la realtà e i caratteri dei suoi personaggi; Balzac è un attento analista con una lucidità scientifica. I PRINCIPI DEL NATURALISMO assoluta fiducia nella scienza, l'unico strumento capace di conoscere e trasformare la realtà. Deve essere applicata alla letteratura: lo scrittore deve essere come uno scienziato, ovvero osservare e raccontare impersonalmente. Naturalismo e positivismo hanno una concezione deterministica della realtà, si basano sulla teoria determinista. Il canone dell'impersonalità (Flaubert) l'opera deve sembrare fatta da sé. Lo scrittore deve essere come un fotografo che rappresenta la realtà senza interpretazione. Scopo socialista: con la loro letteratura i naturalisti vogliono denunciare la realtà per averne un conseguente miglioramento. Denunciano la loro realtà in fiducia che qualcosa cambi. Il tema principale è la questione sociale dopo la 2° rivoluzione industriale, quando i contadini sostituiti dalle fabbriche si sono trasferiti in città in cerca di lavoro, ma si sono ritrovati in una condizione di degrado sociale. - Atteggiamento positivo e ottimista. ZOLA ÈMILE Nel 1880 pubblica il “romanzo sperimentale” dove sostiene che il metodo sperimentale utilizzato nella scienza vada applicato anche sull'uomo. Come Hippolyte Taine, anche Zola sostiene che l'uomo sia regolato da tre fattori: 1.razza/ereditarietà, 2.ambiente e 3.storia. inoltre secondo Zola bisogna studiare i fattori, comprendere i comportamenti umani per poi migliorarli per il bene della società. Il compito della letteratura è di migliorare la scienza e l'economia attraverso la denuncia della realtà. Zola descrive e denuncia la realtà parlando del proletariato e delle sue precarie condizioni, la sua è una società decadente perché viene messo in luce il disagio che le persone provano rispetto al tempo in cui vivono. Zola è considerato un romanziere realista, ma anticipa la corrente del decadentismo, ovvero lo smarrimento dell'uomo con la società del suo tempo, a causa dell'industrializzazione. TESTO N°1 TESTO N°2 "Alla conquista del pane" pag.107 Verismo In Italia il verismo è la letteratura realista che si sviluppa dopo il naturalismo, verso il 1870 fino alla fine del secolo circa. I maggiori esponenti furono Giovanni Verga e Luigi Capuana, ma fu proprio questultipo a poter essere effettivamente definito come il principale teorico della corrente. I principi del naturalismo francese si insediarono anche in Italia grazie a due fattori: 1. Grazie alla diffusione delle teorie positiviste con le opere del filosofo Roberto Adigò. 2. La presa di coscienza dei problemi in Italia: lo squilibrio tra nord (era stato sotto il dominio austro con un dispotismo illuminato) e sud politica di sfruttamento con la Spagna) o meglio la questione meridionale Contesto storico: siamo nel periodo della post-unificazione dove è presente la questione meridionale, il brigantaggio, ci troviamo in un'Italia non ancora completamente unita perché mancano ancora il veneto, Trieste e il trentino. I'Italia non ha quindi ancora acquisito un'identità economica, politica e geografica. I CARATTERI DEL VERISMO A CONFRONTO COL NATURALISMO la fedeltà al reale e l'amore per il vero, l'osservazione e l'analisi dei rapporti tra l'individuo e l'ambiente, l'importanza dei fattori ereditari e al contesto sociale nello studio della psicologia delle persone, l'obbiettività e impersonalità del racconto. La tecnica: A differenza del Naturalismo, il Verismo non viene usata la componete scientifica che veniva invece utilizzata con Zola nel naturalismo. Non si tratta più quindi di applicare alla letteratura l'oggettività per giustificare le denunce sociali, ma invece, sono la forma e le tecniche di rappresentazione a rendere la narrazione impersonale. Secondo i veristi la letteratura non deve mai essere confusa con la scienza, perché il compito della letteratura è la critica della realtà in modo oggettivo e impersonale. Deve essere una letteratura che sembri essersi fatta da sé. L'ambientazione: se i naturalisti rappresentano luoghi legati alla realtà urbana e la metropoli, dove si possono cogliere i particolari degradi della civiltà industriale, i Veristi si soffermano a descrivere la vita autenticità dell'umile gente di campagna, non toccata dalle trasformazioni e il benessere economico. Il pessimismo: gli scrittori francesi mostrano le ingiustizie sociali allo scopo di superarle e avere un miglioramento nella società, i veristi non assumono alcun impegno politico, loro rappresentano la realtà nella sua immobilità rimanendo fedeli all'impersonalità. I Veristi hanno una concezione deterministica della realtà, dove vengono individuati -l'ambiente, -l'economia e l'istinto, come fattori che definiscono il cambiamento in un uomo. Il verismo può essere definito come una letteratura regionale e non nazionale perché è una letteratura che si concentra sui problemi del sud d'Italia e non di tutta Italia. Il naturalismo invece può essere definito una letteratura nazionale perché riguarda l'intera Francia. Giovanni Verga porterà grandi innovazioni al narratore, tipiche del romanzo verista. Il narratore di Verga si chiama NARRATORE REGREDITO POPOLARE e la sua descrizione si abbassa al livello dei personaggi, sia a livello linguistico che di pensiero. Questa tecnica di N.R.P. porterà il romanzo ad essere più realista. Se con Manzoni abbiamo assistito ad un innalzamento dei suoi personaggi, con Verga c'è un abbassamento al loro livello. Giovanni Verga VITA E OPERE Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri che vanta di antiche tradizioni nobiliari (viene accusato di vedere la letteratura in modo diverso perché la sua famiglia era proprietaria dei terreni). I parenti lo incoraggiano alla letteratura è una formazione scolastica, nel 1856 57 Verga scrive la sua prima ope non pubblicata.studio poi la facoltà di legge a Catania e dopo la spedizione garibaldina in Sicilia nel 1860 guarda con fiducia l'arrivo di Garibaldi credendo nell'unificazione d'Italia. Nel 1865 si trasferisce a Firenze che non ho capito lei di Torio dove frequenta salotti e scrive i "romanzi mondani". Nel 1872 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con gli ambienti della scapigliatura, le idee naturalistiche e il simbolismo.per poter guadagnare del denaro continua scrivere i romanzi mondani. Nel 1874 Con la pubblicazione della novella "Nedda", Verga matura la conversione a una nuova poetica letteraria: l'adesione al verismo, che segna il passaggio dal romanzo mondano, caratterizzato da contenuti romantici. L'opera Nedda ha come protagonista una povera raccoglitrice di olive, in cui viene tratto un tema rivoluzionario: Verga inizia a trattare della vita dei contadini umili e poveri, descrive la vita di personaggi costretti alla miseria fin da quando sono nati. Un giorno la protagonista incontra un giovane con cui nacque un figlio, il giovane vorrebbe sposarla ma prima di poterlo fare muore, così la giovane resta sola in condizioni di sfruttamento, successivamente muore anche la figlia. La novella può essere considerata nuova per contenuto, ma anche a livello formale, infatti, Verga adotta un canone di oggettività e impersonalità. è inoltre presente l'eclissi del narratore con la quale i personaggi vengono conosciuti solo grazie alle loro azioni e non grazie alla loro descrizione psicologica data dal narratore. Dopo il primo racconto verista "rosso malpelo" 1878 escono la raccolta di novelle "vita dei campi" 1880 e il romanzo "i malavoglia”, primo capitolo di un "ciclo dei vinti" *. Nel 1883 pubblica la raccolta delle “novelle rusticane" e il romanzo "mastro Don Gesualdo" Nel 1893 Verga torna in Sicilia dove assiste ai cambiamenti in Italia e afferma le sue posizioni politiche sempre più conservatrici. Nel 1912 aderisce al partito nazionalista facendo l'intervento italiano nella grande guerra, muore nel 1922 a Catania quando Mussolini salì al potere. "Fantasticheria" è un'anticipazione dei malavoglia, la novella Verghiana può essere definita un bozzetto dove vengono delineati i personaggi, gli ambienti e le azioni che poi verranno riprese e sviluppate nei romanzi.in "novella dei campi" inizia con un'anticipazione dei malavoglia chiamata “fantasticheria" (anche Pirandello utilizzerà questa anticipazione dei romanzi). Durante il suo soggiorno a Milano, Verga scrisse i romanzi mondani, ambientati in un mondo borghese (un racconto quasi autobiografico siccome i posti erano realmente frequentati da Verga), raccontano di passioni d'amore travolgenti e tragiche, per esempio mori che portano al suicidio. I personaggi sono donne aristocratiche, ballerine, giovani in cerca di successo. TESTO N°3 "un "manifesto" del verismo Verghiano" pag141 ROSSO MALPELO La novella fu pubblicata nel 1878 nella raccolta vita dei campi (Che comprende tutto nove novelle). È considerato il primo testo verista verghiniana e viene pubblicata nel domenicale del quotidiano Fanfulla, due anni dopo verrà aggiunta alla raccolta. La novella vede come protagonista rosso mal pelo è un ragazzino con i capelli rossi che vive con il padre la madre la sorella.la gente lo evita e rosso mal pelo viene quasi considerato la vergogna della famiglia. Il padre è l'unico che lavora in miniera con il figlio. La novella tratta dei personaggi che sono i vinti dalla vita, Che a volte lottano per cambiare la propria vita, ma che alla fine non possono cambiare il loro destino; rosso mal pelo ne è la riuscita: resterà ciò che era suo padre, è la rappresentazione una ciclicità che rappresenta il pessimismo assoluto nei confronti della vita. Rosso malpelo viene considerato un ragazzo malizioso e cattivo a causa dei suoi capelli rossi (pregiudizio del sud Italia). Un giorno viene proposto un lavoro nella cava in cambio di qualche soldo in più, il papà di Rosso mal pelo accetta, è un lavoro pericoloso ma quei soldi sarebbero serviti per la festa della figlia che doveva sposarsi a breve. Ritrovatosi da solo all'interno della caverna viene sepolto nella miniera e quando l'ingegnere viene messo a conoscenza di quanto accaduto, Si rivelò infastidito per l'interruzione avvenuta mentre lui era in teatro. Il papà muore e il suo corpo non viene ritrovato, Rosso Malpelo ne rimane distrutto.i padroni della cava accettano di tenere Rosso Malpelo A lavorare quasi come se fosse un risarcimento, così il bimbo diventa ciò che era il padre: la ciclicità della vita. La gente si prendeva in giro di lui, e a causa anche della morte del padre ma il pelo si incattivì.a casa la madre la sorella lo picchiavano perché pensavano si tenesse dei soldi, Malpelo è considerato come la disgrazia della famiglia. Successivamente alla cava verranno ritrovati i vestiti del padre che poi lui decise di indossare quasi come se fosse una coccola da parte del padre.un giorno arriva un altro ragazzino in cava: ranocchio, che si affeziona e cercherà di prendersi cura di lui provando a evitargli qualunque fatica essendo che ranocchio è un corpicino più esile di lui. Per insegnargli a difendersi contro le persone lo picchia così che lui si alleni quasi per poi farlo con le persone che odieranno veramente. Vuole insegnargli a difendersi dalla vita. Essendo che ranocchio è fisicamente più fragile inizia a star male fino a che Un giorno non inizia a sputare sangue e non tornò più al lavoro. Malpelo va a trovarlo a casa sua in un sabato, arrivato rimane scioccato dal fatto che la madre si stia preoccupando del figlio, si chiede come mai, in fondo Ranocchio non le stava nemmeno portando a casa dei soldi. Muore anche ranocchio e malpelo resta solo. Viene riproposta alla cava l'occasione di avere dei soldi in più. Malpelo accetta ma si perde nella cava senza mai venir essere ritrovato, proprio come il padre. Ciclo dei vinti. Morì nella cava proprio come il padre (di cui il corpo poi venne ritrovato) e il suo spirito ora vaga li. Il mondo la vita di Malpelo e in bianco e nero, gli unici colori sono il rosso del sangue del dolore e i suoi sogni che rappresentano paesaggi verdi e un cielo azzurro, Un paesaggio della vita di un pastore, proprio ciò che Malpelo sogna di fare. La novella affronta il tema dello sfruttamento minorile e dei soprusi, denuncia come ci siano ancora situazioni di sfruttamento anche dopo l'unificazione italiana. Dal punto di vista stilistico la novella è già matura. Il narratore è regredito popolare che accetta l'opinione della gente e descrive attraverso un linguaggio Composto da termini dettagliati è una sintassi semplice. Malpelo rappresenta il vinto della vita che vorrebbe insegnare a ranocchio come sopravvivere ma muore comunque. TESTO N°4 "Rosso Malpelo" pag145 TESTO N°5 "FANTASTICHERIA" * Completata definitivamente nel 1878 circa, "Fantasticheria" è una novella di Giovanni Verga, fondamentale nella sua opera, non solo per avvicinamento stilistico al Verismo, ma anche per la forte dichiarazione poetica, che prende per la prima volta in esame il mondo dei "vinti" e i suoi principi. Essa racconta di una nobile donna, da quanto si evince amica del narratore, che giunge ad Aci Trezza, una frazione di un piccolo paese della Sicilia, ed essendosene innamorata, decide di trattenersi per addirittura un mese. In realtà ben presto, affievolitisi lo stupore e l'ammirazione per la bellezza del paesaggio, la donna termina le attività da poter svolgere e si scopre stanca di quel luogo che tanto aveva amato. Decide perciò di tornare a casa propria e, una volta pronta per la partenza, si chiede come possa la gente del luogo trascorrervi una vita intera. A questo punto il narratore, utilizzando una serie di flashback e intrecci temporali, inizia a raccontare le storie del popolo di Aci Trezza, costituito prevalentemente da pescatori. Costoro conducevano una vita grama, fatta di stenti, miseria e molte sventure. Nonostante tutto il loro desiderio più grande era proprio quello di morire laddove erano nati. Questo loro principio di vita è definito "'ideale dell'ostrica", poiché i Trezzani, così si chiamano gli abitanti di Aci Trezza, proprio come le ostriche, non volevano staccarsi dal proprio scoglio per nessuna ragione. Quando tuttavia decidevano di farlo, allora venivano inghiottiti dal mare della vita, che se li portava via. * CICLO DEI VINTI nell'opera "ciclo dei vinti" il narratore è popolare regredito, non giudica, si limita a narrare la vicenda. I personaggi di queste vicende hanno una visione religiosa della vita, ma è una religiosità che viene trattata diversamente da quella di Manzoni, infatti la religione nelle opere di Verga non è un Dio consolatore. Verga crede nella ciclicità della vita dove chi cerca di cambiare il proprio destino avrà come conseguenza solo la distruzione e il peggioramento della stessa; come ad esempio successe a : Mastro Mishu, il padre di Rosso Malpelo, che pur cercando di aiutare la famiglia economicamente accettando l'offerta di lavoro, muore nella caverna. Per Verga la Sicilia è il luogo ideale per descrivere l'unico mondo che gli appare vero, quell'universo di umili che combattono per l'esistenza, a modo loro eroi caratterizzati da una decisa caparbietà e da una rassegnazione coraggiosa ad una vita di stenti, come si legge nella novella fantasticheria. Il destino dei personaggi Verghiani non può essere mutato (ideale dell'ostrica), come ad esempio Rosso Malpelo, Che va incontro alla morte quasi come una liberazione, è consapevole di non avere scampo ma sa adattarsi a questo futuro già scritto senza scendere a compromessi.Verga non concede alle vittime una vaga consolazione che la sventura partita sia manzonianamente provvida, perché la possibilità di riscatto o di liberazione non esistono. Il "ciclo dei vinti" inizialmente avrebbe dovuto comprendere 5 romanzi, ognuno avrebbe dovuto descrivere una classe sociale precisa, partendo da quella più bassa: 1. 1881 - Malavoglia; ambientazione popolare dove avvengono lotte per i soddisfacimento dei bisogni materiali. 2. 1889 - Mastro-don Gesualdo; realtà di provincia, dove viene descritta l'ascesa sociale di un popolano. Gli altri 3 romanzi sarebbero dovuti essere: 3. 4. 5. La duchessa di Leyra; contesto nobiliare, vanità dell'aristocrazia. - L'onorevole Scipioni; luoghi della politica romana, successo nella carriera parlamentare. L'uomo di lusso; ambiente artistico, velleità di un esteta decadente. I Malavoglia Verga comincia a concepire l'opera nel periodo compreso tra il 1876 e il 1880. il nucleo del futuro capolavoro si individua in una novella di vita dei campi: * fantasticheria, dove troviamo l'ambientazione e alcuni temi e personaggi del romanzo, che esce nel 1881. In questa novella Verga immagina di rispondere a una ricca donna del Nord che si trasferì al sud Italia ad Aci Trezza (il luogo principale dell'opera i malavoglia). Quando la donna arriva lì esclama chi sarebbe rimasta per sempre, successivamente decide di rimanere solo per due giorni, Andandosene non capendo come siamo e possibile viverci. Il romanzo dei malavoglia si basa su questa domanda: "come è possibile vivere ad Aci Trezza" Il narratore afferma che è possibile viverci solo se ci si accontenta di ciò che si ha, apprezzando il mondo e le piccole cose che si hanno. (?) Questo pensiero, tutti i luoghi e i personaggi descritti vengono ripresi nei malavoglia. UNA VICENDA CORALE Il romanzo è definito corale perché non c'è una figura del protagonista, c'è il senso di comunità, di una coralità che rispecchia un'organizzazione sociale semplice ed elementare. il romanzo, composto di 15 capitoli, copre complessivamente un arco cronologico di 12 anni, dal 1863 al 1875, si parla di arco cronologico perché non viene mai specificata una data precisa, si capisce il periodo solo degli avvenimenti e delle festività che vengono descritte nel romanzo. Il romanzo narra le vicende dei componenti della famiglia toscano, detti malavoglia, che vivono ad Aci Trezza, Un villaggio nei pressi di Catania.la famiglia comprende dei pescatori molto laboriosi che possiedono una casa detta "casa del nespolo" e una barca: la provvidenza, che rappresenta la loro ricchezza. Il capofamiglia, il vecchio padrone 'Ntoni, È il patriarca; suo figlio bastian Azzo, sposato con Mariuccia, detta la longa, ha cinque figli: il giovane 'Ntoni, Luca, mena, Alessi, Lia. Dal momento in cui avviene l'allontanamento di alcuni membri della famiglia, questa è colpita da disgrazie. 'Ntoni Viene chiamato all'arruolamento militare nel 1863. per cercare di incrementare i guadagni, i malavoglia decidono di comprare un carico di lupini da Zio Crocifisso, per dare inizio a un nuovo commercio. Durante il trasporto una tempesta fa naufragare la provvidenza: Bastianazzo muore e lupini vengono persi. Successivamente anche Maruzzo muore di colera. 'Ntoni, tornato dalla leva militare è tormentato dal desiderio di fare fortuna altrove. Si però il contrabbando esco strahi in carcere cinque anni per aver tentato di uccidere il doganiere, di cui la sorella Lea ne era l'amante, successivamente scappa dal paese diventa una prostituta. Il risultato di questi eventi è che la famiglia è costretta a vendere la casa e trasferirsi. Successivamente muore Luca nella battaglia di Lisa contro l'Austria nel 1866 (terza guerra di indipendenza). Il nonno muore in ospedale, solo e disperato, lontano da casa. L'obiettivo dei restanti nel paese e di recuperare la casa del nespolo riunendo e salvando la famiglia, seppure in parte dispersa.Alessi riesce a riscattare la casa del nespolo, e 'Ntoni uscito di prigione torna a casa, viene accolto dai familiari che gli offrono di rimanere, ma da solo capisce che tutti torneranno a parlare della loro sfortuna, e lascia la casa consapevole che sarebbe stato meglio restare sin da subito. VALORE DEI PERSONAGGI Il nonno è il vecchio di casa, saggio di equilibrato: la sua filosofia consiste nell'accontentarsi di ciò che si possiede, restando fedeli alle proprie radici consapevoli che ogni tentativo di cambiamento e distruzione. Questo suo ideale rimanda all'ideale dell'ostrica: l'attaccamento alla propria terra, la citazione del destino; proprio come l'ostrica se staccata dalle sue radici muore, alla stessa maniera i personaggi staccati dalle proprie radici del destino saranno soggetti alla distruzione. Al contrario il giovane 'Ntoni, rappresenta il desiderio di sottrarsi alle miserie condizioni di vita delle famiglie, infatti durante il servizio militare conobbe la realtà urbana non riuscendo più a sopportare le regole e i valori a cui da sempre si conforma l'esistenza della piccola comunità. Questo suo voler cambiare lo porterà però, come la sorella Lia, a perdersi.al contrario, Alessi, che continuerà il lavoro del nonno simboleggia la possibilità di preservare, attraverso un impegno sofferto, i valori fondamentali della vita. SPAZI DEL ROMANZO Viene dato per scontato il villaggio perché è già stato presentato in “fantasticheria“ ma gli altri luoghi più importanti sono: la farmacia dove si incontrano gli intellettuali per discutere di politica e dei cambiamenti che sta affrontando l'Italia Il sagrato della chiesa: un altro luogo dove gli uomini si incontrano per discutere L'osteria: dove si trovano gli sfaccendati e i marinai quando il mare è in tempesta La bottega del barbiere: un luogo dove le persone passano il tempo a chiacchierare Le viuzze, il lavatoio, le strade. Avi Trezza: si trova delimitata da un mare che rappresenta la fonte di vita dei sostentamento e del lavoro (pescatori) ma rappresenta anche la fonte di morte (bastianazzo) e non di lavoro. Il villaggio è inoltre delimitato da una vastissima pianura arida: la Shoara, Che rappresenta un valore negativo siccome separa il villaggio dal mondo esterno. Inoltre chi attraversa questa pianura abbandona il villaggio e di conseguenza peggiora la propria vita (come successe ad 'Ntoni Lea e il nonno che muore in ospedale, dove inoltre viene parlata una lingua diversa). LE TECNICHE NARRATIVE L'autore rimane fedele al principio dell'impersonalità e dell'oggettività, affidando la narrazione è una voce popolare interna al villaggio e rigenerando a livello della comunità: narratore regredito popolare. La lingua è una fusione tra il dialetto siciliano, i termini popolari, e la lingua italiana. Vengono utilizzati frequenti dialogo e il discorso indiretto libero, Che costituisce la principale novità della scrittura verghiana è uno strumento adatto per raccontare gli avvenimenti come si riflettono nei cervelli e nei cuori dei suoi personaggi. I dialoghi infatti sono in terza persona senza :"". TESTO N°6 "il naufragio della provvidenza" pag. 187 TESTO N°7 "l'abbandono di 'Ntoni" pag.192 TESTO N°8 "il commiato definitivo di 'Ntoni" pag. 199 NOVELLE RUSTICANE Scritte fra il 1881 e il 1883, le 12 novelle rusticane svolgono nei sucessivi Mastro don-gesualdo quella stessa funzione di preludio e anticipazione di temi e prospettive che Vita dei campi ha assunto per i malavoglia. I luoghi restano sempre quelli del mondo contadino siciliano, la novella del Verga si presenta come un racconto "corale", che non ha come protagonisti singoli individui, ma gruppi. Da una parte il "popolo", che, durante la rivolta viene caratterizzato attraverso similitudini e metafore tratte dal mondo della natura, dall'altra i "galantuomini": quelli del paese (nobili, preti, farmacisti, notai, ecc.) e quelli di città (giudici, giurati) e i loro aiutanti (campieri, sbirri, guardaboschi). Il tema principale è quello delle leggi economiche, la difesa dei beni delle ricchezze, ovvero la roba, che viene considerata come l'unica ragione di vita che logora i personaggi a un'aggressività instintiva. TESTO N°9 "LIBERTÀ" Pubblicata nel 1882 la novella riprende, senza farvi riferimento esplicitamente, i tragici fatti di Bronte del 1860, quando i contadini di Bronte, un piccolo paese sulle falde dell'Etna, esasperati per la mancata distribuzione delle terre demaniali promessa da Garibaldi, insorsero contro la parte più reazionaria dei borghesi locali (i cosiddetti "cappelli") uccidendone una quindicina.ll generale Nino Bixio, inviato da Garibaldi per placare la sommossa, pur trovandola già sedata, fece arrestare centocinquanta persone e, istituito un tribunale militare, ne fece immediatamente processare cinque, in qualità di principali responsabili degli accadimenti. La condanna per fucilazione fu eseguita il giorno dopo. Il termine di libertà visto da un punto di vista filosofico, può essere di due tipi: 1. Libertà di essere (pensare, esprimere) 2. Liberta di ideale (legata al romanticismo e idea di libertà per l'unificazione Italia) La libertà di ideale era una cosa astratta che non toccò il sud Italia che cercano la libertà dai latifondisti. Verga esprime con termini estremi una folla violenta, sanguinosa, inferocita, tanto da far provar pena al lettore per i ceti maggiori che subiscono la furia della folla. Utilizza lo stile narrativo del narratore regredito popolare, senza perciò esprimere giudizi. La novella può essere divisa in tre parti: 1. R.0-80 descrive il giorno della rivolta: un sabato. Vengono descritte le azioni violente della folla. 2. R.80-100 il giorno dopo la rivolta: una domenica strana. Quando gli uomini fanno i conti con la coscienza, dove si ritrovano a non poter partecipare alla messa perché hanno ucciso il prete. In questo momento inoltre è presente l'arrivo di Nino Bixio. 3. R.117-... l'arrivo dei giudici, causa per cui diversa gente viene condannata. Mastro-don Gesualdo Nella novella rusticana “la roba” vengono indicati i luoghi e i personaggi come introduzione all'opera Mastro-don Gesualdo. Con il termine roba si intende tutto ciò che Mastro-don Gesualdo aveva accumulato lungo la sua vita (terre, ricchezza ecc), e che però non avrà la possibilità di portarsi dietro una volta morto. Il romanzo vede come protagonista Mastro-don Gesualdo, un manovale siciliano, che grazie alla sua ambizione, diventa un proprietario terriero, meritandosi anche del titolo di don, riservato ai notai. Arricchendosi però è comunque circondato dalla malignità e dall'invidia dei rivali e dei parenti, soprattutto quando decide di sposare Bianca Trao (che viene da una famiglia di nobiltà decaduta in bisogno di un riscatto, e quindi ricchezze), pur di suggellare la propria ascesa sociale. Questo matrimonio suggella la fine per Gesualdo: la moglie non lo ama considerandolo un estraneo, mentre la figlia Isabella (probabilmente figlia di Bianca e il suo ex) non gli voleva bene, anzi si vergognavano di lui. La moglie non l’ha mai amato, mentre la figlia si vergogna di lui per via della sua pelle scura e delle sue mani grosse, perché non rispecchiava il perfetto nobile. Mastro-don Gesualdo però ama la figlia, e vuole crescerla come una nobile, dandole ciò che lui non aveva potuto avere. Quando Bianca Trao muore, la figlia è obbligata a sposare un vecchio e cinico nobile, il duca di Leyra, pur amando il cugino Corrado. Solo e disprezzato da tutti, Mastro- don Gesualdo si ammala di un tumore ed è costretto a lasciare il suo paese, viene portato nel palazzo dove vivono la figlia e il genero, anche qui la figlia si prende raramente cura di lui, mentre anche i servi lo disprezzano e lo considerano uno come loro, non un nobile. Muore lontano dalla sua roba. L'unica persona che lo avesse mai amato era una serva, che però Mastro-don Gesualdo non riconobbe per via del suo titolo Mastro-don Gesualdo rappresenta l'uomo fattosi da se all'interno di una società capitalista vive e crede per il video della roba, che accumula e con cui ha un legame profondo. Mastro-don Gesualdo anche se presenta una scalata sociale, è comunque considerato un vinto delle vita, perché al contrario dei malavoglia, non ha nemmeno la ricchezza della famiglia, e cercando di migliorare la sua posizione, la peggiora. Mastro-don Gesualdo presenta: un pessimismo ancora più profondo di quello dei malavoglia, un canone di impersonalità meno forte, una persistente solitudine e un narratore regredito popolare. MASTRO-DON GESUALDO È molto forte il mito della roba, che rappresenta tutto per Mastro-don Gesualdo Non è presente alcun valore famigliare. La morte di Mastro-don Gesualdo rappresenta la morte di tutto TESTO N°10 "La morte di Gesualdo" pag.169. I MALAVOGLIA La roba è solo uno strumento per migliorare la vita È presente il mito della famiglia Anche dopo la morte di alcuni famigliari, rimane comunque l'impegno dei malavoglia di riprendersi la casa del nespolo, la provvidenza, e la loro figura come famiglia all'interno del paese. UN MANIFESTO DEL NATURALISMO (fratelli de Goncourt) [goncu] T. n°1 La Prefazione, datata ottobre 1864, è uno dei primi e più significativi "manifesti "del Naturalismo francese. Il romanzo, uscito nel 1865, è la storia di una serva, malata di isteria, che si degrada progressivamente, fino alla morte, per una passione amorosa. Fu ispirato ad un caso vero, quello di una domestica dei due fratelli. Nel ricostruire la vicenda, essi si fondano su una rigorosa documentazione: si tratta dunque di un "documento umano", una formula che avrà poi molta fortuna nel Naturalismo. Dobbiamo chiedere scusa al pubblico per questo libro che gli offriamo e avvertirlo di quanto vi troverà. Il pubblico ama i romanzi falsi: questo è un romanzo vero. Ama i romanzi che dànno l'illusione di essere introdotti nel gran mondo: questo libro viene dalla strada. Ama le operette maliziose, le memorie di fanciulle, le confessioni d'alcova, le sudicerie erotiche, lo scandalo racchiuso in un'illustrazione nelle vetrine di librai: il libro che sta per leggere è severo e puro. Che il pubblico non si aspetti la fotografia licenziosa del Piacere: lo studio che segue è la clinica dell'Amore. Il pubblico apprezza ancora le letture anodine e consolanti, le avventure che finiscono bene, le fantasie che non sconvolgono la sua digestione né la sua serenità: questo libro, con la sua triste e violenta novità, è fatto per contrariare le abitudini del pubblico, per nuocere alla sua igiene. Perché mai dunque l'abbiamo scritto? Proprio solo per offendere il lettore e scandalizzare i suoi gusti? No. Vivendo nel diciannovesimo secolo, in un'epoca di suffragio universale, di democrazia, di liberalismo, ci siamo chiesti se le cosiddette « classi inferiori » non abbiano diritto al Romanzo; se questo mondo sotto un mondo, il popolo, debba restare sotto il peso del « vietato » letterario e del disdegno degli autori che sino ad ora non hanno mai parlato dell'anima e del cuore che il popolo può avere. Ci siamo chiesti se possano ancora esistere, per lo scrittore e per il lettore, in questi anni d'uguaglianza che viviamo, classi indegne, infelicità troppo terrene, drammi troppo mal recitati, catastrofi d'un terrore troppo poco nobile. Ci ha presi la curiosità di sapere se questa forma convenzionale di una letteratura dimenticata e di una società scomparsa, la Tragedia, sia definitivamente morta; se, in un paese senza caste e senza aristocrazia legale, le miserie degli umili e dei poveri possano parlare all'interesse, all'emozione, alla pietà, tanto quanto le miserie dei grandi e dei ricchi; se, in una parola, le lacrime che si piangono in basso possano far piangere come quelle che si piangono in alto. Queste meditazioni ci hanno indotto a tentare l'umile romanzo di Suor Filomena, nel 1861; e adesso ci inducono a pubblicare Le due vite di Germinia Lacerteux [lasertù]. Ed ora, questo libro venga pure calunniato: poco c’importa. Oggi che il Romanzo si allarga e ingrandisce, e comincia ad essere la grande forma seria, appassionata, viva, dello studio letterario e della ricerca sociale, oggi che esso diventa, attraverso l'analisi e la ricerca psicologica, la Storia morale contemporanea, oggi che il Romanzo s'è imposto gli studi e i compiti della scienza, può rivendicarne la libertà e l'indipendenza. Ricerchi dunque l'Arte e la Verità; mostri miserie tali da imprimersi nella memoria dei benestanti di Parigi; faccia vedere alla gente della buona società quello che le dame di carità hanno il coraggio di vedere, quello che una volta le regine facevano sfiorare appena con gli occhi, negli ospizi, ai loro figli: la sofferenza umana, presente e viva, che insegna la carità; il Romanzo abbia quella religione, che il secolo scorso chiamava con il nome largo e vasto di Umanità; basterà questa coscienza: ecco il suo diritto. FANTASTICHERIA T n°5 Una volta, mentre il treno passava vicino ad Aci-Trezza, voi, affacciandovi allo sportello del vagone, esclamaste: «Vorrei starci un mese laggiù!>> Noi vi ritornammo, e vi passammo non un mese, ma quarantott'ore; i terrazzani che spalancavano gli occhi vedendo i vostri grossi bauli avranno creduto che ci sareste rimasta un par d'anni. La mattina del terzo giorno, stanca di vedere eternamente del verde e dell'azzurro, e di contare i carri che passavano per via, eravate alla stazione, e gingillandovi impaziente colla catenella della vostra boccettina da odore, allungavate il collo per scorgere un convoglio che non spuntava mai. In quelle quarantott'ore facemmo tutto ciò che si può fare ad Aci- Trezza: passeggiammo nella polvere della strada, e ci arrampicammo sugli scogli; col pretesto di imparare a remare vi faceste sotto il guanto delle bollicine che rubavano i baci; passammo sul mare una notte romanticissima, gettando le reti tanto per far qualche cosa che a' barcaiuoli potesse parer meritevole di buscarsi dei reumatismi, e l'alba ci sorprese in cima al fariglione, un'alba modesta e pallida, che ho ancora dinanzi agli occhi, striata di larghi riflessi violetti, sul mare di un verde cupo, raccolta come una carezza su quel gruppetto di casucce che dormivano quasi raggomitolate sulla riva, e in cima allo scoglio, sul cielo trasparente e limpido, si stampava netta la vostra figurina, colle linee sapienti che vi metteva la vostra sarta, e il profilo fine ed elegante che ci mettevate voi. Avevate un vestitino grigio che sembrava fatto apposta per intonare coi colori dell'alba. Un bel quadretto davvero! e si indovinava che lo sapeste anche voi, dal modo in cui vi modellavate nel vostro scialletto, e sorridevate coi grandi occhioni sbarrati e stanchi a quello strano spettacolo, e a quell'altra stranezza di trovarvici anche voi presente. Che cosa avveniva nella vostra testolina mentre contemplavate il sole nascente? Gli domandavate forse in qual altro emisfero vi avrebbe ritrovata fra un mese? Diceste soltanto ingenuamente: «Non capisco come si possa vivere qui tutta la vita.>> Eppure, vedete, la cosa è più facile che non sembri: basta non possedere centomila lire di entrata, prima di tutto; e in compenso patire un po' di tutti gli stenti fra quegli scogli giganteschi, incastonati nell'azzurro, che vi facevano batter le mani per ammirazione. Così poco basta, perchè quei poveri diavoli che ci aspettavano sonnecchiando nella barca, trovino fra quelle loro casipole sgangherate e pittoresche, che viste da lontano vi sembravano avessero il mal di mare anch'esse, tutto ciò che vi affannate a cercare a Parigi, a Nizza ed a Napoli. È una cosa singolare; ma forse non è male che sia così per voi, e per tutti gli altri come voi. Quel mucchio di casipole è abitato da pescatori, «gente di mare», dicon essi, come altri direbbe «gente di toga», i quali hanno la pelle più dura del pane che mangiano, quando ne mangiano, giacchè il mare non è sempre gentile, come allora che baciava i vostri guanti.... Nelle sue giornate nere, in cui brontola e sbuffa, bisogna contentarsi di stare a guardarlo dalla riva, colle mani in mano, o sdraiati bocconi, il che è meglio per chi non ha desinato. In quei giorni c'è folla sull'uscio dell'osteria, ma suonano pochi soldoni sulla latta del banco, e i monelli che pullulano nel paese, come se la miseria fosse un buon ingrasso, strillano e si graffiano quasi abbiano il diavolo in corpo. Di tanto in tanto il tifo, il colèra, la malannata, la burrasca, vengono a dare una buona spazzata in quel brulicame, che davvero si crederebbe non dovesse desiderar di meglio che esser spazzato, e scomparire; eppure ripullula sempre nello stesso luogo; non so dirvi come, nè perchè. Vi siete mai trovata, dopo una pioggia di autunno, a sbaragliare un esercito di formiche, tracciando sbadatamente il nome del vostro ultimo ballerino sulla sabbia del viale? Qualcuna di quelle povere bestioline sarà rimasta attaccata alla ghiera del vostro ombrellino, torcendosi di spasimo; ma tutte le altre, dopo cinque minuti di pànico e di viavai, saranno tornate ad aggrapparsi disperatamente al loro monticello bruno. Voi non ci tornereste davvero, e nemmen io; ma per poter comprendere siffatta caparbietà, che è per certi aspetti eroica, bisogna farci piccini anche noi, chiudere tutto l'orizzonte fra due zolle, e guardare col microscopio le piccole cause che fanno battere i piccoli cuori. Volete metterci un occhio anche voi, a cotesta lente, voi che guardate la vita dall'altro lato del cannocchiale? Lo spettacolo vi parrà strano, e perciò forse vi divertirà. Noi siamo stati amicissimi, ve ne rammentate? e mi avete chiesto di dedicarvi qualche pagina. Perchè? à quoi bon? come dite voi. Che cosa potrà valere quel che scrivo per chi vi conosce? e per chi non vi conosce che cosa siete voi? Tant'è, mi son rammentato del vostro capriccio un giorno che ho rivisto quella povera donna cui solevate far l'elemosina col pretesto di comperar le sue arance messe in fila sul panchettino dinanzi all'uscio. Ora il panchettino non c'è più; hanno tagliato il nespolo del cortile, e la casa ha una finestra nuova. La donna sola non aveva mutato, stava un po' più in là a stender la mano ai carrettieri, accoccolata sul mucchietto di sassi che barricano il vecchio posto della guardia nazionale; ed io girellando, col sigaro in bocca, ho pensato che anche lei, così povera com'è, vi aveva vista passare, bianca e superba. Non andate in collera se mi son rammentato di voi in tal modo a questo proposito. Oltre i lieti ricordi che mi avete lasciati, ne ho cento altri, vaghi, confusi, disparati, raccolti qua e là, non so più dove; forse alcuni son ricordi di sogni fatti ad occhi aperti; e nel guazzabuglio che facevano nella mia mente, mentre io passava per quella viuzza dove son passate tante cose liete e dolorose, la mantellina di quella donnicciola freddolosa, accoccolata, poneva un non so che di triste e mi faceva pensare a voi, sazia di tutto, perfino dell'adulazione che getta ai vostri piedi il giornale di moda, citandovi spesso in capo alla cronaca elegante sazia così da inventare il capriccio di vedere il vostro nome sulle pagine di un libro. Quando scriverò il libro, forse non ci penserete più; intanto i ricordi che vi mando, così lontani da voi in ogni senso, da voi inebbriata di feste e di fiori, vi faranno l'effetto di una brezza deliziosa, in mezzo alle veglie ardenti del vostro eterno carnevale. Il giorno in cui ritornerete laggiù, se pur vi ritornerete, e siederemo accanto un'altra volta, a spinger sassi col piede, e fantasie col pensiero, parleremo forse di quelle altre ebbrezze che ha la vita altrove. Potete anche immaginare che il mio o per pensiero siasi raccolto in quel cantuccio ignorato del mondo, perchè il vostro piede vi si è posato, distogliere i miei occhi dal luccichio che vi segue dappertutto, sia di gemme o di febbri oppure perchè vi ho cercata inutilmente per tutti i luoghi che la moda fa lieti. Vedete quindi che siete sempre al primo posto, qui come al teatro. Vi ricordate anche di quel vecchietto che stava al timone della nostra barca? Voi gli dovete questo tributo di riconoscenza, perchè egli vi ha impedito dieci volte di bagnarvi le vostre belle calze azzurre. Ora è morto laggiù all'ospedale della città, il povero diavolo, in una gran corsìa tutta bianca, fra dei lenzuoli bianchi, masticando del pane bianco, servito dalle bianche mani delle suore di carità, le quali non avevano altro difetto che di non saper capire i meschini guai che il poveretto biascicava nel suo dialetto semibarbaro. Ma se avesse potuto desiderare qualche cosa, egli avrebbe voluto morire in quel cantuccio nero vicino al focolare, dove tanti anni era stata la sua cuccia <<sotto le sue tegole», tanto che quando lo portarono via piangeva guaiolando, come fanno i vecchi. Egli era vissuto sempre fra quei quattro sassi, e di faccia a quel mare bello e traditore col quale dovè lottare ogni giorno per trarre da esso tanto da campare la vita e non lasciargli le ossa; eppure in quei momenti in cui si godeva cheto cheto la sua «occhiata di sole» accoccolato sulla pedagna della barca, coi ginocchi fra le braccia, non avrebbe voltato la testa per vedervi, ed avreste cercato invano in quelli occhi attoniti il riflesso più superbo della vostra bellezza; come quando tante fronti altere s'inchinano a farvi ala nei saloni splendenti, e vi specchiate negli occhi invidiosi delle vostre migliori amiche. La vita è ricca, come vedete, nella sua inesauribile varietà; e voi potete godervi senza scrupoli quella parte di ricchezza che è toccata a voi, a modo vostro. Quella ragazza, per esempio, che faceva capolino dietro i vasi di basilico, quando il fruscio della vostra veste metteva in rivoluzione la viuzza, se vedeva un altro viso notissimo alla finestra di faccia, sorrideva come se fosse stata vestita di seta anch'essa. Chi sa quali povere gioie sognava su quel davanzale, dietro quel basilico odoroso, cogli occhi intenti in quell'altra casa coronata di tralci di vite? E il riso dei suoi occhi non sarebbe andato a finire in lagrime amare, là, nella città grande, lontana dai sassi che l'avevano vista nascere e la conoscevano, se il suo nonno non fosse morto all'ospedale, e suo padre non si fosse annegato, e tutta la sua famiglia non fosse stata dispersa da un colpo di vento che vi aveva soffiato sopra un colpo di vento funesto, che avea trasportato uno dei suoi fratelli fin nelle carceri di Pantelleria: <<Gaetano!»> come dicono laggiù. Miglior sorte toccò a quelli che morirono; a Lissa l'uno, il più grande, quello che vi sembrava un David di rame, ritto colla sua fiocina in pugno, e illuminato bruscamente dalla fiamma dell'ellera. Grande e grosso com'era, si faceva di brace anch'esso quando gli fissaste in volto i vostri occhi arditi; nondimeno è morto da buon marinaio, sulla verga di trinchetto, fermo al sartiame, levando in alto il berretto, e salutando un'ultima volta la bandiera col suo maschio e selvaggio grido d'isolano. L'altro, quell'uomo che sull'isolotto non osava toccarvi il piede per liberarlo dal lacciuolo teso ai conigli nel quale v'eravate impigliata da stordita che siete, si perdè in una fosca notte d'inverno, solo, fra i cavalloni scatenati, quando fra la barca e il lido, dove stavano ad aspettarlo i suoi, andando di qua e di là come pazzi, c'erano sessanta miglia di tenebre e di tempesta. Voi non avreste potuto immaginare di qual disperato e tetro coraggio fosse capace per lottare contro tal morte quell'uomo che lasciavasi intimidire dal capolavoro del vostro calzolaio. Meglio per loro che son morti, e non «mangiano il pane del re,»> come quel poveretto che è rimasto a Pantelleria, o quell'altro pane che mangia la sorella, e non vanno attorno come la donna delle arancie, a viver della grazia di Dio; una grazia assai magra ad Aci-Trezza. Quelli almeno non hanno più bisogno di nulla! Lo disse anche il ragazzo dell'ostessa, l'ultima volta che andò all'ospedale per chieder del vecchio e portargli di nascosto di quelle chiocciole stufate che son così buone a succiare per chi non ha più denti, e trovò il letto vuoto, colle coperte belle e distese, e sgattaiolando nella corte andò a piantarsi dinanzi a una porta tutta brandelli di cartacce, sbirciando dal buco della chiave una gran sala vuota, sonora e fredda anche di estate, e l'estremità di una lunga tavola di marmo, su cui era buttato un lenzuolo, greve e rigido. E dicendo che quelli là almeno non avevano più bisogno di nulla, si mise a succiare ad una ad una le chiocciole che non servivano più, per passare il tempo. Voi, stringendovi al petto il manicotto di volpe azzurra, vi rammenterete con piacere che gli avete dato cento lire, al povero vecchio. Ora rimangono quei monellucci che vi scortavano come sciacalli e assediavano le arance; rimangono a ronzare attorno alla mendica, e brancicarle le vesti come se ci avesse sotto del pane, a raccattar torsi di cavolo, bucce d'arancie e mozziconi di sigari, tutte quelle cose che si lasciano cadere per via ma che pure devono avere ancora qualche valore, perchè c'è della povera gente che ci campa su; ci campa anzi così bene, che quei pezzentelli paffuti e affamati cresceranno in mezzo al fango e alla polvere della strada, e si faranno grandi e grossi come il loro babbo e come il loro nonno, e popoleranno Aci-Trezza di altri pezzentelli, i quali tireranno allegramente la vita coi denti più a lungo che potranno, come il vecchio nonno, senza desiderare altro; e se vorranno fare qualche cosa diversamente da lui, sarà di chiudere gli occhi là dove li hanno aperti, in mano del medico del paese che viene tutti i giorni sull'asinello, come Gesù, ad aiutare la buona gente che se ne va. Insomma l'ideale dell'ostrica! direte voi. Proprio l'ideale dell'ostrica! e noi non abbiamo altro motivo di trovarlo ridicolo che quello di non esser nati ostriche anche noi. Per altro il tenace attaccamento di quella povera gente allo scoglio sul quale la fortuna li ha lasciati cadere mentre seminava principi di qua e duchesse di là, questa rassegnazione coraggiosa ad una vita di stenti, questa religione della famiglia, che si riverbera sul mestiere, sulla casa, e sui sassi che la circondano, mi sembrano forse pel quarto d'ora cose serissime e rispettabilissime anch'esse. Parmi che le irrequietudini del pensiero vagabondo s'addormenterebbero dolcemente nella pace serena di quei sentimenti miti, semplici, che si succedono calmi e inalterati di generazione in generazione. Parmi che potrei vedervi passare, al gran trotto dei vostri cavalli, col tintinnio allegro dei loro finimenti e salutarvi tranquillamente. Forse perchè ho troppo cercato di scorgere entro al turbine che vi circonda e vi segue, mi è parso ora di leggere una fatale necessità nelle tenaci affezioni dei deboli, nell'istinto che hanno i piccoli di stringersi fra loro per resistere alle tempeste della vita, e ho cercato di decifrare il dramma modesto e ignoto che deve aver sgominati gli attori plebei che conoscemmo insieme. Un dramma che qualche volta forse vi racconterò, e di cui parmi tutto il nodo debba consistere in ciò: che allorquando uno di quei piccoli, o più debole, o più incauto, o più egoista degli altri, volle staccarsi dai suoi per vaghezza dell'ignoto, o per brama di meglio, o per curiosità di conoscere il mondo; il mondo, da pesce vorace ch'egli è, se lo ingoiò, e i suoi più prossimi con lui. E sotto questo aspetto vedete che il dramma non manca d'interesse. Per le ostriche l'argomento più interessante deve esser quello che tratta delle insidie del gambero, o del coltello del palombaro che le stacca dallo scoglio.

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positivismo, naturalismo, verismo, verga (maturità)

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Ilenia Cortello

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 Il secondo Ottocento
Nella prima parte della seconda metà del '800 si sviluppò la corrente letteraria del REALISMO che privilegia
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Il positivismo Giovanni Verga la lupa la roba i malavoglia rosso malpelo tutte le informazioni scritte sono state prese esclusivamente dal libro di testo scolastico o da Internet. Voto conseguito: 8

Il secondo Ottocento Nella prima parte della seconda metà del '800 si sviluppò la corrente letteraria del REALISMO che privilegia la forma del romanzo raccontando in modo oggettivo la realtà che circonda gli uomini. Il Realismo si esprime, in Francia con il NATURALISMO, e in Italia con il VERISMO. Sono entrambe due correnti che si esprimono in prosa, ma a differenza del naturalismo, il verismo tratta anche la poesia con la scapigliatura e la figura di Carducci che fa da tramite tra la poesia romantica e quella decadente. Nella seconda parte, verso la fine del '800, si sviluppò la corrente del DECADENTISMO. Questa corrente predilige la poesia ed esprime la crisi dell'uomo, la caduta delle grandi certezze e l'inquietudine nell'affrontare il 1° conflitto mondiale. Questo è anche il periodo dei poeti maledetti francesi e della poesia decadente, mentre in Italia è presente la scapigliatura e Carducci . Dal punto di vista storico il periodo della metà del '800 parte con l'unificazione italiana -> realizzando il sogno dei romantici. D'altra parte, però, è un periodo di grande arretratezza e povertà delle campagne, a causa di : -il divario tra nord e sud che portò poi al fenomeno del brigantaggio, -una frammentazione linguistica e amministrativa, -una unità territoriale incompleta. Il realismo italiano, attraverso il VERISMO,...

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racconta e denuncia i problemi della post-unificazione (soprattutto del meridione) tentando di contribuire alla realizzazione di una nuova nazione. L'età del realismo però non può essere considerata completamente diversa dal romanticismo, è piuttosto una continuazione; infatti il romanticismo comprendeva due tendenze tematiche: 1. Storica (Manzoni) 2. Ideale (Europa Centrale) più passionale. Il realismo riprende il filone del romanticismo, ma, se i romantici avevano una concezione più ideale dell'Italia perché erano aspirazioni a ciò che sarebbe potuta diventare, i veristi raccontano l'Italia per come è in modo oggettivo (senza esprimere idee personali) e scientifico. Si può quindi distinguere un realismo romantico di Manzoni e il verismo di Verga. Con la 2° rivoluzione industriale in Francia (1870) e la nascita delle fabbriche, cambiano i modi di produzione e si inizia a parlare di questione sociale <- tema principale della corrente del NATURALISMO. In questo periodo però c'è un ottimismo nei confronti della scienza, apparentemente in grado di poter migliorare e cambiare la realtà degli uomini. Alla base di questo ottimismo troviamo una forte cultura razionalista ripresa dall'illuminismo, per questo viene chiamato neo-illuminismo. IL POSITIVISMO Si sviluppa un nuovo contesto filosofico: il positivismo, termine utilizzato per la prima volta nel 1823 dal filosofo socialista utopista Saint-Simon, ripreso poi dal filosofo francese Comte. Con il termine positivismo Saint-Simon definì tutte le scienze fondate sull'osservazione dei fatti che avrebbe contribuito a migliorare la società, inoltre indica come la scienza sia l'unico strumento utile per indagare il mondo e poter dominare la realtà, sono sicuri di ciò perché la scienza si basa sul metodo scientifico su cui si basa ogni conoscenza, ovvero: l'osservazione, verifica, conclusione = legge. Questa fiducia nella scienza nasce dopo il progresso e il miglioramento della 2° rivoluzione industriale. Con il positivismo c'è quindi un'esaltazione della scienza. Il positivismo ha fiducia nella ragione umana con la quale si arriva alla concezione di realtà (come illuminismo) e esalta la nuova società industriale considerata positiva per la vita dell'uomo. Spencer e Darwin furono rappresentanti del positivismo, ma riconosciamo Comte come il più importante, quest'ultimo si oppose all'idealismo romantico perché distaccato dalla realtà e dalla ragione, ma condivide con l'idealismo l'idea che la realtà è in continuo progresso. Comte, inoltre, studia lo sviluppo dell'umanità e offre una nuova visione scientifica, individua come l'umanità abbia attraversato 3 fasi: 1° TEOLOGICA: dove l'uomo attribuiva le cose del mondo a identità sovrannaturali. 2° METAFISICA: dove l'uomo attribuiva i fenomeni che lo circondavano a forze misteriose. 3° POSITIVA: dove gli uomini studiano come si manifestano gli eventi e cercano di comprendere le cause e le conseguenze dei fenomeni attraverso la ragione. È presente una novità: l'uomo comincia a osservare la realtà e a cercare di comprenderne i fenomeni. Con Darwin (scienziato inglese) nasce la teoria dell'evoluzione nel suo testo più celebre: "L'origine delle specie" dove afferma che l'interazione tra le condizioni ambientali e le conseguenti modifiche delle caratteristiche dei viventi determina l'origine, la sopravvivenza o l'estinzione delle specie, genere umano compreso. Il metodo positivistico viene applicato a tutti gli ambienti scientifici, l'uomo diventa oggetto di indagine e nascono nuove discipline, quali la psicologia, la sociologia, la neurologia e l'antropologia. Il Naturalismo In Francia attorno al 1870-90, il termine Naturalismo indica una corrente letteraria che sceglie la realtà quotidiana come oggetto privilegiato di osservazione e narrazione. Lo scrittore descrive gli ambienti sociali e le dinamiche dei rapporti fra gli individui senza abbellimenti; il narratore studia il meccanismo degli eventi per rappresentarne le cause e conseguenze con impersonalità e precisione, liberandosi il più possibile dalla soggettività senza far emergere i propri sentimenti. Gli autori fondanti furono Zola e Maupassant. Come base letteraria persisteva una filosofia positiva (che si basava sulla ragione, fiducia sulla scienza) e una nuova organizzazione industriale. I naturalisti condividono la teoria determinista del filosofo Hippolyte Taine, dove vengono individuate 3 cause che determinano l'identità di una persona: 1. Razza: l'eredità dei caratteri determinano l'identità fisica e caratteriale della persona. 2. Ambiente: il carattere o la fisionomia di una persona è influenzata dall'ambiente che la circonda. 3. Storia: gli eventi storici del periodo in cui si vive influenzano una persona. Flaubert e Balzac furono gli anticipatori del naturalismo francese; Flaubert fu il primo ad applicare la teoria dell'impersonalità nei suoi romanzi ma soprattutto in Madame Bovary, in cui mira a fornire un modello di oggettiva esplorazione della realtà; “la scrittura deve andare oltre i sentimenti, la realtà deve essere raccontata così com'è" . La narrazione di Flaubert è impersonale e l'autore, pur essendo onnipresente, non è onnisciente (carattere che viene abbandonato) ma racconta solo ciò che vede dall'esterno. Balzac nell'opera "commedia umana” analizza in modo molto specifico la realtà e i caratteri dei suoi personaggi; Balzac è un attento analista con una lucidità scientifica. I PRINCIPI DEL NATURALISMO assoluta fiducia nella scienza, l'unico strumento capace di conoscere e trasformare la realtà. Deve essere applicata alla letteratura: lo scrittore deve essere come uno scienziato, ovvero osservare e raccontare impersonalmente. Naturalismo e positivismo hanno una concezione deterministica della realtà, si basano sulla teoria determinista. Il canone dell'impersonalità (Flaubert) l'opera deve sembrare fatta da sé. Lo scrittore deve essere come un fotografo che rappresenta la realtà senza interpretazione. Scopo socialista: con la loro letteratura i naturalisti vogliono denunciare la realtà per averne un conseguente miglioramento. Denunciano la loro realtà in fiducia che qualcosa cambi. Il tema principale è la questione sociale dopo la 2° rivoluzione industriale, quando i contadini sostituiti dalle fabbriche si sono trasferiti in città in cerca di lavoro, ma si sono ritrovati in una condizione di degrado sociale. - Atteggiamento positivo e ottimista. ZOLA ÈMILE Nel 1880 pubblica il “romanzo sperimentale” dove sostiene che il metodo sperimentale utilizzato nella scienza vada applicato anche sull'uomo. Come Hippolyte Taine, anche Zola sostiene che l'uomo sia regolato da tre fattori: 1.razza/ereditarietà, 2.ambiente e 3.storia. inoltre secondo Zola bisogna studiare i fattori, comprendere i comportamenti umani per poi migliorarli per il bene della società. Il compito della letteratura è di migliorare la scienza e l'economia attraverso la denuncia della realtà. Zola descrive e denuncia la realtà parlando del proletariato e delle sue precarie condizioni, la sua è una società decadente perché viene messo in luce il disagio che le persone provano rispetto al tempo in cui vivono. Zola è considerato un romanziere realista, ma anticipa la corrente del decadentismo, ovvero lo smarrimento dell'uomo con la società del suo tempo, a causa dell'industrializzazione. TESTO N°1 TESTO N°2 "Alla conquista del pane" pag.107 Verismo In Italia il verismo è la letteratura realista che si sviluppa dopo il naturalismo, verso il 1870 fino alla fine del secolo circa. I maggiori esponenti furono Giovanni Verga e Luigi Capuana, ma fu proprio questultipo a poter essere effettivamente definito come il principale teorico della corrente. I principi del naturalismo francese si insediarono anche in Italia grazie a due fattori: 1. Grazie alla diffusione delle teorie positiviste con le opere del filosofo Roberto Adigò. 2. La presa di coscienza dei problemi in Italia: lo squilibrio tra nord (era stato sotto il dominio austro con un dispotismo illuminato) e sud politica di sfruttamento con la Spagna) o meglio la questione meridionale Contesto storico: siamo nel periodo della post-unificazione dove è presente la questione meridionale, il brigantaggio, ci troviamo in un'Italia non ancora completamente unita perché mancano ancora il veneto, Trieste e il trentino. I'Italia non ha quindi ancora acquisito un'identità economica, politica e geografica. I CARATTERI DEL VERISMO A CONFRONTO COL NATURALISMO la fedeltà al reale e l'amore per il vero, l'osservazione e l'analisi dei rapporti tra l'individuo e l'ambiente, l'importanza dei fattori ereditari e al contesto sociale nello studio della psicologia delle persone, l'obbiettività e impersonalità del racconto. La tecnica: A differenza del Naturalismo, il Verismo non viene usata la componete scientifica che veniva invece utilizzata con Zola nel naturalismo. Non si tratta più quindi di applicare alla letteratura l'oggettività per giustificare le denunce sociali, ma invece, sono la forma e le tecniche di rappresentazione a rendere la narrazione impersonale. Secondo i veristi la letteratura non deve mai essere confusa con la scienza, perché il compito della letteratura è la critica della realtà in modo oggettivo e impersonale. Deve essere una letteratura che sembri essersi fatta da sé. L'ambientazione: se i naturalisti rappresentano luoghi legati alla realtà urbana e la metropoli, dove si possono cogliere i particolari degradi della civiltà industriale, i Veristi si soffermano a descrivere la vita autenticità dell'umile gente di campagna, non toccata dalle trasformazioni e il benessere economico. Il pessimismo: gli scrittori francesi mostrano le ingiustizie sociali allo scopo di superarle e avere un miglioramento nella società, i veristi non assumono alcun impegno politico, loro rappresentano la realtà nella sua immobilità rimanendo fedeli all'impersonalità. I Veristi hanno una concezione deterministica della realtà, dove vengono individuati -l'ambiente, -l'economia e l'istinto, come fattori che definiscono il cambiamento in un uomo. Il verismo può essere definito come una letteratura regionale e non nazionale perché è una letteratura che si concentra sui problemi del sud d'Italia e non di tutta Italia. Il naturalismo invece può essere definito una letteratura nazionale perché riguarda l'intera Francia. Giovanni Verga porterà grandi innovazioni al narratore, tipiche del romanzo verista. Il narratore di Verga si chiama NARRATORE REGREDITO POPOLARE e la sua descrizione si abbassa al livello dei personaggi, sia a livello linguistico che di pensiero. Questa tecnica di N.R.P. porterà il romanzo ad essere più realista. Se con Manzoni abbiamo assistito ad un innalzamento dei suoi personaggi, con Verga c'è un abbassamento al loro livello. Giovanni Verga VITA E OPERE Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri che vanta di antiche tradizioni nobiliari (viene accusato di vedere la letteratura in modo diverso perché la sua famiglia era proprietaria dei terreni). I parenti lo incoraggiano alla letteratura è una formazione scolastica, nel 1856 57 Verga scrive la sua prima ope non pubblicata.studio poi la facoltà di legge a Catania e dopo la spedizione garibaldina in Sicilia nel 1860 guarda con fiducia l'arrivo di Garibaldi credendo nell'unificazione d'Italia. Nel 1865 si trasferisce a Firenze che non ho capito lei di Torio dove frequenta salotti e scrive i "romanzi mondani". Nel 1872 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con gli ambienti della scapigliatura, le idee naturalistiche e il simbolismo.per poter guadagnare del denaro continua scrivere i romanzi mondani. Nel 1874 Con la pubblicazione della novella "Nedda", Verga matura la conversione a una nuova poetica letteraria: l'adesione al verismo, che segna il passaggio dal romanzo mondano, caratterizzato da contenuti romantici. L'opera Nedda ha come protagonista una povera raccoglitrice di olive, in cui viene tratto un tema rivoluzionario: Verga inizia a trattare della vita dei contadini umili e poveri, descrive la vita di personaggi costretti alla miseria fin da quando sono nati. Un giorno la protagonista incontra un giovane con cui nacque un figlio, il giovane vorrebbe sposarla ma prima di poterlo fare muore, così la giovane resta sola in condizioni di sfruttamento, successivamente muore anche la figlia. La novella può essere considerata nuova per contenuto, ma anche a livello formale, infatti, Verga adotta un canone di oggettività e impersonalità. è inoltre presente l'eclissi del narratore con la quale i personaggi vengono conosciuti solo grazie alle loro azioni e non grazie alla loro descrizione psicologica data dal narratore. Dopo il primo racconto verista "rosso malpelo" 1878 escono la raccolta di novelle "vita dei campi" 1880 e il romanzo "i malavoglia”, primo capitolo di un "ciclo dei vinti" *. Nel 1883 pubblica la raccolta delle “novelle rusticane" e il romanzo "mastro Don Gesualdo" Nel 1893 Verga torna in Sicilia dove assiste ai cambiamenti in Italia e afferma le sue posizioni politiche sempre più conservatrici. Nel 1912 aderisce al partito nazionalista facendo l'intervento italiano nella grande guerra, muore nel 1922 a Catania quando Mussolini salì al potere. "Fantasticheria" è un'anticipazione dei malavoglia, la novella Verghiana può essere definita un bozzetto dove vengono delineati i personaggi, gli ambienti e le azioni che poi verranno riprese e sviluppate nei romanzi.in "novella dei campi" inizia con un'anticipazione dei malavoglia chiamata “fantasticheria" (anche Pirandello utilizzerà questa anticipazione dei romanzi). Durante il suo soggiorno a Milano, Verga scrisse i romanzi mondani, ambientati in un mondo borghese (un racconto quasi autobiografico siccome i posti erano realmente frequentati da Verga), raccontano di passioni d'amore travolgenti e tragiche, per esempio mori che portano al suicidio. I personaggi sono donne aristocratiche, ballerine, giovani in cerca di successo. TESTO N°3 "un "manifesto" del verismo Verghiano" pag141 ROSSO MALPELO La novella fu pubblicata nel 1878 nella raccolta vita dei campi (Che comprende tutto nove novelle). È considerato il primo testo verista verghiniana e viene pubblicata nel domenicale del quotidiano Fanfulla, due anni dopo verrà aggiunta alla raccolta. La novella vede come protagonista rosso mal pelo è un ragazzino con i capelli rossi che vive con il padre la madre la sorella.la gente lo evita e rosso mal pelo viene quasi considerato la vergogna della famiglia. Il padre è l'unico che lavora in miniera con il figlio. La novella tratta dei personaggi che sono i vinti dalla vita, Che a volte lottano per cambiare la propria vita, ma che alla fine non possono cambiare il loro destino; rosso mal pelo ne è la riuscita: resterà ciò che era suo padre, è la rappresentazione una ciclicità che rappresenta il pessimismo assoluto nei confronti della vita. Rosso malpelo viene considerato un ragazzo malizioso e cattivo a causa dei suoi capelli rossi (pregiudizio del sud Italia). Un giorno viene proposto un lavoro nella cava in cambio di qualche soldo in più, il papà di Rosso mal pelo accetta, è un lavoro pericoloso ma quei soldi sarebbero serviti per la festa della figlia che doveva sposarsi a breve. Ritrovatosi da solo all'interno della caverna viene sepolto nella miniera e quando l'ingegnere viene messo a conoscenza di quanto accaduto, Si rivelò infastidito per l'interruzione avvenuta mentre lui era in teatro. Il papà muore e il suo corpo non viene ritrovato, Rosso Malpelo ne rimane distrutto.i padroni della cava accettano di tenere Rosso Malpelo A lavorare quasi come se fosse un risarcimento, così il bimbo diventa ciò che era il padre: la ciclicità della vita. La gente si prendeva in giro di lui, e a causa anche della morte del padre ma il pelo si incattivì.a casa la madre la sorella lo picchiavano perché pensavano si tenesse dei soldi, Malpelo è considerato come la disgrazia della famiglia. Successivamente alla cava verranno ritrovati i vestiti del padre che poi lui decise di indossare quasi come se fosse una coccola da parte del padre.un giorno arriva un altro ragazzino in cava: ranocchio, che si affeziona e cercherà di prendersi cura di lui provando a evitargli qualunque fatica essendo che ranocchio è un corpicino più esile di lui. Per insegnargli a difendersi contro le persone lo picchia così che lui si alleni quasi per poi farlo con le persone che odieranno veramente. Vuole insegnargli a difendersi dalla vita. Essendo che ranocchio è fisicamente più fragile inizia a star male fino a che Un giorno non inizia a sputare sangue e non tornò più al lavoro. Malpelo va a trovarlo a casa sua in un sabato, arrivato rimane scioccato dal fatto che la madre si stia preoccupando del figlio, si chiede come mai, in fondo Ranocchio non le stava nemmeno portando a casa dei soldi. Muore anche ranocchio e malpelo resta solo. Viene riproposta alla cava l'occasione di avere dei soldi in più. Malpelo accetta ma si perde nella cava senza mai venir essere ritrovato, proprio come il padre. Ciclo dei vinti. Morì nella cava proprio come il padre (di cui il corpo poi venne ritrovato) e il suo spirito ora vaga li. Il mondo la vita di Malpelo e in bianco e nero, gli unici colori sono il rosso del sangue del dolore e i suoi sogni che rappresentano paesaggi verdi e un cielo azzurro, Un paesaggio della vita di un pastore, proprio ciò che Malpelo sogna di fare. La novella affronta il tema dello sfruttamento minorile e dei soprusi, denuncia come ci siano ancora situazioni di sfruttamento anche dopo l'unificazione italiana. Dal punto di vista stilistico la novella è già matura. Il narratore è regredito popolare che accetta l'opinione della gente e descrive attraverso un linguaggio Composto da termini dettagliati è una sintassi semplice. Malpelo rappresenta il vinto della vita che vorrebbe insegnare a ranocchio come sopravvivere ma muore comunque. TESTO N°4 "Rosso Malpelo" pag145 TESTO N°5 "FANTASTICHERIA" * Completata definitivamente nel 1878 circa, "Fantasticheria" è una novella di Giovanni Verga, fondamentale nella sua opera, non solo per avvicinamento stilistico al Verismo, ma anche per la forte dichiarazione poetica, che prende per la prima volta in esame il mondo dei "vinti" e i suoi principi. Essa racconta di una nobile donna, da quanto si evince amica del narratore, che giunge ad Aci Trezza, una frazione di un piccolo paese della Sicilia, ed essendosene innamorata, decide di trattenersi per addirittura un mese. In realtà ben presto, affievolitisi lo stupore e l'ammirazione per la bellezza del paesaggio, la donna termina le attività da poter svolgere e si scopre stanca di quel luogo che tanto aveva amato. Decide perciò di tornare a casa propria e, una volta pronta per la partenza, si chiede come possa la gente del luogo trascorrervi una vita intera. A questo punto il narratore, utilizzando una serie di flashback e intrecci temporali, inizia a raccontare le storie del popolo di Aci Trezza, costituito prevalentemente da pescatori. Costoro conducevano una vita grama, fatta di stenti, miseria e molte sventure. Nonostante tutto il loro desiderio più grande era proprio quello di morire laddove erano nati. Questo loro principio di vita è definito "'ideale dell'ostrica", poiché i Trezzani, così si chiamano gli abitanti di Aci Trezza, proprio come le ostriche, non volevano staccarsi dal proprio scoglio per nessuna ragione. Quando tuttavia decidevano di farlo, allora venivano inghiottiti dal mare della vita, che se li portava via. * CICLO DEI VINTI nell'opera "ciclo dei vinti" il narratore è popolare regredito, non giudica, si limita a narrare la vicenda. I personaggi di queste vicende hanno una visione religiosa della vita, ma è una religiosità che viene trattata diversamente da quella di Manzoni, infatti la religione nelle opere di Verga non è un Dio consolatore. Verga crede nella ciclicità della vita dove chi cerca di cambiare il proprio destino avrà come conseguenza solo la distruzione e il peggioramento della stessa; come ad esempio successe a : Mastro Mishu, il padre di Rosso Malpelo, che pur cercando di aiutare la famiglia economicamente accettando l'offerta di lavoro, muore nella caverna. Per Verga la Sicilia è il luogo ideale per descrivere l'unico mondo che gli appare vero, quell'universo di umili che combattono per l'esistenza, a modo loro eroi caratterizzati da una decisa caparbietà e da una rassegnazione coraggiosa ad una vita di stenti, come si legge nella novella fantasticheria. Il destino dei personaggi Verghiani non può essere mutato (ideale dell'ostrica), come ad esempio Rosso Malpelo, Che va incontro alla morte quasi come una liberazione, è consapevole di non avere scampo ma sa adattarsi a questo futuro già scritto senza scendere a compromessi.Verga non concede alle vittime una vaga consolazione che la sventura partita sia manzonianamente provvida, perché la possibilità di riscatto o di liberazione non esistono. Il "ciclo dei vinti" inizialmente avrebbe dovuto comprendere 5 romanzi, ognuno avrebbe dovuto descrivere una classe sociale precisa, partendo da quella più bassa: 1. 1881 - Malavoglia; ambientazione popolare dove avvengono lotte per i soddisfacimento dei bisogni materiali. 2. 1889 - Mastro-don Gesualdo; realtà di provincia, dove viene descritta l'ascesa sociale di un popolano. Gli altri 3 romanzi sarebbero dovuti essere: 3. 4. 5. La duchessa di Leyra; contesto nobiliare, vanità dell'aristocrazia. - L'onorevole Scipioni; luoghi della politica romana, successo nella carriera parlamentare. L'uomo di lusso; ambiente artistico, velleità di un esteta decadente. I Malavoglia Verga comincia a concepire l'opera nel periodo compreso tra il 1876 e il 1880. il nucleo del futuro capolavoro si individua in una novella di vita dei campi: * fantasticheria, dove troviamo l'ambientazione e alcuni temi e personaggi del romanzo, che esce nel 1881. In questa novella Verga immagina di rispondere a una ricca donna del Nord che si trasferì al sud Italia ad Aci Trezza (il luogo principale dell'opera i malavoglia). Quando la donna arriva lì esclama chi sarebbe rimasta per sempre, successivamente decide di rimanere solo per due giorni, Andandosene non capendo come siamo e possibile viverci. Il romanzo dei malavoglia si basa su questa domanda: "come è possibile vivere ad Aci Trezza" Il narratore afferma che è possibile viverci solo se ci si accontenta di ciò che si ha, apprezzando il mondo e le piccole cose che si hanno. (?) Questo pensiero, tutti i luoghi e i personaggi descritti vengono ripresi nei malavoglia. UNA VICENDA CORALE Il romanzo è definito corale perché non c'è una figura del protagonista, c'è il senso di comunità, di una coralità che rispecchia un'organizzazione sociale semplice ed elementare. il romanzo, composto di 15 capitoli, copre complessivamente un arco cronologico di 12 anni, dal 1863 al 1875, si parla di arco cronologico perché non viene mai specificata una data precisa, si capisce il periodo solo degli avvenimenti e delle festività che vengono descritte nel romanzo. Il romanzo narra le vicende dei componenti della famiglia toscano, detti malavoglia, che vivono ad Aci Trezza, Un villaggio nei pressi di Catania.la famiglia comprende dei pescatori molto laboriosi che possiedono una casa detta "casa del nespolo" e una barca: la provvidenza, che rappresenta la loro ricchezza. Il capofamiglia, il vecchio padrone 'Ntoni, È il patriarca; suo figlio bastian Azzo, sposato con Mariuccia, detta la longa, ha cinque figli: il giovane 'Ntoni, Luca, mena, Alessi, Lia. Dal momento in cui avviene l'allontanamento di alcuni membri della famiglia, questa è colpita da disgrazie. 'Ntoni Viene chiamato all'arruolamento militare nel 1863. per cercare di incrementare i guadagni, i malavoglia decidono di comprare un carico di lupini da Zio Crocifisso, per dare inizio a un nuovo commercio. Durante il trasporto una tempesta fa naufragare la provvidenza: Bastianazzo muore e lupini vengono persi. Successivamente anche Maruzzo muore di colera. 'Ntoni, tornato dalla leva militare è tormentato dal desiderio di fare fortuna altrove. Si però il contrabbando esco strahi in carcere cinque anni per aver tentato di uccidere il doganiere, di cui la sorella Lea ne era l'amante, successivamente scappa dal paese diventa una prostituta. Il risultato di questi eventi è che la famiglia è costretta a vendere la casa e trasferirsi. Successivamente muore Luca nella battaglia di Lisa contro l'Austria nel 1866 (terza guerra di indipendenza). Il nonno muore in ospedale, solo e disperato, lontano da casa. L'obiettivo dei restanti nel paese e di recuperare la casa del nespolo riunendo e salvando la famiglia, seppure in parte dispersa.Alessi riesce a riscattare la casa del nespolo, e 'Ntoni uscito di prigione torna a casa, viene accolto dai familiari che gli offrono di rimanere, ma da solo capisce che tutti torneranno a parlare della loro sfortuna, e lascia la casa consapevole che sarebbe stato meglio restare sin da subito. VALORE DEI PERSONAGGI Il nonno è il vecchio di casa, saggio di equilibrato: la sua filosofia consiste nell'accontentarsi di ciò che si possiede, restando fedeli alle proprie radici consapevoli che ogni tentativo di cambiamento e distruzione. Questo suo ideale rimanda all'ideale dell'ostrica: l'attaccamento alla propria terra, la citazione del destino; proprio come l'ostrica se staccata dalle sue radici muore, alla stessa maniera i personaggi staccati dalle proprie radici del destino saranno soggetti alla distruzione. Al contrario il giovane 'Ntoni, rappresenta il desiderio di sottrarsi alle miserie condizioni di vita delle famiglie, infatti durante il servizio militare conobbe la realtà urbana non riuscendo più a sopportare le regole e i valori a cui da sempre si conforma l'esistenza della piccola comunità. Questo suo voler cambiare lo porterà però, come la sorella Lia, a perdersi.al contrario, Alessi, che continuerà il lavoro del nonno simboleggia la possibilità di preservare, attraverso un impegno sofferto, i valori fondamentali della vita. SPAZI DEL ROMANZO Viene dato per scontato il villaggio perché è già stato presentato in “fantasticheria“ ma gli altri luoghi più importanti sono: la farmacia dove si incontrano gli intellettuali per discutere di politica e dei cambiamenti che sta affrontando l'Italia Il sagrato della chiesa: un altro luogo dove gli uomini si incontrano per discutere L'osteria: dove si trovano gli sfaccendati e i marinai quando il mare è in tempesta La bottega del barbiere: un luogo dove le persone passano il tempo a chiacchierare Le viuzze, il lavatoio, le strade. Avi Trezza: si trova delimitata da un mare che rappresenta la fonte di vita dei sostentamento e del lavoro (pescatori) ma rappresenta anche la fonte di morte (bastianazzo) e non di lavoro. Il villaggio è inoltre delimitato da una vastissima pianura arida: la Shoara, Che rappresenta un valore negativo siccome separa il villaggio dal mondo esterno. Inoltre chi attraversa questa pianura abbandona il villaggio e di conseguenza peggiora la propria vita (come successe ad 'Ntoni Lea e il nonno che muore in ospedale, dove inoltre viene parlata una lingua diversa). LE TECNICHE NARRATIVE L'autore rimane fedele al principio dell'impersonalità e dell'oggettività, affidando la narrazione è una voce popolare interna al villaggio e rigenerando a livello della comunità: narratore regredito popolare. La lingua è una fusione tra il dialetto siciliano, i termini popolari, e la lingua italiana. Vengono utilizzati frequenti dialogo e il discorso indiretto libero, Che costituisce la principale novità della scrittura verghiana è uno strumento adatto per raccontare gli avvenimenti come si riflettono nei cervelli e nei cuori dei suoi personaggi. I dialoghi infatti sono in terza persona senza :"". TESTO N°6 "il naufragio della provvidenza" pag. 187 TESTO N°7 "l'abbandono di 'Ntoni" pag.192 TESTO N°8 "il commiato definitivo di 'Ntoni" pag. 199 NOVELLE RUSTICANE Scritte fra il 1881 e il 1883, le 12 novelle rusticane svolgono nei sucessivi Mastro don-gesualdo quella stessa funzione di preludio e anticipazione di temi e prospettive che Vita dei campi ha assunto per i malavoglia. I luoghi restano sempre quelli del mondo contadino siciliano, la novella del Verga si presenta come un racconto "corale", che non ha come protagonisti singoli individui, ma gruppi. Da una parte il "popolo", che, durante la rivolta viene caratterizzato attraverso similitudini e metafore tratte dal mondo della natura, dall'altra i "galantuomini": quelli del paese (nobili, preti, farmacisti, notai, ecc.) e quelli di città (giudici, giurati) e i loro aiutanti (campieri, sbirri, guardaboschi). Il tema principale è quello delle leggi economiche, la difesa dei beni delle ricchezze, ovvero la roba, che viene considerata come l'unica ragione di vita che logora i personaggi a un'aggressività instintiva. TESTO N°9 "LIBERTÀ" Pubblicata nel 1882 la novella riprende, senza farvi riferimento esplicitamente, i tragici fatti di Bronte del 1860, quando i contadini di Bronte, un piccolo paese sulle falde dell'Etna, esasperati per la mancata distribuzione delle terre demaniali promessa da Garibaldi, insorsero contro la parte più reazionaria dei borghesi locali (i cosiddetti "cappelli") uccidendone una quindicina.ll generale Nino Bixio, inviato da Garibaldi per placare la sommossa, pur trovandola già sedata, fece arrestare centocinquanta persone e, istituito un tribunale militare, ne fece immediatamente processare cinque, in qualità di principali responsabili degli accadimenti. La condanna per fucilazione fu eseguita il giorno dopo. Il termine di libertà visto da un punto di vista filosofico, può essere di due tipi: 1. Libertà di essere (pensare, esprimere) 2. Liberta di ideale (legata al romanticismo e idea di libertà per l'unificazione Italia) La libertà di ideale era una cosa astratta che non toccò il sud Italia che cercano la libertà dai latifondisti. Verga esprime con termini estremi una folla violenta, sanguinosa, inferocita, tanto da far provar pena al lettore per i ceti maggiori che subiscono la furia della folla. Utilizza lo stile narrativo del narratore regredito popolare, senza perciò esprimere giudizi. La novella può essere divisa in tre parti: 1. R.0-80 descrive il giorno della rivolta: un sabato. Vengono descritte le azioni violente della folla. 2. R.80-100 il giorno dopo la rivolta: una domenica strana. Quando gli uomini fanno i conti con la coscienza, dove si ritrovano a non poter partecipare alla messa perché hanno ucciso il prete. In questo momento inoltre è presente l'arrivo di Nino Bixio. 3. R.117-... l'arrivo dei giudici, causa per cui diversa gente viene condannata. Mastro-don Gesualdo Nella novella rusticana “la roba” vengono indicati i luoghi e i personaggi come introduzione all'opera Mastro-don Gesualdo. Con il termine roba si intende tutto ciò che Mastro-don Gesualdo aveva accumulato lungo la sua vita (terre, ricchezza ecc), e che però non avrà la possibilità di portarsi dietro una volta morto. Il romanzo vede come protagonista Mastro-don Gesualdo, un manovale siciliano, che grazie alla sua ambizione, diventa un proprietario terriero, meritandosi anche del titolo di don, riservato ai notai. Arricchendosi però è comunque circondato dalla malignità e dall'invidia dei rivali e dei parenti, soprattutto quando decide di sposare Bianca Trao (che viene da una famiglia di nobiltà decaduta in bisogno di un riscatto, e quindi ricchezze), pur di suggellare la propria ascesa sociale. Questo matrimonio suggella la fine per Gesualdo: la moglie non lo ama considerandolo un estraneo, mentre la figlia Isabella (probabilmente figlia di Bianca e il suo ex) non gli voleva bene, anzi si vergognavano di lui. La moglie non l’ha mai amato, mentre la figlia si vergogna di lui per via della sua pelle scura e delle sue mani grosse, perché non rispecchiava il perfetto nobile. Mastro-don Gesualdo però ama la figlia, e vuole crescerla come una nobile, dandole ciò che lui non aveva potuto avere. Quando Bianca Trao muore, la figlia è obbligata a sposare un vecchio e cinico nobile, il duca di Leyra, pur amando il cugino Corrado. Solo e disprezzato da tutti, Mastro- don Gesualdo si ammala di un tumore ed è costretto a lasciare il suo paese, viene portato nel palazzo dove vivono la figlia e il genero, anche qui la figlia si prende raramente cura di lui, mentre anche i servi lo disprezzano e lo considerano uno come loro, non un nobile. Muore lontano dalla sua roba. L'unica persona che lo avesse mai amato era una serva, che però Mastro-don Gesualdo non riconobbe per via del suo titolo Mastro-don Gesualdo rappresenta l'uomo fattosi da se all'interno di una società capitalista vive e crede per il video della roba, che accumula e con cui ha un legame profondo. Mastro-don Gesualdo anche se presenta una scalata sociale, è comunque considerato un vinto delle vita, perché al contrario dei malavoglia, non ha nemmeno la ricchezza della famiglia, e cercando di migliorare la sua posizione, la peggiora. Mastro-don Gesualdo presenta: un pessimismo ancora più profondo di quello dei malavoglia, un canone di impersonalità meno forte, una persistente solitudine e un narratore regredito popolare. MASTRO-DON GESUALDO È molto forte il mito della roba, che rappresenta tutto per Mastro-don Gesualdo Non è presente alcun valore famigliare. La morte di Mastro-don Gesualdo rappresenta la morte di tutto TESTO N°10 "La morte di Gesualdo" pag.169. I MALAVOGLIA La roba è solo uno strumento per migliorare la vita È presente il mito della famiglia Anche dopo la morte di alcuni famigliari, rimane comunque l'impegno dei malavoglia di riprendersi la casa del nespolo, la provvidenza, e la loro figura come famiglia all'interno del paese. UN MANIFESTO DEL NATURALISMO (fratelli de Goncourt) [goncu] T. n°1 La Prefazione, datata ottobre 1864, è uno dei primi e più significativi "manifesti "del Naturalismo francese. Il romanzo, uscito nel 1865, è la storia di una serva, malata di isteria, che si degrada progressivamente, fino alla morte, per una passione amorosa. Fu ispirato ad un caso vero, quello di una domestica dei due fratelli. Nel ricostruire la vicenda, essi si fondano su una rigorosa documentazione: si tratta dunque di un "documento umano", una formula che avrà poi molta fortuna nel Naturalismo. Dobbiamo chiedere scusa al pubblico per questo libro che gli offriamo e avvertirlo di quanto vi troverà. Il pubblico ama i romanzi falsi: questo è un romanzo vero. Ama i romanzi che dànno l'illusione di essere introdotti nel gran mondo: questo libro viene dalla strada. Ama le operette maliziose, le memorie di fanciulle, le confessioni d'alcova, le sudicerie erotiche, lo scandalo racchiuso in un'illustrazione nelle vetrine di librai: il libro che sta per leggere è severo e puro. Che il pubblico non si aspetti la fotografia licenziosa del Piacere: lo studio che segue è la clinica dell'Amore. Il pubblico apprezza ancora le letture anodine e consolanti, le avventure che finiscono bene, le fantasie che non sconvolgono la sua digestione né la sua serenità: questo libro, con la sua triste e violenta novità, è fatto per contrariare le abitudini del pubblico, per nuocere alla sua igiene. Perché mai dunque l'abbiamo scritto? Proprio solo per offendere il lettore e scandalizzare i suoi gusti? No. Vivendo nel diciannovesimo secolo, in un'epoca di suffragio universale, di democrazia, di liberalismo, ci siamo chiesti se le cosiddette « classi inferiori » non abbiano diritto al Romanzo; se questo mondo sotto un mondo, il popolo, debba restare sotto il peso del « vietato » letterario e del disdegno degli autori che sino ad ora non hanno mai parlato dell'anima e del cuore che il popolo può avere. Ci siamo chiesti se possano ancora esistere, per lo scrittore e per il lettore, in questi anni d'uguaglianza che viviamo, classi indegne, infelicità troppo terrene, drammi troppo mal recitati, catastrofi d'un terrore troppo poco nobile. Ci ha presi la curiosità di sapere se questa forma convenzionale di una letteratura dimenticata e di una società scomparsa, la Tragedia, sia definitivamente morta; se, in un paese senza caste e senza aristocrazia legale, le miserie degli umili e dei poveri possano parlare all'interesse, all'emozione, alla pietà, tanto quanto le miserie dei grandi e dei ricchi; se, in una parola, le lacrime che si piangono in basso possano far piangere come quelle che si piangono in alto. Queste meditazioni ci hanno indotto a tentare l'umile romanzo di Suor Filomena, nel 1861; e adesso ci inducono a pubblicare Le due vite di Germinia Lacerteux [lasertù]. Ed ora, questo libro venga pure calunniato: poco c’importa. Oggi che il Romanzo si allarga e ingrandisce, e comincia ad essere la grande forma seria, appassionata, viva, dello studio letterario e della ricerca sociale, oggi che esso diventa, attraverso l'analisi e la ricerca psicologica, la Storia morale contemporanea, oggi che il Romanzo s'è imposto gli studi e i compiti della scienza, può rivendicarne la libertà e l'indipendenza. Ricerchi dunque l'Arte e la Verità; mostri miserie tali da imprimersi nella memoria dei benestanti di Parigi; faccia vedere alla gente della buona società quello che le dame di carità hanno il coraggio di vedere, quello che una volta le regine facevano sfiorare appena con gli occhi, negli ospizi, ai loro figli: la sofferenza umana, presente e viva, che insegna la carità; il Romanzo abbia quella religione, che il secolo scorso chiamava con il nome largo e vasto di Umanità; basterà questa coscienza: ecco il suo diritto. FANTASTICHERIA T n°5 Una volta, mentre il treno passava vicino ad Aci-Trezza, voi, affacciandovi allo sportello del vagone, esclamaste: «Vorrei starci un mese laggiù!>> Noi vi ritornammo, e vi passammo non un mese, ma quarantott'ore; i terrazzani che spalancavano gli occhi vedendo i vostri grossi bauli avranno creduto che ci sareste rimasta un par d'anni. La mattina del terzo giorno, stanca di vedere eternamente del verde e dell'azzurro, e di contare i carri che passavano per via, eravate alla stazione, e gingillandovi impaziente colla catenella della vostra boccettina da odore, allungavate il collo per scorgere un convoglio che non spuntava mai. In quelle quarantott'ore facemmo tutto ciò che si può fare ad Aci- Trezza: passeggiammo nella polvere della strada, e ci arrampicammo sugli scogli; col pretesto di imparare a remare vi faceste sotto il guanto delle bollicine che rubavano i baci; passammo sul mare una notte romanticissima, gettando le reti tanto per far qualche cosa che a' barcaiuoli potesse parer meritevole di buscarsi dei reumatismi, e l'alba ci sorprese in cima al fariglione, un'alba modesta e pallida, che ho ancora dinanzi agli occhi, striata di larghi riflessi violetti, sul mare di un verde cupo, raccolta come una carezza su quel gruppetto di casucce che dormivano quasi raggomitolate sulla riva, e in cima allo scoglio, sul cielo trasparente e limpido, si stampava netta la vostra figurina, colle linee sapienti che vi metteva la vostra sarta, e il profilo fine ed elegante che ci mettevate voi. Avevate un vestitino grigio che sembrava fatto apposta per intonare coi colori dell'alba. Un bel quadretto davvero! e si indovinava che lo sapeste anche voi, dal modo in cui vi modellavate nel vostro scialletto, e sorridevate coi grandi occhioni sbarrati e stanchi a quello strano spettacolo, e a quell'altra stranezza di trovarvici anche voi presente. Che cosa avveniva nella vostra testolina mentre contemplavate il sole nascente? Gli domandavate forse in qual altro emisfero vi avrebbe ritrovata fra un mese? Diceste soltanto ingenuamente: «Non capisco come si possa vivere qui tutta la vita.>> Eppure, vedete, la cosa è più facile che non sembri: basta non possedere centomila lire di entrata, prima di tutto; e in compenso patire un po' di tutti gli stenti fra quegli scogli giganteschi, incastonati nell'azzurro, che vi facevano batter le mani per ammirazione. Così poco basta, perchè quei poveri diavoli che ci aspettavano sonnecchiando nella barca, trovino fra quelle loro casipole sgangherate e pittoresche, che viste da lontano vi sembravano avessero il mal di mare anch'esse, tutto ciò che vi affannate a cercare a Parigi, a Nizza ed a Napoli. È una cosa singolare; ma forse non è male che sia così per voi, e per tutti gli altri come voi. Quel mucchio di casipole è abitato da pescatori, «gente di mare», dicon essi, come altri direbbe «gente di toga», i quali hanno la pelle più dura del pane che mangiano, quando ne mangiano, giacchè il mare non è sempre gentile, come allora che baciava i vostri guanti.... Nelle sue giornate nere, in cui brontola e sbuffa, bisogna contentarsi di stare a guardarlo dalla riva, colle mani in mano, o sdraiati bocconi, il che è meglio per chi non ha desinato. In quei giorni c'è folla sull'uscio dell'osteria, ma suonano pochi soldoni sulla latta del banco, e i monelli che pullulano nel paese, come se la miseria fosse un buon ingrasso, strillano e si graffiano quasi abbiano il diavolo in corpo. Di tanto in tanto il tifo, il colèra, la malannata, la burrasca, vengono a dare una buona spazzata in quel brulicame, che davvero si crederebbe non dovesse desiderar di meglio che esser spazzato, e scomparire; eppure ripullula sempre nello stesso luogo; non so dirvi come, nè perchè. Vi siete mai trovata, dopo una pioggia di autunno, a sbaragliare un esercito di formiche, tracciando sbadatamente il nome del vostro ultimo ballerino sulla sabbia del viale? Qualcuna di quelle povere bestioline sarà rimasta attaccata alla ghiera del vostro ombrellino, torcendosi di spasimo; ma tutte le altre, dopo cinque minuti di pànico e di viavai, saranno tornate ad aggrapparsi disperatamente al loro monticello bruno. Voi non ci tornereste davvero, e nemmen io; ma per poter comprendere siffatta caparbietà, che è per certi aspetti eroica, bisogna farci piccini anche noi, chiudere tutto l'orizzonte fra due zolle, e guardare col microscopio le piccole cause che fanno battere i piccoli cuori. Volete metterci un occhio anche voi, a cotesta lente, voi che guardate la vita dall'altro lato del cannocchiale? Lo spettacolo vi parrà strano, e perciò forse vi divertirà. Noi siamo stati amicissimi, ve ne rammentate? e mi avete chiesto di dedicarvi qualche pagina. Perchè? à quoi bon? come dite voi. Che cosa potrà valere quel che scrivo per chi vi conosce? e per chi non vi conosce che cosa siete voi? Tant'è, mi son rammentato del vostro capriccio un giorno che ho rivisto quella povera donna cui solevate far l'elemosina col pretesto di comperar le sue arance messe in fila sul panchettino dinanzi all'uscio. Ora il panchettino non c'è più; hanno tagliato il nespolo del cortile, e la casa ha una finestra nuova. La donna sola non aveva mutato, stava un po' più in là a stender la mano ai carrettieri, accoccolata sul mucchietto di sassi che barricano il vecchio posto della guardia nazionale; ed io girellando, col sigaro in bocca, ho pensato che anche lei, così povera com'è, vi aveva vista passare, bianca e superba. Non andate in collera se mi son rammentato di voi in tal modo a questo proposito. Oltre i lieti ricordi che mi avete lasciati, ne ho cento altri, vaghi, confusi, disparati, raccolti qua e là, non so più dove; forse alcuni son ricordi di sogni fatti ad occhi aperti; e nel guazzabuglio che facevano nella mia mente, mentre io passava per quella viuzza dove son passate tante cose liete e dolorose, la mantellina di quella donnicciola freddolosa, accoccolata, poneva un non so che di triste e mi faceva pensare a voi, sazia di tutto, perfino dell'adulazione che getta ai vostri piedi il giornale di moda, citandovi spesso in capo alla cronaca elegante sazia così da inventare il capriccio di vedere il vostro nome sulle pagine di un libro. Quando scriverò il libro, forse non ci penserete più; intanto i ricordi che vi mando, così lontani da voi in ogni senso, da voi inebbriata di feste e di fiori, vi faranno l'effetto di una brezza deliziosa, in mezzo alle veglie ardenti del vostro eterno carnevale. Il giorno in cui ritornerete laggiù, se pur vi ritornerete, e siederemo accanto un'altra volta, a spinger sassi col piede, e fantasie col pensiero, parleremo forse di quelle altre ebbrezze che ha la vita altrove. Potete anche immaginare che il mio o per pensiero siasi raccolto in quel cantuccio ignorato del mondo, perchè il vostro piede vi si è posato, distogliere i miei occhi dal luccichio che vi segue dappertutto, sia di gemme o di febbri oppure perchè vi ho cercata inutilmente per tutti i luoghi che la moda fa lieti. Vedete quindi che siete sempre al primo posto, qui come al teatro. Vi ricordate anche di quel vecchietto che stava al timone della nostra barca? Voi gli dovete questo tributo di riconoscenza, perchè egli vi ha impedito dieci volte di bagnarvi le vostre belle calze azzurre. Ora è morto laggiù all'ospedale della città, il povero diavolo, in una gran corsìa tutta bianca, fra dei lenzuoli bianchi, masticando del pane bianco, servito dalle bianche mani delle suore di carità, le quali non avevano altro difetto che di non saper capire i meschini guai che il poveretto biascicava nel suo dialetto semibarbaro. Ma se avesse potuto desiderare qualche cosa, egli avrebbe voluto morire in quel cantuccio nero vicino al focolare, dove tanti anni era stata la sua cuccia <<sotto le sue tegole», tanto che quando lo portarono via piangeva guaiolando, come fanno i vecchi. Egli era vissuto sempre fra quei quattro sassi, e di faccia a quel mare bello e traditore col quale dovè lottare ogni giorno per trarre da esso tanto da campare la vita e non lasciargli le ossa; eppure in quei momenti in cui si godeva cheto cheto la sua «occhiata di sole» accoccolato sulla pedagna della barca, coi ginocchi fra le braccia, non avrebbe voltato la testa per vedervi, ed avreste cercato invano in quelli occhi attoniti il riflesso più superbo della vostra bellezza; come quando tante fronti altere s'inchinano a farvi ala nei saloni splendenti, e vi specchiate negli occhi invidiosi delle vostre migliori amiche. La vita è ricca, come vedete, nella sua inesauribile varietà; e voi potete godervi senza scrupoli quella parte di ricchezza che è toccata a voi, a modo vostro. Quella ragazza, per esempio, che faceva capolino dietro i vasi di basilico, quando il fruscio della vostra veste metteva in rivoluzione la viuzza, se vedeva un altro viso notissimo alla finestra di faccia, sorrideva come se fosse stata vestita di seta anch'essa. Chi sa quali povere gioie sognava su quel davanzale, dietro quel basilico odoroso, cogli occhi intenti in quell'altra casa coronata di tralci di vite? E il riso dei suoi occhi non sarebbe andato a finire in lagrime amare, là, nella città grande, lontana dai sassi che l'avevano vista nascere e la conoscevano, se il suo nonno non fosse morto all'ospedale, e suo padre non si fosse annegato, e tutta la sua famiglia non fosse stata dispersa da un colpo di vento che vi aveva soffiato sopra un colpo di vento funesto, che avea trasportato uno dei suoi fratelli fin nelle carceri di Pantelleria: <<Gaetano!»> come dicono laggiù. Miglior sorte toccò a quelli che morirono; a Lissa l'uno, il più grande, quello che vi sembrava un David di rame, ritto colla sua fiocina in pugno, e illuminato bruscamente dalla fiamma dell'ellera. Grande e grosso com'era, si faceva di brace anch'esso quando gli fissaste in volto i vostri occhi arditi; nondimeno è morto da buon marinaio, sulla verga di trinchetto, fermo al sartiame, levando in alto il berretto, e salutando un'ultima volta la bandiera col suo maschio e selvaggio grido d'isolano. L'altro, quell'uomo che sull'isolotto non osava toccarvi il piede per liberarlo dal lacciuolo teso ai conigli nel quale v'eravate impigliata da stordita che siete, si perdè in una fosca notte d'inverno, solo, fra i cavalloni scatenati, quando fra la barca e il lido, dove stavano ad aspettarlo i suoi, andando di qua e di là come pazzi, c'erano sessanta miglia di tenebre e di tempesta. Voi non avreste potuto immaginare di qual disperato e tetro coraggio fosse capace per lottare contro tal morte quell'uomo che lasciavasi intimidire dal capolavoro del vostro calzolaio. Meglio per loro che son morti, e non «mangiano il pane del re,»> come quel poveretto che è rimasto a Pantelleria, o quell'altro pane che mangia la sorella, e non vanno attorno come la donna delle arancie, a viver della grazia di Dio; una grazia assai magra ad Aci-Trezza. Quelli almeno non hanno più bisogno di nulla! Lo disse anche il ragazzo dell'ostessa, l'ultima volta che andò all'ospedale per chieder del vecchio e portargli di nascosto di quelle chiocciole stufate che son così buone a succiare per chi non ha più denti, e trovò il letto vuoto, colle coperte belle e distese, e sgattaiolando nella corte andò a piantarsi dinanzi a una porta tutta brandelli di cartacce, sbirciando dal buco della chiave una gran sala vuota, sonora e fredda anche di estate, e l'estremità di una lunga tavola di marmo, su cui era buttato un lenzuolo, greve e rigido. E dicendo che quelli là almeno non avevano più bisogno di nulla, si mise a succiare ad una ad una le chiocciole che non servivano più, per passare il tempo. Voi, stringendovi al petto il manicotto di volpe azzurra, vi rammenterete con piacere che gli avete dato cento lire, al povero vecchio. Ora rimangono quei monellucci che vi scortavano come sciacalli e assediavano le arance; rimangono a ronzare attorno alla mendica, e brancicarle le vesti come se ci avesse sotto del pane, a raccattar torsi di cavolo, bucce d'arancie e mozziconi di sigari, tutte quelle cose che si lasciano cadere per via ma che pure devono avere ancora qualche valore, perchè c'è della povera gente che ci campa su; ci campa anzi così bene, che quei pezzentelli paffuti e affamati cresceranno in mezzo al fango e alla polvere della strada, e si faranno grandi e grossi come il loro babbo e come il loro nonno, e popoleranno Aci-Trezza di altri pezzentelli, i quali tireranno allegramente la vita coi denti più a lungo che potranno, come il vecchio nonno, senza desiderare altro; e se vorranno fare qualche cosa diversamente da lui, sarà di chiudere gli occhi là dove li hanno aperti, in mano del medico del paese che viene tutti i giorni sull'asinello, come Gesù, ad aiutare la buona gente che se ne va. Insomma l'ideale dell'ostrica! direte voi. Proprio l'ideale dell'ostrica! e noi non abbiamo altro motivo di trovarlo ridicolo che quello di non esser nati ostriche anche noi. Per altro il tenace attaccamento di quella povera gente allo scoglio sul quale la fortuna li ha lasciati cadere mentre seminava principi di qua e duchesse di là, questa rassegnazione coraggiosa ad una vita di stenti, questa religione della famiglia, che si riverbera sul mestiere, sulla casa, e sui sassi che la circondano, mi sembrano forse pel quarto d'ora cose serissime e rispettabilissime anch'esse. Parmi che le irrequietudini del pensiero vagabondo s'addormenterebbero dolcemente nella pace serena di quei sentimenti miti, semplici, che si succedono calmi e inalterati di generazione in generazione. Parmi che potrei vedervi passare, al gran trotto dei vostri cavalli, col tintinnio allegro dei loro finimenti e salutarvi tranquillamente. Forse perchè ho troppo cercato di scorgere entro al turbine che vi circonda e vi segue, mi è parso ora di leggere una fatale necessità nelle tenaci affezioni dei deboli, nell'istinto che hanno i piccoli di stringersi fra loro per resistere alle tempeste della vita, e ho cercato di decifrare il dramma modesto e ignoto che deve aver sgominati gli attori plebei che conoscemmo insieme. Un dramma che qualche volta forse vi racconterò, e di cui parmi tutto il nodo debba consistere in ciò: che allorquando uno di quei piccoli, o più debole, o più incauto, o più egoista degli altri, volle staccarsi dai suoi per vaghezza dell'ignoto, o per brama di meglio, o per curiosità di conoscere il mondo; il mondo, da pesce vorace ch'egli è, se lo ingoiò, e i suoi più prossimi con lui. E sotto questo aspetto vedete che il dramma non manca d'interesse. Per le ostriche l'argomento più interessante deve esser quello che tratta delle insidie del gambero, o del coltello del palombaro che le stacca dallo scoglio.