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Pirandello

22/4/2023

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LUIGI PIRANDELLO
(Agrigento, 1867 - Roma, 1936)
LA VITA
Gli anni giovanili Luigi Pirandello nasce nel 1867 ad Agrigento, in una famiglia bor

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LUIGI PIRANDELLO (Agrigento, 1867 - Roma, 1936) LA VITA Gli anni giovanili Luigi Pirandello nasce nel 1867 ad Agrigento, in una famiglia borghese benestante. Dopo il liceo si iscrive alla facoltà di Lettere, studiando prima a Palermo, poi a Roma e infine a Bonn, in Germania, dove si laurea. Comincia a occuparsi di letteratura, scrivendo poesie e una tragedia e collaborando a diverse riviste con articoli e saggi letterari. Dopo il trasferimento a Roma nel 1892, affianca l'attività letteraria a quella di docente di Lingua italiana al Magistero. Nel 1893 scrive il romanzo L'esclusa, l'anno successivo pubblica la sua prima raccolta di novelle, Amori senza amore, mentre la commedia II nibbio risale al 1896 e verrà rielaborata in seguito prendendo il titolo di Se non così. Il dissesto economico del padre Nel 1903 l'allagamento della miniera di zolfo, in cui il padre di Pirandello aveva investito tutto il patrimonio, provoca alla famiglia dello scrittore gravi problemi non solo finanziari: a causa del fallimento del suocero, infatti, la moglie dello scrittore, Maria Antonietta Portulano, comincia a manifestare i primi segni dell'instabilità mentale che determinerà, qualche anno dopo, il suo ricovero in una casa di cura. Sono anche le esigenze economiche a spingere Pirandello a intensificare, tra il 1904 e il 1915, la produzione di romanzi, novelle - pubblicate...

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queste ultime, con buon successo di pubblico, su giornali e riviste e soggetti per film. L'attività teatrale Dal 1910 Pirandello entra in contatto con il mondo del teatro: i suoi primi testi rappresentati sono Lumie di Sicilia e La morsa. Tra il 1915 e il 1920 vengono messi in scena i drammi La ragione degli altri, Pensaci Giacomino!, Liolà, Così è (se vi pare), II berretto a sonagli, Il piacere dell'onestà, Il giuoco delle parti, L'uomo, la bestia e la virtù, che provocano sconcerto tanto nel pubblico quanto nella critica. Nel 1921 la rappresentazione dei Sei personaggi in cerca d'autore, opera che rivoluziona il linguaggio teatrale del tempo, riscuote grande successo a livello internazionale. Grazie alla nuova agiata condizione economica, Pirandello può abbandonare l'impiego di insegnante e comincia a dedicarsi interamente al teatro, legandosi sentimentalmente, a partire dal 1925, alla giovane attrice Marta Abba. Il fascismo e la pubblicazione organica delle opere Nel 1924 Pirandello si iscrive al Partito nazionale fascista, anche se i suoi rapporti con il regime non saranno mai molto sereni. Inizia poi a pubblicare in modo organico le proprie opere: le Novelle per un anno raccolgono la produzione novellistica, mentre i vari volumi delle Maschere nude contengono i testi teatrali. Nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura, a testimonianza della sua fama mondiale. Due anni dopo muore, lasciando incompiuto il dramma I giganti della montagna. LA VISIONE DEL MONDO Il vitalismo e la critica dell'identità individuale Pirandello, influenzato soprattutto dalle idee del filosofo francese Bergson, partecipa, almeno fino a un certo punto, a quella concezione vitalistica che pone a fondamento dell'esistenza una forza vitale, lo «slancio vitale» di Bergson, non riducibile ai fenomeni fisici e chimici, come pretendeva il Positivismo. Egli ritiene inoltre che ciascun individuo si sforzi in ogni modo per dare una «<forma»> coerente e unitaria alla propria personalità e a quella altrui, ma che tale «<forma» sia solo un'illusione, una <<maschera» sotto la quale si nasconde un'identità inafferrabile: per lo scrittore, dunque, noi crediamo di essere «uno» per noi stessi e per gli altri, mentre siamo tanti individui diversi, a seconda delle maschere che ci auto-imponiamo o che ci vengono attribuite dal contesto sociale in cui viviamo. Secondo Pirandello, questa disgregazione dell'io causa la perdita di ogni certezza e mette in crisi l'idea di identità, in una società come quella di inizio Novecento, segnata dall'espansione della grande industria, dall'uso delle macchine e dal formarsi delle metropoli moderne. L'uomo, per questi motivi, diventa una particella isolata e anonima all'interno di meccanismi più grandi di lui. I personaggi pirandelliani provano solitudine e angoscia a causa della presa di coscienza dell'indebolimento della personalità di ciascuno di noi: essi soffrono perché non riescono a riconoscersi nei ruoli in cui la società li costringe. La «trappola»> della vita sociale Questi ruoli vengono vissuti come una «trappola»> in cui l'uomo si dibatte, lottando invano per liberarsene. Pirandello giudica in modo negativo la società borghese e la vita stessa, che ritiene un'«enorme pupazzata», cioè una costruzione che impone convenzioni e schemi rigidi e che imprigiona l'uomo in un ruolo, in una <<forma>>, da cui egli si può liberare solo abbandonandosi all'immaginazione o alla follia. Le due <<trappole»> della società borghese che, secondo lo scrittore, imprigionano l'uomo sono la famiglia, con le tensioni e le menzogne che minano gli affetti, e il lavoro monotono e frustrante. Molti personaggi pirandelliani sono definiti "forestieri della vita", sono visti cioè dall'autore come individui che hanno preso coscienza del carattere ingannevole dei meccanismi sociali e per questo si isolano, limitandosi a guardar vivere gli altri. Il relativismo conoscitivo Secondo Pirandello, poiché ogni individuo ha un suo modo soggettivo di interpretare le cose, la verità non può essere un fatto oggettivo e dunque non può esistere una prospettiva privilegiata da cui osservare la realtà. Inoltre l'autore crede che non sia possibile una vera comunicazione tra gli uomini, perché ognuno fa riferimento alla realtà com'è per lui e non sa, né può sapere, come sia per gli altri: tale incomunicabilità accresce il senso di solitudine degli individui e mette in crisi i rapporti sociali. Con queste teorie Pirandello si colloca pienamente nel clima culturale novecentesco, che è caratterizzato, a differenza di ciò che avveniva nell'epoca del Positivismo, dalla crisi di ogni certezza. LA POETICA L'«<umorismo» e la definizione dell'arte novecentesca Nel 1908 Pirandello pubblica il saggio L'umorismo, fondamentale per capire la sua concezione dell'arte e la sua poetica. In questo testo lo scrittore-critico mostra la differenza tra l'«avvertimento del contrario» (il «comico») e il «sentimento del contrario» (l'«umoristico»). Per spiegare ciò Pirandello ricorre a un esempio: se vedo una vecchia signora coi capelli tinti e truccata, avverto che è il contrario di ciò che una vecchia signora dovrebbe essere. Questo «avvertimento del contrario» è il comico. Ma se interviene la riflessione e suggerisce che quella signora soffre nel conciarsi in quel modo con l'illusione di trattenere l'amore del marito più giovane, non posso più soltanto ridere: dall'«<avvertimento del contrario» passo al «sentimento del contrario», cioè all'atteggiamento umoristico. Quest'ultimo spegne immediatamente il riso attraverso la constatazione della miseria umana che c'è dietro a ogni atto dell'uomo, anche se ridicolo. L'umorismo è quindi costituito dalla mescolanza di tragico e comico, di riso e serietà, dalla visione di una realtà non più ordinata e armonica ma frantumata e al limite dell'assurdo. Tale poetica si riflette in tutta la produzione pirandelliana. È importante notare che questo modo di intendere l'arte è alla base dei migliori risultati artistici, non solo in letteratura, di tutto il Novecento. LE POESIE E LE NOVELLE Le raccolte poetiche Pirandello compone poesie dal 1883 al 1912, ma non aderisce alle correnti poetiche a lui contemporanee (Simbolismo, Futurismo ecc.) e conserva i codici letterari, i moduli espressivi e le forme metriche tradizionali. Tra le sue raccolte poetiche si ricordano Mal giocondo (1889), Pasqua di Gea (1891), Elegie renane (1895), Zampogna (1901) e Fuori di chiave (1912). Le novelle Per tutto l'arco della sua attività letteraria e soprattutto tra la fine dell'Ottocento e i primi quindici anni del Novecento, Pirandello scrive anche novelle che escono, inizialmente, su quotidiani e riviste e che l'autore ripubblica in diverse raccolte, tra cui Amori senza amore (1894), Beffe della morte e della vita (1902 - 1903), Quand'ero matto (1903), Berecche e la guerra (1919). Nel 1922 Pirandello progetta di raccogliere, senza seguire un ordine preciso, tutta la sua produzione novellistica in Novelle per un anno, un'opera in 24 volumi, dei quali solo 15 giungono però alla pubblicazione. All'interno della raccolta si possono individuare due gruppi di testi: » le novelle "siciliane", incentrate sull'ambiente contadino dell'isola, ma scritte con uno stile molto lontano da quello del Verismo; >> quelle "romane", che rappresentano la condizione meschina e frustrata della piccola borghesia, soffocata dal lavoro monotono e meccanico e da condizioni familiari opprimenti che intristiscono gli individui. Nelle novelle Pirandello analizza con lucidità le convenzioni sociali che impongono all'uomo maschere e ruoli fissi, mostrando il suo rifiuto per ogni forma di società organizzata, che spegne la spontaneità e l'immediatezza della vita. L'atteggiamento umoristico nelle novelle Anche nelle novelle Pirandello mette in opera la sua poetica umoristica: deforma i tratti dei personaggi, esaspera i loro gesti, le loro ossessioni, i loro impulsi, crea situazioni paradossali e porta all'estremo del l'inverosimiglianza e dell'assurdo i casi comuni della vita, seguendo la sua poetica incentrata sulla convinzione che la realtà è governata da una bizzarra casualità, nella quale è impossibile trovare un senso. I personaggi pirandelliani non hanno una coerenza interna rigorosa: in ogni individuo si annidano infatti varie personalità, che possono emergere all'improvviso, una volta l'una, una volta l'altra, per i motivi più casuali e futili. Questi meccanismi assurdi potrebbero generare il riso, se non fosse che il «sentimento del contrario» ci fa sentire una grande pietà per la miseria della vita umana. I ROMANZI L'esclusa e Il turno Nel 1893 Pirandello scrive il suo primo romanzo, L'esclusa, che pubblicherà nel 1901 e che narra le vicende di una donna siciliana accusata ingiustamente di adulterio. La protagonista viene cacciata di casa dal marito e, paradossalmente, potrà farvi ritorno solo dopo essere divenuta effettivamente colpevole. L'esclusa ha dei legami con il Verismo sia per la tematica affrontata (l'ambiente provinciale chiuso con cui si scontra una donna intelligente e sensibile) sia per la narrazione in terza persona, ma si distanzia da quel movimento perché la struttura della vicenda (Marta viene scacciata quando è innocente, riaccolta in casa quando diviene colpevole) sottolinea la contraddittorietà e la mancanza di ordine della società, gli aspetti assurdi e paradossali delle azioni umane, governate dal gioco beffardo del caso, anticipando l'impostazione umoristica che si ritroverà negli scritti successivi. Nel 1895 Pirandello riprende il tema del caso nel breve romanzo Il turno, nel quale un innamorato deve aspettare il suo turno per sposare la donna amata. Il fu Mattia Pascal Il terzo romanzo di Pirandello, pubblicato nel 1904, racconta la, storia paradossale di un piccolo-borghese imprigionato nella «trappola» di una famiglia insopportabile e di una misera condizione sociale, che, per caso, si trova improvvisamente libero. Mattia Pascal, divenuto ricco grazie a una vincita al casinò e creduto morto dalla moglie e dalla suocera, che lo riconoscono nel cadavere di un annegato, si sforza di costruirsi una nuova identità priva di maschere, cambiando il suo nome in Adriano Meis, mutando aspetto fisico e abbigliamento e inventandosi una storia passata, una famiglia e un bagaglio di memorie. Nonostante la nuova libertà, Adriano Meis comincia a provare un senso di vuoto e solitudine e si rende conto che la nuova identità è una costruzione fittizia, diversa, ma pure dagli stessi effetti, che lo costringe a mentire di fronte agli altri. L'errore di Mattia consiste dunque nel non essere in grado di vivere la sua libertà e nell'essersi costruito una nuova maschera, per di più falsa, quindi ancora più limitante. Ripresa la sua identità originale, rinunciando a quella libertà che si era rivelata una costrizione opprimente, Mattia Pascal decide di tornare nella vecchia «trappola» della famiglia ma, ripresentatosi a casa, scopre di non poter rientrare nella vecchia <<forma», perché la moglie si è ormai risposata. Rassegnatosi a vivere la condizione sospesa di «<forestiere della vita», Mattia è costretto a osservare gli altri dall'esterno, consapevole di non essere più «nessuno»>. Accanto al riso suscitato da questa situazione bizzarra e paradossale vi è però la sua sofferenza: il «sentimento del contrario» fa in modo che nella vicenda di Mattia Pascal si mescolino tragico e comico, serio e ridicolo. La vicenda è narrata in prima persona dallo stesso protagonista, attraverso la finzione del memoriale: il suo punto di vista soggettivo, parziale e inaffidabile, contribuisce a dare il senso della relatività del reale. I temi più rilevanti del romanzo sono: »> la «trappola» delle istituzioni sociali; » la critica dell'identità individuale, inconsistente a causa delle maschere convenzionali che si sovrappongono agli stati psicologici variabili degli individui; >> l'allontanamento dalla società da parte di chi ha «capito il giuoco»>. I vecchi e i giovani Il quarto romanzo di Pirandello, scritto tra il 1906 e il 1909 e pubblicato per la prima volta in volume nel 1913, è un romanzo storico che ripercorre gli eventi politici e sociali della Sicilia e dell'Italia negli ultimi anni dell'Ottocento, attraverso le vicende della nobile famiglia dei Laurentano, all'interno della quale si scontrano la generazione disillusa dei <<vecchi»> che hanno fatto l'Italia e quella dei «giovani», incerti e privi di ideali. I vecchi e i giovani mette in luce l'illusorietà delle passioni e delle ideologie politiche degli uomini, attraverso un atteggiamento «umoristico» che guarda ai fatti reali contemporaneamente con irrisione e con pietà. Suo marito Come i romanzi precedenti di Pirandello, Suo marito, pubblicato nel 1911, affronta con un impianto umoristico i temi dell'incomprensione e dell'incomunicabilità umana che derivano dal modo soggettivo in cui ciascun personaggio guarda il mondo. Il soggetto è incentrato su una coppia formata da una scrittrice e dal marito, che pensa a commercializzare le sue opere. La visione del mondo e quella della vita dei due è assai diversa: questa diversità, che è quasi un'opposizione, dà vita alle varie vicende narrate. I Quaderni di Serafino Gubbio operatore Nel 1925 Pirandello pubblica i Quaderni di Serafino Gubbio operatore, che, con il titolo i Si gira..., era già stato stampato dieci anni prima. Il romanzo è costituito dal diario del protagonista, un operatore cinematografico estraniato dalla vita, che contempla l'assurdo affannarsi degli uomini per inseguire le loro illusioni. La sua professione, che lo obbliga a stare dietro a una macchina da presa che registra certi aspetti della realtà, diventa la metafora di questo distacco contemplativo. La vicenda del romanzo è incentrata su due filoni narrativi: >> la tempestosa storia d'amore tra l'attrice russa Varia Nestoroff, una "donna fatale", e il giovane attore Aldo Nuti, che si conclude tragicamente con la morte di entrambi di fronte alla macchina da presa di Serafino che continua a girare, ma che, per lo choc, diviene muto; >> il percorso interiore di Serafino il quale, da intellettuale umanista, si ritrova degradato alla condizione di un uomo che gira una manovella, quella della macchina da presa. Inoltre Serafino, che nel corso della vicenda si innamora di Luisetta, scopre come nella società della mercificazione i sentimenti si degradino e diventino nient'altro che <<vita da cinematografo»> inautentica e volgare. La condizione alienata, e dunque negativa, di Serafino si rovescia però in positivo nel momento in cui la cinepresa diventa per lui l'occasione di adottare uno sguardo distaccato e impassibile su tutto ciò che lo circonda. In questo romanzo Pirandello affronta inoltre il tema del trionfo della macchina, tema su cui gli intellettuali del tempo avevano assunto atteggiamenti diversi e contrastanti. Di fronte alla realtà industriale egli è diffidente e ostile, perché la macchina contribuisce a rendere ulteriormente meccanico il vivere degli uomini, ai suoi occhi già poco spontaneo. La macchina da presa, che fissa in un fotogramma della pellicola il fluire degli eventi, diventa simbolo dell'angosciosa condizione dell'uomo moderno. Uno, nessuno e centomila Pirandello inizia a scrivere il suo ultimo romanzo nel 1909 e lo pubblica solo nel 1926. Come Il fu Mattia Pascal, Uno, nessuno e centomila affronta il tema della crisi dell'identità individuale. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, scopre casualmente che gli altri si fanno di lui un'immagine diversa da quella che egli si è creato di se stesso; scopre cioè di non essere «uno», come aveva creduto sino a quel momento, ma di essere <<centomila»>, ciascuno diverso dall'altro nell'immagine che le persone hanno di lui. Scopre anche di essere «nessuno» per se stesso, e questo genera in lui un senso di angosciosa solitudine. Questa presa di coscienza fa vacillare tutto il suo sistema di certezze e determina una crisi sconvolgente. Vitangelo, non riconoscendosi nelle maschere che le altre persone gli impongono, decide di distruggerle, ricorrendo a una serie di gesti folli e sconcertanti, per cercare di essere «uno per tutti». L'unico rimedio alle sue ossessioni è, alla fine, quello di emarginarsi totalmente dalla vita sociale, rifiutando di fissarsi in alcuna identità. Uno, nessuno e centomila porta alle estreme conseguenze la critica all'identità già esplorata nel Fu Mattia Pascal e in molte novelle: Vitangelo non si limita più a una condizione di vita sospesa, come Mattia, ma trasforma la mancanza di identità in una condizione del tutto irrazionale ma positiva, liberandosi completamente da ogni limitazione impostagli dalla società. GLI ESORDI TEATRALI E IL PERIODO "GROTTESCO" I primi testi L'esordio teatrale di Pirandello risale, come abbiamo visto, al 1896 con la stesura del dramma II nibbio, che sarà recitato successivamente con i titoli prima di Se non così e più tardi di La ragione degli altri. I primi testi a essere rappresentati sono i due atti unici La morsa e Lumie di Sicilia, messi in scena nel 1910. Tra le prime opere teatrali pirandelliane si annoverano anche alcuni testi in dialetto siciliano che, giocando sui temi dell'assurdo, vengono ridotti al livello della farsa, ovvero di una commedia che si pone l'obiettivo di suscitare il riso facile. Lo svuotamento del dramma borghese e la rivoluzione teatrale di Pirandello Pirandello si inserisce nel contesto teatrale del dramma borghese di stampo naturalistico, che si incentrava sui problemi della famiglia e del denaro e che si fondava sulla riproduzione verosimile della vita quotidiana. L'autore, pur mantenendo quei temi e quegli ambienti, porta le convenzioni borghesi alle estreme conseguenze, mostrando i paradossi e le inconsistenze dei ruoli imposti dalla società, come accade nei drammi Pensaci, Giacomino! (1916), Così è (se vi pare) (1917), Il piacere dell'onestà (1917), Il giuoco delle parti (1918) e L'uomo, la bestia e la virtù (1919). In queste opere Pirandello sconvolge due capisaldi fondamentali del teatro borghese naturalistico, cioè la verosimiglianza e la psicologia: gli spettatori non hanno l'illusione di trovarsi di fronte a una società simile a quella a cui sono abituati, ma vedono sul palcoscenico un mondo stravolto, ridotto alla parodia e all'assurdo. Inoltre, i personaggi non hanno una psicologia coerente e unitaria poiché mostrano caratteri sdoppiati e contraddittori. I critici e il pubblico non erano del tutto preparati a queste novità e restavano sbalorditi, benché questi anni siano anche quelli del teatro «grottesco», in cui diversi autori si opponevano al dramma borghese con strumenti analoghi a quelli messi in opera da Pirandello, anche se non realizzati alla sua stessa altezza artistica. Inizialmente, però, il teatro di Pirandello ebbe un successo contrastato, sebbene egli scavasse più a fondo e con maggiore crudeltà nella psicologia dei personaggi e nelle loro vicende rispetto ad altri autori di opere "grottesche". Infatti nei suoi drammi di questo periodo, e soprattutto nel Giuoco delle parti e nell'Uomo, la bestia e la virtù, il drammaturgo ci fa vedere come una farsa possa essere anche tragica e la tragedia possa, a sua volta, divenire farsesca, come, per altro, aveva anticipato nell'Umorismo. E tutto ciò non poteva suscitare l'ammirazione sia del pubblico borghese sia della critica tradizionale. Il <<teatro nel teatro»> Pirandello sconvolge le convenzioni teatrali correnti con tre testi d'avanguardia, Sei personaggi in cerca d'autore (1921), Ciascuno a suo modo (1924) e Questa sera si recita a soggetto (1929), che costituiscono la trilogia del «teatro nel teatro»>, cioè di un teatro che riflette sulla natura stessa dell'opera teatrale. In Sei personaggi in cerca d'autore i personaggi a cui allude il titolo, un Padre, una Madre, un Figlio, una Figliastra, una Bambina e un Giovinetto, sono creature vive di una vita propria, indipendenti dal loro autore, ma questi si è rifiutato di scrivere il loro dramma, basato su un tentativo di incesto da parte del Padre nei confronti della Figliastra, su conflitti familiari e colpi di scena. Pertanto si presentano su un palcoscenico dove una compagnia sta provando una commedia, affinché gli attori diano al loro dramma la forma che l'autore non volle fissare. Così Pirandello, invece del dramma dei personaggi, mette in scena l'impossibilità di scriverlo e di rappresentarlo. I Sei personaggi costituiscono così un testo metateatrale perché, attraverso l'azione scenica, si discute del teatro stesso. Alla sua prima rappresentazione il dramma conosce qualche contrasto da parte del pubblico, non preparato a tale novità, ma in seguito raggiunge un grande successo internazionale. In Ciascuno a suo modo, poi, Pirandello propone uno scontro tra gli attori e gli spettatori: finge di inscenare un fatto di cronaca realmente accaduto, mentre altri attori interpretano il ruolo di alcune persone del pubblico che si ribellano alle deformazioni che l'autore avrebbe operato nei confronti di quella vicenda. In Questa sera si recita a soggetto il drammaturgo affronta invece il conflitto tra gli attori e il regista, che pretende di ridurre i primi a semplici esecutori della sua volontà. Enrico IV Secondo alcuni critici, appartiene al ciclo del «teatro nel teatro» anche l'Enrico IV (1922), poiché anche qui Pirandello inscena una recita nella recita come risulterà chiaro dalla esposizione della trama: in una villa solitaria vive rinchiuso da vent'anni un uomo che, a causa di una caduta da cavallo durante una mascherata in costume, è impazzito e per molto tempo è rimasto convinto di essere Enrico IV, imperatore di Sassonia, e cioè il personaggio che interpretava il giorno dell'incidente. Ma egli è da tempo rinsavito e, di fronte a uno psichiatra che vuole guarirlo dalla sua pazzia, rivela di essersi rinchiuso volutamente nella propria parte e di aver continuato nella "recita" per il disgusto che prova nei confronti di una società corrotta e vile, in cui ognuno è obbligato a indossare delle maschere. Se da un lato l'eroe prova fastidio per la maschera che lo imprigiona in una forma immutabile, sentendo la nostalgia della vita vera, dall'altro però la commedia sociale lo disgusta a tal punto che la maschera che lo isola dal mondo costituisce per lui una sorta di rifugio e di protezione nei confronti di una realtà intollerabile. La vicenda si chiude con il protagonista che, forse ancora in un momento di follia, uccide il rivale in amore del tempo della caduta da cavallo e, per evitare il carcere, è costretto a continuare a fingere di essere pazzo, «<e per sempre!»>, come egli stesso dice nella battuta finale. L'ULTIMA FASE DEL TEATRO La produzione drammatica di Pirandello tra gli anni Venti e Trenta è stata definita con il termine di "pirandellismo" perché riproduce gli schemi di quella precedente, ma in forme macchinose e ripetitive. Alla fine degli anni Venti, lo scrittore comincia a cercare nuove soluzioni teatrali, rivelando un cambiamento di poetica rispetto a quella dell'«umorismo»> e del <<grottesco»>. Negli ultimi drammi Pirandello sembra ritornare a un clima decadente, affrontando tematiche legate al misticismo e all'irrazionalismo: l'espressione di questa mutata tendenza sono i tre cosiddetti «miti» pirandelliani, La nuova colonia (1928), Lazzaro (1929) e l'incompiuto I giganti della montagna (iniziato intorno al 1930), che non indagano più la realtà sociale borghese contemporanea, ma si collocano in un'atmosfera mitica e simbolica, utilizzando elementi leggendari e sovrannaturali; I giganti della montagna, in particolare, è incentrato sul problema della poesia in un mondo che non la capisce più e, anzi, la combatte. L'ULTIMO PIRANDELLO NARRATORE Negli anni Trenta Pirandello scrive ancora novelle che, per le tematiche trattate, si muovono in una direzione affine a quella dei miti teatrali. In esse viene descritta la realtà comune, ma i toni non sono più umoristici poiché l'autore è meno interessato alla riflessione sulle maschere che la società impone agli individui, mentre tende prevalentemente ad analizzare la dimensione dell'inconscio. Operando in questo modo egli mette a confronto la civiltà moderna, dove si svolge una vita alienata e meccanizzata, e il bisogno di autenticità: per raggiungerla lo scrittore propone un ritorno alla natura o una regressione all'infanzia, come accade nelle novelle I piedi nell'erba (1934) o Il chiodo (1936). In altre novelle preferisce invece descrivere vicende che si collocano in un clima surreale, come in C'è qualcuno che ride (1934).