Il Decadentismo e l'Estetismo di D'Annunzio: Dalla Crisi alla Trasformazione
La figura dell'esteta nel pensiero dannunziano attraversa una profonda evoluzione che riflette il decadentismo pascoli e d'annunzio. Inizialmente celebrata come ideale di vita, questa figura viene successivamente criticata dallo stesso D'Annunzio come simbolo di debolezza di fronte all'ascesa della classe borghese. L'isolamento autoimposto dell'esteta, che caratterizza il rapporto tra pascoli e d'annunzio, si rivela essere una limitazione insormontabile che mette in crisi l'intero concetto di estetismo.
Definizione: L'estetismo dannunziano rappresenta la ricerca della bellezza come valore supremo, ma anche come fonte di isolamento sociale e culturale.
Nell'opera "Intermezzo di rime" 1883, D'Annunzio segna un distacco decisivo dal suo maestro Carducci, elaborando una nuova concezione dell'arte come frutto della trasgressione e della corruzione morale. Questa visione si concretizza pienamente ne "Il piacere" 1889, opera fondamentale che introduce il modello dell'eroe decadente nella figura di Andrea Sperelli, alter ego dell'autore.
La crisi dell'estetismo trova la sua massima espressione nel personaggio di Andrea Sperelli, ispirato ai grandi autori del decadentismo europeo come Oscar Wilde. Sperelli incarna l'ideale della "vita inimitabile", subordinata completamente alla concezione estetica, ma rivela anche i limiti e le contraddizioni di questa scelta esistenziale.
Evidenziazione: La ricerca della bellezza come valore aristocratico diventa per D'Annunzio sia una missione che una condanna, rivelando le contraddizioni dell'estetismo.