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Parini, Alfieri, Neoclassicismo, Foscolo

18/9/2022

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PARINI Parini è un autore del neoclassicismo ed esprime nelle sue poesie le caratteristiche e i valori dell'illuminismo in Italia, in particolar modo rappresenta quella corrente letteraria che concepisce la letteratura in funzione educativa, tipica dell'illuminismo italiano, si sentono responsabili del processo di rinnovamento dell'Italia, sentono di avere una funzione morale, educativa e dunque utile. E Parini incarna perfettamente quest'idea. Condivide l'idea del poeta latino Orazio, poeta del I secolo A.C., il quale affermava che la letteratura deve "miscere utile dulci" significa che la letteratura deve mescolare l'utile al piacevole (dolce), cioè la letteratura non deve avere solo uno scopo ludico, non è solo intrattenere, ma deve anche essere utile. Giuseppe Parini nasce in un paesino della Brianza (Milano) nel 1729. Appartiene a una famiglia di modeste condizioni e per studiare va a Milano a casa di una zia che gli garantisce gli studi e anche una piccola eredità a patto che prenda i voti, e infatti diventa sacerdote. Nel 1759 va a servizio come precettore presso la casa dei conti Serbelloni dove resta per 8 anni. Si tratta di un'esperienza importante perché gli permetterà di osservare da vicino la vita dei nobili. Questo è un momento storico in cui la nobiltà viene messa sotto accusa nel periodo della Rivoluzione francese perché essa viene considerata la...

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Didascalia alternativa:

classe più oziosa e improduttiva e che ha solo privilegi. Il Giorno è un'opera epica molto importante di Parini perché qua descrive la nobiltà e tutti i suoi vizi, infatti la descrive come una classe oziosa che passa il proprio tempo solo tra cene, balli e case da gioco, e priva di valori. Dopo 8 anni, Parini verrà cacciato dalla casa Serbelloni quando prende le difese della figlia del musicista che viene schiaffeggiata della padrona di casa. Notiamo quindi il carattere di Parini, che si schiera per la giustizia, anche a rischio di perdere il posto. Dopo che viene cacciato avrà difficoltà, e cerca di scrivere nei vari giornali. Egli è un uomo di cultura, infatti gli viene riconosciuto questo ruolo, ma nonostante ciò rifiuta la collaborazione con il governo austriaco poiché li percepisce come invasori e perché è fedele ai propri principi. Quando Napoleone entra in Italia cerca la collaborazione degli intellettuali, Parini inizialmente collabora perché Napoleone era il portavoce degli ideali della rivoluzione, ma nel 1804 si fece incoronare re d'Italia, quindi, abbandonò gli ideali della rivoluzione per realizzare un governo di tipo monarchico. Parini in un suo componimento poetico in versi che s'intitola "la Caduta", parla di un episodio autobiografico in cui descrive le sue difficoltà perché vive in condizioni di povertà. Nel componimento dice di avere 70 anni, quindi già anziano, e descrive un momento in cui cammina a piedi proprio perché povero non poteva permettersi una carrozza; quindi, cade e un passante lo aiuta a rialzarsi, immaginando un dialogo in cui il passante gli chiede come mai lui che è il famoso poeta Parini, si sia ridotto a vivere così miseramente. Parini rivendica l'orgoglio di non essersi mai piegato al poteri, cioè di non aver mai accettato di collaborare con il potere per denaro. Egli può essere considerato un grande poeta e anche un esempio per tutti perché ha vissuto in condizioni di povertà anche se poteva vivere nella ricchezza, non accetta che la sua poesia possa essere adulatrice nei confronti dei potenti, ma scrive delle opere in cui denuncia tutti i vizi dei ricchi. Parini muore nel 1799 e sarà vittima dell'editto di Sainte Cloud, il quale aveva stabilito che per un criterio di eguaglianza, i morti dovevano essere seppelliti oltre le mura cittadine e in fosse comuni, ciò nasce dal concetto di eguaglianza secondo il quale anche nella morte bisognava essere tutti uguali; quindi, le tombe non dovevano portare segni di distinzione, addirittura neanche il nome. (Foscolo "nei sepolcri" esprimerà il proprio sdegno per il fatto che non possediamo la tomba di Parini perché non sapendo in che punto della fossa ci sia la sua tomba, non possiamo onorare come si deve la sua memoria). Parini nelle sue opere esprime lo stile del neoclassicismo, rappresenta l'applicazione nella letteratura e nelle arti figurative dei principi dell'illuminismo, prendendo come esempio il mondo classico e latino, e l'idea della concezione della letteratura trova una coincidenza fra illuminismo e mondo classico perché Parini condivide l'idea di Orazio ovvero che la poesia deve essere utile, idea che non si riscontra nell'età barocca dove la letteratura doveva meravigliare il pubblico. Parini scrive "Le Odi", questo termine fa riferimento ad un componimento di origine greca che era stato ripreso anche nella letteratura latina soprattutto dal poeta Orazio. Parini inizialmente pensò di riunire tutte le odi e di pubblicarle in un'opera unitaria, ma non ci riuscì. Inizialmente le divise in due edizioni: la prima edizione uscita nel 1791 e contiene 22 testi; la seconda edizione uscita nel 1795 e contiene 25. Però si suddividono in tre fasi compositive: -La prima fase va dal 1757 al 1770, le cosiddette Odi di carattere civile che esprimono temi sociali e civili, ad esempio, "La salubrità dell'aria", "per l'innesto del vaiolo". La seconda fase va dal 1777 e Odi della maturità in cui si ha ad esempio "L'educazione", "alla musa" in cui esprime la sua teoria della letteratura. -La terza fase sono le Odi dell'ultima fase di vita del poeta, scritte negli ultimi anni di vita del poeta come "La caduta", in cui è presente una nostalgia e angoscia per cui si dice che sono Odi dove già compaiono tracce del preromanticismo. LA SALUBRITA' DELL'ARIA: Le Odi civili sono Odi in cui i temi sono contemporanei, in cui abbiamo una forma e un linguaggio classico, ma i contenuti sono moderni, come per esempio ne "La Salubrità dell'aria" condanna la vita di città ed esalta invece la vita in campagna. La città viene vista come luogo pieno di inquinamento, della corruzione, delle invidie quindi la città viene vista in maniera negativa. Questa contrapposizione “città e campagna” è un tema dell'illuminismo e del mondo classico della letteratura latina. Anche Rousseau esalta la natura rispetto al mondo civile. Orazio e altri come Tibullo e Properzio sono poeti di età augustea (fine del I secolo A.c.) esprimono un concetto di contrapposizione tra città e campagna, intendendo la campagna come luogo positivo e la città come luogo della corruzione. L'agricoltura e la campagna avevano un altissimo valore morale perchè si tratta di una sfida che l'uomo fa nei confronti della natura nel quale i risultati che si ottengono sono proporzionati all'impegno. Parini quindi fa riferimento a un concetto moderno, ma dall'altro lato questa cosa era già presente anche nella letteratura classica e latina. PER L'INNESTO DEL VAIOLO: celebra la scoperta del vaccino contro il vaiolo. Nonostante nell'ode precedente esprime una certa perplessità sulla civilizzazione, in quest'opera esalta i progressi della scienza. L'ODE ALL'EDUCAZIONE E ALLA MUSA: esprime la sua altissima concezione della poesia e sostiene l'importanza dell'educazione letteraria e della letteratura, tema antico perché in Orazio c'era l'idea che la poesia permette all'autore di rimanere immortale. LA CADUTA: rivendica l'orgoglio della propria autonomia intellettuale e di non essersi mai piegato al potere, e si ha anche una maggiore nostalgia, precarietà del tempo e fragilità umana. Per questo si può dire che rappresenta l'inizio del preromanticismo. IL GIORNO: Parini dopo aver abbandonato la casa dei conti Serbelloni, scrive un poema didascalico in endecasillabi sciolti (significa non legate fra di loro dalle rime), un poema che dovrebbe insegnare qualcosa, strutturato inizialmente in tre parti: il mattino, il mezzogiorno e la sera e invece poi l'ultima parte viene suddivisa a sua volta in altre due parti ossia il vespro e la notte. L'opera ha lo scopo di insegnare a un giovane nobile come passare la giornata. Ha una forma molto classica ma si tratta di un poema satirico in cui il poeta prende in giro la nobiltà soprattutto attacca quelli che sono i modi di vivere della nobiltà (accusata di essere una classe oziosa, nullafacente e che sperpera il proprio denaro). I personaggi del poema sono due: Parini che si pone come "precettoro d'amabil rito" cioè insegnante, colui che dovrebbe insegnare come trascorrere piacevolmente la giornata a questo nobil signore, quindi il destinatario dell'opera è un nobile signore che in realtà è l'esempio più deleterio della nobiltà del 700 perché questo giovane viene descritto come un giovane che ha rinunciato alle prerogative della classe aristocratica perché una volta la classe aristocratica si riteneva avesse dei doveri: di servire il re, il popolo e difendere il popolo. Invece questo nobil signore dice Parini che rinuncia alla battaglie, quindi ai suoi doveri militari, poiché le sue battaglie sono: quelle notturne che conduce nelle case di tolleranza, nelle case di prostituzione oppure nelle case da gioco. Inoltre, fugge anche dagli studi, infatti Parini dice che questo nobil signore fugge "dai queruli recinti" ovvero le aule scolastiche lamentose dove il sapere viene trasformato in orride larve e mostri. Questo nobile viene definito un cicisbeo, colui che ufficialmente accompagnava la dama ai balli, alle feste e alle cene. Le giornate del nobil signore sono abbastanza tranquille: si alza tardissimo, ha dei servi che lo vestono e lavano, fa colazione con cibi pregiati, (perché infatti Parini fa riferimento al caffè e alla cioccolata che provengono dai paesi in cui schiavizzano le persone, come l'America e L'Africa). Successivamente il pomeriggio va dalla sua dama che poi accompagnerà al teatro e prosegue incontrando altre dame e amici in case da gioco e infine torna a casa all'alba. Fin dall'inizio del poema Parini usa un linguaggio antifrastico ciò significa che dice una cosa per dire esattamente il contrario, ed è per questo che è un linguaggio fortemente sarcastico, in cui evidenzia tutti i vizi e i difetti della classe aristocratica. Parini continua dicendo che si può essere nobili in due modi: -Nobile per discendenza, che però Parini esprime in maniera particolare (quando dice "o a te scenda per lungo il sangue dai magnanimi lombi”) in cui, con un linguaggio aulico, sminuisce il concetto di nobiltà per discendenza perché unisce un aggettivo come "magnanimo" con un termine non letterario, anzi volgare "lombi "(sedere) usando una tecnica chiamata sintagma, che è una sintattica minima molto particolare (aggettivo+sostantivo); -"Oppure tu sei nobile per i compri onori" cioè che in realtà la nobiltà, il titolo nobiliare è stato comprato. Ma è evidente che non ci sia nulla di nobile in entrambi casi poiché il concetto di nobiltà viene privato di valore. Successivamente parla del risveglio del giovin signore che si fa quando il mattino è già iniziato, accompagnato dai servi che lo lavano e lo vestono, e viene da lui paragonato al risveglio della persona umile come il contadino, il fabbro, l'artigiano differenza sua devono svegliarsi all'alba, e cambia anche il linguaggio perché quando parla del tardo risveglio del giovin signore usa un linguaggio antifrastico (sarcastico, ironico), invece, quando parla delle persone umili il linguaggio diventa serio, pieno di pathos, poetico, un linguaggio dove si respira un'atmosfera di sani principi, ad esempio fa riferimento al contadino che dorme nello stesso letto della moglie e figli. Per Parini le persone umili sono coloro che hanno dei valori morali, mentre le persone aristocratiche sono quelle dove c'è la corruzione e i peccati. Un episodio molto importante è l'episodio della cosiddetta "vergine Cuccia" che fa riferimento ad un episodio reale, quando un servo viene morso dalla cagnolina e le dà un calcio. La padrona di casa esprime il suo sdegno e caccia via il domestico con tutta la sua famiglia e lo minaccia dicendogli che non troverà più lavoro da nessun altra famiglia poiché ha osato prendere a calci la cagnolina di casa che viene paragonata quasi a una divinità e come se il domestico avesse usato sfidare questa divinità. La padrona di casa però non esita a buttare di casa il domestico con tutta la sua famiglia, quindi ha pietà per il cane e non per il domestico. Le ultime due parti dell'opera poi, cioè il vespro e la notte, sono delle parti dove in realtà sembra ci sia un preromanticismo, perché c'è la predilezione dell'atmosfera notturna, e sono state scritte in età più avanzata, quindi il poeta esprime un senso di angoscia per la fine della vita e l'avvicinamento alla morte (hanno un tono diverso dalle prime due). VITTORIO ALFIERI Vittorio Alfieri è un autore che riassume tutte le caratteristiche tipiche della fine del 700, nel senso che dal punto di vista formale stilistico è pienamente un autore del Neoclassicismo e scrive secondo i canoni del Neoclassicismo, come ad esempio le tragedie che hanno una forma classica e rispettano le unità aristoteliche di luogo tempo e azione (linguaggio aulico). Tuttavia, dal punto di vista della sensibilità, è un uomo del preromanticismo. Nelle sue opere infatti esprime il senso di conflittualità tra individuo e società che è la caratteristica del romanticismo, che significa proprio percepire un forte senso di conflittualità tra il finito del nostro corpo e l'infinito della nostra anima e del pensiero, o tra individuo e società. Quindi Alfieri scrive secondo una modalità tipicamente neoclassica e tradizionale, ma la sua sensibilità è romantica. La seconda metà del Settecento è un periodo in cui convivono diverse tendenze letterarie, come il Neoclassicismo le sue mille sfumature: può essere un'interpretazione formale (accademica) e priva di elementi innovativi, ma può significare anche una grande novità, un nuovo modo di sentire una nuova sensibilità attraverso la cosiddetta poesia cimiteriale e lo Sturm und drang che fanno capire come non sia facile distinguere tra elementi neoclassici ed elementi romantici. VITA: Alfieri nasce ad Asti (Piemonte) nel 1749 appartiene all'alta aristocrazia, e se ne compiace perché dice che l'appartenere ad una nobile società aristocratica gli consente una grandissima libertà e esaminare in maniera critica la nobiltà senza essere giudicato per invidia. Anche la ricchezza gli consente una grandissima libertà che gli permette di non dipendere da nessuno, senza essere vincolato, e possiamo comprendere quando in età matura per non dipendere dai Savoia, rinuncia a gran parte del suo patrimonio e si mantiene con un vitalizio per godere della sua indipendenza economica, e dimostra come effettivamente sia un uomo libero. La ricerca di questa libertà rappresenta la caratteristica delle sue scelte di vita e anche delle sue tematiche letterarie. Sappiamo molto di Alfieri grazie a un'autobiografia, scrive "la vita" (come fece Goldoni con le "memoire") in cui cerca di comprendere il suo percorso di vita dal punto di vista spirituale. Da piccolo perde il padre e viene messo in un'accademia militare a Torino, ma quest'esperienza segnerà la vita dell'autore considerato da lui di totale diseducazione poiché rivela già da piccolo una totale libertà, matura un "atteggiamento anti tirannico", cioè è assolutamente contrario a qualsiasi forma di autoritarismo, rifiuta qualsiasi forma di condizionamento da parte del potere, e sviluppa un desiderio di assoluta libertà, per questo motivo da piccolo per sfuggire a questo condizionamento tentò il suicidio, la prima volta nell'accademia militare e la seconda volta da adolescente in seguito ad una delusione d'amore. Il suicidio è interpretato da Alfieri come una forma di ricerca di libertà. A 18 anni comincia a viaggiare, dato che i viaggi di formazione sono di consuetudine per i nobili soprattutto nel mondo classico e quindi nel sud Europa, ma Alfieri fa una scelta controcorrente, scegliendo invece il Nord Europa (Norvegia e Svezia) alla ricerca di panorami completamente diversi, proprio perché la sua emotività si rispecchia nei panorami del nord. Soggiorna per un periodo di tempo in Inghilterra, in cui ha la delusione d'amore (suicidio 2), poi in Francia in cui in un primo momento condivide la Rivoluzione francese e poi condanna la Francia e soprattutto la borghesia francese che definisce "sesquiplebe" cioè considera la borghesia più plebe della plebe, la cui lotta per sostituirsi alla nobiltà è solo per avidità di potere e ricchezza. Nei suoi viaggi si trova anche in Austria cui assiste con disdegno alla genuflessione di Metastasio nei confronti dei regnanti austriaci, è l'ultimo poeta di corte italiano ed il poeta più importante dell'arcadia, e in un certo senso dipendeva dai ricchi, per questo per Alfieri ricorda questo episodio con disdegno. All'età di 35 anni in un momento in cui assisteva la sua donna amata, scopre la letteratura, pensa sia l'unico spazio veramente libero; quindi, scopre la sua vocazione per la letteratura abbastanza tardi rispetto a tutti gli altri poeti. Dopo questa scoperta comincia un percorso di studi rigoroso, ritenendo che la sua educazione letteraria sia insufficiente, recuperando lo studio che non aveva fatto da giovane secondo un metodo rigoroso, scoprendo che la libertà assoluta la trova solo nel momento in cui scrive. Anche la sua vita affettiva diventa più solida quando conosce la contessa di Albanì che però era sposata, e sceglie di soggiornare a Firenze per migliorare la sua lingua, poiché si rende conto che l'italiano che utilizza è troppo provinciale. (In un certo senso anticipa l'idea di Manzoni, cioè quella di andare a Firenze poiché essa è considerata la patria della lingua italiana.) Poi si sposterà anche a Roma nella quale la situazione amorosa con la contessa diventerà insostenibile, travolto dallo scandalo perché non viene vista bene dall'ambiente cattolico poiché la contessa è sposata. Per un lungo arco di tempo si separeranno e soltanto quando muore il marito della contessa potranno ricongiungersi. Alfieri muore nel 1803, abbastanza giovane. La biografia di un autore ci serve per comprendere le tematiche che vengono affrontate nelle loro opere. Scrive tantissimo anche se la sua produzione letteraria inizia tardi, ma è l'unico spazio che gli permette la libertà che desidera. TRATTATI: Scrive il trattato "della tirannide" in due libri che sembra presentarsi apparentemente come un trattato politico, che parla di un particolare regime politico ossia quello della tirannide, ottenuto grazie all'appoggio degli aristocratici, dell'esercito e del clero e per liberarsi dal tiranno esistono solo tre strade possibili, suicidio, esilio e l'uccisione del tiranno ma Alfieri la considera una strada non percorribile in quanto se si uccide il tiranno lo si diventa a propria volta. Tuttavia questo trattato che apparentemente sembra un trattato politico, in realtà non lo è perché manca un esame storico, non esamina alcuna tirannide storica esistita. Letta insieme alle tragedie comprendiamo che è una tematica di tipo esistenziale, la tirannide è per Alfieri tutto ciò da cui non riusciamo a liberarci (ossessioni, passioni, desideri). Il desiderio di Alfieri di conquistare questa libertà è un desiderio esistenziale, è impossibile da realizzare poiché l'uomo ha dei limiti. Un altro trattato che scrisse s'intitola "del Principe e delle lettere" in questo trattato esamina il rapporto tra intellettuale e potere, ed esprime anche delle valutazioni sugli intellettuali passati nel rapporto con il potere. Quando aveva visto Metastasio inginocchiato a Maria Teresa d'Austria lui si inorridi, legato a ciò giudicò aspramente Virgilio poiché ritenuto poeta di corte. Virgilio è un autore che vive in età augustea e nelle sue opere esprime una grande ammirazione sul Principato di Augusto, cioè Virgilio considera Augusto come colui che ha riportato la pace a Roma dopo le guerre civili. Da un punto di vista storico in realtà Augusto ha trasformato la repubblica romana in Principato, cioè ha trasformato una repubblica in un potere assoluto, i contemporanei però di questo si sono resi conto parzialmente, perché in realtà Augusto è arrivato dopo 70 anni di guerre civili e quando Augusto ha preso il potere si è presentato come Pater Patriae cioè salvatore della patria. Addirittura il primo monumento che ha eretto Augusto è stato l'altare della pace "Ara Pacis" che lo raffigura come sacerdote e l'ha fatto passare come colui che ha ristabilito la pace. Dopo aver sconfitto Antonio chiude le porte del Tempio di Giano, un'usanza che sanciva l'inizio di un'era di pace. A partire dal 31, Ottaviano cambia politica, avvia una nuova forma di potere, rispettosa delle tradizioni, anche se di fatto il reggente è un tiranno. In questa circostanza la funzione dei poeti non è servile né strumentale, essi credono nel progetto di Ottaviano: non sono solo interessi di carattere letterario ma anche economico, ad esempio Orazio e Virgilio erano proprietari terrieri e la loro situazione privilegiata era garantita da Augusto, senza il quale, in un periodo di guerra civile, non sarebbe stato possibile. Virgilio e Orazio non rimpiangono la res publica. Virgilio dedica l'Eneide a lui, infatti è una dedica al progetto di restaurazione di Ottaviano: una lode ai valori etici e politici dello Stato romano riorganizzato dal principe. Alfieri apprezza molto Dante, poiché pur di allontanarsi dalla tirannide sceglie l'esilio per 21 anni. Pure Machiavelli, anche se non fu esiliato per sua scelta (sospettato di una congiura contro i Medici) ma per lui la letteratura\l'attivismo politico deve essere sempre svincolato dal potere. TRAGEDIE: Poi Alfieri scrive tragedie, sceglie uno schema classico, la tragedia è costituita da 5 atti, presenta un prologo, rispetta le regole aristoteliche di luogo tempo e azione. Inoltre Alfieri ci spiega come lavora e dice che nell'elaborare le sue tragedie supera tre fasi: quella della ideazione, dove deve elaborare l'idea, la scrittura perché dall'idea passa alla scrittura in prosa, e poi la versificazione cioè trasforma la prosa in versi in particolar modo in endecasillabi. Rispetto alle tragedie classiche Alfieri sceglie delle tragedie con pochi personaggi addirittura due o tre personaggi Attinge sia a temi classici quindi del mito sia al repertorio biblico in particolar modo due tragedie sono molto famose: "Saul" e "Mirra". -Saul appartiene al 1782. Alfieri giudicava il proprio capolavoro, tanto da voler concludere con essa la propria attività teatrale. La fonte è il Libro dei Re della Bibbia, anche se trattato con una certa libertà. La vicenda si svolge durante la guerra fra Ebrei e Filistei. Re Saul esilia il giovane David, il cui aiuto sarebbe decisivo, poiché è invidioso della sua fama. Né il generale Abner, né la figlia Micol, né il figlio Giotana riescono a calmarlo. I sacerdoti rivelano inoltre che Dio ha designato il giovane come futuro re d'Israele. Questo manda su tutte le furie Saul, che uccide i sacerdoti e minaccia di morte David. Alla fine, di fronte alla prevedibile disfatta, si prepara a morire e si suicida. David appare come un personaggio a tutto tondo, con una psicologia netta, Saul è un personaggio intensamente problematico. Da una parte, egli vuole essere grande e incontrastato, dall'altra è agitato dai rimorsi e dal bisogno di essere rassicurato. Questa ambivalenza si esprime nei suoi rapporti con David. Se nelle altre tragedie il dissidio era esterno e opponeva due personaggi, qui è interno allo stesso personaggio. È un segno di evoluzione nella poetica di Alfieri. Saul e Davide rappresentano il tiranno e l'anti-tiranno, perché Saul è il tiranno che vuole portare a termine la sua missione, e Davide è l'anti tiranno. -Nella tragedia "Mirra" ci sono ancora meno personaggi e il conflitto tra il tiranno e l'anti tiranno è un conflitto tutto interiore. Mirra è un personaggio della mitologia greca figlia del re e della regina di Cipro e la madre si vantava che la figlia fosse più bella della Dea Venere, quindi la Dea Venere lancia una maledizione su Mirra, che inizialmente non si sa qual è, si scoprirà poco a poco sulla scena, perché sulla scena noi vediamo il giorno del matrimonio di mirra la quale è disperata, angosciata e rifiuta la prima notte di nozze con il marito il quale si suicida, ma non solo respinge il marito anche la madre e accetta soltanto di essere consolata dal padre, a poco a poco emerge una verità sconcertante che Mirra non vuole confessare nemmeno a se stessa, una verità che fa inorridire sia Mirra che il padre ossia che Mirra nutre una passione nei confronti del padre ed in questo consiste la sua maledizione. In questo caso il tiranno e l'anti tiranno sono dentro Mirra, il tiranno è rappresentato dalla passione amorosa da cui Mira si può liberare solamente uccidendosi. Quindi queste due tragedie rappresentano benissimo la tematica fondamentale di Alfieri cioè quella del conflitto tra tiranno e anti tiranno, solo che in Saul questo conflitto è espresso tra due personaggi mentre in Mirra il conflitto è all'interno dello stesso personaggio. Quindi fondamentalmente nel conflitto tra tiranno e anti-tiranno non si arriva mai ad una soluzione vera, questa caratteristica è una caratteristica tipicamente romantica. IL NEOCLASSICISMO Da un punto di vista cronologico è contemporaneo al Preromanticismo. Nella seconda metà del 700 coesistono delle tendenze anche opposte, per cui in realtà ci sono modi di intendere il Neoclassicismo che sono di già Preromantici. Cominciamo a parlare di Neoclassicismo vero e proprio quando nel 1764 Winckelmann pubblicò "Storia dell'arte e dell'antichità". Siamo nel periodo storico in cui l'Inghilterra riceve i marmi del Partenone grazie a Lord Engin che prese le sculture del Partenone di Atene e le portò al British Museum, dove si trovano tutt'ora. Questo fenomeno scaturì una sorta di shock culturale. Sull'arte classica seguirono degli studi, tra questi quelli di Winckelmann, che lo porterà alla pubblicazione dell'opera (Storia dell'arte e dell'antichità) e quelli di Lessing che lo porterà alla pubblicazione del "Laocoonte", dove fa l'analisi di un gruppo scultoreo rinvenuto in Italia che non era altro che una copia ellenistica del reale Laocoonte. Attraverso l'analisi della scultura greca, Winckelmann cominciò a dire che in realtà essa non imita la realtà, ma crea un concetto di bellezza attraverso un processo creativo dell'artista per cui imitando singoli dettagli della realtà, crea la bellezza. Fidia è dunque arrivato a risultati d'eccellenza non perché ha imitato la realtà, ma perché ha sintetizzato gli aspetti più belli della realtà. La bellezza perfetta non esiste, ma la crea l'artista imitando vari aspetti, rendendola soggettiva; Questo passaggio dall'oggettività alla soggettività spiega il passaggio dal Neoclassicismo al Preromanticismo. Come fa questo procedimento l'artista? Secondo Winckelmann questo procedimento l'artista lo fa razionalmente, riuscendo a dominare le passioni, quindi è un processo creativo ma razionale. L'arte greca, dice Winckelmann è riuscita ad esprimere le passioni controllandole attraverso la razionalità. Dà l'immagine della superficie del mare calmo il quale però sotto la superficie nasconde le correnti. L'arte greca è proprio così: sembra controllata, ma sotto questo controllo si nascondono le passioni. Contemporaneo al 700 abbiamo Kant, che dice che il bello è soggettivo e l'arte ha una sua autonomia e moralità, non ha bisogno di essere giustificata, a differenza dell'Illuminismo il quale afferma che l'arte deve essere utile. Winckelmann, inoltre, introduce anche una distinzione tra il bello ed il sublime. Con Kant sublime diventa ciò che suscita nell'uomo il suo senso di finitezza rispetto all'infinità del mondo; Winckelmann non arriva ad affermare ciò, ma fa quest'esempio: belle sono le aiuole, sublimi sono le querce. Dunque è bello in qualche modo ciò che può essere spiegato, diventa sublime invece perché le querce suscitano senso di smarrimento, inquietudine, rispetto alla loro grandezza l'uomo si sente piccolo. Un quadro tipico del Romanticismo è quello del Viandante, che rappresenta un uomo che si sente piccolo in relazione all'infinità della natura. Questi concetti in qualche modo vengono già introdotti da Winckelmann, anche se lui non si spingerà a parlare di finitezza\infinitezza però, ponendo l'accento sulla creatività e sulla soggettività dell'arte, segna il passaggio fra Neoclassicismo e Preromanticismo. Il Neoclassicismo può essere declinato in vari modi: Il Neoclassicismo Archeologico è quello che nasce dagli studi di archeologia, scoperte che porteranno i marmi della Grecia in Inghilterra, ma anche le scoperte di Pompei ed Ercolano. Questo tipo di Neoclassicismo guarda al mondo classico da un punto di vista estetico. In storia dell'arte avremo Canova, in letteratura abbiamo la traduzione dell'Iliade di Vincenzo Monti, poiché dal neoclassicismo ne prende il linguaggio, lo stile, le immagini. Sono autori che guardano al mondo classico come un repertorio di immagini; lo stesso Parini scriverà le Odi, rifacendosi allo stile classico, aggiungendo invece concetti illuministi. Il Neoclassicismo Giacobino è il più innovativo, (rivoluzionari della Rivoluzione Francese) guarda al mondo classico ma soprattuto alla Grecia del 5 secolo quando si realizzò ad Atene la massima forma di Democrazia. Guarda al mondo classico come riferimento di valori, un popolo che ha combattuto resistendo ad esempio all'avanzata dei persiani, rappresentando dei valori per i quali si prova anche una sorta di nostalgia. Il Neoclassicismo Imperiale è quello che guarda soprattutto all'Impero Romano, accogliendo i suoi simboli (l'Aquila, i vestiti stile impero). Si afferma soprattutto con Napoleone, poiché i simboli dell'Impero Romano diventano anche simboli Napoleonici e lo vedremo soprattutto nelle arti decorative. Contemporaneamente ci sono le tendenze definite anticlassiche e irrazionali: si affermano soprattutto in Inghilterra ed in Germania. In Germania con lo Sturm und Drang, dove l'arte deve è espressione dello spirito tedesco, esalta il genio creatore dell'artista, si ha una tendenza soggettiva ed irrazionale. In Inghilterra abbiamo i famosi Canti di Ossian, la poesia cimiteriale con Edward Young e Thomas Grey, ambientata in luoghi notturni, cupi, medievali e che in Italia trova espressione ad esempio con "I sepolcri" di Foscolo. Mac Ferson nella seconda metà del 700 pubblica un'antologia di alcuni testi dei bardi medievali che erano i corrispondenti dei canta storie italiani, imitando questo stile pubblica con lo pseudonimo di "Ossian" questi canti, in realtà è stato lui a comporli dunque è un falso, ma nonostante ció il successo fu clamoroso perchè andava incontro alle esigenze del pubblico contemporaneo, che pone l'attenzione sulle origini della nazione inglese, per sottolineare lo spirito di appartenenza all'Inghilterra. È una poesia soggettiva che predilige i paesaggi invernali e nebbiosi, dunque è una poesia che va verso l'irrazionale, il fantastico, lontano dall'ordine e dalla razionalità della poesia classica. Burle dice che sublime è ciò che provoca angoscia ed è una percezione soggettiva, prova questo senso quando l'uomo si trova di fronte a cose che per certi versi non puó controllare ed è così che si arriva alla poesia cimiteriale. FOSCOLO Foscolo è un autore fondamentale della seconda metà del 700 ed è l'autore che sente più di tutti i valori del Neoclassicismo perché nasce nell'isola greca Zante nel 1778 (parte occidentale della Grecia fra l'Italia e la Grecia), anche se essendo sotto il dominio della Repubblica Veneta, politicamente erano isole italiane. I genitori di Foscolo erano un medico veneziano mentre la madre era greca, importante perché significa che per Foscolo la cultura materna era proprio quella greca. La sua famiglia è formata da Foscolo, suo fratello Giovanni che morirà in età giovane suicida, il padre e la madre. Il padre muore quando Foscolo aveva 10 anni, e il resto della famiglia si trasferisce a Venezia, quì Foscolo è un giovane brillante, già scrive giovanissimo e viene accolto nell'ambito dei salotti aristocratici, avrà una vita sentimentale molto intensa ed appassionata e soprattutto si dedica interamente ad una causa politica, cioè quella per l'Italia. Foscolo da un punto di vista politico si sente italiano appartenente all'Italia e saluta con entusiasmo Napoleone quando comincia la sua ascesa politica. Nel 1797 quando Foscolo ha quasi 20 anni, viene siglato il Trattato di Campoformio, tramite il quale Napoleone cede Venezia all'Austria, un momento politico importante per l'epoca perché Napoleone che si era presentato come il portavoce degli ideali rivoluzionari, attraverso questo trattato mostra di comportarsi come un sovrano, cedendo Venezia al nemico. Ciò rappresenta per Foscolo e per quell'epoca un vero e proprio tradimento. Foscolo aveva scritto l'Ode a Napoleone esaltandolo come liberatore dell'Italia, ma quando Napoleone sigla il trattato rappresenta un tradimento di quegli ideali rivoluzionari; quindi, Foscolo è obbligato ad abbandonare Venezia. Da qui comincia una vita vagabonda di Foscolo, il quale si sposta in varie città come Padova, Milano, Bologna, Firenze e nonostante la delusione Foscolo si arruola nell'esercito Napoleonico perché dice che "il progresso marcia con gli eserciti rivoluzionari", dunque è consapevole che gli eserciti Napoleonici portano comunque il progresso, e si troverà a combattere persino in Francia. Dopo la sconfitta di Lipsia l'Italia passa sotto il controllo degli austriaci, che cercano di conquistare l'adesione degli intellettuali come Foscolo (come hanno fatto con Parini) a cui propongono la direzione della biblioteca italiana (prestigiosa rivista letteraria). 1813 (seconda data fondamentale nella vita di Foscolo) Foscolo non accetta subito ma si prende del tempo per riflettere, e il giorno prima in cui avrebbe dovuto prestare giuramento agli austriaci assumendo la direzione di questa rivista, fugge scegliendo l'esilio e si rifugia prima in Svizzera e poi a Londra, dove passerà gli ultimi 10 anni della sua vita accompagnato dalla figlia, dedicandosi alla scrittura di saggi letterari, articoli di giornale e scegliendo definitivamente l'esilio. Foscolo è uno dei poeti in cui il valore della patria è più importante di tutti, anche se sostanzialmente non ce l'ha, ma si costruisce un ideale di patria, per cui combatte per questi ideali, e pur di non sottostare al dominio austriaco, come in gioventù anche in età matura si esilia, seguendo disperatamente questi ideali fino alla scelta di passare gli ultimi anni della sua esistenza a Londra. Leggendo le poesie di Foscolo si può vedere che rimpiange costantemente di non poter tornare nella sua patria, per esempio "A Zacinto" notiamo che rimpiange con un dolore profondo il fatto che non potrà più vedere la sua patria, infatti inizia dicendo "Né più mai toccherò le sacre sponde". Il critico Walter Binni definisce Foscolo uno sradicato (senza radici) relativamente a più contesti: -In primo luogo relativamente al concetto di patria perché cerca disperatamente questa patria ideale, dal mondo greco si trasferisce a Venezia, da Venezia è costretto ad abbandonarla e viaggia per tutta Italia e alla fine per rimanere fedele alla sua patria è costretto a scegliere la via dell'esilio. -In secondo luogo relativamente alla famiglia perché l'unità familiare viene spezzata da subito nel momento in cui muore il padre e successivamente il fratello. Nel sonetto "Morte al fratello Giovanni" Foscolo ricostruisce questa unità familiare attraverso attraverso la madre che dice "con il tuo cenere muto" cioè con le ceneri del fratello Giovanni. Foscolo dice "lo non potrò mai piangere sul sepolcro del fratello" perché esule e quindi non potrà mai più tornare in patria e piangere sul sepolcro del fratello infatti dice "ma io deluse a voi le palme tendo" come se fosse un abbraccio vuoto che fa verso il fratello, e immagina che la madre sul sepolcro del figlio Giovanni parli del fratello lontano (Ugo) al fratello morto, quindi è come se idealmente questa unità familiare si potesse ricostruire. Nonostante Foscolo abbia una vita sentimentale appassionata, non si sposerà mai, non si costruirà dunque una propria famiglia. (la figlia che lo conforterà negli ultimi anni in Inghilterra l'ha avuta al di fuori di un matrimonio). -In terzo luogo relativamente al ceto di appartenenza sociale perché il padre era un medico quindi di origine borghese, quando Foscolo arriva a Venezia viene accolto nei salotti aristocratici, quindi gravita intorno all'aristocrazia. Anche se la sua vita da intellettuale è all'interno di ambiti aristocratici fondamentalmente Foscolo non è aristocratico. Dal punto di vista sociale non appartiene a nessun ceto, quindi, non appartiene alla borghesia perché la sua vita non è borghese, non appartiene all'aristocrazia perché non è di origine aristocratica perché combatte con gli eserciti rivoluzionari, non si sente neanche appartenente al popolo, e anche la sua produzione letteraria non è mai indirizzata al popolo, per Foscolo la letteratura non deve essere utile, ma è sempre una produzione alta, quindi indirizzata ad un'élite di intellettuali. -In quarto luogo relativamente alla lingua perché la madre è di lingua greca, e vivendo a Zante nonostante fosse sotto la repubblica veneta, l'apprendimento della lingua italiana per Foscolo risulta non naturale ma risulta il frutto di un apprendistato e quando arriva a Venezia, deve imparare l'italiano letterario; anche se Foscolo si sente italiano anche da un punto di vista culturale perché egli pensa che fra la cultura italiana e la cultura greca ci sia una continuità. IDEE DI FOSCOLO NELLE SUE POESIE Dal punto di vista delle idee espresse nelle sue opere, Foscolo è un autore neoclassico; aderisce al materialismo e al sensismo, significa che per Foscolo l'esistenza è esclusivamente il prodotto di una serie di combinazioni meccaniche casuali, cioè la vita nell'universo non è dovuta a una volontà divina ma è il risultato di una combinazione casuale di atomi cioè di fenomeni fisici, significa che l'uomo non ha nessuno spazio privilegiato, l'esistenza dell'uomo non nasce da una volontà provvidenziale e così com'è nata la vita sulla terra è destinata a finire. Il sensismo è quella materia secondo cui è vero solo ciò che è conoscibile attraverso i sensi (i sensi rappresentano l'unico strumento di conoscenza), tutto ciò che non è sperimentato attraverso i sensi non esiste, dunque anche la vita dell'uomo finisce con la sua morte fisica. Se Foscolo da un lato aderisce a queste idee, dall'altro lato elabora la "teoria delle illusioni", cioè crede in alcuni valori come l'amore, la bellezza, la patria, l'onore e la poesia, che anche se non sono valori reali e concreti risultano fondamentali per la costruzione della civiltà umana perché questi sono i valori che hanno permesso all'uomo di superare lo stato animale costruire la civiltà. Foscolo immagina nelle ultime lettere un dialogo immaginario con un filosofo che afferma che "queste sono solo illusioni" e Jacopo risponde "ma senza di esse la vita non avrebbe senso". Senza questa illusione la vita umana perderebbe significato, quindi significa che da un lato è materialista ma dall'altro recupera questi valori. La più importante di questi valori è la poesia, poiché è quel valore che permette di rendere eterni gli altri valori, la poesia ha una funzione "mitopoietica" cioè genera altre illusioni, permette di rendere questi valori eterni e superare la contingenza fisica dell'uomo. La poesia induce all'arte, con la quale l'uomo supera la materialità, permette di superare la propria finitezza e costruire una memoria che dura nel tempo, uno di quei valori che rappresenta la nostra identità personale e sociale. Foscolo nei "i sepolcri "dice che la poesia vince il silenzio di mille secoli, immagina che il poeta Omero cammini fra le rovine di Troia, ma la sua poesia renderà eterne le imprese di coloro che sono morti per Troia o che hanno conquistato Troia. La religione, il culto dei morti, la famiglia e le leggi rappresentano il motore della civiltà umana, idee espresse sia nelle lettere che nelle poesie. Le ultime lettere di Jacopo Ortis Foscolo pubblica la prima elaborazione dell'opera, Laura Lettere, nel 1796, e dopo varie edizioni, arriva alla stesura definitiva nel 1802. È un romanzo epistolare, formato da lettere che il protagonista Jacopo Ortis ha scritto all'amico Lorenzo Alderani e all'amata Teresa. Quando Jacopo decide di suicidarsi, l'amico Lorenzo pubblica queste lettere. L'opera comincia alla fine, con la prefazione di Lorenzo, il quale afferma di aver pubblicato queste lettere per dare testimonianza della vita di Jacopo Ortis. L'opera ha dei modelli illustri: "La nouvelle Heloise di Rousseau" e "i dolori del giovane Werther di Goethe", un modello d'ispirazione dato che in entrambe sono presenti la tematica politica e amorosa. È un'opera estremamente importante perché introduce il romanzo in Italia, (è il primo) anche se in forma epistolare, rappresenta il primo tentativo di romanzo. É un'opera autobiografica, racconta molto della vita di Foscolo, addirittura confluiscono parti di lettere che Foscolo ha realmente condiviso con alcune donne amate. Quest'opera parte dal Trattato di Campoformio, dalla delusione per il gesto compiuto da Napoleone, e dalla necessità che ha il personaggio Jacopo di abbandonare Venezia proprio come Foscolo. Jacopo fuggito da Venezia si rifugia sui colli Euganei dove si innamora di Teresa, una ragazza molto timida e promessa in sposa dal padre al ricco Odoardo, il padre non le permetterà di concretizzare questa relazione con Jacopo per motivi economici. Dopo di che Jacopo si sposterà a Milano (a Ventimiglia) dove conosce Parini con il quale scambia una lettera, e nel frattempo gli arriva la notizia che Teresa va in sposa a Odoardo. La duplice delusione politica e amorosa indurrà Jacopo a suicidarsi. Il suicidio è vissuto come una forma di espressione della propria volontà e non come una forma di vigliaccheria. Interpretazione del critico letterario Amoretti Il critico Amoretti vede nella vita di Jacopo il riflesso di un problema psicologico non superato da Foscolo, il cosiddetto complesso edipico (il bambino vede nel padre un antagonista perché vuole la mamma tutta per sé). Amoretti vede che il personaggio subisce un doppio trauma, sul piano politico e sentimentale: -Sul piano politico Jacopo ha un antagonista che è Napoleone, l'oggetto del desiderio che non ottiene è la patria, non riesce a realizzare questo desiderio di ritornare in patria. Per Foscolo la patria è un concetto complicato perché la sua patria natale è Zante, ma la patria che lui sceglie è l'Italia, infatti Foscolo combatte per questo ideale di patria, anche sa da un punto di vista politico ancora non esiste. Come Jacopo anche Foscolo ha un oppositore che è Napoleone, e vive questo tradimento (Campoformio). -Sul piano sentimentale l'antagonista di Jacopo è Odoardo, e l'oggetto del desiderio che non riesce a raggiungere è Teresa. Secondo Amoretti la morte del padre è stata vissuta da Foscolo come un senso di colpa, come se avesse concretizzato il desiderio di eliminare il padre; la madre, identificata con la patria, è l'oggetto del desiderio negato. Quindi la morte del padre rappresenta un episodio molto traumatico per la vita di Foscolo perché a causa di ciò si è allontanato dalla patria e in qualche modo anche alla madre, come desiderio negato. Foscolo trasferisce molto di sé nella sua opera. Riflette una tematica tipica del Romanticismo, cioè il conflitto tra individuo e società. Questo conflitto Jacopo lo vive sia a livello politico perché la logica politica permette a Napoleone di redigere il trattato di Campoformio, e sul piano sentimentale, perché la logica della società vuole che Teresa si sposi piuttosto col ricco Odoardo. Lo stile dell'opera è alto, anche se nel romanzo si ha un alternarsi di toni, a volte è drammatico, (ad esempio quando parla della patria), altre volte è lirico, più poetico (ad esempio quando descrive il bacio con Teresa) ma in entrambi i casi si ha un tono elevato e solenne. I sonetti Nel 1802 contemporaneamente all'edizione definitiva, pubblica anche la raccolta di poesia intitolata "Poesie" di cui si hanno 2 edizioni: -La prima edizione del 98/99 che contiene 8 sonetti e l'ode "all'amica risanata". -La seconda edizione del 1802 aggiunge una seconda Ode "l'Ode a Luigia Pallavicini caduta da cavallo" e altri 4 sonetti che vengono definiti "sonetti maggiori" e sono: Alla sera, alla musa, a Zacinto, in morte del fratello Giovanni. La differenza tra la prima e la seconda edizione sta soprattutto nella diversa disposizione dei sonetti, perché non raccontano una storia biografica, ma nella seconda edizione la disposizione dei sonetti tende a ricreare una sorta di ritratto ideale. -La seconda edizione si apre col sonetto "Alla sera" e si chiude col sonetto "Alla Musa"; questo fa sì che sembri che Foscolo elogi la propria autobiografia, facendola diventare esempio della condizione esistenziale dell'uomo, non analizza più la sua vicenda personale, ma la vicenda dell'uomo in generale. -La prima edizione ha invece un contenuto molto più autobiografico, definita spesso "Ortisiana", paragonata all'Ortis in quanto c'è una maggiore presenza di dati autobiografici (ma dal punto di vista dei sentimenti). Alla Sera Alla sera è una poesia in cui Foscolo è stanco di lottare, la morte è quasi desiderata poiché porta alla pace e alla serenità, infatti vede la sera come presagio della morte, ma poi conclude dicendo che ancora urla dentro di lui uno spirito guerriero, quindi da un lato desidera la morte, dall'altro ha ancora la forza di lottare. Il sonetto è tradizionale, è costituito da 2 quartine e 2 terzine di endecasillabi, ma Foscolo lo rinnova profondamente, dal punto di vista fonetico e metrico, nelle quartine si ha lo sviluppo di un discorso e nelle terzine lo sviluppo di un altro. -Nelle quartine si ha una descrizione paesaggistica, un paesaggio estivo e invernale, viene invocata la sera nella quale Foscolo vede un presagio di morte che lo induce ad un sentimento di serenità perché la sera porta pace al cuore. -Nelle terzine si ha una riflessione, il soggetto è sempre la sera, troviamo un'antitesi tra pace e dolore, che racchiude il senso di vita del poeta e dell'uomo in generale. Rappresenta gli uomini che cercano nel presente di ottenere i loro obbiettivi, nel frattempo il tempo fugge, ma quello spirito guerriero continua ad esistere. Dal punto di vista poetico troviamo gli enjambement: collegamento fra due versi quando un sintagma (soggetto-verbo) viene spezzato. Dal punto di vista fonetico abbiamo una frequenza di sinalefe (vocale e segue dopo un'altra vocale) che crea una sorta di partitura musicale. A Zacinto (pag 619-20) È il sonetto più importante di Foscolo ed è il sonetto che ha rivoluziona la poesia del 700; infatti la struttura viene completamente destrutturata. Inizialmente è inteso come una composizione formata da 2 quartine e 2 terzine, dove le quartine terminano con un punto, e le terzine sviluppano un altro discorso. Nel sonetto A Zacinto, se guardiamo vi è un enjambement tra la seconda quartina e la prima terzina, dunque il discorso continua, non vi è più la coincidenza tra l'unità strofica e l'unità sintattica, ma il discorso termina direttamente nella terzina. Dal punto di vista metrico inaugura la poesia nuova, ovvero quella del 900. Il senso generale del testo: Zacinto si specchia in quel mare dal quale nacque la dea Venere, che illuminò le isole greche del suo sorriso, inducendo Omero a cantarne la bellezza e a raccontare il viaggio di Ulisse, che infine riuscì a ritornare nell'amata isola Itaca. Diversamente da lui, il poeta sa che il ritorno a Zacinto gli sarà impossibile, cosicché alla sua isola natale può rivolgere solamente la propria poesia. Il sonetto è rivolto alla sua patria che diventa sacra (sacre sponde) dove trascorse la sua giovinezza (fanciulletto giacque); vi è la citazione a Venere, alludendo alle sue illusioni. -Foscolo fa un parallelismo con Ulisse, perché entrambi sono esuli, ma in maniera diversa: Foscolo non tornò nella sua bella patria, mentre Ulisse baciò Itaca, dunque tornò. "O materna mia" riprende il concetto di Edipo, con l'allitterazione della lettera M. -Vi è anche un parallelismo con Omero, che può limitarsi soltanto a cantare la sua terra. "Sepoltura illacrimata" neologismo Foscoliano, la sua sepoltura non è vicina a nessun suo caro. Lo schema delle rime delle quartine è ABAB, ma a far rima sono le sillabe onde ed acque; queste sillabe sono parole autonome che indicano il mare, un elemento fondamentale della vita di Foscolo: nasce in un'isola, per andare in esilio deve varcare il mare. Mare inteso come sacro, perché nasce Venere, dea dell'amore e della bellezza (due delle più importanti illusioni di Foscolo) ma anche legato al concetto di vita, poiché il feto è immerso nel liquido amniotico (elemento primordiale della vita). Il poeta torna nella sua patria solo attraverso la poesia, è il suo risarcimento. Dei sepolcri L'ultima grande opera di Foscolo è Dei sepolcri; la scrive come un'epistola in 295 endecasillabi sciolti, cioè non sono sempre legati dalla rima, indirizzata ad Ippolito Pindemonte (un autore del Neoclassicismo). L'occasione di questa epistole è l'editto di Saint Cloud il quale stabiliva che i defunti dovessero essere seppelliti in fosse comuni al di fuori della città, senza che ci fosse una lapide che individuasse l'individuo. Foscolo si pronuncia anche su Parini, vittima di quest'editto, dicendo che la sua tomba è calpestata anche dagli animali. (nasceva da un'interpretazione di egualitarismo tratto dalla Rivoluzione Francese). Foscolo in un momento aveva condiviso lo spirito di quest'editto: riferendosi al "nulla eterno", la tomba non dovrebbe servire; inizia le epistole affermando che, visto che dopo la morte non c'è niente (forza operosa di moto in moto), un sasso non servirebbe a distinguere le sue ossa da quelle altrui. Allora perché bisognerebbe togliere anche l'ultima illusione ai vivi, che il defunto sia ancora con loro? Il sepolcro in realtà serve ai vivi, che possono pregare sulle loro tombe; lui lo definisce "Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi, Celeste dote è negli umani" attraverso la quale noi parliamo col defunto ed il defunto parla con noi. Questa Celeste dote è a tutti gli effetti una dote divina, attraverso la quale creiamo un legame col defunto, che continua a parlare con noi e noi continuiamo a parlare con lui. Lui dice proprio che dal tumulo noi sentiamo il respiro del defunto; attraverso la cura che si ha del sepolcro si mantiene la sua memoria. La memoria del defunto è fondamentale, perché attraverso essa si continuano a ricordare le gesta dei defunti, la loro vita, e quindi attraverso un passaggio che va per immagini Foscolo dice che: se nel Medioevo questo concetto era visto come qualcosa di lugubre (seppelliti all'interno delle Chiese), nel mondo greco ed inglese i sepolcri erano nei giardini, e di conseguenza si poteva colloquiare con loro (le giovani inglesi possono andare a pregare per l'ammiraglio Nelson) creando questo ricordo delle gesta gloriose di coloro che hanno anche combattuto per la patria. Ricorda nell'epistola la Chiesa di Santa Croce a Firenze dove sono seppelliti Galileo, Machiavelli, Michelangelo, Newton, Alfieri, cioè i grandi personaggi che hanno fatto la storia; dunque questo luogo può diventare per i giovani del suo tempo un luogo di forte ispirazione per combattere per la patria. Alla stessa maniera i greci trassero ispirazione dal tumulo di Maratona, il luogo dove gli ateniesi hanno combattuto nel 490 per la loro libertà contro i persiani; da soli, contro ogni aspettativa, ebbero la forza di respingere l'esercito dei persiani, portando avanti così l'autonomia e l'indipendenza della Grecia, vincendo anche la seconda guerra dopo 10 anni. Foscolo fa dunque un parallelismo fra la Chiesa di Santa Croce, come luogo d'ispirazione, ed il tumulo di Maratona, dove i greci del 5 secolo trovarono la forza per combattere contro i persiani. Legandosi a ciò, Foscolo passa a ricordare la cultura greca e si ricorda di Troia, degli eroi morti per la sua difesa (Ettore); immagina Troia distrutta dal tempo, ed un mendicante cieco che esplora questi luoghi, tocca queste rovine per raccontare la storia della guerra di Troia. Attraverso un accostamento d'immagini, Foscolo passa da valutare il valore del sepolcro, fondamentale della civiltà umana (le illusioni li fanno uscire dallo stato selvatico) ad esaltare il valore di Santa Croce, di Maratona, del sacrificio di Ettore e l'onore di Omero. La più grande delle illusioni, la poesia, rende grandi questi valori, capace di poter superare il silenzio di mille secoli; Foscolo attraverso la sua stessa poesia porterà avanti questi illustri valori "finche il sole risplenderà sulle sciagure umane". I sepolcri da un punto di vista concettuale partono dalla premessa materialistica e meccanicistica ed arrivano a capovolgere questa premessa attraverso la teoria delle illusioni, attraverso cui l'uomo supera la propria finitezza e può aspirare all'eternità ("vince il silenzio di mille secoli"). Il nostro corpo non può essere eterno, ma noi possiamo portare avanti le nostre gesta, il modo in cui noi viviamo. (Chi ha eredità di affetti vivrà a lungo, chi non lascia eredità di affetti e di imprese, il sepolcro rappresenta per loro un inutil pompa, un masso\monumento inutile); non è importante del sepolcro il monumento, ma se chi vi è seppellito ha lasciato eredità di affetti e di imprese. Foscolo non fa un procedimento razionale, lo fa per accostamento di immagini (lui lo chiama "transizioni", ovvero il procedere un ragionamento per accostamento di immagini e non razionalmente. (i critici lo chiameranno "Voli Pindarici", perché Pindaro è un poeta greco spartano del 5 secolo a.C. che aveva questo modo di procedere nelle sue opere). Da un punto di vista stilistico abbiamo tutti i procedimenti tipici della poesia neoclassica: l'utilizzo di miti, l'utilizzo di procedimenti quali l'iperbato, le inversioni. Spesso per capire il senso logico della frase dobbiamo andare avanti 2\3 versi, proprio perché ci sono degli iperbati molto complessi (si ha l'inversione e fra i due termini vi è un grande spazio dove sono inseriti altri termini). Le Grazie Le Grazie, figlie di Venere che è il simbolo della bellezza e armonia dell'universo, sono considerate da Foscolo delle divinità che stanno tra il cielo e la terra e hanno il compito di attuare nel mondo l'armonia, rendendo l'animo degli uomini più nobile e predisponendoli alla civiltà. È un'opera fortemente neoclassica, piena di esempi mitologici, completata lentamente e pubblicata verso il 1812. Le arti sono costrette a ripararsi a Cipro, dove devono ripararsi attraverso un telo dalle azioni\barbarie degli uomini. (Primo inno: Venere, nascita della civiltà Greca classica \\ Secondo inno: Vesta, passaggio delle Grazie dalla Grecia all'Italia \\ Terzo inno: Pallade, intelligenza, che riesce a preservare col velo la poesia e la bellezza.) Temi: esaltazione della bellezza ideale, contrapposta alla tristezza per il trionfo delle barbarie. Inno: componimento poetico che esalta valori ideali, politici, religiosi; può essere musicato e cantato. La traduzione del viaggio sentimentale di Sterne