La letteratura italiana del Duecento rappresenta un periodo fondamentale per lo sviluppo della poesia e della lingua volgare.
La Scuola Siciliana vede tra i suoi massimi esponenti Giacomo da Lentini, inventore del sonetto e autore di opere come "Amor è un desio che ven da core", dove analizza il tema dell'amore attraverso un linguaggio raffinato e figure retoriche elaborate. Le sue poesie esplorano i concetti dell'amor cortese, influenzando profondamente la tradizione letteraria successiva. La sua opera più celebre "Io m'aggio posto in core a dio servire" rappresenta perfettamente lo stile della scuola, con la sua fusione di temi religiosi e amorosi.
Nel panorama fiorentino emerge la figura di Guido Cavalcanti, amico di Dante Alighieri e autore di sonetti di straordinaria intensità come "Perché non fuoro a me gli occhi dispenti" e "Noi siàn le triste penne isbigotite". La sua poetica si caratterizza per una profonda analisi psicologica dell'amore e per l'uso di un linguaggio filosofico e complesso. Dante Alighieri, il cui capolavoro la Divina Commedia fu scritto tra i 35 e i 56 anni, sviluppò la teoria dei tre stili (umile, medio e sublime), rivoluzionando la letteratura del Duecento. La sua vita personale, incluso il matrimonio con Gemma Donati e la nascita dei suoi figli, si intreccia con la sua produzione letteraria, caratterizzata da una straordinaria varietà stilistica e linguistica. Il suo contributo alla letteratura italiana è stato fondamentale per lo sviluppo della lingua volgare come strumento di espressione poetica e narrativa di alto livello.