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Orlando Furioso

29/6/2022

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Orlando Furioso
Scritto da Ludovico Ariosto, il poema riprende
e prosegue la materia cavalleresca trattata da
Boiardo nell'Orlando innamorat

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Orlando Furioso Scritto da Ludovico Ariosto, il poema riprende e prosegue la materia cavalleresca trattata da Boiardo nell'Orlando innamorato. I fatti narrati nel poema sono assai intricati e complessi. L'azione si sviluppa lungo tre linee fondamentali: la guerra tra i cristiani guidati da Carlo Magno e i saraceni, giunti ad assediare Parigi in seguito alla rotta dell'esercito nemico; l'amore di Orlando, paladino cristiano, per Angelica, che porterà l'eroe alla pazzia; l'amore tra Ruggiero, capostipite degli Estensi e Bradamante. Attorno a questi temi ruotano una miriade di personaggi e di fatti secondari, anche magici e sovrannaturali. La materia è poi organizzata secondo la tecnica dell'intreccio: ogni episodio è interrotto più volte da altri, i quali hanno con il primo rapporti a volte solamente casuali. Il movimento dell'azione e dei personaggi è determinato in prevalenza dalla loro ricerca (quete) di qualcuno o qualcosa, in un inseguirsi continuo e reciproco di tutti che raramente approda a risultati appaganti. Nel riprendere la materia cavalleresca, Ariosto la ironizza. Egli punta a un tono medio colloquiale diretto. Il capolavoro di Ariosto si ricollega dunque, da un lato, alla civiltà delle corti rinascimentali, ai valori cortigiani (equilibrio, decoro, onore, fedeltà, bellezza, ecc.), ma dall'altro esprime la consapevolezza di un equilibrio turbato, di una condizione di crisi e di precarietà. LA TRADIZIONE CAVALLERESCA SINO AL FURIOSO IN ITALIA E IN EUROPA L'Orlando Innamorato di Boiardo segna una svolta nel poema cavalleresco, trasformando i cantari...

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Didascalia alternativa:

popolari in un genere destinato alla corte. Quando, nel 1516, usci la prima relazione dell'Orlando furioso di Ariosto, il poema cavalleresco entrò a far parte definitivamente della letteratura alta. I due grandi filoni che lo attraversano, quello d'armi e quello d'amore, vanno ricondotti a due diverse tradizioni letterarie. La prima è quella epico- carolingia. Il suo atto di nascita è la Chanson de Roland (secolo XI), in cui si narra la guerra tra Cristiani e Saraceni sotto il regno di Carlo: la conclude la morte a Roncisvalle del paladino Orlando. Inoltre, alterna al racconto carolingio un racconto diverso: quelle romanzesco che ha le sue radici nella tradizione arturiana. Il secondo grande filone del Furioso è, come nell'innamorato, quello degli amori. Mentre nell'epica carolingia il centro ideologico è un'impresa collettiva (la guerra santa), questa produzione è in gioco la sorte di un singolo cavaliere. Anche qui sono presenti duelli o battaglie: non le grandi guerre carolingie. Il cavaliere affronta una serie di prove o avventure, organizzate in una quête ('ricerca', o, come traduce Ariosto, "închiesta"); in questo modo egli scopre proprio destino e conquista la propria identità. Il romanzo bretone o arturiano è alle origini un romanzo che traccia la formazione e dell'aristocrazia feudale. TRAMA Canto I L'azione ha inizio a Parigi alla vigilia della battaglia tra Mori e cristiani. Angelica, principessa del Calai giunta dall'Oriente al seguito di Orlando, è stata affidata al vecchio duca Namo di Baveria da Carlo Magno, che, per evitare la contesa tra Orlando e Rinaldo innamorati di lei, l'ha promessa al più valoroso dei due. Angelica approfitta della rotta dei cristiani e fugge. Incontra prima Rinaldo, che cerca il proprio cavallo Baiardo e la insegue, poi il saraceno Ferraù. All'arrivo di Rinaldo i due cavalieri si scontrano per il possesso di Angelica, che fugge di nuovo. Essi la inseguono e giunti ad un bivio si separano. Angelica incontra il pagano Sacripante al quale chiede protezione. Il cavallo di Sacripante viene abbattuto da un misterioso cavaliere, che è in realtà l'eroina cristiana Bradamante. Arriva Baiardo, che Angelica riesce ad avvicinare, e su di lui la fanciulla e Sacripante si allontanano. Canto II Sacripante duella con Rinaldo e Angelica ne approfitta per fuggire. Incontra un vecchio eremita, che con un incantesimo manda Rinaldo a Parigi. Qui Carlo Magno lo invia in Inghilterra in cerca di aiuti. Intanto Bradamante incontra Pinabello di Maganza e da lui apprende che l'amato Ruggiero è tenuto prigioniero nell'inaccessibile castello del mago Atlante sui Pirenei, per sottrarlo al destino di una morte prematura. Durante il viaggio verso il castello Pinabello scopre che Bradamante appartiene alla casata dei Chiaramonte nemica dei Maganza e getta la fanciulla in una scoscesa caverna. Canto III Dalla caverna Bradamante è tratta in salvo dalla maga Melissa, che la conduce alla tomba del mago Merlino, dove Bradamante conosce la sua futura di-scendenza, la casa d'Este. Melissa, prima di allontanarsi, le suggerisce di impossessarsi dell'anello magico di Angelica ora in possesso del saraceno Brunelle. Canto IV Bradamante incontra Brunelle, inviato da Agramante a liberare Ruggiero, e gli toglie l'anello. Grazie all'anello che la rende invisibile Bradamante riesce a vincere Atlante, che combatte a cavallo dell'ippogrifo, mostro alato per metà cavallo e per metà grifone, e ha uno scudo magico che tramortisce. Ruggiero viene liberato, ma Atlante lo fa salire sull'ippogrifo che lo porta lontano. Frattanto Rinaldo giunge in Scozia dove Ginevra, la figlia del re, sta per essere giustiziata per un'accusa messale da Polinesso. Rinaldo si offre di aiutarla. In cammino verso la corte egli incontra una fanciulla. Canto V - Dalinda, la fanciulla, gli racconta la storia di Ginevra, che ha respinto Polinesso per amore di Ariodante. Polinesso con l'aiuto di Dalinda ha accusato di infedeltà Ginevra e Ariodante per il dolore si è gettato in mare. Il fratello di lui Lurcanio ha ritenuto Ginevra colpevole. Rinaldo smaschera Polinesso e lo uccide in duello, mentre un cavaliere misterioso si scontra con Lurcanio. Canto VIII cavaliere è Ariodante tornato per salvare Ginevra. Il re commosso gli concede allora la mano del-la figlia. Ruggiero intanto in groppa all'ippogrifo giunge nella lontana isola della maga Alcina. Qui viene messo in guardia da Astolfo, che la maga ha trasformato in mirto. Canto VII - Superati orribili mostri a maga Erifilla, sedotto dalle arti di Alcina, Ruggiero dimentica Bradamante e resta prigioniero nell'isola. Viene liberato da Melissa, che lo raggiunge e con l'anello magico gli mostra gli incantesimi di Alcina e il suo reale aspetto di vec-chia e brutta megera. Canto VIII Liberati tutti gli altri prigionieri di Alcina tra cui Astolfo, Ruggiero e Melissa raggiungono la roc-ca di Logistilla, sorella di Alcina, e mettono in rotta le armate della maga. Nel frattempo Rinaldo ottiene aiu-ti dai re d'Inghilterra e di Scozia. Angelica durante la fuga è catturata dagli abitanti dell'isola di Ebuda e offerta come pasto ad un'orca marina. Orlando è indotto da un sogno a lasciare Parigi per cercare Angelica, seguito dal fedele amico Brandimarte. Fiordiligi, la sposa di Brandimarte, parte dopo un mese alla ricerca dell'amato. Canto IX - Orlando in viaggio verso Ebuda viene deviato da una tempesta alle foci della Schelda. Incontra Olimpia e l'aiuta a liberare il promesso sposo Bireno dagli intrighi di Cimosco re di Frisia, che nessuno vuole sfidare, perché in possesso del temibile archibugio. Orlando dopo aver ucciso Cimosco e gettato in mare l'archibugio parte per Ebuda. Canto X - Bireno s'innamora della figlia di Cimosco sua prigioniera e abbandona la fedele Olimpia su una spiaggia deserta. Ruggiero intanto ha appreso da Logistilla come cavalcare l'ippogrifo e vola rapido verso Ebuda. Salva Angelica dall'orca e resta affascinato dalla sua bellezza. In groppa all'ippogrifo i due vanno in Bretagna. Canto XI - Angelica, servendosi dell'anello magico, fugge. Fugge anche l'ippogrifo. Ruggiero resta a piedi. Orlando intanto giunge all'isola di Ebuda e salva Olimpia che sta per essere data in pasto all'orca. Il mostro marino viene ucciso dal paladino e Olimpia liberata. Di lei s'innamora il re d'Irlanda Oberto. Canto XII - Proseguendo nella ricerca dell'amata Orlando resta prigioniero nel palazzo incantato di Atlante, dove si trovano anche Ruggiero, Gradasso, Ferraù, Brandimarte. Tutti, ingannati da Atlante, si aggirano senza riconoscerei nel palazzo all'inseguimento delle vane immagini del loro desiderio. Al palazzo arriva Angelica che con l'aiuto dell'anello rompe il sortilegio e libera Sacripante per farsi proteggere. Anche Orlando e Ferraù la seguono. Mentre questi combattono Angelica fugge portando con sé l'elmo di Orlando, che poi abbandona in un prato e Ferraù raccoglie. Orlando ri-prende la sua ricerca, fa strage di nemici e trova in una grotta la fanciulla Isabella e la vecchia Gabrina. Canto XIII Mentre Orlando libera Isabella, innamo-rata del cristiano Zerbino e imprigionata dai briganti nella spelonca, Bradamante resta prigioniera nel castello di Atlante, dov'era giunta in cerca di Ruggiero. Canto XIV - I Mori intanto si preparano all'assalto. Agramante passa in rassegna le truppe, mentre Mandricardo parte alla ricerca del cavaliere (Orlando) che ha fatto strage di soldati saraceni. Incontrata Doralice Mandricardo se ne innamora e la rapisce. Nell'assalto a Parigi il re saraceno Rodomonte compie imprese straordinarie e penetra nella città. Canto XV - Intanto Astolfo, liberatesi dagli incanti di Alcina, giunge in Egitto. Qui si scontra col gigante Caligorante e poi uccide Orrilo, un mostro che si ricompone ogni volta che viene tagliato a pezzi. Con Grifone e Aquilante, figli di Oliviero, va in Palestina. Si unisce al gruppo Sansonetto. Grifone parte invece alla ricerca dell'amata Origille, che l'ha lasciato per un altro. Canto XVI - Origille convince Grifone che l'uomo che è con lei è il fratello Martano. A Parigi Rodomonte combatte fieramente. Canto XVII - Rodomonte da solo continua a opporre una strenua resistenza al contrattacco dei cristiani. Intanto Grifone gabbato da Mattano e abbandonato da Origille uccide chiunque incontra. Canto XVIII Rodomonte stretto da ogni parte si salva gettandosi nel fiume. A Damasco in Siria, dopo diver-se peripezie si riuniscono Astolfo, Grifone, Aquilante, Sansonetto. Ad essi si aggiunge la guerriera saracena Marfisa. Tutti insieme partono per la Francia. A Parigi nel frattempo è giunto Rinaldo con le truppe inglesi e scozzesi e con l'aiuto dell'arcangelo Michele uccide il re Dardinello. Nella notte due fedeli del re pagano, Cloridano e Medoro, tornano nel campo di battaglia per dare sepoltura al loro signore. Canto XIX - Sorpresi dai cristiani, deridano è ucciso, Medoro ferito viene curato da Angelica che se ne innamora. Rimasti qualche tempo ospiti di un pastore, Angelica e Medoro si sposano e partono per il Calai. Canto XX Astolfo e compagni raggiungono l'isola del-le femmine omicide. Vi trovano Guidon Selvaggio che riparte con loro. A Marsiglia la vergine Marfisa si al-lontana dal gruppo e salva la vecchia Gabrina da Pinabello affidandola a Zerbino. Canto XXI - Avventure di Gabrina. Canto XXII - Astolfo giunto in Francia, grazie a un li-bretto ricevuto da Logistilla che gli insegna come difendersi dalle arti magiche, entra nel palazzo di Atlante, lo distrugge e s'impossessa dell'ippogrifo. Ruggiero e Bradamante cessato l'incantesimo si riconoscono e insieme si avviano al monastero di Vallombrosa, do-ve il saraceno vuoi farsi battezzare. S'imbattono in Aquilante, Grifone, Sansonetto e Guidon Selvaggio prigionieri di Pinabello. Nello scontro Bradamante uccide Pinabello ma si smarrisce e non ritrova più Ruggiero. Canto XXIII - Bradamante incontra Astolfo che prima di partire con l'ippogrifo le affida le armi e il cavallo Rabicano. L'eroina giunge poi a Montalbano presso il fratello Alardo e manda l'ancella Ippalca con il cavallo Frontino a Vallombrosa in cerca di Ruggiero. Ippalca è fermata da Rodomonte. Gabrina ruba dal cadavere di Pinabello un cinto e se ne serve come prova per accusare Zerbino dell'assassinio. Zerbino è catturato e mentre viene condotto a morte arriva Orlando con Isabella e lo salva. Sopraggiunge Mandricardo e si batte con Orlando fino a quando il suo cavallo lo trascina via. Orlando inseguendolo s'inoltra in una selva e capita là do-ve Angelica e Medoro s'erano amati e avevano inciso ovunque i loro nomi. Dal pastore che li aveva ospitati apprende del loro amore e per il dolore. diviene pazzo. Canto XXIV - Orlando trasformatesi in un essere bestiale compie folli gesta distruttive. Zerbino e Isabella incontrano Odorico il Biscagline al quale affidano Gabrina nel frattempo sopraggiunta. Più tardi Zerbino giunto con Isabella nel luogo della follia d'Orlando, per difendere le armi che il paladino aveva disperso, si batte con Mandricardo arrivato lì con Doralice. Ferito a morte, Zerbino muore tra le braccia di Isabella. Mandricardo s'imbatte in Rodomonte e i due si scontrano per il possesso di Doralice. Interrompono però il duello per raggiungere Parigi dove intanto infuria la battaglia. Canto XXV - Ruggiero salva il fratello di Bradamante Ricciardetto e insieme a lui e Aldigieri parte per liberare i fratelli di quest'ultimo, Malagigi e Viviano, da Lanfusa, madre di Ferraù. Canto XXVI - Si unisce a loro Marfisà con la quale com-piono l'impresa. Ruggiero, Aldigieri, Malagigi, Viviano e Marfisa riprendono il viaggio e incontrano Ippalca. Ruggiero parte in cerca del cavallo Frontino. Si ritrovano poi tutti e scoppia una rissa, placata dall'intervento di Malagigi che con un sortilegio fa fuggire il cavallo di Doralice che Rodomonte e Mandricardo inseguono. Canto XXVII - Nell'inseguire Doralice i due arrivano a Parigi dove i cristiani, privi di Rinaldo e Orlando, sono di nuovo sconfitti. L'arcangelo Michele manda Discordia ad accendere rivalità nel campo di Agramante. Rodomonte apprende che Doralice gli ha preferito Mandricardo e folle per il dolore abbandona il campo gridando il suo disprezzo per le donne. Canto XXVIII - Incontra Isabella che con un monaco accompagna la salma di Zerbino. La fanciulla vuole ritirarsi in convento, ma Rodomonte sensibile al suo fascino allontana il monaco e corteggia Isabella. Canto XXIX - Isabella per rimanere fedele alla memoria di Zerbino e sottrarsi alle voglie del pagano con un inganno si fa uccidere da lui mentre è ubriaco. Rodomonte allora costruisce per Isabella un mausoleo e sfida a duello chiunque attraversi un ponte ad esso vicino. Giunge il folle Orlando e i due s'azzuffano. Cadono nel fiume. Orlando a nuoto raggiunge la riva. Canto XXX - Sempre fuori di senno Orlando passa a nuoto in Africa. Ruggiero ha intanto duellato con Mandricardo e rimasto ferito non ha potuto raggiungere Val-lombrosa. Canto XXXI - A Parigi arriva Rinaldo con molti cavalieri per aiutare Carlo Magno. I saraceni vengono sconfitti e sono costretti a ripiegare nel sud della Francia ad Arles. Canto XXXII - Bradamante disperata perché crede che Ruggiero l'abbia abbandonata si mette in viaggio per Parigi. Lungo il cammino sosta nella rocca di Tristano dove mago Merlino ha dipinto la storia futura dei Francesi. Canto XXXIII -Astolfo intanto a cavallo dell'ippogrifo vaga per varie regioni. In Etiopia libera il re Senapo dalle Arpie. Canto XXXIV - Astolfo visita poi l'inferno e il paradiso terrestre. Di qui con l'aiuto di san Giovanni sale sulla luna dove recupera il senno di Orlando, finito là insieme a tutte le cose che si perdono sulla terra. Canto XXXV - Bradamante raggiunge il campo saraceno di Arles e sfida i pagani per punire Ruggiero che crede le abbia mancato di fede con Marfisa. Canto XXXVI - Si scatena una vera battaglia e nell'infuriare degli scontri Bradamante e Ruggiero si ritrovano. Insieme si allontanano in un boschetto. Giunge anche Marfisa. L'ombra di Atlante, morto di dolore per i tentativi di salvare Ruggiero dalla sua sorte, svela che Marfisa è sorella di Ruggiero e che entrambi sono figli di un guerriero cristiano. Torna la pace. Canto XXXVII - Bradamante, Marfisa e Ruggiero uccidono Marganorre. Poi Ruggiero raggiunge il re Agramante ad Arles. Bradamante e Marfisa vanno invece al campo cristiano. Canto XXXVIII - Intanto Astolfo tornato dalla luna risale sull'ippogrifo e va in Africa a compiere prodigio-se imprese. Canto XXXIX - Astolfo a capo di una magica flotta at-tende di poter salpare, quando giungono su una nave i prigionieri di Rodomonte. Astolfo libera tutti e tra questi Brandimarte. Arrivano anche Orlando e Fiordiligi che può finalmente riunirsi all'amato. Orlando annusando l'ampolla recuperata da Astolfo che contiene il suo senno rinsavisce. Insieme Orlando e Astolfo stringono d'assedio Biserta, capitale del regno di Agramante. Canto XL - Biserta è messa a ferro e fuoco. Agramante, sconfitto anche in Francia, fugge a Lipadusa, dove avviene il duello decisivo. Agramante, Gradasso e Sorbino sfidano Orlando, Oliviero e Brandimarte. Canto XLIII duello è durissimo e Brandimarte viene mortalmente ferito. Canto XLII - Orlando a sua volta uccide Agramante e Gradasso. Rinaldo, che continua a soffrire d'amore per Angelica, beve alla fonte dell'odio nelle Ardenne e si libera così della sua passione. Poi parte per raggiungere Lipadusa dove spera di partecipare al duello. In viaggio sosta presso varie corti padane e ha modo di fare un'inchiesta sulla fedeltà delle donne. Canto XLIII - A Lipadusa Fiordiligi si fa costruire una cella accanto al sepolcro di Brandimarte dove trascorrere il resto della vita. Raggiunto Orlando, Rinaldo porta con lui Oliviero ferito da un eremita per farlo curare. Qui trovano Ruggiero che, giuntovi naufrago, è stato battezzato. Canto XLIV - Rinaldo promette la sorella Bradamante in sposa a Ruggiero e tutti partono verso la Francia. Il matrimonio è però ritardato da una complicazione: i genitori di Bradamante l'hanno promessa a Leone, figlio dell'imperatore di Bisanzio, perché ai loro occhi Ruggiero è troppo povero. Ruggiero allora combatte i Greci al fianco dei Bulgari. Canto XLV - Tra Leone e Ruggiero avviene una nobile gara. Canto XLVI- Alla fine Leone cede a Ruggiero ogni diritto su Bradamante, che Ruggiero può così sposare. Egli inoltre grazie alle sue imprese ha ottenuto il regno dei Bulgari. Mentre alla corte di Carlo si svolge la cerimonia di nozze giunge Rodomonte e sfida Ruggiero accusandolo di avere tradito il suo re. Nel duello tra i due campioni Rodomonte viene ucciso. Si pone così definitivamente fine alla guerra. LA POETICA DEL FURIOSO: TRA EPICA E ROMANZO L'invenzione di uno stile epico illustre è la prima grande innovazione ariostesca, resa possibile da una profonda volontà di avvicinamento ai modelli epici. Il Furioso si riallaccia visibilmente al ciclo carolingio da una parte, alla tradizione classica dall'altra. Tuttavia, Ariosto stesso pone dei limiti al carattere epico del Furioso: i valori dell'epica sono valori collettivi e popolari mentre l'etica cinquecentesca è un'etica individualistica e legata a una sola classe, quella dei cortigiani. I vari collettivi proposti dal Furioso dovrebbero essere quelli della lotta cristiana contro i Saraceni: lo impone la materia carolingia. Sono gli ultimi canti a indirizzarsi verso l'epos, per suggellare il carattere ufficiale del poema. Ma, per tutto il suo corso, c'è un attrito ben percepibile con l'altro versante dell'opera: quello romanzesco. Se l'epica propaganda valori collettivi, il romanzo celebra invece i valori individuali. Mentre l'epica tende all'accentramento, il romanzo va verso la divagazione; mentre l'una ha una struttura chiusa, l'altro ha una struttura aperta. Mentre l'epica è tragica, Ariosto preferisce i toni ironici. Resta perciò lontano dall'epica. I TEMI: LA QUETE, IL LABIRINTO, LA FOLLIA Nel romanzo arturiano la divagazione è orientata e destinata al compimento. I romanzi di Chrétien de Troyes si concludono con il raggiungimento, da parte del cavaliere, dell'oggetto della sua ricerca. Nel Furioso, invece, le quêtes vanno spesso a vuoto. Angelica non è raggiunta né da Orlando, né da Rinaldo, né da nessun altro fra quelli che la ricercano. Cede invece a un semplice soldato, mai visto prima, incontrato per un caso fortuito: Medoro. La quéte diviene nel Furioso l'inseguimento di un fantasma interiore. In esso tutti credono di trovarsi sulle tracce del loro oggetto di desiderio ma tutte sono vittime di un inganno. Se dunque nella quête il romanzo esprime senso dell'esistere, il senso dell'esistere è per Ariosto inseguimento di un sogno, lungo affaticarsi in un labirinto, perdita di sé o, addirittura, follia. La forza che mette in moto l'azione romanzesca è l'amore, che Ariosto rappresenta in tutte le sue varietà. Il Furioso è un poema del disincanto, della consapevole rinuncia a molte illusioni della civiltà rinascimentale. Ma questa rinuncia avviene con uno spirito ancora rinascimentale: cioè in un senso né univoco né tragico. In quanto poema nato per la corte, esso non può venire meno a uno dei suoi compiti: tracciare la figura esemplare del cortigiano. La figura prescelta per questo scopo è Ruggiero: il fondatore della dinastia estense e, idealmente, della corte. Il cammino compiuto da Ruggiero è un cammino di formazione che inizia con l'inconsapevolezza di sé e termina con l'assunzione del proprio ruolo. Perciò la sua quête si conclude con un successo, al contrario di quanto accade per gli inseguitori di Angelica. Ruggiero affronta prove in cui si riconosce, allegoricamente, un messaggio educativo. LA VOCE DEL NARRATORE: ARIOSTO DEMIURGO E ARIOSTO INNAMORATO Ariosto fin dall'inizio del poema, si mette in scena in duplice veste. La prima è quella del narratore onnisciente, cioè del narratore che sa ogni cosa della vicenda narrata e che, dall'alto, muove e controlla i personaggi. Questa formulazione insiste sulle capacità demiurgiche del poeta. Secondo Platone il Demiurgo è l'artefice divino che plasma il mondo sensibile a immagine delle idee eterne e immutabili. Nella cultura del primo Rinascimento, il Demiurgo diviene una figura analoga a quella dell'artista. A differenza del Dio ebraico e cristiano, il Demiurgo non crea dal nulla. E anche il poeta opera con una materia assolutamente nuova. Il Furioso è, in partenza, la continuazione di un testo preesistente (l'Innamorato). Ariosto è quindi autore di una letteratura che, in grandissima parte, si alimenta di altra letteratura. Questo non costituisce, per il lettore del Cinquecento, uno scandalo o un plagio. Il poeta rinascimentale non ricerca. l'originalità. Vuole essere ammirato per la scelta dei suoi materiali, per la capacità di lavorarli, di montarli, di combinarli. In quest'opera di costruzione del poema, Ariosto assume spesso un atteggiamento ironico e autoironico: cosi, Ariosto si rappresenta indaffarato a seguire mille personaggi e mille trame. Il secondo modo in cui Ariosto si mette in scena è quello di un vero e proprio personaggio. Egli già dalle prime ottave assimila infatti la sua storia d'amore a quella di Orlando. ARMONIA E IRONIA: EQUILIBRO RINASCIMENTALE E DISSOLUZIONE DEI VALORI Ariosto vede gli sconvolgimenti del suo tempo, ma se ne tiene lontano. A essi oppone la serenità della vita domestica e l'impegno del lavoro letterario. Non è una semplice fuga dalla realtà, come spesso si è imputato ad Ariosto. E semmai la ricerca di un equilibrio al di sopra degli sconvolgimenti storici. Questo equilibrio è però condizionato dalla posizione sociale del letterato come uomo di corte. Il signore gli IL PROEMIO: ORLANDO FURIOSO 1 Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto, che furo al tempo che passaro i Mori d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, seguendo l'ire e i giovenil furori d'Agramante lor re, che si diè vanto di vendicar la morte di Troiano sopra re Carlo imperator romano. Delle donne, dei cavalieri, delle battaglie, degli amori, degli atti di cortesia, delle audaci imprese io canto, che ci furono nel tempo in cui gli Arabi attraversarono il mare d'Africa, e arrecarono tanto danno in Francia, seguendo le ire e i furori giovanili del loro re Agramante, il quale si vantò di poter vendicare la morte di Traiano contro il re Carlo, imperatore romano. Ariosto ribadisce la fusione tra il ciclo carolingio, tema delle armi, ed il ciclo arturiano, tema dell'amore. Viene quindi presentato il tema cardine del poema e primo filone della narrazione: parlerà della guerra che il re arabo Agramante porta contro Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero, per vendicare la morte del proprio padre per mano di Orlando. A fare da sfondo alla storia principale è quindi la guerra tra Cristiani e Saraceni. 2 Dirò d'Orlando in un medesmo tratto cosa non detta in prosa mai, né in rima: che per amor venne in furore e matto, d'uom che si saggio era stimato prima; se da colei che tal quasi m'ha fatto, che 1 poco ingegno ad or ad or mi lima, me ne sarà però tanto concesso, che mi basti a finir quanto ho promesso. Nello stesso tempo, racconterò di Orlando cose che non sono state mai dette né in prosa né in rima: che per amore, divenne completamente folle, concede l'agio di vita, ma l'intellettuale deve piegarsi alle sue direttive: sia in senso pratico, assolvendo incarichi amministrativi, sia in senso ideologico, partecipando all'elaborazione della politica culturale di corte. lui che prima era considerato uomo così saggio; dirò queste cose se da parte di colei che mi ha quasi reso tale e che a poco a poco consuma il mio piccolo ingegno, me ne sarà concesso a sufficienza (di ingegno) che mi basti a finire l'opera che ho promesso. Ariosto introduce quindi il secondo filone della narrazione: la pazzia di Orlando. Propone poi un'associazione diretta tra lui e Orlando stesso, invocando la donna da lui amata, Alessandra Benucci, per la quale lui è folle d'amore, perché gli consenta di proseguire il proprio lavoro. 3 Piacciavi, generosa Erculea prole, ornamento e splendor del secol nostro, Ippolito, aggradir questo che vuole e darvi sol può l'umil servo vostro. Quel ch'io vi debbo, posso di parole pagare in parte e d'opera d'inchiostro; né che poco io vi dia da imputar sono, che quanto io posso dar, tutto vi dono. Vi piaccia, generosa e nobile prole del [duca] Ercole I, che siete ornamento e splendore del nostro tempo, Ippolito, di gradire questo poema che vuole e darvi solo può il vostro umile servitore. Il mio debito nei vostri confronti, lo posso solo pagare in parte con le mie parole ed opere scritte; non mi si potrà accusare di darvi poco, perché io vi dono tutto quanto posso donarvi, non ho altro. Nelle terze ottave viene quindi inserita la dedica, le lodi della persona alla quale il poema è dedicato: il cardinale Ippolito d'Este, al quale si rivolge con il termine di "Erculea prole" facendo riferimento al padre di Ippolito, Ercole I d'Este. Ariosto scrive con termini positivi della famiglia degli Este perché cerca di riallacciare i rapporti con Ippolito, resi deboli da quando questo gli aveva chiesto di andare con lui in Ungheria, dove nel 1517 si era traferito nel vescovato di Agria, ma dallo scrittore aveva avuto in risposta. un rifiuto. 4 Voi sentirete fra i più degni eroi, che nominar con laude m'apparecchio, ricordar quel Ruggier, che fu di voi e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio. L'alto valore e' chiari gesti suoi vi farò udir, se voi mi date orecchio, e vostri alti pensieri cedino un poco, sì che tra lor miei versi abbiano loco. Voi mi sentirete ricordare fra i più valorosi eroi, che mi appresto a citare lodandoli, di quel Ruggiero che fu il vostro e dei vostri nobili avi il capostipite. Il suo grande valore e le sue imprese vi farò udire se mi presterete ascolto; e le vostre profonde preoccupazioni cedano un poco, in modo che tra loro i miei versi possano trovare spazio. Nella quarta ottava Ariosto introduce infine il terzo ed ultimo filone della narrazione: l'amore tra Ruggiero e Bradamante, capostipiti della dinastia della famiglia d'Este e quindi primi parenti del cardinale Ippolito. Si propone quindi di esaltare il valore e le grandi imprese del cavaliere, che non possono fare altro che dare ulteriore lustro al buon nome del cardinale. ANALISI In questo proemio Ariosto presenta la sua opera al lettore: queste prime quattro ottave annunciano la vicenda del poema, mettendone a fuoco i temi principali. Il proemio è suddiviso in argomento (prima ottava e vv. 1- 4 della seconda), invocazione (vv. 5-8 della seconda ottava) e infine dedica (ottave terza e quarta). Le formule «io canto» e «Dirò», l'esplicito rivolgersi al cardinale Ippolito «Piacciavi» «Voi sentirete», «vi farò udir>> inseriscono il poema nel contesto aristocratico della corte. In particolare la dedica al cardinale Ippolito stabilisce un legame di continuità tra il poeta e il suo pubblico. Dal punto di vista sociale l'Orlando furioso si propone come un "divertimento" e una proiezione pubblica di valori esemplari, umani e sociali. Rivolgendosi al pubblico della corte estense, Ariosto si ricollega alla tradizione inaugurata da Matteo Maria Boiardo, proseguendo la storia lasciata interrotta nel poema Orlando innamorato, ma al tempo stesso valica i limiti circoscritti della corte e si rivolge ad un pubblico ben più ampio. TEMI PRINCIPALI I primi due versi del proemio sintetizzano tutti i temi dell'opera: le vicende d'amore e di guerra, i valori signorili e cavallereschi e la ricerca di imprese eroiche. Già in questi versi emergono due elementi innovativi: 1. tradizionalmente il poema cavalleresco si concentrava su un'unica materia, o addirittura su un solo eroe principale; qui, al contrario, è enfatizzata la varietà degli eventi e dei temi; 2. l'invocazione era unicamente rivolta alle Muse, ad Apollo a Dio o ai Santi; qui, invece, è indirizzata alla donna amata. Ma sono i primi quattro versi della seconda ottava presentare la grande novità del poema di Ariosto: il protagonista, Orlando, il paladino dell'epica francese medievale, il difensore dell'Occidente cristiano, infatti, non è solo innamorato, come accadeva in Boiardo, ma addirittura diviene pazzo a causa della delusione amorosa, L'amore follia sono esibiti come i temi più rilevanti dell'intera opera:; l'amore, che nella tradizione cortese nobilitava l'uomo, in Ariosto può viceversa anche provocare la perdita della ragione, la regressione animalesca, la follia. L'autore stesso, come apprendiamo dalla seconda ottava, fa parte di questa varia fenomenologia amorosa: egli dichiara di poter a sua volta smarrire il senno e l'identità nella follia d'amore e nell'avventura della scrittura. Infine la terza e la quarta ottava, rivolte al dedicatario del poema, il cardinale Ippolito d'Este, introducono il tema encomiastico. STILE Alla varietà di temi corrisponde la varietà delle forme e della struttura narrativa. La narrazione si basa infatti sulla tecnica dell'entrelacement (intreccio) che interseca e sovrappone di continuo le avventure diverse dei personaggi, ognuno dei quali persegue una personale ricerca (quéte) di amore, onore e gloria. A sua volta lo stile del poema è vario: a tratti alto e nobile, a tratti colloquiale, tratti appassionato, a tratti ironico. Complessa e solenne è la prima ottava che imprime un sigillo epico alla materia. In questi primi versi sono frequenti le anastrofi e gli iperbati. In questa prima ottava il tono è alto, solenne, adatto alla presentazione della vicenda bellica collettiva riguardante le sorti del mondo (la guerra tra cristiani e infedeli). Ben diversa è la struttura lessicale e stilistica della seconda ottava con toni più bassi e linguaggio quotidiano che introducono il tema della follia amorosa. La terza e la quarta ottava, infine, sono divise fra stile alto e stile più basso. L'IRONIA L'ironia è lo strumento retorico. con cui l'autore tenta, di dare armonia ed equilibrio al mondo segnato da squilibri e da contraddizioni. Nella seconda ottava del proemio compare esemplarmente l'ironia ariostesca nel momento in cui l'autore inserisce se stesso all'interno dell'opera: l'autore, cioè, si rappresenta a sua volta come un personaggio intento a un'impresa e soggetto al rischi della follia amorosa. Cosi, già dal primo canto, il Furioso si presenta come un'opera ironica e metaletteraria. RIASSUNTO CANTO 1 (1) DEL POEMA ORLANDO FURIOSO Angelica ed Orlando tornano insieme dall'Oriente e si recano là dove re Carlo aveva insediato il proprio esercito, per dare battaglia a re Agramante, giunto dall'Africa per vendicare la morte di Traiano, e al suo alleato il re Marsilio. Rinaldo, anch'egli innamorato di Angelica, giunge anche lui sul posto ed entra subito in conflitto con Orlando. Carlo Magno è quindi costretto, per porre fine al conflitto amoroso, ad affidare la bella donna a Namo di Baviera, promettendola quindi in dono a chi dei due duellanti risulterà il più valoroso nella imminente battaglia contro i saraceni. I cristiani vengono però sconfitti e sono costretti a ritirarsi. Il duca Namo viene fatto prigioniero ed Angelica, rimasta incustodita, approfitta della situazione per fuggire a cavallo. Inoltratasi in un bosco, incontra Rinaldo che avanza correndo, avendo in precedenza perduto il proprio cavallo. Angelica impaurita, cambia prontamente direzione e fugge al cavaliere. Giunta sulla riva di un fiume incontra quindi il saraceno Ferraù che, spinto da un grande desiderio di dissetarsi e di riposarsi, si era allontanato dal campo di battaglia. Nel gesto di bere aveva però perduto il proprio elmo e si si era quindi poi dovuto fermare oltre per cercarlo. Ferraù, probabilmente anch'egli vittima del fascino di Angelica, corre in aiuto della donzella, sguaina la spada ed affronta Rinaldo. Angelica approfitta della situazione e riprende la fuga. Dopo un feroce combattimento senza vincitore i due però decidono di non perdere ulteriormente tempo e di correre insieme, sullo stesso cavallo, all'inseguimento della donna, rimandando quindi il duello. Ad un bivio devono però separarsi. Dopo diverse vicissitudini, Ferraù si ritrova infine nuovamente al fiume e si rimette a cercare l'elmo. Dalle acqua vede comparire Argalia, cavaliere ucciso da Ferrù, che lo rimprovera per non avere mantenuto, se non per caso (con la perdita dell'elmo), la promessa data di gettare le sue armi. Argalia lo incita quindi a conquistare l'elmo di Orlando o di Rinaldo in sostituzione del suo, promesso ma mai restituito. Ferraù per la vergonga e per l'ira decide di fare qualunque cosa per soddisfare almeno questa ultima richiesta e si lancia alla ricerca di Orlando. Poco dopo aver lasciato Ferraù, Rinaldo vede ricomparire il suo cavallo Baiardo. Cerca di richiamarlo a se ma il cavallo si allontana. Temendo di avere ancora alle spalle Rinaldo, Angelica prosegue nella sua fuga fino a giungere il giorno dopo presso un ruscelletto presso il quale decide di riposarsi, nascosta in un cespuglio. Ginge al ruscello anche un cavaliere, Sacripante, piangente e disperato per non essere riuscito ad avere Angelica. La donzella lo riconosce, sa dell'amore di lui e decide di sfruttarlo per farsi fare da guida. Esce dal cespuglio e si mostra quindi a lui. Ma proprio mentre Sacripante è deciso ad approfittare egli stesso della situazione, compare un cavaliere misterioso completamente vestito di bianco che lo interrompe. I due si affrontano subito in duello. Il cavallo di Sacripante viene ucciso e cadendo, tiene imprigionato sotto il proprio peso il proprio padrone. Angelica aiuta allora il cavaliere, nuovamente sospirante per la vergogna della situazione, a rialzarsi e lo conforta. Arriva in quel momento anche un messaggero lanciato all'inseguimento del cavaliere bianco e in cambio delle informazioni ricevute circa la direzione da prendere, annuncia a Sacripante che a disarcionarlo è stata una donna, Bradamante. Sacripante ed Angelica montano quindi sul cavallo di Angelica e si allontanano. Percorsa poca strada incontrano Baiardo, che, dopo aver allontanato Scaripante, viene avvicinato da Angelica e si lascia quindi montare dal cavaliere. Sopraggiunge infine Rinaldo a piedi. Rinaldo ama con tutto se stesso Angelica, tanto quanto lei lo odia. In passato i sentimenti dei due erano esattamente il contrario, è stata una fontana fatata ad invertire la situazione. PENSIERO DELL'AUTORE L'uomo non era più l'artefice del suo destino, esisteva anche l'imprevisto e c'erano delle situazioni di cui l'uomo non era direttamente responsabile nella sua vita. Ariosto sperimenta su sé stesso, pensando che anche egli era nato in una situazione poco felice e non aveva potuto fare ciò che voleva. COME VEDE ARIOSTO L'AMORE? Il poema descrive il tema dell'amore in una versione nuova rispetto alla descrizione dell'amore tipica della letteratura cortese; l'Ariosto descrive l'amore come un sentimento che offusca la mente, che fa perdere il senno dell'uomo, il quale in questo caso è interpretato dal personaggio del paladino Orlando. La vera saggezza, secondo Ariosto, non sta nel non farsi illusioni, cosa che fa parte della natura umana, ma sta nel saperle riconoscere, saper distinguere i sogni dalle cose reali e, magari, sapersene anche spogliare, altrimenti, ci dice, si va a finire come Orlando che impazzisce in quanto scambia un sogno con la realtà. COS'È LA FORTUNA PER ARIOSTO? La fortuna si presenta quindi come una forza superiore all'uomo e alla quale l'uomo non riesce a opporsi. È anche vero che in Ariosto la fortuna non si manifesta tanto come entità astratta ma spesso compare sotto forma di un altro personaggio, spesso femminile.