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10/1/2023
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NATURALISMO Il naturalismo è un movimento letterario che si afferma negli anni '70 dell'800. È Influenzato dal positivismo, un movimento che aveva una forte fiducia nel progresso. I punti del naturalismo sono: - assoluta fiducia nella scienza obiettivo di rappresentare la vita vissuta, la cronaca, il concreto (Al contrario del romanticismo che era basato sul bello, sulla fantasia e sul sentimento). Le figure di rilievo del naturalismo sono: Flaubert => considerato il precursore del naturalismo, descrive la borghesia francese senza alcuna idealizzazione, evitando di intervenire in prima persona nella narrazione con commenti e giudizi morali; questo è il principio dell' impersonalità e viene esplicitamente espresso in Madame Bovary. fratelli Goncourt => furono i primi a soffermarsi sui ceti più disagiati, componendo i loro romanzi basandosi su una documentazione minuziosa e diretta degli ambienti sociali che descrivono. Emile Zola => é considerato il capostipite del naturalismo francese, è ricordato per il suo romanzo sperimentale, considerato il vero e proprio manifesto dei principi fondanti del naturalismo. Racconta il malessere popolare, i disagi e la vita urbana parigina con le sue storie di prostitute, alcolizzati e criminali. Sulla scia del naturalismo, in Italia verso la fine dell'800 si sviluppa la corrente letteraria del verismo. Ebbe come suoi esponenti principali Giovanni Verga e Luigi Capuana. Le opere descrivono la vita quotidiana delle persone comuni, spesso emarginate come contadini...
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e pescatori e gente dell'Italia Meridionale. Seguono il principio dell' impersonalità: l'autore non deve intervenire nel testo per evitare di compromettere l'idea del lettore. La differenza principale tra il naturalismo e il verismo sta nel fatto che Zola descriveva il proletariato francese con i suoi vizi e le sue malattie fisiche e sociali per denunciare e cercare di migliorare quelle condizioni, mentre per Verga la letteratura era arte e di conseguenza nessuna funzione sociale. In sostanza, i naturalisti avevano una visione ottimista e pensavano di poter contribuire a migliorare i problemi, mentre i veristi erano convinti che l'emarginazione e la povertà era una realtà inevitabile. GIOVANNI VERGA Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 in una famiglia benestante. Compì i primi studi presso maestri privati, in particolare Antonio Abate che gli passa i suoi ideali laici e risorgimentali. A 16 anni compose il suo primo romanzo Amore e Patria. I suoi studi superiori non furono regolari, sotto consiglio del padre, si iscrive a Giurisprudenza, ma abbandonò perché preferiva dedicarsi al lavoro letterario e al giornalismo politico. Lo scrittore nel 1969 si trasferisce a Firenze, all'epoca capitale d'Italia, per liberarsi dai limiti della sua cultura provinciale. Qui conosce numerosi intellettuali tra cui lo scrittore catanese Luigi Capuana, con cui stringe un lungo rapporto di amicizia e collaborazione. Successivamente si trasferì a Milano, la città italiana più viva e aggiornata dal punto di vista culturale. Qui entra in contatto con gruppi letterari emergenti come gli Scapigliati (contestano gli schemi della borghesia, in Francia si chiamano "poeti maledetti"). Nel 1878 ci fu la svolta verso il verismo, Verga pubblica il racconto Rosso Malpelo. Negli anni successivi egli progetta una serie di romanzi ‹‹IL CICLO DEI VINTI>>, attraverso i quali propone di descrivere l'Italia moderna, rappresentando tutti i gradini della scala sociale. Il primo romanzo della serie è ‘I Malavoglia', seguito da 'Mastro Don Gesualdo' dopodiché il ciclo rimase incompleto. Torna a vivere definitivamente a Catania qui morirà nel 1922. Verga nelle sue opere mostra al lettore i meccanismi della società, secondo i quali gli uomini sono mossi soltanto dalla ricerca dell'interesse economico, dall'egoismo e dalla volontà di dominare gli altri. Anche per lui è di fondamentale importanza la teoria dell'impersonalità. Nelle sue opere Verga cerca di pensare come i suoi personaggi e di esprimersi nel loro stesso linguaggio, questa tecnica narrativa ha lo scopo di portare sulla pagina la realtà così com'è. Tra le numerose opere di Verga, abbiamo una raccolta di romanzi intitolata 'Vita dei Campi'. Appartengono a questa raccolta: Rosso Malpelo, La lupa [...]. In queste novelle spiccano le figure della vita contadina siciliana. Qui troviamo ancora alcune tracce di un atteggiamento romantico e nostalgico LA LUPA La novella che fa parte della raccolta Vita dei Campi, narra la storia della protagonista, la Lupa (in siciliano vuol dire amante) che, travolta dalla passione per Nanni, impone alla figlia di sposarlo in modo da potergli stare vicino e sedurlo. La Lupa non era bella, era pallida come se fosse malata, ma affascinava lo stesso. La chiamavano così perché non era mai sazia delle relazioni che aveva con gli uomini, e le donne avevano paura di lei perché attirava i loro mariti e figli, anche se solo li guardava. Di questo soffriva anche sua figlia, Maricchia, che era emarginata e nessuno la voleva sposare. Un giorno la Lupa si innamora di Nanni, un giovane con cui lavora nei campi, ma il ragazzo rifiuta la donna e dice che vorrebbe sposare sua figlia Maricchia. Così, dopo qualche mese, la Lupa costringe la figlia a sposarlo e accetta il matrimonio a una condizione: che i due vadano a vivere in casa di lei. La donna continua a corteggiarlo, finché il ragazzo cede. Maricchia accusa la madre di volerle rubare il marito e va dal brigadiere, il quale chiama Nanni e lo minaccia di mandarlo in galera. Lui si difende dicendo che era una tentazione continua e lo supplica di metterlo in prigione pur di non rivedere la Lupa, che però non lo lascia in pace. Le cose non cambiano nemmeno quando Nanni viene colpito dal calcio di un asino mentre lavora, anche se in fin di vita, il prete si rifiuta di confessarlo finchè la Lupa non se ne fosse andata. Ella continua comunque a tormentarlo e alla fine lui la minaccia di ucciderla, la donna, incurante, va ancora da lui e Nanni la uccide, senza che lei opponesse resistenza. Verga nel 1883 pubblica le novelle rusticane, anch'esse ambientate nella campagna siciliana, ma qui lo sguardo dell'autore è più amaro e pessimistico. LA ROBA La roba contenuta nella raccolta delle Novelle rusticane, racconta la storia di Mazzarò, un contadino che, grazie a una vita di lavoro, è riuscito a diventare uno degli uomini più ricchi del paese. Al termine della sua vita, il suo più grande rimpianto sarà quello di non poter portare con sé tutta la sua “roba”. Qui Verga mette in luce la mentalità distorta del mondo cittadino che riconosce come valore solo l'interesse economico. Mazzarò è un uomo estremamente tirchio, che continua ad accumulare roba (terreni, proprietà) senza mai spendere: porta ancora il berretto (simbolo dei contadini) anziché il cappello, per il semplice motivo che costava di meno, mangia anche meno dei contadini, non beve vino, non fuma, non ha il vizio del gioco né quello delle donne. L'unica donna cha ha fatto parte della sua vita è stata la madre, che però vede come un peso ("gli era costata anche 12 tarì quando era morta”). Tutta quella roba l'aveva ottenuta con enormi sacrifici fatti di durissimo lavoro, e quando la ottiene, non la spreca come il suo vecchio padrone, a lui non interessano i soldi, li investe tutti per comprare altri pezzi di terra. La "roba" diventa la sua unica ragione di vita, Mazzarò vive pensando a come accumulare altri possedimenti. Solo di fronte alla morte si accorge che la sua ricchezza è inutile, e il suo più grande rimpianto sarà quello di non poter portare la sua roba con sé. Parallelamente alle novelle, Verga progetta un ciclo di cinque romanzi con l'obiettivo di descrivere in modo completo la vita italiana moderna, prendendo in considerazione tutte le classi sociali, dai ceti popolari, alla borghesia di provincia, all'aristocrazia. Dei cinque romanzi previsti, Verga riesce a scriverne solo due: i Malavoglia e Mastro Don Gesualdo. I MALAVOGLIA Il romanzo 'I Malavoglia' è il primo dei cinque romanzi che avrebbero dovuto formare il Ciclo dei Vinti. Qui Verga utilizza tecniche già usate come l'impersonalità e il narratore popolare. Racconta le vicende di una famiglia di pescatori siciliani, i Toscano, negli anni successivi all'unità d'Italia. La famiglia vive nel paesino siciliano di Aci Trezza, vicino Catania. All'inizio del romanzo i Malavoglia conducono una vita relativamente felice, essi posseggono la barca 'la Provvidenza' e un'abitazione 'la casa del nespolo'. La gente del paese li chiama i Malavoglia perché era abitudine dei paesi siciliani dare un soprannome che diceva il contrario della verità, perché in realtà i Toscano erano gran lavoratori. La famiglia è formata dal capofamiglia Padron 'Ntoni, il figlio Bastianazzo con la moglie e i loro cinque figli: 'Ntoni, Filomena (detta Mena), Luca, Alessio (detto Alessi) e Rosalia (detta Lia). Le trasformazioni politiche e sociali del tempo però stravolgono l'equilibrio familiare. La famiglia comincia trovarsi in difficili condizioni economiche a causa di una cattiva annata di pesca, delle spese per la dote della figlia Mena che deve sposarsi e dell partenza del giovane 'Ntoni per il servizio militare. Padron 'Ntoni tentando un piccolo commercio, compra un carico di lupini, per poi rivenderli in un porto vicino, ma il peschereccio su cui viaggiano naufraga e Bastianazzo muore. La famiglia Malavoglia indebitata e colpita da altre disgrazie si disgrega: 'Ntoni tornato dal servizio militare, non si adatta più alla vita del pescatore, si mette a fare il contrabbandiere e finisce in prigione; Lia fugge dal paese e india a fare la prostituta; Mena viene lasciata dal suo fidanzato; il vecchio Padron 'Ntoni si ammala e muore. Solo l'ultimo figlio Alessi riesce dopo tanti sacrifici a riprendere il mestiere del nonno e ricompra la casa del Nespolo. MASTRO DON GESUALDO Mastro Don Gesualdo è il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti. Narra di un muratore che vuole migliorare la propria condizione economica, e lo fa sposando un'aristocratica, ormai decaduta e già incinta di un altro uomo. Secondo i calcoli del protagonista il matrimonio dovrebbe consentirgli di stringere legami con gli ambienti che contano, ma in realtà Gesualdo non sarà mai accettato nel mondo degli aristocratici. Nemmeno in famiglia trova serenità, la moglie non lo ama e la figlia Isabelle si vergogna delle sue umili origini. Per i dispiaceri Gesualdo si ammala e anche se viene ospitato dalla figlia e dal genero in un nobile palazzo, è comunque tenuto in disparte. Gesualdo muore in solitudine e nel disprezzo della sua famiglia. ROSSO MALPELO Rosso Malpelo è una novella che fa parte della raccolta Vita dei campi, ed è considerata a tutti gli effetti la prima novella verista. Le tre tecniche che utilizza Verga sono: l'impersonalità => l'autore narra i fatti con distacco l'ironia discorso indiretto libero Il tema principale è il lavoro minorile, che in quegli anni da un problema molto sentito, così come lo sfruttamento dei lavoratori nelle miniere obbligati a stare in condizioni disumane. Verga si ispira ad un problema sociale di attualità dell'epoca, e si schiera dalla parte dei più deboli, dei vinti; l'autore si informa sulle condizioni di lavoro in Sicilia e prende spunto da un'inchiesta di Franchetti e Sonnino a proposito della Destra storica per ridurre l'orario di lavoro dei minorenni. Rosso Malpelo è un ragazzo di cui quasi tutti ignoravano il vero nome, persino la mamma lo aveva quasi dimenticato.Veniva chiamato Malpelo per via dei capelli rossi. Secondo le credenze popolari, i capelli rossi sono indice di cattiveria. Il povero ragazzo è trascurato e maltrattato da tutti, persino dalla madre e dalle sorelle. L'unico che lo difende e lo rassicura è il padre, con il quale lavora in una cava di rena. Il padre, Mastro Misciu, detto Bestia, accetta di abbattere un pilastro nella cava (un incarico molto pericoloso ma lo accetta per denaro). In quella cava morì, nonostante Malpelo fece di tutto pur di salvarlo. Questo grave lutto segnò profondamente il ragazzo, tanto che da quel momento iniziò davvero a comportarsi come diceva la sua nomea, dunque in modo cattivo con tutti persino con gli animali. La sua solitudine viene spezzata dall'arrivo di un altro ragazzo, Ranocchio. Malpelo nonostante tratti in modo violento il nuovo ragazzo, fa di tutto pur di proteggerlo, dandogli persino il proprio cibo e svolgendo per lui i compiti più faticosi. Ranocchio purtroppo si ammala e nonostante gli sforzi di Malpelo ne prendersi cura di lui, muore. Malpelo rimane definitivamente solo, non gli resta altro che lavorare nella cava e decide di svolgere le mansioni più faticose e pericolose. Un giorno entrò in quella cava per un'esplorazione e non ne uscì più. Con la sua scomparsa lascia la maledizione del fantasma coi capelli rossi che si aggira nella cava.