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Luigi Pirandello

18/1/2023

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Luigi Pirandello
Vita: Nato ad Agrigento nel 1867, proviene da una famiglia borghese che subì un esilio di qualche anno
a Malta (il padre er

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Luigi Pirandello Vita: Nato ad Agrigento nel 1867, proviene da una famiglia borghese che subì un esilio di qualche anno a Malta (il padre era stato accusato di cospirazione). Nel 1891 ottiene la laurea a Bonn, in Germania. Si stabilisce a Roma e sposa (per matrimonio combinato organizzato dal padre) Antonietta Portolano, con cui avrà tre figli. Nel 1903, dopo un incidente lavorativo, si trova senza rendita, mentre sua moglie impazzisce, iniziando a mettere in atto scenate di gelosia che la porteranno ad irrompere anche a teatro, accusando il marito di avere rapporti con la figlia. Nonostante ciò, inizia a scrivere anche per il teatro, riuscendo nel 1921 a rivoluzionare il teatro con Sei personaggi in cerca d'autore. Viene cacciato da teatro, ma ottiene un successo internazionale. Nel 1924, dopo il delitto Matteotti, rivela la sua adesione al fascismo, ritenendolo l'unica soluzione di miglioramento per l'Italia postunitaria. Fonda la Compagnia del Teatro d'Arte, dove incontra l'attrice Marta Abba, di cui si innamora. Dopo la sua fuga in America, Pirandello cade di nuovo in depressione. Dopo un primo infarto nel 1935, muore di polmonite a Roma nel 1936. L'Umorismo: Scritto nel 1908 per un concorso universitario, l'Umorismo riprende anche tratti de Il fu Mattia Pascal. L'umorismo pirandelliano dipende da una predisposizione psicologica che ci...

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Didascalia alternativa:

porta alla riflessione. Davanti a qualcosa o qualcuno che ci sembra ridicolo, la comicità ci spinge unicamente a sottolineare i tratti che rendono ridicolo quel soggetto, mentre l'umorismo ci spinge a chiederci quale sia la motivazione dei gesti di esso. L'umorismo dipende anche dallo “strappo nel cielo di carta", ovvero di una presa di coscienza citata in un dialogo tra Adriano Meis e Anselmo, dove viene citata a sua volta l'Elettra di Sofocle. Ci viene posto come esempio Oreste che, pronto a vendicare la morte del padre, strappa il cielo di carta del teatrino. Da quel momento, acquisita la consapevolezza e pur mosso ancora dal desiderio di vendetta, non riuscirebbe a fare altro che guardare lo strappo nel cielo di carta. Esso sottolinea metaforicamente la condizione dell'uomo moderno che compreso il gioco della vita e dell'esistenza, viene privato di ogni certezza. Sei personaggi in cerca d'autore: L'argomento principale di quest'opera teatrale scritta nel 1921 è l'incomunicabilità. Ci troviamo davanti a degli attori e al capocomico che stanno provando Il giuoco delle parti, altra opera di Pirandello, mettendo in luce un aspetto innovativo del teatro: il metateatro, ovvero la citazione di altre opere teatrali all'interno di un'opera teatrale stessa. All'improvviso l'uscere annuncia l'arrivo dei sei personaggi, e Pirandello li descrive sia fisicamente che non. Sono tutti vestiti a lutto tranne il Padre e il Figlio. Il Padre è mosso dal rimorso, la Madre dal dolore, la Figliastra dalla vendetta e il Figlio dallo sdegno. Affermano di essere in cerca di un autore, e di essere disposti a portare in scena il loro dramma. Davanti all'assurdità della situazione, gli attori ridono e il Padre cerca di dimostrare loro la vera portata del tutto facendo avanzare la Madre, vestita a lutto. Otterrà solo un applauso. Si capisce che il loro autore li ha lasciati incompleti, motivo del loro desiderio (sottolinea il fatto che l'autore è destinato a morire, ma il personaggio vive in eterno; vengono citati Sancho Panza e Don Abbondio, la cui fantasia dell'autore ha permesso loro di vivere eternamente) di vivere non per forza per l'eternità, ma anche solo per un momento. Il Padre continua ad affermare che il dramma sono loro, pieni di passione, e la Figliastra inizia a parlare proprio della passione presente tra loro due. Verrà additata come pazza e inizierà a spiegare di essere anche peggio. Il dramma nasce dall'abbandono della Madre da parte del Padre, che porta con sé il Figlio. Morto il compagno della Madre, rimasta con il Giovinotto, la Bambina e la Figliastra, chiederà alla più grande di iniziare a lavorare in un bordello, dove tra i clienti troverà lo stesso Padre. Il treno ha fischiato: Parte di Novelle per un anno, viene pubblicata sul "Corriere della sera” per la prima volta nel 1914, per poi essere aggiunta al quarto volume di Novelle per un anno nel 1922. A incipit troviamo un verbo, "farneticava". La novella, infatti, si apre con la diagnosi di alcuni medici e quelle di altre persone, venute a trovare il malato in ospizio. Le ipotesi sono tante, alcuni si chiedono se morirà, altri affermano con certezza che non accadrà ma che rimarrà "pazzo". Solo alla fine di questi primi righi scopriamo che parlano di un certo Belluca. Il narratore, che poi scopriremo essere proprio il suo vicino di casa, ci fa notare che tutti si chiedono tutto senza interrogarsi sul fatto che la sua "pazzia" improvvisa sia plausibile viste le condizioni in cui vive. Si fa un passo indietro e la descrizione di Belluca diventa più accurata. Nessuno avrebbe mai incontrato un uomo più "mansueto" di lui, ci dice il narratore. Circoscritto, per come lo definiscono i suoi colleghi. Già dalla mattina dei fatti, ci viene descritto come diverso dal solito, viso allargato, paraocchi caduti e pieno di allegria e stordimento, tutte caratteristiche che porta con sé quando entra nell'ufficio, senza però svolgere alcun lavoro. Verso sera, il fatto gli viene evidenziato dallo stesso capo-ufficio. Gli chiede cos'abbia fatto, Belluca con qualche gesto fa capire di non aver svolto il suo lavoro e, al "Che significa?" del capo-ufficio, Belluca risponde "Niente. Il treno ha fischiato". Racconterà di essere arrivato in Siberia, nelle foreste del Congo, suscitando l'ilarità dei suoi colleghi, venendo poi malmenato dal capo-ufficio. Gli si ribella, e proprio per questo viene portato di forza all'ospizio, continuando comunque a parlare del treno, dei viaggi fatti con esso. Il narratore, poi, ci parla di come ha appreso la notizia e di quanto poco abbia creduto al fatto che si trattasse di pazzia. Essendo suo vicino di casa, conosce bene la sua situazione familiare. Ha sulle spalle una famiglia composta da dodici persone, di cui tre donne cieche e sette bambini, con una casa fornita solo di tre letti. Per andare avanti la sera svolge un altro lavoro. Questa è la motivazione della sua ribellione. Il narratore va a trovarlo in ospizio, dove Belluca gli racconta tutto: il fischio del treno che ha sentito l'ha catapultato nel mondo in cui, fondamentalmente, era estraneo da un pezzo. Il narratore, inoltre, ci fa capire che la sua ribellione del primo giorno è stata usata da un eccesso di consapevolezza e libertà e che, man mano, sarebbe ritornato più mansueto anche se il capo-ufficio avrebbe dovuto concedergli la possibilità di viaggiare con quel treno immaginario, qualche volta. Come abbiamo visto, la trama della novella si svolge in tempo disarticolato. Inizia quando i fatti sono già accaduti da un po', per poi tornare all'origine del tutto. La carriola: Scritta nel 1917 e pubblicata nel tredicesimo volume di Novelle per un anno nel 1928, possiede un incipit piuttosto misterioso. Il narratore è il protagonista stesso e ci racconta di una "lei", che lo guarda come se fosse terrorizzata. Lui vorrebbe farla stare tranquilla e spiegarle che il suo atto di liberazione è necessario ma innocuo. Non riesce a guardarla, ma si sente da lei osservato, perennemente, e ha paura che qualcuno possa scoprire di questo suo atto di liberazione, benchè lei non possa parlare. Sa che tutti sarebbero presi dal suo stesso terrore, e che la sua vita sarebbe, una volta per tutte, finita. Abbiamo davanti un rigido avvocato, che per quindici giorni si è recato a Perugia per un viaggio di lavoro. Durante esso si aliena da sé, ma appena arrivato alla stazione si avvia verso casa. Davanti alla targhetta della porta, inizia a vedere se stesso come se non si appartenesse, facendoci capire che è quello che sembra per una serie di obblighi e convenzioni sociali. Non solo non riconosce sé stesso come sé, ma non riconosce la moglie come sua, né i figli come suoi. Tutto è frutto della versione di sé che deve mantenere davanti a tutti. Finalmente entra in casa, torna alla vita di prima e il suo flusso di pensieri continua. Aspetta il momento opportuno e finalmente la vede, vede lei. Si tratta di un cane di undici anni, con cui non ha mai avuto buoni rapporti. E, finalmente, ci viene spiegato il perché di quel terrore. Aspetta di rimanere solo, le si avvicina e le alza le zampette posteriori, facendole muovere qualche passo con quelle anteriori: le fa fare la carriola, un gesto semplice che provoca terrore all'animale che sembra comprendere la gravità di quel gesto che, se fatto da un ragazzino, non avrebbe lo stesso peso. La patente: Parte di Novelle per un anno, è stata trasformata poi in una commedia nel 1917. Tutta la prima parte della novella si basa sulla descrizione di un giudice, il giudice D'Andrea, un uomo il cui senso di giustizia supera quello di chiunque. Ci viene descritto anche fisicamente, ma la parte più importante lo descrive come in crisi per un caso. Un uomo, Rosario Chiarchiaro, ha denunciato due giovani, due tra i tanti che hanno contribuito a costruirgli una fama da "jettatore". Il giudice cerca di dissuaderlo dal denunciare, perché sa che non porterebbe a nulla, allora Chiarchiaro avanza la sua richiesta: ottenere una patente per diventare uno jettatore di professione. Il giudice considera assurdo tale pensiero, gli inveisce contro, ma Chiarchiaro è determinato ad averla vinta. La novella si chiude con l'abbraccio tra i due, simbolo di un giudice carico di empatia. Il fu Mattia Pascal: Pubblicato nel 1904 sia su rivista che, come volume intero, narra la vita di Mattia Pascal, orfano di padre che vive la sua infanzia con spensieratezza mentre Malanga, amministratore dei beni di famiglia, si impossessa di tutte le loro proprietà. Mattia si innamora di Oliva, che però sposa Malanga. Non riuscendo ad avere figli con lei, si rivolge a Romilda, donna di cui è innamorato un amico di Mattia, Pomino. Anche Mattia si innamora di lei, lasciandola incinta, e dopo aver rivelato il piano di Malanga a Oliva, lascia incinta anche lei. Malanga costringe Mattia a sposare Romilda. Dopo un po' dal loro matrimonio, Mattia fugge e si ritrova a Montecarlo dove vince una somma cospicua di denaro. Leggendo un giornale, legge della sua apparente morte, così ne approfitta per cambiare identità e diventare Adriano Meis. Si innamora di Adriana, ma Terenzio, innamorato a sua volta di lei, deruba Mattia che non può denunciarlo. Mattia fingerà il suicidio per poi tornare a casa, scoprire che Romilda si è sposata con Pomino, dedicandosi alla scrittura delle sue memorie. Nel capitolo ottavo del romanzo, leggiamo del suo cambiamento. Si taglia la barba, compra degli occhiali per nascondere il suo strabismo, e inizia a viaggiare. La sensazione di solitudine diventa abbastanza forte da spingerlo a convincersi di comprare un cane. Non ci riesce, però, convinto che pagare per un cane sarebbe stato come rinunciare alla propria libertà. Uno, nessuno e centomila: Si tratta dell'ultimo romanzo di Luigi Pirandello, ideato nel 1909 ma pubblicato tra il 1925 e il 1926. La narrazione è svolta in prima persona da Vitangelo Moscarda, il protagonista, che dopo un commento della moglie riguardo il suo naso (che apparentemente pende verso destra) inizia ad accorgersi che la sua visione di sé non corrisponde a quella che gli altri hanno di lui. Queste diversità non sono presenti solo sotto il punto di vista fisico, ma anche caratteriale: tutti lo vedono come un capriccioso che vive della rendita del padre, usuraio. Vitangelo cerca di far cambiare idea a tutti, a partire dalle persone che si ritrovano con la vita rovinata a causa di suo padre. Inizia da un certo Marco di Dio, ma tutti iniziano a pensare che sia semplicemente pazzo. La moglie lo abbandona e denuncia, lui si innamora di una donna che dopo un po' lo abbandona a sua volta, ferendolo gravemente. A questo punto, dopo essersi ripreso, Vitangelo si chiude nell'ospizio che ha fatto costruire con i suoi soldi. In corrispondenza all'episodio iniziale, quando scopre di avere il naso storto, andrà a creare un vero e proprio domino. Parlando con un amico, gli chiede se ha notato il suo naso, iniziando poi a fargli notare un suo difetto fisico che lo porterà a guardarsi nelle vetrine dei negozi per controllarsi. La stessa cosa accadrà praticamente a tutto il paese. La visione umana, quindi, è una perché abbiamo una sola visione di noi stessi, nessuno perché alla fine Vitangelo rinuncia a tutto e centomila perché tutti ci vedono in modo diverso.