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L'infinito

L'infinito

 L'INFINITO
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mir

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Ramona Katona

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Analisi della poesia

 

3ªm/5ªl

Scrittura

L'INFINITO Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati 5 spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello 10 infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: 15 e il naufragar m'è dolce in questo mare. Nello spazio di quindici versi, la poesia racchiude un'esperienza del pensiero e una sublime sensazione dell'anima. Al poeta la siepe impedisce la vista di buona parte dell'orizzonte: è proprio questo ostacolo a suscitare in lui l'immaginazione di ciò che sta al di là e, allo stesso tempo, la sensazione di ebbrezza dello smarrirsi in un'immensità che si può solo percepire. Oltre la siepe, il poeta immagina spazi smisurati, silenzi che superano ogni possibilità di comprensione da parte dell'essere umano. In tale percezione, il cuore prova un senso di inebriante smarrimento (ove per poco/il cor non si sposta). Il v.8 divide in modo netto il componimento. L'improvviso stormire del vento tra le foglie riporta il poeta alla realtà e alla riflessione sulle cose terrene che nascono...

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e muoiono. Come la siepe gli aveva trasmesso l'idea dell'infinito spaziale, allo stesso modo, il paesaggio gli suscita l'idea dell'eternità che grava sul presente quasi lo annulla. Il poeta si abbandona a una sensazione di infinitezza allontanandosi temporaneamente dal pensiero razionale. Leopardi definisce il "naufragio" dolce proprio per esprimere la gradevolezza fisica dell'esperienza, attraverso la quale si spegne la coscienza individuale e si percepisce un benessere che nessun piacere concreto può dargli. L'infinito leopardiano non simboleggia una dimensione metafisica né allude a un'estasi trascendente, ma al contrario, l'intuizione dell'eternità permette un'ascesi fisica e intellettuale.

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L'INFINITO Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati 5 spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello 10 infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: 15 e il naufragar m'è dolce in questo mare. Nello spazio di quindici versi, la poesia racchiude un'esperienza del pensiero e una sublime sensazione dell'anima. Al poeta la siepe impedisce la vista di buona parte dell'orizzonte: è proprio questo ostacolo a suscitare in lui l'immaginazione di ciò che sta al di là e, allo stesso tempo, la sensazione di ebbrezza dello smarrirsi in un'immensità che si può solo percepire. Oltre la siepe, il poeta immagina spazi smisurati, silenzi che superano ogni possibilità di comprensione da parte dell'essere umano. In tale percezione, il cuore prova un senso di inebriante smarrimento (ove per poco/il cor non si sposta). Il v.8 divide in modo netto il componimento. L'improvviso stormire del vento tra le foglie riporta il poeta alla realtà e alla riflessione sulle cose terrene che nascono...

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Didascalia alternativa:

e muoiono. Come la siepe gli aveva trasmesso l'idea dell'infinito spaziale, allo stesso modo, il paesaggio gli suscita l'idea dell'eternità che grava sul presente quasi lo annulla. Il poeta si abbandona a una sensazione di infinitezza allontanandosi temporaneamente dal pensiero razionale. Leopardi definisce il "naufragio" dolce proprio per esprimere la gradevolezza fisica dell'esperienza, attraverso la quale si spegne la coscienza individuale e si percepisce un benessere che nessun piacere concreto può dargli. L'infinito leopardiano non simboleggia una dimensione metafisica né allude a un'estasi trascendente, ma al contrario, l'intuizione dell'eternità permette un'ascesi fisica e intellettuale.