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Leopardi, la quiete dopo la tempesta

4/10/2022

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LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA:
Composta da Giacomo Leopardi nel 1829, "La quiete dopo la tempesta" è una poesia che fu
pubblicata per la prima

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LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA: Composta da Giacomo Leopardi nel 1829, "La quiete dopo la tempesta" è una poesia che fu pubblicata per la prima volta nel 1831. Il componimento appartiene ai Canti e, in particolare, alla sezione nota come Canti pisano-recanatesi (o Grandi idilli). In questo componimento il poeta ha un tono inizialmente festoso ed esultante nel descrivere la vita che riprende, più animata e operosa di prima, dopo un violento temporale. Questo è il momento in cui Leopardi si distacca, almeno in maniera apparente, dal proprio pessimismo cosmico. La seconda parte del canto, però, vede delinearsi la dolorosa meditazione sull'infelicità inesorabile dell'essere umano, che prova gioia solamente nella cessazione momentanea del dolore. Parafrasi La tempesta è passata: sento gli uccelli che fanno festa e la gallina che è tornata in strada ripetere il suo verso. Ecco, il cielo torna sereno da ovest verso la montagna; la campagna si libera dalle nubi e il fiume nella valle appare luminoso. Il cuore di ognuno si rallegra, da ogni parte ripartono i rumori, si ritorna alle attività consuete. L'artigiano, con il lavoro in mano, si affaccia sulla porta per ammirare il cielo ancora umido per la pioggia; la giovane ragazza esce per raccogliere l'acqua della recente pioggia; e il venditore di ortaggi ripete, andando di sentiero in sentiero,...

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il suo grido quotidiano. Ed ecco il sole che torna a risplendere attraverso le colline e le case. I domestici aprono i balconi, le terrazze e i porticati: dalla strada maestra si ode un tintinnio Lontano di sonagli; il carro rumoreggia perché il passeggero si è rimesso in cammino. Ogni cuore si rallegra. Quand'è che la vita è tanto piacevole e gradita come in questo momento? Quando l'uomo si dedica a tutte le proprie occupazioni con così tanta passione? O ritorna alle attività consuete? O intraprende qualcosa di nuovo? Quando si ricorda meno delle proprie sofferenze? Il piacere proviene dal dolore; è una gioia solamente illusoria, che nasce dalla paura che è appena passata, a causa della quale coloro che odiavano la vita presero paura e temettero la morte; ausa di questa le persone agghiacciate, mute bianche per lo spavento, sudarono e furono turbate, vedendo scagliati contro di noi allo scopo di danneggiarci fulmini, nubi e vento. O generosa natura, questi sono i tuoi doni, questi i piaceri che offri agli uomini. Sfuggire alla sofferenza è per noi ragione di piacere. Distribuisci con generosità sofferenze; il dolore ne deriva in modo spontaneo: e quella piccola quantità di piacere che, qualche volta, per prodigio o per miracolo nasce dalla cessazione della sofferenza è un grande vantaggio. Specie umana cara agli dei! Sei assai contenta se hai il permesso di tirare un sospiro di sollievo dopo un dolore: felice, anche, se la morte ti guarisce da ogni male. Analisi e commento La quiete dopo la tempesta è composta da 3 strofe di endecasillabi e settenari disposti senza uno schema fisso. ➤ La prima strofa è incentrata sul paesaggio. Presenta una scenografia dai toni idillici, metafora di una vita e di un'età gioiose. Il poeta dipinge la felicità di tutti quelli che, finito il temporale, possono tornare a dedicarsi alle proprie attività, incuranti dell'angoscia dell'esistenza e delle illusioni fuggenti che caratterizzano la natura umana. Il paesaggio rimane una costante della poesia, articolandosi nella 3 strofe successive. Questi primi versi hanno lo scopo di unire 3 importantissime dimensioni del sistema poetico di Giacomo Leopardi: riflessione, sentimento e immaginazione. Lo scenario dipinto da Leopardi si compone, quindi, sia di sensazioni visive ("sereno", "rompe da ponente") che di sensazioni musicali-uditive, evidenti particolarmente in chiusura delle strofe ("tintinnio di sonagli"). ➤ La seconda strofa è dedicata a una riflessione, da subito si nota il ritmo più lento, che si adatta alla voce poetica che è in pausa interrogativa. È evidente il passaggio da osservazione a riflessione, che fa emergere il rapporto necessario tra sofferenza e piacere, tipico della quiete. Gli ultimi versi mostrano un mondo e una natura catastrofici, all'opposto rispetto a ciò che era in apertura della poesia, pacifico e felice. ➤ La terza strofa presenta le conclusioni della poesia, il passaggio dalla riflessione sull'affanno dell'uomo al ragionamento leopardiano, cupo e sarcastico. Secondo Leopardi la natura non è per niente benigna nei riguardi dell'essere umano. Se l'uomo prova piacere, è solo un dono casuale e inaspettato. Due condizioni di felicità può sperimentare l'uomo: la prima, casuale, è dovuta alla temporanea cessazione degli affanni causati dalla natura; la seconda, eterna, con la morte. Le figure retoriche della poesia ▪ Enjambements: (vv. 4-5, 14-15, 22-23, 33-34...). ▪ Allitterazioni, in particolare dei suoni p, s, t, reg. ▪ Anafore: "ecco" (vv. 4, 19), "ogni" (vv. 8, 25), "apre" (vv. 20-21), "quando" (vv. 27-28, 31), "onde" (vv. 34, 37), "questi" (vv. 43-44). ▪ Iperbati: "passata è la tempesta" (v. 1), "e chiaro nella valle il fiume appare" (v. 7), "il carro stride / del passegger" (vv. 23-24), "de' mali suoi men si ricorda" (v. 31), "fredde, tacite, smorte / sudar le genti e palpitar" (vv. 38-39), "te d'ogni dolor morte risana" (v. 54). ▪ Metafore: "il sereno / rompe" (vv. 4-5), "il Sol sorride" (v. 19), "piacer figlio d'affanno" (v. 32). ▪ Antifrasi: "natura cortese" (v. 42), "diletti" v. 44), "umana / prole cara agli eterni" (vv. 50- 51). I Apostrofe: "o natura cortese" (v. 42). ▪ Sineddoche: "ogni cor" (v. 8). Morale: la lirica, partendo dalla descrizione del momento in cui nel borgo natio, Recanati, cessa il temporale e ritorna il sereno diventa metafora della vita dell'uomo, fatta da un continuo succedersi di dolori e di momenti di serenità..