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16/9/2022
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L'eneide L'eneide è un poema epico in esametri, diviso in 12 libri a cui Virgilio si dedicò a partire dal 29 a.C. Nel poema confluiscono numerose esperienze precedenti come l'epica omerica e l'epos nazionale romano. Attraverso il racconto delle imprese di Enea, Virgilio voleva dare una celebrazione indiretta e profonda di Roma e di Augusto. Infatti, nella vicenda Enea avrebbe fondato nel Lazio antico una città, Lavinio, dalla quale derivò la colonia di Alba Longa, patria della stirpe da cui discese Romolo; ma il figlio di Enea, lulo-Ascanio, è nel poema il capostipite della gens lulia, cui Ottaviano si vantava di appartenere. In questo poema quindi mito e storia si mescolano. La materia e i modelli La materia è legata al ciclo troiano poichè Enea è personaggio omerico e le sue vicende seguono cronologicamente la caduta di Troia. L'intento di narrare sia le vicende del viaggio di Enea, che delle sue guerre di conquistarlo riconduce ai due modelli epici: l'Odissea per i primi sei libri e l'lliade per i sei successivi. Innumerevoli sono le situazioni tipiche o gli episodi che Virgilio riprende da Omero. L'aemulatio omerica, in questi casi, si configura come omaggio al modello ma anche come orgoglioso tentativo di eguagliarlo o superarlo. Dalla letteratura di età ellenistica Virgilio deriva il gusto per la raffinatezza formale...
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e il rifiuto dell'eccessiva lunghezza dei poemi. Il poema epico di età ellenistica che influenzò Virgilio furono le Argonautiche di Apollonio Rodio, in cui si narravano le vicende mitiche degli Argonauti, indugiando sul patetico episodio dell'amore tra Giasone e Medea. Virgilio accolse la tendenza di dare un certo spessore psicologico ai personaggi, in più l'episodio di Giasone e Medea è fortemente ripreso nella narrazione dell'amore di Enea e Didone. Anche l'epica latina d'epoca arcaica ebbe influenza su Virgilio. Le vicende mitiche relative ad Enea avevano già influenzato predecessori come Nevio, nel Bellum Poenicum, o in Ennio nell'episodio enniano del "sogno di Ilia". Dunque dall'epos latino di Nevio ed Ennio Virgilio deriva l'importanza della figura del mito di Enea, quindi cerca di dare una finalitá patriottica e nazionalistica alla poesia. Il soggettivismo virgiliano Nel proemio della sua opera Virgilio utilizza con orgoglio la prima persona, riservando solo al v.8 un accenno alla Musa, chiamata a collaborare con lui nella composizione del poema in un ruolo però prettamente secondario. Il poeta latino aveva provveduto ad una sorta di laicizzazione della cultura, prendendosi in prima persona le responsabilità di ciò che scrive. Partecipa soggettivamente alle sventure dei suoi personaggi, prima fra tutte Didone, alla quale nel libro IV si rivolge direttamente con parole commosse. Inoltre viene aggiunto un elemento di novità: l'attenzione al punto di vista dei personaggi. Virgilio infatti ad esempio comprende le ragioni del dolore e del suicidio di Didone, ecc. Ma è anche lo stesso Enea, protagonista, a emergere come figura complessa e tormentata, lontana dall'eroica rigidità dei personaggi omerici. Enea, pur incarnando dei valori etici altissimi, parte a costo di una personale sofferenza, la sofferenza di chi ha perso sua moglie Creusa e suo padre Anchise, chi ha dovuto rinunciare a Didone. Vi è dunque, un punto di vista del tutto speciale, quello che scaturisce dal contrasto tra passione e dovete, tra umanità ed eroismo, tra sofferenza e gloria di Enea. I temi dell'eneide Si possono ricondurre a tre ambiti: derivazione omerica della guerra e dell'avventura, come ad esempio: l'episodio del cavallo di Troia, le avventure fantastiche di Enea per mare, l'arrivo nel Lazio, il duello tra Enea e Turno derivazione nazionale dell'esaltazione di Roma e di Augusto, è presente in modo esplicito nel poema, assai più spesso in modo indiretto e allusivo che meglio si adatta al contesto mitologico derivazione alessandrina delle umane passioni e angosce, come ad esempio: le vicende amorose di Enea e Didone, gli angosciati colloqui con la sorella Anna e con Enea, il folle suicidio e l'incontro nell'aldilà con Enea. Questi temi vengono però spesso mescolati da Virgilio. Lessico e stile L'eneide fra le opere di Virgilio è quella più ricca di parole arcaiche e di forme poetiche, anche se il poeta ne fa un uso molto moderato. Con misura vengono anche usate le forme composte di derivazione omerica ed enniana. Sebbene Virgilio utilizzi anche neologismi, il lessico è in generale quello proprio della classe colta, che viene rinnovato sia dalla particolare collocazione delle parole nella frase, sia dalla polisemia, attribuiva significati nuovi a vocaboli già esistenti. Viene ripreso da Omero il gusto per le similitudini. Non mancano gli epiteti che coinvolgono emotivamente il lettore e accentuano il carattere patetico degli episodi. Nello stile l'eneide di Virgilio propone importanti novità: il poeta pur rispettando gli elementi che costituivano il poema epico, li rinnova dall'interno adottando un punto di vista fortemente soggettivo. Non solo interviene nell'opera cercando di coinvolgere emotivamente il lettore, ma lascia un ampio spazio al punto di vista del personaggio. Spesso privilegia la descrizione delle sensazioni provate dai personaggi. La struttura sintattica, anche grazie agli Enjambement, è scorrevole. Per quanto riguarda la metrica, Virgilio porta a perfezione l'esametro. I libri dell'Eneide Libro I: compaiono già i personaggi e i temi principali dell'opera, che inizia con la descrizione della tempesta provocata dalla dea Giunone, la quale, accanendosi contro Enea e i suoi seguaci che erano partiti dalla Sicilia alla volta delle coste italiane, li costringe a naufragare sul costa africana. Qui trovano rifugio e ospitalità presso la regina Didone, occupata nella costruzione di Cartagine, dopo essere stata costretta all'esilio dalla città fenicia di Tiro. Libro II: Enea, durante un banchetto, riferisce alla regina Didone della distruzione di Troia, soffermandosi su episodi più violenti come le uccisioni di Laocoonte, Polite e Priamo. Su ordine di Venere, Enea è riuscito a fuggire dalla città in fiamme portando con sé il padre Anchise, il figlio Ascanio, i sacri Penati ed un gruppo di seguaci, con i quali dovrà fondare una nuova Troia. Libro III: Enea continua il suo racconto a Didone, descrivendo sia episodi dolorosi e violenti (come quelli di Polidoro, delle Arpie e di Polifemo) con altri più dolci e tristi (l'incontro con Andromaca e la morte del padre Anchise). In questo stesso libro si narra anche della profezia ricevuta dagli esuli troiani, a Delo, da parte dell'oracolo di Apollo, che li incita ad andare in cerca dell'Italia per compiere la loro missione. Libro IV: è incentrato sulla tragica vicenda d'amore di Didone, che si è innamorata di Enea e si sente tradita quando egli abbandona l'Africa, perché incalzato da Giove a completare il suo viaggio. La regina, allora, decide di suicidarsi, non prima però di aver maledetto Enea e il suo popolo, profetizzando eterna guerra tra i Cartaginesi e i discendenti dei Troiani, cioè i Romani. Libro V: è completamente dedicato alla descrizione dei giochi funebri per il primo anniversario della morte di Anchis e si conclude con il triste racconto della morte del nocchiero Palinuro, caduto di notte in mare, dopo essersi addormentato durante il viaggio verso l'Italia. Libro VI: Enea giunge a Cuma dove guidato dalla Sibilla, profetessa di Apollo, visita il regno dei morti. Incontra Palinuro e poi nell'antinferno Didone. Dopo aver attraversato il tartaro, giunge nei Campi Elisi dove incontra il padre Anchise che gli rivela la grandezza a cui è destinata Roma. Enea esce dagli infer e riprende la navigazione. Libro VII: giunto nel Lazio, Enea incontra il re Latino, che gli promette in sposa la figlia Lavinia. Questa però era già stata promessa in matrimonio al re dei Rutuli, Turno che, grazie anche alla complicità della moglie del re Latino, prima fa in modo che si rompa il patto nuziale e successivamente incita la formazione di un'alleanza contro gli esuli troiani, dando così inizio alla guerra. Libro VIII: Enea si trova in difficoltà a causa dell'eccessiva potenza delle forze nemiche, ripercorre il Lazio e proprio nel luogo dove sorgerà Roma, riceve aiuti dal re degli Arcadi, Evandro, che ordina al figlio Pallante di mettersi al comando di un piccolo esercito al fianco dei Troiani. Nel frattempo, su ordine di Venere, Vulcano fabbrica le armi di Enea, tra cui uno scudo decorato con le future magnificenze di Roma. Libro IX: gran parte di questo libro troviamo la descrizione dell'assedio del campo troiano durante l'assenza di Enea e soprattutto spicca l'episodio dei giovani troiani Eurialo e Niso, il cui coraggioso sacrificio, avvenuto nel corso di una spedizione notturna, non porta ad alcun esito determinante per i Troiani. Libro X: la scena di guerra si movimenta con l'alleanza fra Etruschi e Troiani. Sul campo di guerra Turno uccide Pallante, mentre Enea uccide Mezenzio, potente alleato di Turno. Libro XI: nella prima parte si narra del rito funebre per la morte di Pallante e dalle speranze di pace che hanno i combattenti; nella seconda parte tornano altri scontri bellici, nel corso dei quali perde la vita anche Camilla. Libro XII: l'opera si conclude con lo scontro decisivo fra Turno ed Enea, il quale, dopo aver ridotto all'impotenza l'avversario e dopo essere stato sul punto di concedergli indulgenza, decide infine di ucciderlo, dopo aver visto che indossava la cintura d'oro di Pallante. Proemio dell'Eneide pag 99 Nel proemio dell'Eneide il poeta latino Virgilio afferma di cantare la vicenda di Enea, quell'uomo travagliato che, seguendo il volere del «fato», cioè il destino, era fuggito via da Troia quando i Greci la conquistarono e, approdato alla fine in Italia, diede origine alla stirpe che avrebbe fondato Roma. Segue l'invocazione alla Musa, in cui è chiesto di rivelare l'origine dell'odio che Giunone riversa contro Enea, imponendogli tante sofferenze. Sappiamo che la sposa di Giove (Giunone) odiava Enea perché causa della sofferenza e della morte di Didone, regina di Cartagine e protetta della dea. Inoltre, Giunone prediligeva più di ogni altra città proprio Cartagine. Il destino della città, però, era di essere distrutta da un discendente di Enea. Sapendo, dunque, anche questo, l'odio della dea nei confronti dell'esule troiano era immenso. Virgilio segue il modello omerico, apportandovi però due significative novità: l'anticipazione della protasi, che tradizionalmente era posta dopo l'invocazione alla Musa, e la scelta del verbo canto, in prima persona singolare: in questo modo, egli rivendica per sé un ruolo di poeta e autore ben diverso dall'aedo omerico, che prestava la propria voce alla dea; al contrario il poeta latino Virgilio è artefice del proprio canto, e alla Musa non chiede di ispirarlo ma di chiarire alcuni aspetti della vicenda che sta per essere narrata. Ecco che allora il richiamo alla Musa diventa semplicemente un omaggio alla tradizione della poesia epica. Commuovente incontro con Polidoro Enea, proseguendo la narrazione delle vicende prima del suo naufragio, racconta della sosta fatta sulle coste della Tracia. Pensa di potersi stabilire in Tracia, che era sempre stata legata a Troia da vincoli di ospitalità, tanto che il re Priamo vi aveva posto al riparo dalla guerra il più giovane dei suoi figli, Polidoro. Mentre sta cercando di staccare dei ramoscelli per offrire sacrifici agli dei, Enea scopre che il cespuglio, sanguinante, gli parla e gli dice di essere Polidoro, ucciso dal re Polimestore. Virgilio mescola un certo gusto per il meraviglioso, che fa pensare ai numerosi incontri di Odisseo nel viaggio verso Itaca, e l'umanissimo dolore di Enea per la morte del cugino. Da modo a Enea di esercitare la sua pietas celebrando per il cugino un rito funebre romano. Notevole è anche la ripresa dell'episodio che viene fatta da Dante nel canto XIII dell'Inferno, dove alla figura di Polidoro si sovrappone quella di Pier Della Vigna. Enea nell'episodio è visto come un eroe-sacerdote, che rende l'omaggio funebre a Polidoro. Il lessico rimanda alla sfera soprannaturale (monstrum «<prodigio»> v.26, horrendum v.26 e horror v.29) o a quella del diritto sacro (scelerare, ossia compiere un sacrilegio v.42, pias manus «mani devote» v.42, fas, cioè «<lecito secondo la volontà divina» v.55). Il rituale funebre è descritto con puntuali riferimenti alla tradizione romana, menziona gli oggetti di sacrificio, utilizza termini specifici dello strumentario sacrificale. Inoltre polidoro a vv.56-57 spiega il suo assassino con l'avidità del re Polimestore, si può riportare l'intero episodio nell'ottica augustea. Augusto, proponeva da un lato il recupero delle tradizioni religiose romane, dall'altro una diffusa moralizzazione dei costumi da ottenere anche attraverso il rifiuto del lusso. L'autore utilizza un lessico che appartiene al campo semantico del soprannaturale, del diritto sacro e del cerimoniale religioso. Il senso religioso è enfatizzato dall'uso di numerose figure di suono, proprie del linguaggio sacrale. Enea e Didone lettura pag 141 Enea ha appena ricevuto una sollecitazione divina da parte di Mercurio, che l'ha richiamato a quei doveri che fanno di lui uno strumento del fato. Dovrà recarsi in Italia per dare inizio alla storia di Roma. Didone, profondamente innamorata, percepisce la partenza dell'eroe troiano e si rivolge a lui in modo violento e commovente. Il brano inizia con la risposta di Enea, che dice ciò che vorrebbe fare e ciò che invece è costretto a fare per via del Fato e della volontà divina. Didone non coglie le sfumature del ragionamento di Enea, ma lo attacca con un discorso aspro e violento, sono presenti maledizioni. Il brano inizia con Enea che rivela a Didone la sua partenza, imposta dal Fato, che era un identità più forte degli dei. Enea ammette di non potersi sottrarre dalla fondazione di una nuova città e che la sua era una volontà condizionata. «Per l'italia parto senza volerlo», questa frase ci mostra il rispetto che Enea ha per la pietas romana (rispetto della famiglia, devozione agli dei, fedeltà alla patria). Nella seconda parte Didone si sente tradita, infatti gli rinfaccia tutto ciò che ha fatto per lui, si rivolge a lui con rabbia e lo maledice. Quello di Didone è un amore che annebbia la ragione. Il suicidio di Didone In questo brano Didone ripercorre in un monologo tutti i bene facta da lei fatti e tutti gli impia facta con cui Enea ha corrisposto la sua generosità. Capitolo VI Enea in questo capitolo incontra il padre Anchise. L'oltretomba virgiliana ha ingresso nella zona di Cuma, Enea è accompagnato dalla Sibilla, passa per il Tartaro (la sede dei dannati) e arriva ai Campi Elisi (la sede dei beati), una stesa enorme. Anchise è in una valle isolata dei Campi Elisi, e deve controllare che le anime destinate alla reincarnazione. Dal v.752 Anchise illustra Silvio, figlio di Enea e Lavinia, che collegava Troia ad Albalonga ( di cui era Re), e nomina i successivi re. Aggiunge che questi re avevano ricevuto la corona di quercia, corona data a chi aveva compiuto buone azioni per i cittadini. Dal v.787 fa riferimento ai grandi di Roma: Cesare e Augusto, che definisce figlio del Divo. Augusto viene detto figlio del Divo perchè sappiamo che i romani non vedevano di buon occhio la divinizzazione prima della morte, quindi Augusto aveva deciso di non proclamarsi come una divinità, ma subordinarsi alla divinizzazione di suo padre. Si ricorda che con Augusto si inaugura un'epoca prosperosa, pacifica e artistica. Infatti si chiude il periodo delle guerre. È quello che noi chiamiamo il secolum auleum di Augusto. In una profezia contenuta nei libri civili si diceva che sarebbe iniziata una nuova età dell'oro, che sarebbero state deposte le armi. Augusto, conoscendo questa profezia, decide di incarnarla avendo così anche un appoggio religioso. Dal v.847 si parla dei greci e si fa un confronto con i Romani, ammettendo la superiorità dei greci in alcuni ambiti: arti figurative astronomia (scienza) retorica Ma allo stesso tempo vengono riconosciute le prerogative romane: civilizzare le altre popolazioni il diritto, che nasce con Roma (regola la vita) supremazia nei confronti di chi si ribella clemenza nei confronti di colore che si sottomettono Vi è una visione della storia ROMANOCENTRICA. Dal v.888 Anchise lo fa uscire dal regno dei morti attraverso la porta dei sogni, un luogo immaginario che non ha posizione geografia, Enea torna alle navi per riprendere il viaggio.