La morte del padre e la conclusione del romanzo
Il capitolo "La morte di mio padre" rappresenta un momento cruciale della Coscienza di Zeno, in cui emerge con chiarezza il conflitto padre-figlio e l'inettitudine del protagonista.
Zeno dimostra una sorta di cecità davanti alla realtà: nonostante i molteplici segnali, non si rende conto delle gravi condizioni del padre. Quando il genitore muore, gli dà uno schiaffo che ristabilisce simbolicamente la sua autorità sul figlio, lasciando in Zeno un senso di colpa irrisolto.
A distanza di anni, Zeno-narratore rielabora l'episodio attraverso un sogno in cui ribalta le parti: nel sogno, è lui che vuole salvare il padre mentre il medico si oppone. Questo meccanismo onirico, tipicamente freudiano, mostra come il dolore per la morte del padre non sia ancora superato.
L'alternanza tra passato e presente caratterizza il capitolo: il tempo scorre lentamente, dilatandosi in proporzione all'importanza psicologica dell'episodio, con ampio spazio dedicato ai pensieri e alle riflessioni del protagonista.
💡 La narrazione in prima persona non garantisce l'oggettività del racconto: esistono diversi "Zeno" che si sovrappongono (il giovane che vive gli eventi e l'anziano che li racconta), creando una stratificazione di prospettive.
Nell'ultimo capitolo, "La vita inquinata alle radici", Svevo giunge alla sua riflessione più profonda e moderna. Dopo aver dichiarato di essere "guarito", Zeno cambia tono e afferma che la vita di tutti gli uomini è malattia, anzi è malattia mortale che non sopporta cure.
La conclusione ha toni apocalittici: l'uomo, diversamente dagli animali, ha interrotto la propria evoluzione naturale creando "ordigni" per compensare la sua debolezza. Questi ordigni sono diventati autonomi e potenzialmente distruttivi, fino alla profetica visione di una "catastrofe inaudita" che riporterà la terra allo stato di nebulosa, in un "ritorno alla salute" attraverso la distruzione.