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Giovanni Verga

30/9/2022

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GIOVANNI VERSA
Scrittore del 19 secolo ha narrato la vita dei perdenti -"i vinti"
Nasce nel 1840 a Catania / muore a Catania nel 1922
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. GIOVANNI VERSA Scrittore del 19 secolo ha narrato la vita dei perdenti -"i vinti" Nasce nel 1840 a Catania / muore a Catania nel 1922 -> proviene da una famiglia di proprietari terrieri (orientamento: liberale e antiborbonico) Frequenta la scuola di Antonio Abate: -> scrive il suo primo romanzo, amore e patria • Tra il 1854-1855 si rifugia in campagna per sfuggire all'epidemia di colera. 1858 si iscrive a legge, ma capisce che la sua passione è la scrittura è abbandona i suoi studi Formazione varia: classici della letteratura italiana, l'estetica di Hegel, romanzi stronco patriottici e scrittori francesi e moderni -> gusti atipici . • 1860 spronato da Antonio Abate si arruola nella guardia nazionale • 1861-1862 pubblica il suo primo libro "i carbonari della montagna" -> romanzo patriottico . • 1865-1869 va a Firenze (capitale dell'Italia) -> maturazione, ambiente dinamico; pubblica il suo primo successo : " storia di una capinera". Ebbe una relazione con Giselda Foianesi • 1878 torna a Catania per la morte della madre, forte crisi depressiva • 1872-1892 si reca a Milano -> fulcro della vita culturale, stimoli di diverso tipo (editoria, giornalismo, letteratura), entra a contatto con gli scapigliati. Vive un periodo di intensa creatività, si allontana dal romanticismo. Nel frattempo si reca a Roma per un paio di anni e torna in...

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Stefano S, utente iOS

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Susanna, utente iOS

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Didascalia alternativa:

Sicilia Attraverso i libri che legge di matrice francese, si avvicina al naturalismo e al verismo. • 1893 torna a vivere a Catania, problemi psicologici e economici. Ha una relazione con la contessa Dina Castellazzi che con il tempo diventa un'affettuosa amicizia . • 1915 "prima guerra mondiale alle porte", prende posizione tra gli interventisti . Dopo guerra -> si avvicina al movimento fascista • 1920 viene nominato senatore compie l'ultimo viaggio a Roma • 1922 muore a Catania (ritrovando le proprie radici) Libri • 1874-> Nedda; novella Interesse per il mondo popolare siciliano 1878 -> Rosso Malpelo; novella = da qui progetta un ciclo di 5 romanzi = a questo romanzo volva dare il titolo di "I vinti" • 1878-1879 -> Vita dei campi e Novelle rusticane • 1881>I Malavoglia; romanzo • 1884 -> cavalleria rusticana; riscosse grande successo . 1889 -> mastro don Gesualdo Giovanni Verga, siciliano, nasce a Catania nel 1840, la tradizione da cui proviene è di nobili, per cui viene istruito da un poeta e fa parte dell'alta società siciliana. Quando c'è l'unificazione, quindi 21 anni dopo, in lui si apre la possibilità di viaggiare e conoscere anche ambienti diversi dal proprio, così poco più che ventenne compie un viaggio nel nord dove soggiorna prima a Firenze e poi a Milano. A Milano, in particolare, entra in contatto con la scapigliatura milanese e viene anche a conoscenza dei romanzi naturalisti, è un periodo in cui scrive anche lui romanzi, le prime sono "I carbonari della montagna" e "Sulle lagune", ma i romanzi più importanti di questo periodo sono "Eva","Eros", "Tigre reale", "Storia di una capinera" e "Una peccatrice". La tematica è quella legata alla scapigliatura, vi è il tema amoroso, legata a vicende passionali dell'alta società, nobili e altoborghesi sono i protagonisti, che concepiscono l'amore come svago e divertimento, che sono annoiati dalla realtà quotidiana e si immergono in queste storie per vivere sensazioni ed emozioni insolite che alla fine deludono. La protagonista di questi romanzi è l'alta società composta da alto borghesi o nobili, immersi nel lusso, che non fanno fatica a vivere, questo benessere economico li porta a vivere uno stile di frivolezza, sono tutti personaggi impegnati in futilità. Ad un certo punto però, Verga, si accorge che questa letteratura non è quello di cui veramente vuole scrivere, abbiamo quindi una conversione letteraria, l'anno è il 1874, lui decide di tornare in Sicilia, questo ritorno alla terra d'origine, coincide con il cambiamento della sua letteratura, decide di abbracciare un'arte oggettiva, perché è la realtà che gli interessa, non la leggerezza dei nobili. Vuole che la sua produzione artistica lasci parlare le cose così come sono, senza intrusioni soggettive. Aderisce alla realtà siciliana, quindi al mondo della plebe. Non ci sono più personalità d'eccezione, ora Verga punta i riflettori sui diseredati, sui personaggi comuni, che vivono la loro tragica lotta per la vita. per questo che la chiamiamo svolta letteraria, prima era romantico, successivamente diventa verista a tutti gli effetti. I suoi personaggi vengono chiamati corali, perché vivono una comune vicenda di dolore, di sofferenza davanti alla fatica di vivere concretamente, di trovare da mangiare. In tutte le opere veriste, dal 74 in poi, abbiamo il denominatore comune delle passioni vere, del dolore vero, nato dalla vita crudele, e non dalla fantasia romantica. La novella che fa da spartiacque è "Nedda", qui ci sono già tutte le caratteristiche della nuova corrente. La novella è un breve racconto, poche pagine. Le novelle del periodo verista le raggruppa in due raccolte, che si intitolano: Vita dei campi e Novelle Rusticane. Contemporaneamente comincia a scrivere romanzi come: "/ Malavoglia" e "Mastro Don Gesualdo", dopo questo interrompe la scrittura dei romanzi. Questi aiutano Verga a ritrovare la verità della vita, sui personaggi di queste opere compie uno studio vero, sincero e appassionato. Verga dà la sua definizione di poetica per tre volte: • nell'introduzione a Nedda • nell'introduzione a L'amante di Graminia; poi in una novelle intera, chiamata Fantasticheria; la terza si trova nella prefazione a I Malavoglia. Il ritorno alla terra di infanzia è stato, per lui, ritrovare se stesso, le cose e il mondo, come se avesse ricominciato a vivere. Al centro della sua produzione letteraria verista, c'è l'uomo con le sue relazioni elementari, le sue fatiche, i suoi dolori veri per vivere. La Sicilia da questo momento rappresenta, per lui, la condizione dell'uomo nel mondo. Lui parte dagli stati più bassi della società, come ad esempio nei Malavoglia in cui i protagonisti sono pescatori. Verga, influenzato da Darwin, dice che gli uomini lottando per vivere vengono selezionati, quelli che vincono sono i più forti, chi vince sale la scala sociale, mentre chi perde la scende. L'uomo nella storia, anche quando sembra un vincitore, viene messo in condizione di essere vinto, anche Ntoni che vince diventando Don Gesualdo, viene vinto dalla storia essendo lasciato dalla moglie e dalla figlia. Nei successivi romanzi, che voleva scrivere, è la figlia ad essere la protagonista, "La duchessa di Leyra", che sarebbe questa nobildonna che è altolocata, in una condizioni di grande prestigio sociale, che riesce a sposare un uomo, l'onorevole Scipioni, dal quale, però, verrà abbandonata. L'uomo sarà il protagonista del quarto romanzo, anche lui prima vincitore e poi vinto. Darà più importanza alla sua carriera politica, che alla sua vita famigliare. Il titolo dell'ultimo romanzo sarà "L'uomo di lusso". Questo insieme di romanzi prende il nome di "Ciclo dei vinti". Verga ha la convinzione che l'uomo nella sua vita, nella sua storia è un vinto, anche quando risulta vincitore, quello è solo un momento. Verga sente che il progresso della storia è fatale per l'uomo e causa l'infelicità, la visione è quindi molto pessimistica, un pessimismo radicale, perché vede nell'uomo una fissità, da qui nasce la pietà nei confronti dei vinti. La pietà è vista come la compassione, che è da intendere (cum patire) come un soffrire insieme. I vinti sono tutti gli uomini. Leggendo le sue opere ci si accorge che, nonostante predichi l'impersonalità, la sua angoscia del nulla è presente, in cui precipitano i fatti, i personaggi e la speranza degli uomini. Non vi si trova, qui, la visione di Manzoni, che negli umili cerca una possibilità di riscatto (1 Promessi Sposi). I personaggi umili, o altolocati, di Verga non hanno questa speranza. La loro vita la vivono con accettazione. Viene elaborato, quindi, il mito dell'ostrica, come l'ostrica vive solo se attaccata alla roccia, così vivono i personaggi di Verga, se sono attaccati alla loro origini, terra e tradizioni, possono vivere, se si staccano sono destinati al fallimento e quindi alla morte. Le opere Gli esordi di Verga sono legati agli schemi del romanzo storico-patriottico. Successivamente l'autore si dedica a opere di gusto tardoromantico e di ambuerazione borghese. Storia di una capinera Verga si cimenta in un breve romanzo epistolare; la vicenda narra la storia di Maria, costretta d'ala matrigna a diventare monaca dopo essersi innamorata perdutamente di un giovane che sposa però la sua sorellastra. L'indagine scrupolosa svolta dall'autore sulla vita dei conventi e la predilezione per un personaggio "vinto" dall'esigenza mostriamo già aspetti che saranno apprendisti con ben diversa consapevolezza dopo la svolta verista. Eva, Eros, Tigre reale Scritti durate la prima fase del periodo milanese e pubblicati il primo nel 1873 e gli altri due nel 1875 questi romanzi assecondano il gusto dell'epoca inserendosi nel filone della letteratura commerciale e di intrattenimento. Sono opere che trattano argomenti gradati al pubblico che vive in città e frequenta salotti: amori impossibili, ostacolati dalle convenzioni della vita borghese; ambizioni fallite, adulteri e relazioni scabrose, suicidi per amore. I personaggi sono prostituite rendete all'amore, ballerine, malate di tisi, mogli inveì e giovani artisti squattrinati. La produzione verità Al verismo Verga approda dopo un lungo percorso di riflessione. Mentre è ancora impegnato nella stesura dei romani della prima fase egli sperimenta u nuovo tipo di racconto e personaggi presi dall'umile realtà della sua terra d'origine, la svolta avviene nel 1874, anno di composizione di Nadia. In questa novella sono però ancora presenti gli aspetti tipici del Verga pre-verista. Per riconoscere i caratteri più alti dell'arte verghiana bisogna attenere il 1878, anno di uscita della novella Rosso malpelo Vita dei campi La raccolta vita nei campi edita nel 1880 rappresenta l'inizio della stagione verista: si compone di 8 testi per lo più ambientai nella campagna siciliana e incentrati su passioni elementari e incontrollabili. I temi principali dell'opera sono l'amore, vissuto come un sentimento lacerante e trasgressivo: il carattere viscerale e primitivo dei protagonisti, condannati alla. solitudine sullo sfondo di un mondo immobile e arcaico. I malavoglia Verga da iniziò a un ciclo narrativo che avrebbe lutò essere articolato in 5 romanzi collegati tra loro secondo il modello offerto di gradi scrittoi realisti e naturalisti. Oltre ai malavoglia il progetto prevedeva • mastro don Gesualdo . La duchessa di Leyra • L'onorevole Scipione . L'uomo di lusso La composizione del ciclo non va però oltre il prim capitolo della Duchessa di Leyra. Novelle rusticane Le novelle rusticane svolgono nei confronti del successivo Mastro don Gesualdo quella stessa funzione di preludio e anticipazione di temi e prospettive che Vita dei campi ha assunto per ì Malavoglia. L'ambiente rimane quello contadino della Sicilia. Passa in secondo piano il tema della passione amorosa e al suo posto domina quello delle legg economiche. Verga riflette l'incupirsi del suo pessimismo, trasformantesi in una sorta di fatalismo rassegnato nei controfuni del destino individuale e collettivo. -> ROSSO MALPELO Rosso malpelo è un giovane che viene chiamato così, in termini dispregiativi, perché ha i capelli rossi. Allora la tradizione popolare voleva associare il colore rosso di capelli alla malvagità. Questo giovane lavorava in una cava di rena, cioè la sabbia, i rapporti umani con gli altri lavoratori erano pessimi, questi erano basati sulla violenza verbale e non, spesso veniva picchiato. Il padre era un grande lavoratore e anche lui non aveva una grande stima di suo figlio, gli voleva bene soltanto perché formalmente era suo figlio. Rosso Malpelo era molto legato a suo padre anche se non lo mostrava mai. Un giorno il padre acconsentì ad entrare nella cava in modo rischioso, morendo però al suo interno. Verrà trovato e i suoi stessi pantaloni verranno consegnati al ragazzo, il quale comincerà ad indossarli come a voler sempre tenere con se suo padre. Nella cava incontrerà un altro ragazzino che verrà chiamato Ranocchio, arrivava da un altro luogo in cui era stato cacciato perchè dopo un incidente rimase zoppo. Il rapporto con Ranocchio diventerà particolare, Rosso Malpelo vorrà fare da padre, ma usando anche lui la violenza nei confronti del ragazzino, perché vuole metterlo in guardia sulla vita. Alla fine gli verrà proposto un lavoro pericoloso e rischioso, lui accetterà e dopo esser entrato nella cava sparirà, senza mai più essere ritrovato. (Fine aperta). -> LA LUPA Ambientata in un piccolo paese siciliano, La Lupa racconta di una donna, gnà Pina, soprannominata la Lupa dalla gente del posto per il suo comportamento e il suo aspetto: è una donna non più giovane, "randagia", conturbante e sensuale, che "per fortuna" non va mai in chiesa e seduce ("spolpa") gli uomini del villaggio. Ha una figlia, Maricchia, "buona e brava", che non può che piangere di nascosto per il suo destino infelice: con una madre del genere nessuno la prenderà in moglie. Un giorno la Lupa si innamora di Nanni, un giovane appena rientrato dal servizio militare con cui lavora nei campi, ma il ragazzo, che ridendo rifiuta la donna, dichiara di desiderarne invece la figlia. Così, dopo qualche mese, la Lupa costringe Maricchia a sposarlo e accetta il matrimonio a una condizione: che i due vadano a vivere in casa di lei, lasciandole un angolo per dormire. Con questo stratagemma la donna, ancora follemente innamorata, può restare a contatto con il genero e portare avanti con successo la sua bramosa opera di seduzione. Maricchia arriva disperata a denunciare la madre in commissariato. Nanni confessa l'adulterio (è "la tentazione dell'inferno!"), ma la denuncia non ha alcun risultato: le forze dell'ordine chiedono alla donna di lasciare la casa, ma la Lupa rifiuta di farlo. Le cose non cambiano nemmeno quando Nanni, poco dopo, viene colpito al petto dal calcio di un mulo e, ritenuto in punto di morte, confessa ancora i suoi peccati e si pente. Ma una volta guarito, "il diavolo torna a tentarlo" e non ha intenzione di smettere: “ammazzami", risponde la Lupa, "ma senza di te non voglio starci". Al colmo della follia, Nanni capisce che l'unica soluzione per liberarsi della donna è prenderla alla lettera e ucciderla. -> LA ROBA La tecnica narrativa che apre la novella è quella della narrazione indiretta per presentare la ricchezza del personaggio principale: un viandante che attraversa la pianura di Catania, lungo la strada che costeggia il Lago Lentini, contempla stupito la vastità delle proprietà di Mazzarò. Poi lo stesso Mazzarò ci viene descritto seguendo un profilo sia fisico (basso e con una grossa pancia) che psicologico, e quest'ultimo viene davvero ben delineato grazie al racconto di come l'uomo abbia accumulato tanta "roba". Mazzarò è un uomo che ha sacrificato tutto nella sua vita, con fatica, perseveranza e ostinazione per accumulare più beni materiali possibili, ma è incapace di godere dei benefici che possono scaturire da tanta ricchezza. Non ha famiglia, vive in condizioni di povertà per non sprecare le sue ricchezze, lavora come un mulo nei campi. Non ha vizi, non ha amici. Ha allontanato tutti nella sua vita, per paura che potessero sottrargli la sua roba. La sua ribalta da povero bracciante sfruttato e sottopagato a proprietario di tutti i beni che sottrae a quello che una volta era il suo padrone è un'ascesa sociale sterile. La sua scalata riesce grazie al sacrificio e alla furbizia, ma una volta guadagnata una posizione migliore, l'uomo sembra mandare in fumo ogni possibilità di crescita personale. Sleale nei confronti di chi lavora per lui e ossessionato dall'accumulo della ricchezza, Mazzarò vive nel terrore della morte: che fine faranno i sacrifici e i traguardi di una vita intera quando morirà? Durante la sua vecchiaia Mazzarò si rende conto di quanto vuota e povera sia, in senso metaforico, la sua vita, e dunque il suo attaccamento ai beni materiali diventa, se possibile, ancora più tossico. Non avendo eredi né conoscenti, va in fumo anche la possibilità di trasferire i suoi beni a qualcuno. Il pensiero di non poter portare con sé i suoi beni nella vita ultraterrena lo fa addirittura impazzire e il testo si conclude con una scena pietosa e indimenticabile: lui che vaga nei campi, accecato dalla follia, distruggendo raccolti e colpendo animali e gridando "Roba mia, vientene con me!"