Giovanni Verga è uno dei più importanti esponenti del Verismo italiano, movimento letterario nato nella seconda metà dell'Ottocento.
Nato a Catania nel 1840, Verga inizia la sua carriera letteraria con romanzi di impronta romantica e mondana. La svolta decisiva avviene quando abbraccia il Verismo, caratterizzato dall'osservazione oggettiva della realtà e dall'impersonalità narrativa. Le sue opere più significative includono "I Malavoglia" e "Mastro-don Gesualdo", che costituiscono il ciclo dei "Vinti". La tecnica dello straniamento e il discorso indiretto libero sono elementi fondamentali del suo stile narrativo, permettendogli di raccontare le storie dal punto di vista dei personaggi stessi.
Il Verismo si sviluppa come risposta italiana al Naturalismo francese, ma con caratteristiche proprie. Verga utilizza la regressione narrativa, dove il narratore si cala nella realtà che descrive, abbandonando il punto di vista dell'intellettuale per assumere quello dei personaggi. L'impersonalità è un altro aspetto cruciale: l'autore scompare dietro i fatti narrati, lasciando che essi si raccontino da soli. Le sue opere seguono un preciso ordine cronologico e tematico, partendo dalle novelle di "Vita dei campi" fino ai grandi romanzi del ciclo dei Vinti. La sua narrativa si concentra principalmente sulla Sicilia e sui temi della lotta per la sopravvivenza, del progresso visto come minaccia per i valori tradizionali, e dell'ideale dell'ostrica, secondo cui è meglio rimanere attaccati alle proprie radici piuttosto che tentare un'ascesa sociale destinata al fallimento.