Giacomo Leopardi rappresenta una delle figure più significative della letteratura italiana dell'Ottocento, caratterizzato da un profondo pessimismo cosmico che ha plasmato la sua intera opera poetica e filosofica.
Il suo pensiero filosofico si evolve attraverso due fasi principali: il pessimismo storico e il pessimismo cosmico. Nella prima fase, Leopardi attribuisce l'infelicità umana alle conseguenze della civilizzazione e al progresso, che hanno allontanato l'uomo dalla sua condizione naturale originaria. Successivamente, il suo pensiero si evolve verso una visione più radicale: il pessimismo cosmico, secondo cui l'infelicità è una condizione intrinseca dell'esistenza, causata dalla natura stessa che è indifferente al destino dell'uomo.
La poetica di Leopardi si caratterizza per la sua profonda riflessione sulla condizione umana, espressa attraverso componimenti che uniscono rigore filosofico e sensibilità lirica. Le sue opere più celebri, come "L'Infinito" e "A Silvia", riflettono questa duplice natura del suo pensiero. Il poeta recanatese sviluppa anche il concetto di "vago e indefinito" nella poesia, sostenendo che la vera poesia debba evocare sensazioni indefinite capaci di stimolare l'immaginazione del lettore. La sua produzione letteraria comprende non solo poesie, ma anche opere in prosa come lo "Zibaldone" e le "Operette morali", dove elabora le sue teorie filosofiche e letterarie. La vita di Leopardi, segnata dalla solitudine e dalla malattia, influenza profondamente la sua visione del mondo, portandolo a sviluppare una delle più lucide analisi della condizione umana nella letteratura italiana.
Il suo contributo alla letteratura italiana è fondamentale non solo per la qualità artistica delle sue opere, ma anche per la modernità del suo pensiero che anticipa temi esistenziali che saranno centrali nella cultura del Novecento. La sua riflessione sulla natura dell'esistenza umana, sul rapporto tra ragione e natura, e sulla funzione della poesia rimane di straordinaria attualità.