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Giacomo Leopardi

16/9/2022

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Giacomo leopardi
Giacomo Leopardi nasce nel 1798 a Recanati (Marche), un borgo dello Stato Pontificio. I conti Leopardi
erano una famiglia a

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Giacomo leopardi Giacomo Leopardi nasce nel 1798 a Recanati (Marche), un borgo dello Stato Pontificio. I conti Leopardi erano una famiglia aristocratica del tempo, sua madre lo priverà di affetto e suo padre ostenterà la sua cultura. Leopardi cresce con un'influenza bigotta durante la sua infanzia, in un ambiente freddo e rigido privo di affetti in cui i suoi familiari dedicano la loro vita alla fede. Giacomo fu inizialmente istruito da precettori ecclesiastici ma ben presto non ebbe più niente da imparare. Continua così i suoi studi da solo nella biblioteca del padre, il quale era un collezionista di libri e deteneva la biblioteca privata più grande d'Europa. Iniziano ora i <<sette anni di studio matto e disperatissimo>> in cui troverà nella lettura l'unica via di fuga da quell'ambiente che lo opprimeva, ottenendo una cultura così vasta da esternarlo dal mondo. Nella sua adolescenza comincia ad appassionarsi ai grandi poeti, inizia a leggere degli illuministi, e a mandare lettere ai più grandi intellettuali del suo tempo. È proprio qui che entra in contatto con una delle figure fondamentali per la sua vita: Pietro Giordani, un illuminista democratico. Nella corrispondenza con Giordani, Leopardi ritrova quella confidenza affettuosa che gli manca nell'ambiente famigliare. Nel 1819 tenta la fuga dalla casa paterna con l'aiuto di un...

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Didascalia alternativa:

passaporto falso e da amici di Firenze. Il tentativo però viene scoperto dal padre. Inizia così un periodo in cui si chiuderà in sé stesso ed inizia a scrivere in maniera folle. È questo l'anno in cui scrive l'Infinito e in cui inizia a tenere un diario: lo Zibaldone. Una sorta di diario intellettuale a cui Leopardi affida tutti i suoi pensieri, verrà scoperto solo nel 1898. Nel 1822 ha finalmente la possibilità di uscire da Recanati, si reca così a Roma, ospitato dallo zio, un dipendente della santa sede. La visita a Roma però lo delude, non ritrovando nella città la stessa grandezza che aveva letto nei libri. Torna così a Recanati e incomincia un suo periodo di aridità interiore, cui smette di scrivere poesie e inizia a scrivere in prosa per sfogarsi. Sono questi gli anni in cui scrive le Operette Morali, testi brevissimi in forma di dialogo in cui dà sfogo al suo pensiero filosofico. Nel 1825 avrà finalmente l'occasione di poter lasciare la famiglia e di mantenersi con un lavoro (i suoi genitori non gli daranno mai supporto finanziario): un'editoria milanese gli offre un contratto per scrivere commenti delle opere di Cicerone e Petrarca. Soggiorna così a Milano e Bologna qui entra in contatto con il mondo della cultura e con artisti come Manzoni. Nel 1827 si sposta a Firenze e nel 1828 a Pisa. È qui che ritroverà il sentimento per tornare a scrivere poesie, scriverà infatti una lettera alla sorella Paolina in cui dice che riprende a scrivere in versi. Infatti, dopo essere tornato per un breve periodo a Recanati scrive i Grandi Idilli. Nel 1833 lascia Recanati e non ci vorrà mai più tornare, vive così prima a Firenze e poi a Napoli. Qui stringe una delle sue più grandi amicizie con Antonio Ranieri, uno dei senatori della sinistra storica che aveva partecipato ai moti del Risorgimento. Leopardi vivrà a Napoli curato dalla sorella di Antonio e subirà le ripercussioni di una vita passata a studiare. Quando nella città scoppia un'epidemia di colera vanno ad abitare a Torre del Greco, dal cognato di Antonio. Nel 1836 scrive il suo ultimo canto La Ginestra e muore l'anno successivo. Un tema che compare il più delle volte nelle opere di Leopardi è l'infelicità dell'uomo. Secondo Leopardi la natura dell'uomo non può che essere infelice. Questo accade perché l'uomo non si limita a raggiungere il piacere, bensì ricerca un piacere continuo che all'uomo non è dato avere, questo genera un senso di insoddisfazione che non può sfociare che in infelicità. Secondo Leopardi gli unici ad essere felici sono i bambini e gli antichi: i primi perché non sono ancora in grado di concepire la realtà. (3 grandi blocchi: Canti-operette morali-zibaldone) All'Italia È una canzone scritta nel 1818, grazie alla quale conosce Pietro giordani; in essa viene riportato l'eroismo solitario del poeta di fronte alla corruzione dei tempi. Quando Leopardi compone questi versi l'Italia non esiste dal punto di vista politico, infatti si ritrova all'indomani del congresso di Vienna. L'Italia viene descritta come una donna in catene, una volta potente in grado di sottomettere chiunque, ora sottomessa e privata della libertà; dove nessuno combatte per lei, così giacomo decide di combattere lui ed essere pronto a morire speranzoso che la sua morte infiammi il popolo. L'infinto Composto nel 1819 è uno dei piccoli idilli. In questo canto Leopardi descrive l'infinito che sente di avere dentro sé stesso, e l'ostacolo che gli impedisce di vedere la verità, rappresentato dal cespuglio che gli impedisce di vedere l'orizzonte. L'unico modo per vedere oltre l'ostacolo è quindi immaginare, e nel mentre contempla questi immensi spazi sente il vento stormire le foglie e paragona questo suono all'infinito silenzio, che apre la meditazione sull'infinito nel tempo, infatti comincia a pensare alle epoche passate e presenti. E tra questo infinito annega il suo pensiero. (la necessità di avere grandi obiettivi, il desiderio di raggiungerli, l'imprescindibile funzione degli ostacoli) Il verbo "stormir" può essere definito "hapax", cioè una parola che in tutta la produzione letteraria di un autore ricorre una sola volta. Esso è tratto dallo "Sturm un drang", cioè tempesta e passione. Fa riferimento all'angoscia interiore tipica dell'eroe romantico. Il sabato del villaggio È uno dei grandi idilli scritto nel 1829. Racconta ciò che accade nella piazza davanti casa sua in un sabato che sta finendo, innanzitutto viene descritta l'immagine di una donna che sta tornando dalla campagna che porta con sé il cibo per gli animali per la domenica, e delle rose e viole (la rosa di solito indica la passione mentre la viola l'intelletto). Nello stesso momento ci sono delle anziane che tessono e chiacchierano del tempo passato, principalmente in cui erano come la donna che in quel momento stava tornando dalla campagna. Nel mentre sta venendo sera e il contadino fischiettando torna a casa pensando alla domenica, ovvero al giorno del riposo. Quando infine si spegne ogni luce, si sente il martello del falegname che ancora lavora per terminare il lavoro. Il sabato è quindi un giorno di gioia, un giorno in cui si aspetta impazientemente la domenica, la quale invece sarà un giorno di tristezza dato che si penserà al lunedì, quando bisognerà tornare al lavoro. Nell'ultima strofa il sabato viene comparato alla fanciullezza, un età di spensieratezza in cui si attende la giovinezza. La fanciullezza è quindi la vigilia della giovinezza, che quando verrà non porterà le gioie sperate ma amare delusioni. La sera del dì di festa È una notte di domenica e il poeta contempla il paesaggio illuminato dalla luna che si presenta dolce chiaro e senza vento. Il suo interlocutore è la natura, alla quale rivolge molte domande senza risposta, e che descrive come una natura crudele, dato che l'ha condannato ad un vita dolorosa. In seguito al canto dell'artigiano che torna a casa comincia a pensare alla caducità della vita umana, infatti nello stesso modo in cui è passata la festa così il tempo porta via ogni cosa, come per esempio gli eventi gloriosi dell'antica Roma. Infine ricorda quando durante la fanciullezza finiva il giorno festivo e durante la notte sentiva un canto in lontananza, e questo ricordo gli stringeva il cuore dato che gli faceva avvertire più duramente la sua solitudine. A silvia È un canto sulla disillusione e fragilità della gioventù, infatti silvia, che da giovane immaginava il suo futuro, non è riuscita a raggiungere l'età adulta. Nelle prime strofe l'interlocutrice è silvia, e parla dei tempi in cui era ancora viva, quando si sentiva per le stanze il dolce suono del suo canto. Quando poi torna a pensare al sentimento che si prova durante la giovinezza mentre si aspetta l'età adulta, un sentimento amaro lo preme, dato che la natura non regala nell'età adulta ciò che promette nella giovinezza. L'interlocutrice diventa quindi la natura. Al contrario di silvia, Leopardi non ha mai potuto sperimentare la giovinezza, che ha invece consumato sui libri. Canto notturno di un pastore errante dell'Asia Dopo aver letto su un giornale che in asia i pastori erano soliti trascorrere le notti seduti su dei massi ad osservare la luna mentre facevano pascolare, dato che di giorno faceva troppo caldo, decide di scrivere questo canto tra il 1829 e '30. In questo caso il dialogo è tra il pastore e la luna, già nelle prime strofe vengono fatte a essa molte domande riguardo al senso di una vita monotona, che ovviamente sono senza risposta. Allo stesso modo anche il pastore vive sempre le stesse cose, finché non arriva al punto in cui precipitando dimentica tutto, cioè muore. (luna vergine → pura) Dalla terza strofa si parla poi della nascita, vista come un gesto che fa soffrire dato che presuppone la morte, e il ruolo dei genitori che devono accompagnare la vita del figlio e consolarlo, il tutto però sembra un paradosso, infatti non sembra avere un senso mettere al mondo delle persone sapendo che poi soffriranno e bisognerà consolarle. le pecore sdraiate all'ombra per trovare riparo e tranquillità, sono l'opposto di Leopardi, che non riesce a trovare pace in un posto ed è costretto quindi a spostarsi continuamente. Il passero solitario In questo canto il fattore esterno è leopardi, che si auto descrive con l'immagine di un passerotto che guarda Recanati e dal quale partono le sue riflessioni. Il passerotto dopo aver spiccato il volo attraversa le campagne fino a quando il sole non tramonta, rappresentando quindi la spensieratezza. E anche leopardi come il passero che vola in solitario, non riesce a trovare legami con la gente di Recanati, dal quale si sente estraneo. Nei giorni festivi la gente si veste per apparire in maniera diversa rispetto a quella che sono in realtà, e lui quando esce di casa va in direzione opposta a quella di tutti gli altri, vedendo il sole che tramonta si accorge che la giovinezza sta venendo meno. Il passerotto al contrario di lui, non può riflettere su queste cose dato che non ha i suoi stessi dubbi. E Leopardi proprio per questo motivo si sente frustrato. La ginestra È l'ultimo canto di leopardi, scritto un anno prima di morire. In esso l'interlocutrice è la ginestra, la quale rimane anche dopo un eruzione vulcanica, ed è quindi coraggiosa ma al tempo stesso fragile, che si oppone alla lava del Vesuvio, il monte sterminatore simbolo della natura crudele e distruttiva. La ginestra ogni volta risorge sulla lava impietrata, e con il suo odore rallegra le lande desolate, nonostante ciò il suo destino è segnato da una nuova eruzione. In questo canto vi è: la tendenza a sentirsi isolato rispetto al mondo, debolezza di fronte alle difficoltà della vita (rappresentato dalla lava), capacità di resistere alle difficoltà della vita. Altro tema è la caducità dell'uomo, il quale non è eterno. Zibaldone È un Insieme di pensieri scritti in un diario negli ultimi 20 anni della sua vita, tra il 1817 e il 1837, in cui racconta tutto quello che pensa, a differenza delle altre, le prime 100 pagine sono senza data. Le date permettono di ricostruire il percorso di Leopardi, e comprendere i suoi pensieri nei momenti in cui si cimentava a scrivere le sue poesie. (pensieri di varia filosofia e di bella letteratura) La madre è una persona che aveva ottenuto dalla natura un carattere molto sensibile, il quale però è stato ridotto a completa freddezza solo dalla religione. Ella non provava tristezza, anzi gioiva, per la morte dei figli, in quanto in seguito si andava in paradiso; ringraziava dio quando vedeva i figli deformi dato che vedeva la bellezza come una disgrazia, e non si preoccupava di nascondere i loro difetti. Il sistema delle colonne Secondo leopardi la condizione umana assomiglia al sistema delle colonne d'aria, che si premono l'un l'altra e in ogni direzione, le quali però a causa delle forze di uguale intensità risultano in equilibrio, e quindi il sistema si mantiene grazie a una legge che sembra distruttiva, nello stesso modo ogni uomo è dominato da odio e invidia verso gli altri, ogni uomo quindi preme l'un l'altro e il sistema rimane in equilibrio. Il giardino Tutto ciò che ci circonda è male, anche solo un semplice giardino in realtà racchiude in sé molto male, anche solo il fatto di camminare sull'erba provoca in essa dolore, persino le api quando raccolgono il polline provocano dolore al fiore. Quindi il non essere sarebbe meglio dell'essere. Inoltre l'uomo è solo una pedina che non si trova al centro dell'universo. Operette morali Sono testi molto brevi scritti sotto forma di dialogo usati per esprimere concetti pesanti in una forma semplice, hanno quindi una morale. Il più delle volte uno degli interlocutori è il punto di vista di leopardi, mentre l'altro è quello del resto dell'umanità. Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere In questa operetta morale Leopardi immagina un dialogo tra un venditore di calendari e un passante. Il primo descrive il punto di vista dell'umanità, il secondo quello di Leopardi. L'opera è incentrata sul tema del tempo che passa, infatti si apre descrivendo il concetto di come a Capodanno tutti noi riponiamo le nostre speranze sul futuro, sperando che l'anno che arrivi sia migliore di quello passato. Il venditore continua dicendo che nessuno vorrebbe ritornare a vivere la propria vita e se mai questo accadesse tutti vorrebbero una vita "così, come Dio la manda". Ma dal momento che alla domanda "Vorresti rivivere quest'anno?" tutti risponderebbero di no, vuol dire che il caso ha trattato tutti male e che quindi noi non vogliamo una vita a caso, ma una che ci permetta di trovarne il senso. Lasciare la propria vita al caso vuol dire che quest'ultima è inutile. Dobbiamo quindi vivere di speranze ed obiettivi, guardando sempre verso il futuro. Dialogo della moda e della morte In questa operetta morale la moda e la morte si incontrano per caso e si parlano con risposte ironiche. Nella prima parte dell'operetta Leopardi indica la moda e la morte come sorelle, ovvero come figlie della caducità. Entrambi rinnovano le cose del mondo, ma in modo diverso: la morte cancellando le persone la moda cancellando la capacità di ragionare e di mpiere delle scelte. Nella seconda parte dell'opera La moda si vanta di come non ha mai fatto andare in disuso l'usanza di morire. Ha fatto andare di moda cose che, senza che ce ne accorgessimo, contribuiscono ad annientare la capacità di pensiero. Per Leopardi ogni volta che rinunciamo a noi stessi per seguire qualcos'altro, deciso dalla moda, noi siamo più morti che vivi. Nel finale dell'opera Leopardi descrive come nei tempi passati ognuno tendeva ad evitare la morte perché le persone erano occupate mentalmente. Mentre ora (1800) la gente, seguendo la moda, è incapace di compiere delle grandi azioni. La terra e la luna In questa operetta vi è un dialogo tra la terra e la luna (entrambe personificate) dove la terra rappresenta il punto di vista dell'umanità e la luna quello di leopardi. La terra porge quindi delle domande alla luna che sembrano ovvie per lei ma che non lo sono per la luna, infatti certe domande la luna nemmeno le capisce, per esempio quando la terra le chiede se i suoi abitanti hanno provato a conquistarla. In ogni caso l'obbiettivo di leopardi è far capire che le prospettive rappresentate nel canto sono una delle prospettive e non la prospettiva universale. Dialogo di tristano e di un amico In questo canto il personaggio di tristano intraprende un dialogo con un amico che mette in discussione la visione pessimistica espressa da lui nel libro appena pubblicato. Secondo tristano però chi scrive può decidere se scrivere di ciò che piace alla gente o di ciò che si pensa davvero, e se al pubblico non piace quello che legge è libero di non leggerlo.