La Nobiltà e l'Ineffabilità nel Sonetto "Chi è questa che vèn"
Il sonetto "Chi è questa che vèn" rappresenta perfettamente la concezione della nobiltà nel Dolce Stilnovo, elevandola a un livello di ineffabilità quasi divina. La donna viene presentata come una figura che trascende le possibilità espressive del linguaggio umano, provocando negli osservatori un'afasia che si traduce in sospiri.
Esempio: Nel verso "che fa tremar di chiaritate l'âre", la luminosità della donna è talmente intensa da far tremare l'aria stessa, superando ogni possibilità di descrizione naturale.
La struttura del sonetto rivela una progressiva presa di coscienza dei limiti della conoscenza umana. L'uso di pronomi indefiniti ogn′om,null′omo,ciascun crea un effetto corale che universalizza l'esperienza dell'incontro con la donna-angelo, anticipando soluzioni stilistiche che influenzeranno anche Dante.
L'impossibilità di parlare afasia di fronte alla donna diventa simbolo di una più ampia impossibilità di comprendere e descrivere la perfezione. Questo tema dell'ineffabilità, che sarà poi ripreso e sviluppato da Dante, rappresenta uno dei contributi più significativi di Cavalcanti alla tradizione poetica italiana.