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Analisi de "La Roba" di Giovanni Verga

1/10/2022

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ANALISI DEL TESTO "LA ROBA" DI G. VERGA
È una novella che fa parte della raccolta "novelle rusticane". Il motore di queste storie è il poter

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ANALISI DEL TESTO "LA ROBA" DI G. VERGA È una novella che fa parte della raccolta "novelle rusticane". Il motore di queste storie è il potere disgregatore della legge del profitto e del culto della roba. Si percepisce il pessimismo sociale di Verga che è ormai convinto che l'uomo agisca sono in nome del progresso e, quindi delle leggi economiche; dunque gli unici valori di riferimento sono l'interesse e l'egoismo. Il protagonista è Mazzarò, un contadino siciliano che ha vissuto un'intera esistenza con un unico scopo, un'unica ragione: accumulare ricchezze materiali. Tutti gli altri valori (famiglia, amicizia, tradizioni) per lui non contano. Gli interessa solo l'etica del denaro. È diventato ricchissimo; è il maggiore proprietario terriero della sua zona; si è addirittura sostituito al suo barone, del quale ha anche acquistato il palazzo. I contadini che lavorano per lui, quando lo vedono, in segno di rispetto e di sottomissione, si tolgono il berretto e per reverenza si rivolgono a lui dandogli dell'eccellenza. Eppure Mazzarò conduce una vita misera e questo sacrificare tutto, questo rinunciare a godersi la vita quando se ne hanno le possibilità, non ha senso perché Mazzarò muore e con sé non può portare tutta la roba accumulata. La novella che ha il carattere tipico della favola si apre con una sequenza...

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Didascalia alternativa:

in cui si elencano gli sconfinati possedimenti e averi di Mazzarò. A descriverli è un viandante, quindi un personaggio esterno all'ambiente, il quale osserva ammirato il paesaggio. Insieme a questo punto di vista c'è il punto di vista del lettighiere, che, come il viandante, è esterno alla vicenda, ma, diversamente dal viandante, è interno all'ambiente rappresentato. Il protagonista viene portato in scena prima che con il suo corpo (cioè il suo aspetto fisico) con la sua "roba" : Con la "fattoria, grande quanto un paese"; Con "le donne che stavano accoccolata nel fango, da ottobre a marzo"; Con i magazzini che sembrano chiese; Con le galline "a stormi"; Con la "vigna che non finiva più"; Con l'"uliveto fatto come un bosco". Tutte queste similitudini creano l'effetto dell'esagerazione; Verga le utilizza per rimarcare l'immagine del "quanto" e "del quanto estesa" sia la roba di Mazzarò, che, come dice il lettighiere, è ricco "come un maiale". Questo paragone è usato in forma dispregiativa: Mazzarò, del tutto accecato (quasi "patologicamente") dalla sete di accumulare regredisce allo stato animalesco: vive, anzi sopravvive, da miserabile. Non si gode la vita e resta sociale, quindi solo. Non ha una donna, non ha una famiglia perché averle avrebbe comportato delle spese, dei costi. Anche sua madre per lui era "un costo". Dopo la prima lunga sequenza introduttiva, il punto di vista cambia nuovamente: a raccontare, da qui in poi, è un narratore interno alla comunità a cui appartiene il protagonista, un narratore che comprende le ragioni di Mazzarò e condivide il suo modo di essere e di vivere. Questo narratore ci racconta la storia di Mazzarò: era un umile bracciante, sfruttato, maltrattato, offeso dal barone per il quale lavorava. Poi, però, c'è stato un ribaltamento: Mazzarò che aveva la testa che era un brillante, ha iniziato ad accumulare sempre più roba sino a diventare ricchissimo, ma non si è mai riempito di superbia. E si è preso tutto quello che un tempo era stato del suo barone. Ma Mazzarò non accumula per una scalzata sociale. Non gli interessa acquisire un posto nella società o un titolo nobiliare. Egli vuole solo accumulare roba su roba, forse perché la miseria in cui ha vissuto in un certo senso lo ha terrorizzato, se non traumatizzato. E così terrorizzato dall'idea di poter precipitare di nuovo nella miseria, che pur ricchissimo, egli: Continua a mangiare "due soldi di pane e un pezzo di formaggio" Continua ad "affaticarsi dall'alba a sera" Insomma, dice Verga, "non aveva altro che la sua roba e anche la roba era fatta per lui". Tuttavia, giunto il momento della morte, Mazzarò prende consapevolezza del proprio fallimento esistenziale. È cosciente che non può portare via con sé tutta la sua roba, ma, pur consapevole di ciò, non accetta di separarsene ed è per questo che inizia a distruggerla. A questo punto, dunque, il narratore induce il lettore ad una riflessione ben precisa: l'inconsistenza della roba e la sua inutilità.