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Alessandro Manzoni

21/9/2022

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 ALESSANDRO MANZONI
Vita
Nasce a Milano nel 1785 dal conte Pietro Manzoni e da Gloria Beccaria
Ha una formazione religiosa
Nel 1805 si trasf

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ALESSANDRO MANZONI Vita Nasce a Milano nel 1785 dal conte Pietro Manzoni e da Gloria Beccaria Ha una formazione religiosa Nel 1805 si trasferisce a Parigi e nel frattempo la madre va a vivere con Carlo Imbonati Carlo Imbonati sarà per Manzoni molto importante Nel 1805 si reca a Parigi; Parigi mette a contatto Manzoni con gli illuministi Nel 1808 sposa Enrichetta Blondell, di fede calvinista Nel 1810 Manzoni si converte al cattolicesimo Dopo il periodo a Parigi, ritorna a Milano Nel 1821 inizia a lavorare al romanzo, che, con il titolo provvisorio di Fermo e Lucia, sarà completato nel 1823. Nel 1827 dopo un'accurata revisione pubblica i Promessi Sposi Nel 1833 muore Enrichetta e nel 1837 sposa Teresa Borri Nel 1860 Vittorio Emanuele lo nomina senatore del Regno con un vitalizio annuo Nel 1873 muore a Milano Manzoni fu uno dei grandi esponenti del Romanticismo non soltanto italiano ma europeo. La cultura romantica gli fece scoprire una nuova visione dello Stato rinnovato dalla forza della legge cristiana; un nuovo ruolo del Terzo Stato che divenisse portavoce dei grandi valori del lavoro, dell'onestà e della solidarietà; una nuova capacità di leggere i fatti con un'ottica realistica, per cui lo scrittore doveva farsi interprete della tragedia del popolo intero, come quello italiano privo di identità e di libertà. E infine una nuova visione...

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Didascalia alternativa:

della storia, secondo cui Dio manifestava la sua presenza, seppur nascosta, e l'uomo svolgeva un'azione consapevole con le sue sofferenze e le sue speranze. Nella vita e nelle opere di Manzoni assunse un'importanza decisiva l'ottica religiosa, nella quale fu determinante la conversione dello scrittore, avvenuta nel 1810. Le motivazioni esterne che condussero Manzoni a questa scelta a favore del cattolicesimo fu il matrimonio con Enrichetta Blondell. Lo scrittore prima del 1810 era indifferente al problema religioso e in particolare alla questione dell'esistenza di Dio. Il ritorno alla fede fu l'effetto di una lunga meditazione interiore. 7777 1 LA POETICA Alessandro Manzoni fu il miglior interprete del romanticismo italiano; i fondamenti della poetica manzoniana sono: l'arte oggettiva, rappresentazione del vero e della verità storica e l'attenzione agli aspetti morali e sociali della vita. L'arte deve contribuire al progresso morale dell'umanità e al suo cammino verso la verità. > L'opera dove la sostiene è la lettera sul romanticismo al marchese Cesare d'Azeglio. Secondo Manzoni un'opera deve essere interessante, deve avere uno scopo utile e deve essere reale trattando di un argomento comune. > Un romanzo può essere: verosimile, quando il periodo storico è reale e i personaggi sono inventati; vero storico, quando i fatti sono realmente accaduti e vero poetico quando si basa principalmente su sentimenti ed emozioni. La scelta del vero come soggetto implica una profonda istanza morale e precisa il compito etico e didascalico dell'arte. Nella lettera al marchese Cesare d'Azeglio, Manzoni spiega i principi-cardine della sua letteratura e del Romanticismo italiano: la letteratura deve avere <<l'utile per iscopo>>, <<il vero per soggetto>>, <<l'interessante per mezzo>> UTILE PER ISCOPO: la letteratura deve educare il popolo, diffondere valori etici e morali VERO PER SOGGETTO: la letteratura deve trattare di fatti veri o verisimili INTERESSANTE PER MEZZO: la letteratura deve toccare argomenti che siano vicini al popolo e alle sue esigenze LETTERA AL MARCHESE CESARE D'AZEGLIO SUL ROMANTICISMO: (1823) La lettera al marchese D'Azeglio (22 settembre 1823) fu scritta in risposta al marchese che aveva pubblicato su una rivista torinese La Pentecoste le sue perplessità riguardo la definizione di "romantico "usata da Manzoni. La lettera pubblicata nel 1846 a Parigi espone la concezione dell'arte che sta alla base della poetica del Manzoni. Manzoni è contro l'imitazione, le regole classicheggianti e la mitologia ed è a favore di un sistema letterario che abbia tre principi: l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. i PROMESSI SPOSI La trama del romanzo si svolge tra il 1628 e il 1630. I Promessi Sposi è il primo romanzo storico della letteratura italiana. L'opera, pubblicata da Alessandro Manzoni in edizione definitiva nel 1842, è ambientata in Lombardia fra 1628 e il 1630: le vicende legate al dominio spagnolo fanno da sfondo alla travagliata storia d'amore dei due giovani Renzo e Lucia. A don Abbondio, curato di un piccolo paese posto sul lago di Como, viene imposto di non celebrare il matrimonio di Renzo Tramaglino con Lucia Mondella, della quale si è invaghito Don Rodrigo, il signorotto del luogo. Costretti dall'arroganza dei potenti a lasciare il paese natale con l'aiuto del buon frate Cristoforo, Lucia e la madre Agnese si rifugiano in un convento di Monza, mentre Renzo si reca a Milano con il vago proposito di ottenere in qualche modo giustizia. Don Rodrigo fa rapire Lucia dall'Innominato, un altro signore prepotente e rotto a tutti i delitti, ma la vista della fanciulla così ingiustamente tormentata e l'arrivo del cardinale Borromeo provocano al losco sicario una crisi di coscienza: invece di consegnare la fanciulla a Don Rodrigo, l'Innominato la libera. Intanto Renzo è arrivato a Milano mentre il popolo tumultua per la carestia e, scambiato per uno dei capintesta della sommossa, è costretto a fuggire a Bergamo. La Lombardia è straziata dalla guerra e dalla peste, ma Renzo torna a Milano per cercare la sua promessa sposa. Ritrova Lucia in un lazzaretto insieme a frate Cristoforo che cura gli infermi tra i quali, abbandonato da tutti, c'è Don Rodrigo morente. Placata la peste, dopo tante vicissitudini Renzo e Lucia possono finalmente diventare marito e moglie. Le vicende dei Promessi Sposi sono raccontate attraverso un duplice punto di vista. A volte prevale l'ottica di Manzoni: in tal caso, il narratore è onnisciente e si colloca al di sopra dei personaggi. Nei promessi sposi è approfondito il concetto di Provvidenza. Alla questione della lingua Manzoni dedica un'attenzione particolare, perché ritiene che si debba usare una lingua più moderna che renda il romanzo accessibile ad un pubblico vasto. Per il Fermo e Lucia Manzoni sceglie una lingua di compromesso formata da un fondo di toscano letterario ma arricchito dalla parlata milanese colta e da termini provenienti dal francese. Ma già dopo il 1824, nel rivedere il testo per la pubblicazione, lo scrittore rinuncia a questa lingua e si orienta verso il toscano letterario. Nel 1827 pubblica il romanzo e decide di soggiornare per qualche mese a Firenze per approfondire la sua conoscenza del dialetto. ● Secondo Manzoni, Renzo ha tutte le virtù che per Manzoni sono proprie del popolo contadino, però c'è in lui una componente ribelle, un'insofferenza per ogni forma di sopruso. Ciò costituisce un pericolo per l'eroe perché potrebbe portarlo a commettere atti di violenza che gli alienerebbero la benevolenza divina. Lucia si caratterizza per il suo spontaneo rifiuto della violenza e per l'abbandono fiducioso alla volontà di Dio. È convinta che una vita innocente e senza colpa basti a tenere lontani i guai e che la provvidenza pensi sempre a preservare i giusti dalla sventura. A Lucia manca quella consapevolezza del male che è necessaria per capire la vera natura della realtà umana e per cogliere il senso religioso stesso della presenza del negativo nel mondo: attraverso le sue sofferenze arriva alla fine a comprendere che non può esistere l'eden in terra e che le sventure si abbattono anche su chi è senza colpa. I J I J I LA STAGIONE POETICA: LE ODI CIVILI E GLI INNI SACRI TRA 1812 E 1822 MANZONI SI DEDICA CONTEMPORANEAMENTE ALLA POESIA CIVILE (ODI CIVILI) E RELIGIOSA (INNI SACRI). I TESTI SONO ACCOMUNATI DALLA RIFLESSIONE SULL'AZIONE DELLA PROVVIDENZA DIVINA NELLA STORIA DELL'UOMO. GLI INNI SACRI DOPO LA CONVERSIONE, OVVIAMENTE, IN MANZONI, ASSUMONO GRANDE IMPORTANZA I TEMI RELIGIOSI. LA PRIMA OPERA SCRITTA DA MANZONI DOPO LA CONVERSIONE SONO INFATTI GLI INNI SACRI (1812/1815, ECCETTO LA PENTECOSTE, SCRITTA NEL 1822). IL PROGETTO ERA DI 12 INNI, DEDICATI ALLE PRINCIPALI FESTIVITÀ LITURGICHE, MA NE SCRIVE SOLO QUATTRO, PUBBLICATI NEL 1815: LA RISURREZIONE, IL NATALE, LA PASSIONE, IL NOME DI MARIA, E POI UN QUINTO, LA PENTECOSTE, COMPLETATO NEL 1822. MANZONI RIFIUTA LA MITOLOGIA, I CONTENUTI CLASSICI, E SCEGLI COME TEMA IL "VERO RELIGIOSO", CARO ANCHE AL POPOLO, CON L'OBIETTIVO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA MORALE DI CHI LI LEGGEVA, DI DARE DEGLI INSEGNAMENTI. QUESTI INNI HANNO UN CARATTERE CORALE (VOGLIONO INTERPRETARE I SENTIMENTI DELLA COMUNITÀ DEI FEDELI DURANTE LE CELEBRAZIONI RELIGIOSI) E UN RITMO SEMPLICE E POPOLAREGGIANTE. LA POESIA PATRIOTTICA E CIVILE IL "VERO" ENTRA NELL'OPERA DI MANZONI, NON SOLO COME VERO RELIGIOSO, MA ANCHE COME VERO STORICO. A DIFFERENZA DEGLI SCRITTORI DEL PASSATO, PERÒ, MANZONI NON SCEGLIE ARGOMENTI TRATTI DAL MITO O DALLA STORIA ANTICA, MA FATTI CONTEMPORANEI, VISTI IN PROSPETTIVA POLITICA E RELIGIOSA; NASCE IN QUESTO MODO LA LIRICA CIVILE E PATRIOTTICA: APRILE 1814 E IL PROCLAMA DI RIMINI (CANZONI); NEL 1821 J MARZO 1821: È UN'ODE DEDICATA AI MOTI CHE SCOPPIANO IN QUELL'ANNO, NELLA SPERANZA CHE I PIEMONTESI SI UNISCANO AGLI INSORTI LOMBARDI; IL CINQUE MAGGIO: UN'ODE ISPIRATA ALLA MORTE DI NAPOLEONE, IN CUI LE SUE VICENDE DI VITTORIA E SCONFITTA VENGONO VISTE NELLA PROSPETTIVA DELL'ETERNITÀ. LE TRAGEDIE IN QUESTO PERIODO, MANZONI SI DEDICA ANCHE ALLA SCRITTURA DI DUE TRAGEDIE: IL CONTE DI CARMAGNOLA (1820): NARRA LA STORIA DEL CAPITANO DI VENTURA DEL QUATTROCENTO, FRANCESCO BUSSONE. AL SERVIZIO DEL DUCA DI MILANO, OTTIENE MOLTE VITTORIE E NE SPOSA LA FIGLIA, MA POI PASSA AL SERVIZIO DI VENEZIA, PORTANDOLA ALLA VITTORIA CONTRO MILANO NELLA BATTAGLIA DI MACLODIO. SOSPETTATO DI TRADIMENTO DAI VENEZIANI PER LA CLEMENZA CON CUI TRATTA I PRIGIONIERI DI GUERRA, VIENE CONDANNATO A MORTE. MANZONI ANALIZZA IN QUESTA TRAGEDIA IL CONFLITTO TRA UN UOMO PURO E GENEROSO E LA RAGIONE DI STATO. NELLA STORIA TRIONFA IL MALE, MA FRANCESCO BUSSONE ACCETTA DIGNITOSAMENTE IL SUO DESTINO. L'ADELCHI (1822): PARLA DEL CROLLO DEL REGNO LONGOBARDICO IN ITALIA, AD OPERA DEI FRANCHI DI CARLO MAGNO (FINE VIII SECOLO). IL NOME ADELCHI È QUELLO DEL PROTAGONISTA FIGLIO DEL RE LONGOBARDICO DESIDERIO. QUI IL CONFLITTO TRAGICO CONSISTE NELLA CONTRAPPOSIZIONE TRA I PERSONAGGI STORICI, DESIDERIO, RE DEI LONGOBARDI, E CARLO MAGNO, PREOCCUPATI SOLO DEL POTERE E DELLA VITTORIA POLITICA, E I PERSONAGGI IDEALI ADELCHI E SUA SORELLA ERMENGARDA, INADATTI A VIVERE NEL MONDO E DESTINATI A TROVARE SOLO NELL'ALTRA VITA LA SOLUZIONE AI LORO TORMENTI. 1 LA TRAMA: ERMENGARDA, FIGLIA DI DESIDERIO E MOGLIE DI CARLO MAGNO, VIENE RIPUDIATA DAL MARITO, E IL PADRE VUOL VENDICARSI. SCOPPIA LA GUERRA TRA LORO. CARLO SEMBRA IN DIFFICOLTÀ, MA I DUCHI LONGOBARDI TRADISCONO IL LORO RE E PASSANO DALLA SUA PARTE. VANO IL TENTATIVO DI ADELCHI DI RESISTERE. L'ESERCITO LONGOBARDO È IN ROTTA. ERMENGARDA NEL FRATTEMPO SI È RIFUGIATA IN UN MONASTERO, PER DIMENTICARE L'AMORE PER IL MARITO. ALLA NOTIZIA DELLE NUOVE NOZZE DI CARLO, MUORE. ADELCHI VIENE PORTATO IN SCENA FERITO E MORENTE. CON LE SUE ULTIME PAROLE, CHIEDE A CARLO MAGNO, VINCITORE, DI ESSERE PIETOSO VERSO IL VECCHIO PADRE E MUORE CRISTIANAMENTE. MANZONI SPIEGA LE SUE IDEE SUL GENERE TRAGICO, NELLA "LETTERA AL SIGNOR CHAUVET SULL'UNITÀ DI TEMPO E DI LUOGO NELLA TRAGEDIA": QUI MANZONI SPIEGA IL SUO RIFIUTO DELLE TRAGEDIE DEL PASSATO, BASATE SULLA FINZIONE E SUL FALSO. PROPONE, INVECE, UN TEATRO CHE SI ISPIRI AL VERO IN MODO CHE POSSA AVERE INFLUENZA POSITIVA SUL PUBBLICO. IN PARTICOLARE, MANZONI, DICE CHE LE TRAGEDIE DEVONO AVERE ARGOMENTI STORICI L'AUTORE PUÒ "INVENTARE” E DESCRIVERE LE SENSAZIONI, LE EMOZIONI, GLI STATI D'ANIMO DEI PERSONAGGI; DEVONO RIFIUTARE LE UNITÀ ARISTOTELICHE DI TEMPO, LUOGO E AZIONE RAPPRESENTATO, CON REALISMO, LO SVOLGIMENTO DELLE SITUAZIONI E DEI SENTIMENTI UMANI. 7 UN RUOLO MOLTO IMPORTANTE NELLE TRAGEDIE DI MANZONI HA IL CORO. NELLA TRAGEDIA GRECA, IL CORO SERVIVA PER INDICARE AL PUBBLICO I SENTIMENTI E I PENSIERI CHE L'AZIONE SCENICA DOVEVA ISPIRARE. PER MANZONI, INVECE, IL CORO È UN "CANTUCCIO IN CUI MANZONI ESPRIME IL PROPRIO PENSIERO SUI FATTI RAPPRESENTATI E SVOLGE DELLE RIFLESSIONI PIÙ GENERALI. DOPO IL 1827, MANZONI PORTA ALLE ESTREME CONSEGUENZE LA POETICA DEL «VERO» ABBANDONANDO LA LETTERATURA D'INVENZIONE PER PRIVILEGIARE L'INDAGINE STORICA E FILOSOFICA. PER MOLTI ANNI RIFLETTE ANCHE DELLA LINGUA LETTERARIA E DELLA LINGUA D'USO, DEDICANDOSI A UN ACCURATO LAVORO DI REVISIONE DEI PROMESSI SPOSI E RIPORTANDO LE SUE CONSIDERAZIONI IN ALCUNI SAGGI E TRATTATI (SAGGIO DI VOCABOLARIO ITALIANO SECONDO L'USO DI FIRENZE, DELLA LINGUA ITALIANA) 1 | LA NARRAZIONE DEI PROMESSI SPOSI HA PREVALENTEMENTE UN ANDAMENTO PIANO, DI CONVERSAZIONE AFFABILE E PIACEVOLE CON UN IDEALE PUBBLICO, A CUI SPESSO LA VOCE NARRANTE SI RIVOLGE DIRETTAMENTE. QUESTA DOMINANTE TONALITÀ CONVERSEVOLE È SPESSO PERVASA DI SOTTILE IRONIA, CHE È UNO DEGLI ASPETTI PIÙ PIACVOLI DEL ROMANZO IL NARRATORE È ESTERNO, PERCHÉ È UNA VOCE FUORI CAMPO CHE NON SI IDENTIFICA CON NESSUNO DEI PERSONAGGI DEL ROMANZO; È ONNISCIENTE, POICHÉ CONOSCE TUTTI GLI AVVENIMENTI E ANCHE QUELLO CHE PENSANO E SENTONO NELL'INTIMO TUTTI I PERSONAGGI; PALESE, POICHÉ INTERVIENE CONTINUAMENTE A ILLUSTRARE ANTEFATTI, VICENDE, A DESCRIVERE I PERSONAGGI, LA LORO STORIA, I COSTUMI DELL'EPOCA; INTERVIENE SEMPRE A COMMENTARE E A GIUDICARE GLI EVENTI. LA GENES! MANZONI CI HA LASCIATO TRE REDAZIONI DEL SUO ROMANZO-CAPOLAVORO - LA PRIMA (1821-23), PUBBLICATA SOLO UN SECOLO DOPO DAGLI STUDIOSI CON IL TITOLO "FERMO E LUCIA" - LA SECONDA, PUBBLICATA NEL 1827, CON IL TITOLO DEFINITIVO I PROMESSI SPOSI (EDIZIONE "VENTISETTANA") - LA TERZA, PUBBLICATA NEL 1840, CHE È QUELLA CHE ABITUALMENTE OGGI LEGGIAMO (EDIZIONE "QUARANTANA") TRA LE DUE EDIZIONI PUBBLICATE DALL'AUTORE (1827 E 1840) VI SONO ESSENZIALMENTE DIFFERENZE LINGUISTICHE, IN OBBEDIENZA A QUELL'IDEA DELLA FIORENTINITÀ DELLA LINGUA CHE MANZONI ELABORÒ DOPO IL 1827, MENTRE IL FERMO E LUCIA PRESENTA DIFFERENZE PROFONDE NELLA FORMA E NEL CONTENUTO, TANTO DA INDURRE GLI STUDIOSI A CONSIDERARLA UN'OPERA AUTONOMA RISPETTO AI PROMESSI SPOSI LA LINGUA E LO STILE ALLA QUESTIONE DELLA LINGUA MANZONI DEDICA UN'ATTENZIONE PARTICOLARE, PERCHÉ RITIENE CHE SI DEBBA USARE UNA LINGUA PIÙ MODERNA CHE RENDA IL ROMANZO ACCESSIBILE AD UN PUBBLICO VASTO BÀ DELLA QUESTIONE DELLA LINGUA. • PER IL FERMO E LUCIA MANZONI SCEGLIE UNA LINGUA DI COMPROMESSO, FORMATA DA UN FONDO DI TOSCANO LETTERARIO, MA ARRICCHITA DALLA PARLATA MILANESE COLTA E DA TERMINI PROVENIENTI DAL FRANCESE • MA GIÀ DOPO IL 1824, NEL RIVEDERE IL TESTO PER LA PUBBLICAZIONE, LO SCRITTORE RINUNCIA A QUESTA LINGUA COMPOSITA E SI ORIENTA DECISAMENTE VERSO IL TOSCANO LETTERARIO, CHE SI POTEVA APPRENDERE DAI LIBRI • PUBBLICATO IL ROMANZO NEL 1827, MANZONI SOGGIORNA PER QUALCHE MESE A FIRENZE (LA COSIDDETTA RISCIACQUATURA DEI PANNI IN ARNO) PER APPROFONDIRE LA SUA CONOSCENZA DEL DIALETTO E PROCEDERE A UNA TOTALE REVISIONE DEL ROMANZO; GIUNGE COSÌ ALLA SOLUZIONE PER LUI DEFINITIVA DEL PROBLEMA DELLA LINGUA: LA LINGUA ITALIANA UNITARIA, QUELLA DA USARE NELLA LETTERATURA COME NELLA VITA SOCIALE, DEVE ESSERE IL FIORENTINO VIVO, PARLATO DALLE PERSONE COLTE DELL'EPOCA: NON LA LINGUA MORTA DEI LIBRI DEL TRECENTO E DEL CINQUECENTO, COME VOLEVANO I PURISTI, MA LA LINGUA VIVA, PARLATA, ATTUALE