Pindaro e Bacchilide: I Maestri dell'Epinicio
Pindaro (518 a.C.) rappresenta l'apice della lirica corale greca. Aristocratico tebano, compone epinici per i vincitori delle quattro grandi competizioni panelleniche. La sua opera, divisa dagli alessandrini in 17 libri, comprende 44 componimenti giunti fino a noi.
Per Pindaro il mito è fondamentale: spiega e illumina la realtà presente. Il poeta è μάντις (interprete) delle Muse, dotato di sapienza innata che lo rende superiore agli altri uomini. La vittoria atletica dimostra qualità divine concesse all'uomo: forza, temperanza e ricchezza.
L'uomo però rimane ἐφήμερος (effimero), sottoposto al destino. Solo il canto poetico può preservare la gloria senza cadere nella ὕβρις (tracotanza). Pindaro segue il principio di reciprocità: poeta valoroso celebra vincitore valoroso.
Bacchilide, "l'usignolo di Ceo", nipote di Simonide, introduce negli epinici il πάθος (patimento umano). I suoi componimenti, scoperti solo nel 1896, mostrano grande sensibilità drammatica attraverso dialoghi e monologhi.
🎭 Innovazione: I ditirambi di Bacchilide, pur perdendo l'elemento dionisiaco, diventano la base per la futura tragedia greca grazie alla loro struttura drammatica.
Il V Epinicio (Eracle e Meleagro nell'Ade) e il XVII Ditirambo (Teseo e l'anello di Minosse) dimostrano come Bacchilide unisca celebrazione e ammonimento sulla precarietà umana, tipico della mentalità greca che ricorda i limiti proprio nei momenti di trionfo.