Materie

Materie

Di più

Hegel

29/5/2022

22664

1234

Condividi

Salva

Scarica


Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia
Hegel
Introduzione
Appunti
Classe 5
Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia,
estremam

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

Filosofia Hegel Introduzione Appunti Classe 5 Hegel, nato nel 1770 e morto nel 1831, divenne professore universitario di filosofia, estremamente apprezzato soprattutto a Berlino dove raggiunse l'apice della sua carriera. Sarà molto apprezzato e la sua diventerà una scuola di pensiero molto seguita, difficile poi da contestare. Ha scritto moltissimo per questo abbiamo il suo pensiero pressoché completo. Molte sue opere sono poi tratte dalle sue lezioni, pubblicate postume. Hegel risulta molto difficile perché ribalta l'astrazione con la concretezza (per lui è concreta l'idea e astratto il finito). L'Hegelismo è un vero e proprio sistema, considerato per molto tempo inattaccabile, ma estremamente fragile se si riesce ad uscire da esso. Tesi di fondo del pensiero hegeliano Ci sono tutti i caratteri di fondo dell'idealismo: 1. Risoluzione del finito nell'infinito: l'infinito si risolve nel finito, quindi finito e infinito coincidono, in quanto il finito (mondo inteso come realtà singole) è manifestazione dell'infinito (o assoluto, o spirito...). Quindi il finito in sé non esiste se non come parte, acquista un senso solo in virtù dell'infinito. Di conseguenza non esiste l'insieme delle sostanze unitarie, esiste solo il tutto, dunque la realtà non è un insieme di sostanze unitarie ma un organismo unitario (ricorda esempio puzzle). Se allora finito e infinito coincidono, la filosofia di Hegel è un monismo, di tipo panteistico: il dio di...

Non c'è niente di adatto? Esplorare altre aree tematiche.

Knowunity è l'app per l'istruzione numero 1 in cinque paesi europei

Knowunity è stata inserita in un articolo di Apple ed è costantemente in cima alle classifiche degli app store nella categoria istruzione in Germania, Italia, Polonia, Svizzera e Regno Unito. Unisciti a Knowunity oggi stesso e aiuta milioni di studenti in tutto il mondo.

Ranked #1 Education App

Scarica

Google Play

Scarica

App Store

Knowunity è l'app per l'istruzione numero 1 in cinque paesi europei

4.9+

Valutazione media dell'app

13 M

Studenti che usano Knowunity

#1

Nelle classifiche delle app per l'istruzione in 11 Paesi

900 K+

Studenti che hanno caricato appunti

Non siete ancora sicuri? Guarda cosa dicono gli altri studenti...

Utente iOS

Adoro questa applicazione [...] consiglio Knowunity a tutti!!! Sono passato da un 5 a una 8 con questa app

Stefano S, utente iOS

L'applicazione è molto semplice e ben progettata. Finora ho sempre trovato quello che stavo cercando

Susanna, utente iOS

Adoro questa app ❤️, la uso praticamente sempre quando studio.

Didascalia alternativa:

Hegel, l'assoluto, è in tutto. Questo dio è immanente (monismo immanentistico) e coincide con il logos, la ragione (pallogismo): tutto è ragione. Hegel richiama molto Eraclito (tutto è logos) ma anche Spinoza (Dio sive natura): anche quella di Spinoza era una metafisica immanente, solo che per lui la natura, la realtà, era sostanza, mentre per Hegel è un soggetto spirituale attivo, non passivo come la sostanza, continuamente processuale (in divenire, che si realizza attraverso delle tappe). 1 2. Identità di ragione e realtà, che si esprime nell'aforisma: tutto ciò che è razionale è reale, e tutto ciò che è reale è razionale. Cosa significa? Tutto ciò che è razionale è reale: la razionalità non è pura astrazione, idealità (addirittura con Kant è una facoltà conoscitiva); con Hegel cessa di essere pura idealità e progettualità e diventa l'essenza stessa della realtà, quindi la realtà stessa (razionalità coincide con l'essere). La razionalità non è una facoltà umana ma l'essere: noi siamo una manifestazione della razionalità. Tutto ciò che è reale è razionale: la realtà è un continuo divenire, quindi procede con la storia. Per lui la realtà è storia, è un processo, è un divenire costante non casuale ma causale. Più precisamente è necessario: è la necessità che governa il mondo (determinismo finalista). La storia hegeliana è guidata da una necessità che è un fine. Questo determinismo è per forza determinato da una legge, un principio di svolgimento Appunti Classe 5 della realtà: la ragione, il logos (Hegel stesso si considera ancora discepolo di Eraclito). A questa legge razionale che governa il mondo lui dà un nome: la dialettica. 3. Il compito della filosofia: novità della sua funzione. Per Hegel non ha un compito conoscitivo ma deve prendere atto di ciò che è perché non doveva che essere così: dover essere (pensiero) ed essere coincidono. Più che conoscenza è consapevolezza. La Fenomenologia dello Spirito Pubblicazione: 1807. Lo spirito è la base della filosofia di Hegel. Fenomenologia = fenomenom + logos = studio di ciò che appare. Poiché il ciò che appare (il fenomeno) coincide con l'essere, e l'essere è spirito, l'assoluto, quindi la fenomenologia è lo studio dello spirito. In quest'opera Hegel ha un obiettivo pedagogico, didattico: vuole insegnare la via, la coscienza che l'uomo singolo deve percorrere per raggiungere il punto di vista dell'assoluto (acquistare consapevolezze che tutta la realtà è assoluto). Questo perché il punto di vista individuale è diverso: noi siamo veri, l'assoluto è astratto (dobbiamo ribaltare il punto di vista). In questo percorso Hegel prende in considerazione due piani: la prospettiva diacronica e quella sincronica. • Diacronica: storica, culturale. • Sincronica: prospettiva del singolo come soggetto. Le due prospettive corrono parallelamente. Nella prima prospettiva Hegel chiamerà i diversi momenti storici "figure" (periodo storico o corrente culturale). La coscienza Il punto di partenza è la coscienza, che sarebbe quella individuale, il soggetto, intesa come attività conoscitiva, che a sua volta si divide in 3 momenti. Nel processo conoscitivo al primo posto c'è la conoscenza o certezza sensibile: a primo impatto sembra certa, perché mi rende sicuro dell'esistenza di qualcosa qui e ora. Ma quella che a prima vista si rivela la più sicura, in realtà si rivela la più indeterminata, la più fragile, la più povera. Perché? Perché non dipende dalla cosa ma dal soggetto (è soggettiva). Il secondo momento è la percezione: molto spesso consideriamo percezione e sensazione sinonimi, in realtà essa è l'attività dell'io nella sensazione, è la facoltà con cui si avverte l'esistenza di una cosa. Non è valida perché una cosa viene concepita come una e come molteplice allo stesso tempo, poiché ogni cose ha tante proprietà sensibili. Dunque, se l'io guarda l'unità perde la molteplicità, se invece si concentra sulle proprietà perde l'unità. L'uomo quindi cerca il fondamento su cui si posizionano queste proprietà, per uscire da questa contraddizione (intelletto): cerca il noumeno. Ma per Hegel il noumeno non esiste, quindi la coscienza, per uscire da questa contraddizione, abbandona lo sguardo dall'oggetto e lo rivolge su se stessa. Quando avviene questo la coscienza diventa autocoscienza. Riassumendo quindi capitolo sulla coscienza si articola in 3 parti: certezza sensibile, percezione, intelletto. 2 L'autocoscienza Secondo Hegel se la coscienza è la conoscenza del soggetto (attività conoscitiva, teoretica), l'auto coscienza ha un aspetto pratico, non teoretico: implica una dimensione pratica. Essa passa attraverso il fare, quindi io conosco me stesso solo quando agisco. E la direzione non è solo pratica ma anche sociale: conosco me stesso solo quando mi trovo in un gruppo e vengo riconosciuto dall'altro (c'è una dimensione sociale, non Appunti Classe 5 solipsistica). È stata ampiamente ripresa dalla psicanalisi. Hegel dice: qual è il primo annuncio dell'autocoscienza? Quando divento consapevole di me stesso? Il desiderio. Quando la coscienza, cioè il soggetto, acquista consapevolezza di sé è perché desidera. Desidera di essere tutto, di essere autonomo, il che si traduce con il desiderio di riconoscimento, quindi desiderio di essere desiderato. Il desiderio è desiderio di desiderio, non desiderio dell'oggetto: un metadesiderio. La metafora del bambino concretizza il pensiero: quando vuole essere allattato non ha sempre fame, ma vuole manifestarsi alla madre. L'uomo vuole sempre relazionarsi, ma talvolta l'incontro acquista il carattere della guerra, diventa scontro. Perché ciascuno desidera essere riconosciuto senza a sua volta riconoscere l'altro (perché vorrebbe limitarsi). Quindi c'è il desiderio del riconoscimento, ma poiché l'autocoscienza vuole essere totalità, vuole essere autonoma e ingurgitare l'altro. Ciascuno vuole quindi essere riconosciuto senza riconoscere. La guerra è stata una costante del mondo antico: ecco che incontriamo la prima figura, quella del servo- padrone. Innanzitutto la figura è un momento storico e, in questo caso, si riferisce al mondo antico. Si è passati ad una prospettiva sincronica ad un'altra diacronica. La dialettica del servo-padrone fa sì che ci siano entrambe le figure alla fine di ogni guerra: il padrone è quello che ha rischiato fino alla morte e alla fine ha trionfato. Il servo è colui che pur di aver salva la vita ha deciso di sottomettersi. I vinti hanno deciso di perdere la propria libertà piuttosto che la vita: in ballo c'è il riconoscimento. Ora però, a ben vedere, i due ruoli si invertono: il padrone diventa servo del suo servo e viceversa. I due ruoli non si perdono, perché conservano i valori originali ma in un certo senso, rimanendo pur sempre padrone, esso è tale perché è il servo che lo riconosce padrone, quindi dipende in tutto e per tutto dal servo. La dipendenza aggiunge al ruolo originario quello di servitù: dipende da lui (si fa riconoscere senza riconoscere). Allo stesso tempo il servo diventa padrone perché prende consapevolezza di se stesso quando lavora: il lavoro è manipolazione delle cose, trasformare qualcosa. Il lavoro realizza l'uomo e lo emancipa, lo libera. La libertà dalla dipendenza: il padrone è dipendente dalla cosa, ma il servo è padrone della cosa che ha creato, quindi è, in un certo senso, padrone. La figura (o dialettica) del servo padrone implica un capovolgimento. Alla fine però il riconoscimento non è avvenuto, il desiderio non è stato soddisfatto. Questo perché devono riconoscersi reciprocamente: il riconoscimento in questo caso non può essere unilaterale. Il servo è però diventato una cosa a disposizione del padrone, ma può il signore sentirsi soddisfatto di una cosa? No perché ciascuno di noi può sentirsi riconosciuto da qualcuno che abbiamo a nostra volta riconosciuto, non da uno schiavo (in quanto schiavo non lo renderebbe degno di riconoscere il padrone). Questo perché riconoscere l'altro vuol dire mutare l'egoismo iniziale in un ottica in cui la vera condizione dell'indipendenza è la dipendenza dall'altro, e quindi riconoscerlo per renderlo degno di riconoscermi. La vera soddisfazione a questo desiderio è la reciprocità: siamo totalmente dipendenti dall'altro, al quale attribuiamo un valore di dignità. Siamo il prodotto della storia, individuali e plurali, intersoggettivi: abbiamo una struttura relazionale. 3 Il risultato del servo-padrone in realtà è il raggiungimento dell'indipendenza dalle cose. Questo risultato si collega, nell'ambito della prospettiva diacronica, alla figura dello stoicismo. Questa filosofia amb tico prevedeva l'atarassia e l'apatia. Per Hegel è quella visione che ritiene di fare a meno delle cose, quindi gli stoici sostengono che bisogna arrivare all'autonomia e autosufficienza: lo stoico raggiunge la libertà con l'autonomia dalle cose. Dal punto di vista storico coincide con la figura del servo, mentre Appunti Classe 5 da quello filosofico con lo stoico. Quest'ultimo non raggiunge il suo scopo perché si illude solo di eliminare quella realtà, a in realtà essa continua ad esistere, a sussistere e a influenzare la sua vita. La sua è una libertà astratta ma non reale. Dallo stoicismo si passa dunque alla figura dello scetticismo. Lo scettico è colui che riesce ad arrivare all'epoké, la totale messa a meno del mondo. Lo scetticismo difatti dubita di tutto. Anche lo scettico entra in contraddizione, si autocontraddice. Già Sant'Agostino arriva a una conclusione simile: lo scettico, mentre dice nulla è vero, dubiterebbe anche la sua umanità, l'unica cosa di cui non si potrebbe dubitare perché per dubitare devo esistere. Per Hegel lo scettico è contraddittorio perché dice "nulla è vero", assumendo però che quella frase sia vera. A questo punto si esce dallo scetticismo e si arriva alla figura della coscienza infelice, il Medioevo. Perché si chiama tale? Perché dallo scetticismo si esce affidandosi a Dio, che caratterizza tutta la storia del medievale. L'uomo raggiunge la felicità affidandosi a Dio? No, perché Dio rimane pur sempre trascendente, pienamente infinito. Molti si ritiravano dal mondo, negando se stessi per vivere un rapporto diretto con Dio senza mediazione: gli asceti; ma perfino loro devono constatare l'impossibilità di eliminare questa scissione uomo-Dio. Anche dalla coscienza infinita quindi si esce, passando dall'autocoscienza alla ragione. APPROFONDIMENTO SULL'AUTOCOSCIENZA Il pensiero in realtà si autosviluppa, è un'auto-deduzione. Lo sviluppo del pensiero consiste nel fatto che qualunque determinazione a cui arriviamo non è mai bastevole di se stessa (dialettica), perché quello ha cui arriviamo è se stesso ma qualcosa di altro. Quindi la processualità del pensiero è che il pensiero tende a cristallizzarsi, determinando contraddizioni e quindi sviluppandosi. Questo limite è quello stabilito dall'intelletto, razionalità chiusa. Prendendo la fenomenologia, la coscienza è portata a cristallizzarsi in figure, a fissare la propria verità e stabilirla come definitiva. Tuttavia la sua esperienza è negativa: l'esperienza è la presa d'atto che qualunque verità a cui arriviamo deve essere superata. Siamo quindi in una dimensione desiderante, pratica. C'è un momento in cui la fenomenologia parla del desiderio. Per Hegel l'autocoscienza è desiderante. 4 Autocoscienza = consapevolezza che il sapere di se è il sapere della totalità, quindi io sono totalmente autonomo è autosufficiente. Questa tesi tuttavia è per l'autocoscienza una sorta di convinzione, presunzione, una tesi da provare. L'autocoscienza desidera di soddisfare se stessa. La parola che Hegel usa è begierde, la brama di conglobare tutto dentro di sé (desiderio fondamentale autocoscienza). Quindi sostanzialmente vuole fare proprio l'altro, ridurre l'altro a se stesso. Una volta che non c'è più l'altro quindi l'autocoscienza afferma se stessa. Quindi, se ci riflettiamo bene, tale desiderio nasconde un desiderio più profondo: c'è il desiderio dell'altro ma anche quello di affermare se stessa, perché vuole che l'altro sia sé stessa. Prima del desiderio c'è la prima sensazione di sé. Il desiderio è una forma primitiva della coscienza di sé: per la prima volta affermiamo la nostra soggettività. Ma finché questa coscienza ha una tale tendenza scatena una perpetua insoddisfazione dato una volta ingurgitato l'alto, l'autocoscienza vuole affermarsi ancora e ancora, quindi è destinata a rimanere insoddisfatta. Questa è la struttura incompiuta, incompleta dall'autocoscienza. Finché il desiderio è nella struttura materiale è destinato a rimanere dipendete da altro. Fino a questo punto non riesce quindi a dimostrare a sé stessa di essere autocoscienza. Per poter dare soddisfazione Appunti Classe 5 all'autocoscienza tuttavia deve rimanere altro, perché, se riesce a trovare un altro che ha il desiderio, allora anch'essa si può affermare. L'autocoscienza vuole quindi il riconoscimento di un'altra autocoscienza: quando l'autocoscienza trova un soggetto che la riconosce allora viene appagata. Essa sostanzialmente desidera di essere riconosciuta (non un da oggetto di cui appropriarsi). Quando la coscienza incontra questo qualcuno, ecco che viene riconosciuta come autocoscienza. Tuttavia però l'incontro fra due autocoscienza desidera l'altro ma vuole che l'altra la riconosca: vogliono entrambe essere riconosciute ma nessuna è disposta a riconoscere. Riconoscere vuol dire riconoscere l'altro come autonomo, e dunque perdere la propria autonomia (è un limite). L'incontro genera quindi lo scontro (vita e morte). Questo scontro è destinato a produrre ima situazione di disuguaglianza perché una delle due autocoscienze cede (servo) e si sottomette al signore. C'è dunque un'asimmetria. Ma questo riconoscimento è avvenuto davvero? No, perché il servo, la coscienza riconoscente, non è un'autocoscienza perché non è stata riconosciuta, dunque è una cosa. Può il padrone essere riconosciuto da una cosa? No, dunque qui si raggiunge il punto aporetico della fenomenologia. La verità è che il riconoscimento è reciproco oppure non lo è. Questa condizione di libertà e autonomia può avvenire solo se è reciproco e questa coscienza arriverà alla formazione, gettando l'egoismo iniziale, solo arrivando alla fine del percorso: la vera condizione dell'indipendenza è la dipendenza. La libertà non è dunque un dato di natura ma di formazione, che passa attraverso l'altro. Il reciproco farsi servo è il reciproco farsi signore: il desiderio ha ottenuto soddisfazione. La nostra identità è quindi il prodotto della storia che abbiamo avuto, è il risultato di tutti i nostri incontri e della nostra pluralità, siamo intersoggettivi, appaghiamo solo così il nostro desiderio. E la fine del processo qual è? Lo stato. Siamo liberi solo se ci consideriamo in una dimensione sociale. La ragione Nel rinascimento l'autocoscienza diventa ragione, che attraversa un duplice sviluppo: da un lato ragione osservativa, dall'altro attiva. La prima coincide con il rinascimento, la seconda con l'illuminismo. La ragione osservativa esplora il mondo, lo vuole conoscere. L'uomo è al centro ma osserva il mondo, la ragione vuole conoscere il mondo ma il limite della ragione osservativa (dietro cui c'è sempre l'uomo) è quello che perde il senso di sé stessa e della propria spiritualità diventando una cosa tra le altre. Il processo in questione è detto reificazione. L'uomo perde dunque la sua natura spirituale. La ragione attiva invece è quella dell'Illuminismo del seicento e del settecento in cui l'uomo cerca di agire sul mondo imponendo le sue leggi: l'uomo diventa legislatore di se stesso e vuole piegare il mondo la propria volontà, ma è un fallimento perché il mondo non si piega, rimane alto da sé. Si esce dunque dalla ragione per entrare nello spirito. 5 Lo spirito La ragione si fa spirito, cioè il piano collettivo, sociale, della comunità. Fino a quando si rimane su un piano individuale, non si raggiungerà mai l'assoluto, che è realizzabile solo sul piano intersoggettivo, più precisamente sul piano etico. L'etica greca, quella classica, viene elogiata da Hegel. Si tratta dell'etica della polis, dove c'è una forte compenetrazione tra uomo e cittadino. Dopo l'epoca della polis c'è una frattura tra l'io e la società: l'uomo non si riconosce più e questa frattura raggiunge una crisi soprattutto nell'età moderna, dove c'è un apice. La crisi dell'etica moderna si risolve nella Appunti Classe 5 rivoluzione francese: il massimo della crisi. A quel punto si entra nel campo d'azione della religione. La religione Nella religione l'assoluto è l'oggetto della ricerca. È la massima manifestazione spirituale dell'uomo, in cui c'è manifestazione dello spirito. Ci sono molte metafore, rappresentazioni di Dio, essendo l'assoluto rappresentato, questo è distinto dal soggetto che lo rappresenta: nella religione permane elemento della trascendenza, permane la scissione, la separazione. Il limite di rappresentare Dio rimane la trascendenza, permanee il divario. Hegel non è soddisfatto della fine dell'opera quindi scrive una prefazione in cui troviamo la vera conclusione della Fenomenologia dello Spirito. La filosofia è il sapere più adeguato per esprimere identificare l'assoluto, è il più alto, perché non si serve della rappresentazione, ma si usa la forma del concetto. In sostanza l'oggetto della filosofia della religione è uguale, ma il modo di ricercarlo e di esprimerlo è diverso. La dialettica Il mondo è costante divenire, se necessario, c'è una determinazione data dalla dialettica. Con dialettica si intende la legge di sviluppo della realtà, coincide con la realtà, il significato in senso ontologico (modo di essere). Nella dialettica è presente la logica, perché comprende la realtà, il modo di pensare. Essa inoltre impone alla realtà il carattere di necessità. Cosa significa pensare dialetticamente la realtà? La realtà da un lato è dialettica, ontologia, dall'altro è pensata come dialettica, logica. Essa di articola in 3 momenti, che non vanno intesi come delle fasi isolate ma come dei processi ascendenti: si passa da uno all'altro in ordine logico; i tre momenti sono della realtà ma anche aspetti del pensiero. Primo momento: tesi Quando affermo è una presa di posizione astratta perché in essa si pone il singolo problema come fisso, singolare, individuale. Se il pensiero pone qui ed ora un oggetto e lo vede come individuale, allora questo è un momento astratto, l'estratto intellettuale. Intelletto e ragione non sono due facoltà diverse come in Kant, ma sono la stessa cosa, il pensiero. Esso quando pone isolatamente l'oggetto si irrigidisce, pensa in maniera rigida, è detto intelletto se astrae, mentre se ricerca la trama (pensiero concreto) è ragione. Quindi si isolano, si fissano i concetti, rendendoli quindi astratti. L'intelletto la capacità conoscitiva che separa gli aspetti da considerare. 6 Secondo momento: antitesi È il momento della negazione. Ciò che viene prima affermato lo si nega ponendolo in rapporto con il suo opposto. Nego l'uno introducendo il molteplice. La negazione è potente, perché è quello del conflitto, dell'opposizione. Guai se non ci fosse la guerra, perché se non ci esistesse ogni cosa rimarrebbe rigida nella sua astrattezza (momento funzionale per raggiungere la sintesi). C'è in gioco la ragione, che nega le realtà astratte, creando un rapporto di relazione della realtà astratta col suo opposto allo scopo di riportare l'oggetto singolo al suo posto e poi negarlo con l'opposto. Appunti Terzo momento: sintesi È la conciliazione a cui si arriva sempre. I due opposti si conciliano ad un livello superiore, nel quale entrambi convivono. C'è una visione ottimistica, nel senso che secondo lui nella storia si arriva sempre alla sintesi. Quindi dalla guerra si esce e si arriva alla pacificazione, alla convivenza. La sintesi include sia l'uno sia l'altro. L'opposizione non rimane mai tale ma viene superata. Il sostantivo usato è aufhebung (negare e conservare, ossia superare). Nella sintesi si abolisce la lotta: gli opposti si conciliano (da Eraclito). Classe 5 Se penso la realtà dialetticamente la penso totalmente. Qui ritorna la dimensione relazionale: tutto ciò che nel mondo esiste se lo prendiamo separatamente diventa astratto, per dargli concretezza devo relazionarlo agli altri. La ragione è essenzialmente il modo di pensare dialettico, concreto. L'aggettivo "concreto" deriva da concrescere, crescere insieme, dunque è concreto ciò che cresce insieme. La verità è l'intero. L'intero è la totalità, di cui le singole parti sono manifestazioni, nient'altro, non esiste l'infinito senza finito. L'Enciclopedia Venne pubblicata nel 1817, è l'opera principale di Hegel che influenzò moltissimo la cultura accademica degli anni successivi. Hegel tratta la filosofia dello spirito, definita come la conoscenza più alta e difficile e il momento in cui lo spirito diventa cosciente di se. Qui con spirito viene inteso come dimensione sociale, quella storica, collettiva. La filosofia dello spirito si articola in tre momenti: 1- Lo spirito soggettivo 2- Lo spirito oggettivo 3- Lo spirito assoluto Lo spirito soggettivo è quello individuale, il suo progressivo farsi come libertà (la coscienza individuale). 7 Lo spirito oggettivo Con lo spirito oggettivo si esce dall'individualità e si entra nella vera e propria dimensione della vita delle istituzioni, quella collettiva. C'è il concetto di spirito come libertà, che si realizza solo nelle istituzioni, nel confronto. Con istituzioni si intendono lo stato, la famiglia,... fuori dallo stato esiste solo il libero arbitrio che è tutt'altra cosa. Lo spirito oggettivo si articola in 3 momenti: 1- Diritto astratto 2- Moralità 3- Eticità Riprendendo la dialettica, è una specie di proseguimento con tesi, antitesi e sintesi. Appunti Classe 5 IL DIRITTO ASTRATTO Il diritto è l'insieme delle leggi che regolano la condotta esteriore, ciò che facciamo, soprattutto il modo in cui l'individuo si rapporta con le cose impossessandosene. La proprietà va regolata e regolamentata. Questo diritto si chiama diritto privato, su cui Hegel si concentra. Il diritto quindi si impone con la forza delle leggi, regola il comportamento con la coazione delle leggi, che sono il frutto di un contratto. Per Hegel non esistono diritti naturali, frutto di un contratto, delle legge e quindi della società (a teoria opposta è il giusnaturalismo). Quando il diritto viene violato si passa al suo opposto, il reato, il torto. Nei casi più estremi il torto si configura come delitto. A questo punto ciò che ristabilisce il diritto e che nega il reato, o torto, è la pena. Secondo lo schema dialettico, il diritto è lo schema del pensiero oggettivo, ma al suo interno ha come tesi il diritto, come antitesi il reato e come sintesi la pena. La pena per l'epoca è concepita in termini moderni, perché non deve essere punitiva e vendicativa ma punitiva e riabilitativa (già detto da Beccaria ne Dei delitti e delle pene) LA MORALITÀ A questo punto si entra nella moralità. Il diritto ha a che fare con ciò che l'uomo fa. Una pena concepita come riabilitativa però tocca la coscienza individuale, quindi il diritto non può può regolarla. Mentre il diritto è l'insieme delle leggi imposte che regolano la condotta esteriore, la moralità è l'insieme di valori che regolano la condotta interiore a cui spontaneamente l'uomo si conforma. Ha a che fare non con le proprietà con cui l'uomo si rapporta con le cose bensì con pentimenti, rimorsi, intenzioni che il diritto ottocentesco non regolava assolutamente. La voce della coscienza è quella regolata dalla moralità. Hegel critica la Critica della Ragion Pratica, perché secondo lui è troppo astratta, priva di contenuti: non indicava che cosa bisognava fare ma solo come, dunque è totalmente sterile. Quando si intende la moralità come insieme di valori, si fa riferimento a quelli individuali del singolo, che possono non corrispondere a quelli di un altro. 8 L'ETICITÀ C'è una sintesi tra diritto e moralità (che sono in antitesi): l'eticità, che è sempre l'insieme dei valori non individuali bensì condivisi dalla comunità. Prima di Hegel nessuno aveva mai distinto morale ed etica. La differenza invece sta nel fatto che i valori morali sono individuali, mentre quelli etici sono sì individuali ma anche condivisi dalla comunità: è un diritto morale e morale sociale. Con queste due definizioni mette in accordo tesi e antitesi. Cosa significa che il diritto diventa morale? Vuol dire che ci si conforma alle leggi spontaneamente, non con la forza: il diritto si interiorizza. Cosa vuol dire invece che l'etica è una moralità sociale? Vuol dire che i valori, che nella moralità sono astratti, vengono calati nella società e vengono condivisi dalla nostra comunità. Ancora una volta torna il fatto che siamo uni e molteplici: non possiamo toglierci l'abito morale che ci è stato dato dalla comunità. Se per la nostra comunità è bene fare qualcosa, lo sarà anche per noi. Qui Hegel torna a dire che l'eticità migliore è quella greca perché vale l'equazione uomo-cittadino, dunque l'uomo è legato in maniera indissolubile alla polis e si conforma come animale politico. Solo con il cristianesimo si affronta la rottura tra l'io individuale e quello sociale e nella società moderna prevale l'individualismo (borghese): ognuno pensa di avere solo interessi privati e di poterli soddisfare tramite le istituzioni. Si Appunti può notare che Hegel, nonostante sia un protestante convinto, piega il cristianesimo a suo uso e consumo ma il suo Dio non è quello cristiano bensì logos, ragione. L'eticità a sua volta si articola in tre momenti: 1- Famiglia 2- Società civile 3- Stato Classe 5 9 La famiglia Si tratta di tre istituzioni e la famiglia è la prima nella quale un uomo si trova a vivere. La famiglia è un'unità spirituale fondata sull'amore, sulla fiducia reciproca, quindi volta al bene comune e non sugli interessi individuali dei singoli componenti. Tuttavia i limiti della famiglia sono che innanzitutto che è transitoria perché quando i figli crescono si rompe e se ne creano altre nuove, e non autosufficiente perché deve uscire da essa per soddisfare i propri bisogni. La società civile L'antitesi è la società civile, cioè la comunità più vasta in cui si collocano le famiglie. È la dimensione più ampia, che coincide con la struttura economico-sociale. È lo spazio dell'economia in cui si distinguono le classi sociali, ognuna volta al soddisfacimento dei bisogni. Tutto è antitetico alle famiglie: è stabile nel tempo, è dispersiva (non è un'unità), è volta agli interessi particolari (ogni lavoratore vuole primeggiare e rivaleggiare per soddisfare i propri bisogni). Da qui nascono i conflitti e le tensioni sociali, mentre nella famiglia con la fiducia c'è la pace. Quella di Hegel è però una società preindustrializzata, quella di inizio '800 in Germania (con una dialettica delle classi sociali in agricoltori, commercianti e funzionari pubblici). Nella società civile c'è qualcosa che ci permette il punto di passaggio verso lo stato, le corporazioni di mestiere. Si tratta di associazioni di lavoratori, un retaggio del Medioevo, il cui obiettivo c'era quello di stare attenti a prezzi e qualità ma soprattutto di tutelare gli interessi della categoria. Questo per Hegel è importante perché nelle corporazioni il singolo lavoratore della società civile, che persegue il proprio interesse, si apre all'interesse comune, perlomeno della propria categoria (orizzonte sovra-individuale). Esse sono quindi un punto di snodo verso lo stato. Lo stato Lo stato è sintesi della famiglia e società civile, quindi il suo apice, l'incarnazione suprema dell'eticità. È la riaffermazione dell'unità della famiglia al di là del carattere dispersivo della società civile quindi è una famiglia in grande volta al bene comune. Lo stato teorizzato da Hegel è sempre molto filosofico e astratto. Cosa rifiuta? Attacca subito il liberalismo di Locke, molto apprezzato nel '700, perché lo stato liberale anteponeva le libertà individuali del singolo, soprattutto le libertà democratiche e quella personale. Quindi lo stato diventa difensore delle libertà individuali. Hegel rifiuta questa concezione perché prima c'è lo stato e poi l'individuo poiché egli acquista senso nello stato, anche perché la libertà esiste solo nello stato, fuori c'è solo il libero arbitrio (simile rapporto tra finito e infinito). Inoltre rifiuta la democrazia, teorizzata da Rousseau e Spinoza, che pone alla base dello stato la sovranità popolare. Perché? Perché fuori dallo stato non c'è popolo, ma semplicemente una massa. È lo stato che fonda il popolo e non Appunti Classe 5 il popolo che fonda lo stato, dunque ancora una volta inverte ciò che noi consideriamo scontato. Hegel respinge anche il contrattualismo di Hobbes in cui uno stato si fonda sul contratto (o patto). Questo perché non è il contratto a fondare lo stato ma lo stato a fondare il contratto. Il contratto è il prodotto perché è una legge: ogni forma contrattuale nasce solo in virtù e dopo lo stato. Hegel non approva neanche il giusnaturalismo, cioè l'esistenza di diritti naturali inalienabili, che nessuno può togliere perché dati dalla natura (diritto alla vita, diritto alla proprietà privata,...). Di essi fanno parte anche i liberali. Questo perché per Hegel gli unici diritti che l'uomo possiede sono quelli che lo stato gli riconosce, fuori dallo stato non ci sono diritti. Hegel potrebbe apparire anarchico, ma non è così perché rifiuta anche l'anarchia, che è assenza dello stato. Questo perché chi rifiuta lo stato, si pone al di fuori dell'eticità, questo vorrebbe dire porsi fuori dalla razionalità (di cui l'eticità è una forma), dunque è fuori dalla realtà e dunque un folle, un insensato. Dunque su cosa si deve fondare lo stato quindi? Sullo stato stesso: si fonda sull'idea di stato, che è l'incarnazione suprema dell'eticità, dunque si fonda sull'idea del bene universale. Non c'è né bene né libertà al di fuori dello stato. La concezione hegeliana è quella dello stato etico, la massima incarnazione della morale sociale. Lo stato è definito in termini astratti, è molto filosofico (tipico dell'idealismo). Ne deriva una concezione organicista, in conformità alla propria filosofia: lo stato è un organismo superiore alle singole parti, non è somma, è più della somma, una sorta di sinergia. L'individuo gode della massima libertà nello stato, ma è una visione molto ottimistica: egli è meno importante dello stato stesso. Nella stato si supera la società civile e l'individualismo. È una sorta di stato utopistico, indirizzato dall'educazione. Non è però uno stato dispotico, che fa a meno delle leggi, ma possiede una costituzione. Secondo Hegel la forma politica migliore è la monarchia costituzionale, dove il re però è ugualmente soggetto alla legge (diverso da Hobbes). C'è una semi-distinzione dei poteri: l'esecutivo è al re, il parlamento ha il legislativo ed è bicamerale. Il giudiziario fa parte dell'esecutivo perché spetta alla società amministrare la giustizia. L'esecutivo è detto anche governativo: il re si avvale di un ristretto gruppo di ministri, che ha il vero ruolo di gestione dello stato. Il re in realtà è solo una figura simbolo che deve definire le scelte del governo. Perché questa è la migliore forma? Perché è la sintesi di monarchia, aristocrazia e democrazia, le tre forme classiche di governo. La prima è rappresentata dal re, l'aristocrazia dal governo e la democrazia dal parlamento. Molti hanno parlato di divinizzazione hegeliana dello stato: Hegel stesso dice "L'ingresso di Dio nel mondo è lo stato", "lo stato è volontà divina"... alcuni hanno individuato una sorta di idolatria nello stato, la statolatria. Ma qualcun altro ha ricordato che il Dio Hegeliano non è lo stato, ma lo spirito che vive e si realizza a pieno nello stato, il bene supremo. In ogni caso le due posizioni non sono molto lontane. Lo stato è considerato ingiudicabile, non può essere oggetto di valutazioni da parte del singolo cittadino (come per Hobbes) perché è egli stesso la fonte di libertà e di norme etiche: prima c'è lo stato e poi l'etica, quindi è arbitro assoluto del bene e del male. 10 Questa concezione è stata ripresa nel '900 da Giovanni Gentile, esponente del neoidealismo italiano, il quale era il ministro dell'istruzione di Mussolini. Gentile e Mussolini scrivono per la prima volta nell'enciclopedia Treccani la voce "fascismo", che, essendo un neologismo, non era ancora stato definito. Lo stato hegeliano, in sé non totalitario, è stato usato per definire uno stato di questo genere, perché, essendo uno stato forte, si presta (nello stato Hegeliano per eticità l'individuo spontaneamente si conforma alla legge, ma è utopia). Appunti Classe 5 Lo spirito assoluto È la sintesi dello spirito soggettivo e oggettivo, il coronamento dell'intero processo. Lo spirito acquista piena consapevolezza di sé. Qui per spirito si intende l'intera umanità. Si articola in 3 momenti: arte, religione e filosofia. Sono 3 le forme di cultura, le tre forme supreme (espressioni culturali più alte a cui l'uomo può giungere). Queste hanno in comune qualcosa e differiscono per qualcos'altro. Sono identiche per contenuto, ma diverse per forma. Il contenuto (oggetto di studio) è lo spirito. La forma con cui questo oggetto viene espresso è diverso. • Arte: lo spirito è contemplato ed espresso in forme sensibili. Religione: lo spirito è rappresentato. • Filosofia: lo spirito è compreso concettualmente, quindi la forma è quella concettuale (di cui Hegel scrive anche nella prefazione). ARTE 11 Contempla l'assoluto, lo spirito e quindi il soggetto. L'artista infatti contempla un qualcosa e poi lo rappresenta in maniera sensibile: l'idea della realtà è tradotta in forma sensibile. Il pittore traduce l'idea in quadro, lo scultore in statua, il musicista in note,... Lo spirito contempla intuitivamente la realtà e poi la esprime sotto forma di materiali, forme sensibile. Perché è una forma suprema? Perché in essa si realizza intuitivamente la fusione tre soggetto e oggetto. Hegel ricostruisce quindi la storia dell'arte e riconosce nell'arte classica (greca) quella più alta. Questo perché nell'arte greca c'è un perfetto equilibrio tra contenuto e forma. L'oggetto, lo spirito (contenuto), è equilibrato. La forma tipica dell'arte greca è la scultura, in cui l'uomo viene raffigurato: è nella figura umana che trova espressione l'equilibrio fra l'oggetto e la forma. Quest'equilibrio non si trova né prima né dopo l'arte classica: nell'arte delle prime civiltà c'era uno squilibrio che pendeva dalla parte della forma (la forma tipica era l'architettura, con la costruzione di grandissime strutture architettoniche che portavano ad una materializzazione eccessiva rispetto allo spirito). Nell'arte successiva a quella greca, l'arte romantica per Hegel, lo squilibrio eccede dalla parte dello spirito, che eccede rispetto alla forma. Il contenuto spirituale (proprio del cristianesimo) eccede rispetto alla possibilità di essere adeguatamente espresso (forma, in particolare la poesia, la musica e pittura). Questa sua analisi è definita da molti la morte dell'arte, considerata inadeguata per esprimere la realtà che è spirito. Qui si discosta dai romantici (artistici sono uomini con uno sguardo privilegiato). Per questo verrà sorpassata dalla filosofia. Nella storia dell'arte troviamo quindi una smaterializzazione e una spiritualizzazione. Un'altra volta quindi ha ripreso la Grecia in maniera nostalgica (dopo l'etica, la dialettica di Eraclito e Platone, il logos che va da Eraclito agli storici,...). LA RELIGIONE La religione è il secondo momento dello spirito assoluto. In essa l'assoluto si manifesta nella forma della rappresentazione e anche della narrazione. La teologia è il pensiero di Dio, quindi ha come oggetto Dio, lo spirito. Ma ha come forma delle immagini, molte narrazioni e metafore. Questo è il suo limite, altrimenti sarebbe stata la religione la sintesi. La forma non è quindi adeguata perché si mantiene un Dio trascendente, oltre rispetto allo spirito. Questo è il cristianesimo: dire che Dio è natura è un eresia. Quindi rimane la separazione tra finito e infinito. Anche qui c'è una ricostruzione della storia delle religioni, instaurando anche una sorta di dialettica. La religione più alta è il Appunti Classe 5 cristianesimo, sia pur con tutti i suoi limiti perché in questa religione Dio è spirito (padre, figlio e spirito santo sono per Hegel una sorta di dialettica). La religione tuttavia ha bisogno di essere superata, inverata, che finisce nella filosofia. Come tutte le antitesi, la religione non può annullata ma risulta un antecedente della filosofia, in quanto metto l'uomo in rapporto con la verità: tutto è filosofia. 12 LA FILOSOFIA Non essendo una scienza, non si può dare una definizione univoca di filosofia. Per Kant il compito della filosofia è la critica (criticismo) delle possibilità e dei limiti della ragione umana. Kant era arrivato a dire che la filosofia non può accedere alla verità, il noumeno. Quindi la filosofia per Kant era un non sapere (come dirà Hegel). Secondo Hegel invece alla filosofia spetta il compito di conoscere la verità. Per Hegel non è compito della filosofia trasformare la realtà (come volevano invece fare Platone, gli scienziati, ma anche Marx,...) perché la realtà è necessaria: secondo il determinismo finalistico di Hegel (causalità), il mondo è governato dalla necessità. La filosofia non può neanche prevedere la realtà (essere a priori) e non può assolutamente guidarla o determinarla. La filosofia deve solo giustificare la realtà, quale essa sia, con la ragione. Cosa vuol dire? Vuol dire che prende atto, un qualcosa che arriva a posteriori. Quindi la filosofia rende ragione e riconosce come legittimo ciò che è successo. La filosofia per Hegel comprende la realtà quando giunge al termine, che, nel contesto storico, si realizza con il momento in cui un popolo inizia a declinare. La filosofia infatti è nata con la decadenza degli stati ionici che porta alla filosofia di Mileto. I grandi della filosofia greca, da Socrate ad Aristotele, sono arrivati quando è entrata in crisi l'egemonia ateniese con la guerra del Peloponneso (così si spiega Platone, che vuole riformare anche la politica). Anche a Roma stoicismo, scetticismo ed epicureismo si diffonderanno dal periodo di crisi della repubblica. La filosofia allora arriva per comprendere e conoscere, per spiegare quello che è stato. Nel mondo mode no riconosce che è in declino lo stato liberale, il contesto in cui si inserisce la sua filosofia. L'immagina che Hegel usa per spiegare la filosofia è la nottola di Minerva: la nottola è un uccello simile alla civetta, animale sacro a Minerva, dea dell'intelletto e della sapienza (perché seguendo le linee di occhi e naso si ottiene la phi, q, che richiama la parola pihoopia). Questo perché come la nottola vola al tramonto del sole, così la filosofia arriva al tramonto di una civiltà (funzione retrospettiva). Le filosofie del passato quindi non si annullano a vicenda, ma sono un percorso verso il coronamento della filosofia, I'Idealismo di Hegel. Ma allora l'obiezione è: dopo di lui la filosofia è morta? La dialettica Hegeliana ha una fine: lo stato etico (Prussia) nell'ambito etico, il protestantesimo nella religione, la filosofia idealistica nella filosofia. Anche in questo caso abbiamo una dialettica che però non si perpetua ma si chiude con la filosofia idealista, la sintesi suprema che comprende l'intera verità. La concezione della storia Un po' tutti i filosofi riflettono sulla storia e su come debba essere concepita. Anche Hegel dà la sua visione. La concezione idealistica è esposta non nell'Enciclopedia ma nelle "Lezioni sulla filosofia della storia". In realtà è un opera pubblicata postuma dal Appunti Classe 5 figlio nel 1837, il quale raccoglie le lezioni del padre nell'Università di Berlino. L'opera non era quindi inizialmente destinata alla pubblicazione. Per Hegel la storia non è casuale ma causale, questo perché Hegel è un sistema, dunque deve essere tutto collegato. Nella storia c'è un'imminente razionalità. Allora Hegel, vista tale premessa, critica la concezione della storia tipica dell'illuminismo, quindi quella empirica. Per gli illuministi la storia è un succedersi caotico di fatti casuali, contingenti (alcuni periodi sarebbe stato meglio se non ci fossero stati) e slegati gli uni dagli altri, quindi privi di un significato unitario. Di per sé ogni fatto è quindi insignificante. Hegel critica tale concezione empirica perché per lui i fatti non sono contingenti ma necessari, c'è la concezione deterministica. Esistono due tipi di determinismo, meccanicista e finalista. Tutta la storia è determinata verso un fine (finalista). Ma Hegel critica non solo la concezione illuminista ma anche quella religiosa. Questa concezione è sì finalistica, ma la provvidenza, Dio, si realizza nella particolarità. La concezione cattolica crede che Dio intervenga nel mondo per la realizzazione di eventi particolari aiutando individui particolari. Per Hegel invece tutto è espressione della razionalità, è una visione universale. Il tutto è manifestazione del Dio hegeliano (che tra l'altro è immanente, dunque pone il fine interno e non esterno come nel Dio cristiano, trascendente). Quindi solo la considerazione filosofica della storia (la sua) di tipo idealistico permette di considerare la storia come un tutto unitario. Bisogna far prevalere la totalità e non la particolarità. Questo tutto ha un movimento dialettico, un moto non lineare bensì tortuoso perché passa attraverso l'antitesi. In ogni caso si arriva sempre alla sintesi. Chi fa la storia? Lo spirito del mondo, che si incarna nello spirito del popolo (di volta in volta nello spirito di un popolo). Con spirito del popolo si intende ciò che rende il popolo tale. Condivide costumi, piuttosto che diritto, piuttosto che arte, cultura, religione, filosofia,... se c'è questa condivisione la massa diventa popolo. A che cosa assistiamo nella storia? Accade sempre che dei popoli nascano, fioriscano (raggiungono l'acme) e muoiano. Tutte le volte che un popolo domina sugli altri anche con la guerra, allora quel popolo è lo spirito del mondo. In ogni fase storica di volta in volta lo spirito del mondo vive in un popolo. La missione di ogni popolo consiste nel far progredire lo spirito, cioè portarlo ad un livello sempre più alto. Far progredire lo spirito sostanzialmente significa far progredire la libertà. Quando un popolo avrà compiuto la sua missione (facendo progredire la libertà), allora lo spirito lo abbandonerà (perché quel popolo non è più utile) e si incarnerà in un altro popolo. Chi vince quindi è sempre il migliore: colui che prevale rappresenta lo spirito del mondo. C'è da dire che Hegel è molto europocentrista (tanto da ignorare la cultura orientale, considerata inferiore). Anche questa è una lettura che poi verrà ripresa, attribuendo alla sociologia la legge della selezione naturale di Darwin (lettura social-darwinista). In quest'ottica il male, la guerra, i conflitti sono tutti elementi necessari perché concorrono alla realizzazione di un bene maggiore. Questo è il progresso dialettico, non lineare, che contiene sempre il lato negativo (l'antitesi, la guerra). 13 E gli uomini che ruolo hanno? La storia è fatta dagli stati, dai popoli (non c'è popolo fuori dallo stato), e i singoli non sono protagonisti né agenti. Sono piuttosto agiti, dunque strumenti passivi, mezzi di cui si serve lo spirito per realizzare sé stesso, non per realizzare i fini degli uomini. Questi si illudono di soddisfare i loro desideri, ma in realtà ignorano lo scopo per cui opera lo spirito, cioè l'attuarsi della libertà presso l'umanità. In modo particolare si distinguono 2 tipologie di individui: Appunti Classe 5 • Conservatori: la maggioranza, che conservano lo spirito ad un certo livello di sviluppo, non fanno nulla per farlo progredire. • Eccezionali: cioè individui cosmico-storici, gli eroi. Alcuni esempi sono Cesare, Napoleone, Alessandro Magno,... i quali, per soddisfare i propri interessi (come la gloria) in realtà fanno progredire lo spirito verso un livello più alto. Poi quando la loro funzione è compiuta allora lo spirito li getta via come involucri vuoti. Hegel parla di astuzia quindi dello spirito, della ragione. La guerra - confronto con Kant Nella storia di Hegel c'è solo progresso, non regresso (ottimista), nonostante il progresso passi sempre attraverso la guerra (antitesi), necessaria per il progresso. Ma addirittura Hegel pensa che questa sia salutare, quindi la guerra è morale, positiva, salvifica, come il vento: impedisce alle acque di ristagnare e imputridirsi. La guerra permette all'uomo di progredire, di non ristagnare. Hegel sostiene che nelle civiltà orientali del lontano passato uno solo era libero (sovrano o faraone). Nel mondo greco-romano invece solo un élite era libera (erano esclusi donne, schiavi, stranieri,...). Infine si è passasti al mondo moderno dell'Occidente cristiano germanico in cui tutti sono liberi (nello stato etico). È il mondo germanico ad essere il termine della storia nello stato etico: la fine della storia coincide con il fine della storia in Germania, dove si realizza la piena libertà (nazionalismo puro, in una direzione già indicata da Fichte). Hegel contesta Kant. Quest'ultimo era un pacifista, un cosmopolita, oppositore del nazionalismo (Hegel). La differenza principale sta che Kant è ancora illuminista, mentre Hegel è già oltre, è un idealista. Le idee di cosmopolitismo, tolleranza (Voltaire) e pacifismo sono infatti tipiche dell'illuminismo. RIPASSO: PER UNA PACE PERPETUA - IMMANUEL KANT Per Kant: la guerra è il male peggiore per l'umanità, e si può eliminare per sempre (ottimista). Kant ci dà un manuale ben preciso per giungere alla pace perpetua: • Tutti gli stati devono essere repubblicani. • Ci vuole il federalismo tra i liberi stati (Kant, già nel 1795 pensava ad uno stato sovranazionale, una sorta di Unione Europea, per eliminare i nazionalismi che portano alla guerra). • Il principio dell'ospitalità universale (sancito oggi dai vari trattati del libero movimento nell'Unione Europea). Questo è il diritto di muoversi liberamente fra uno stato ed un altro. 14 LA RISPOSTA DI HEGEL Questa è la soluzione che Kant prospetta e che crede realizzabile. Invece per Hegel questa è pura utopia: per Hegel è un dover essere separato dall'essere (pensiero che non può tradursi in realtà). Questo perché la realtà è fatta anche di guerra, la pace passa attraverso la guerra (si vis pacem, para bellum: se vuoi la pace, prepara la guerra). È un concetto di pace negativa: pace = non guerra/tregua, un concetto tipicamente latino. Per Hegel il conflitto è necessario perché i popoli migliori fanno soccombere i più deboli.