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HEGEL

24/10/2022

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Nasce nel 1770 a Stoccarda, la rivoluzione francese influenzò il suo pensiero per
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HEGEL Nasce nel 1770 a Stoccarda, la rivoluzione francese influenzò il suo pensiero per quanto riguarda i principi di libertà e uguaglianza. 1. I CAPISALDI DEL SISTEMA HEGELIANO Nelle opere giovanili il tema principale è quello teologico, legato con la politica. Riprende temi della rivoluzione francese come la rigenerazione morale e religiosa dell'uomo come fondamento della rigenerazione politica, perciò tratta i due argomenti insieme. 2. LE TESI DI FONDO DEL SISTEMA Per poter seguire il suo pensiero bisogna avere chiare le tesi di fondo del suo idealismo (idealità del finito, non realtà): La risoluzione del finito nell'infinito L'identità tra ragione e realtà La funzione giustificatrice della filosofia Idea assoluto=spirito-infinito=ragione Non esalta il sentimento come i romantici e non considera la ragione come gli illuministi, poiché la considera un sinonimo di infinito, è una ragione assoluta che tende, appunto, all'assoluto. ■ FINITO E INFINITO-PRIMO CAPISALDO Per Hegel la realtà è un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione. Tale organismo coincide con l'Assoluto e con l'infinito, mentre i vari enti del mondo coincidono con il finito. Così come la parte non può esistere se non in connessione con il tutto, anche il finito può esistere solo in virtù dell'infinito e nell'infinito. Perciò il finito non è altro che un'espressione parziale dell'infinito, pertanto in quanto il finito è reale, non è tale, ma...

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Didascalia alternativa:

è lo stesso infinito. Questa idea che esista un'unica realtà è detta monismo panteistico, che quindi vede nel mondo la manifestazione di Dio (dell'infinito). Visione simile a quella di Spinoza, ma per lui l'Assoluto è una sostanza statica che coincide con la natura, invece per Hegel è un soggetto dinamico e quindi in divenire. L'Assoluto esegue un processo di auto-produzione che solo alla fine, quindi con l'uomo (lo spirito) e le sue attività come l'arte, la religione e la filosofia, potrà rilevarsi per ciò che è veramente senza divenire più. "Il vero è l'intero" RAGIONE E REALTÀ-SECONDO CAPISALDO Il soggetto spirituale infinito alla base della realtà viene denominato idea o ragione, termini che esprimono le identità di ragione e realtà. "Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale" Con ciò intende che la razionalità è la forma di ciò che esiste, poiché la ragione costituisce il mondo. Questa dottrina assume una forma di panlogismo (descrive la dottrina dell'identità tra il reale e il razionale), che indica anche l'identità tra l'essere e il dover essere, in quanto "ciò che è risulta anche ciò che razionalmente deve essere". LA FUNZIONE DELLA FILOSOFIA-TERZO CAPISALDO Il compito della filosofia consiste nel prendere atto della realtà e comprendere le strutture razionali che la costituiscono, quindi è necessaria per la comprensione di ciò che è, ovvero della ragione, non serve per determinare o guidare la realtà perché viene sempre dopo che essa ha compiuto il suo processo di formazione. Un altro compito fornito da Hegel alla filosofia è la giustificazione razionale della realtà. Il reale è "destinato" a coincidere con il razionale, mentre l'irrazionale è destinato a perire. 3. IDEA, NATURA E SPIRITO: LE PARTIZIONI DELLA FILOSOFIA Il movimento dinamico dell'Assolto, che consiste nel continuo divenire, comporta, secondo Hegel, il passaggio attraverso i tre momenti dell'idea: L'idea in sé e per sé, o idea pura, considerata a prescindere dalla sua concreta realizzazione nel mondo, cioè l'ossatura logico-razionale della realtà [tesi]; L'idea "fuori di sé” che è la natura, ovvero l'alienazione dell'idea nelle realtà spazio-temporali del mondo [antitesi]; L'idea che "ritorna in sé" che è lo spirito, cioè quell'idea che dopo essersi fatta natura, torna nell'uomo [sintesi]. Questa triade va intesa in maniera ideale, non cronologica. Ciò che esiste nella realtà è lo spirito, che ha come condizione la natura e come presupposto il programma logico rappresentato dall'idea pura. A questi tre momenti corrispondono le tre sezioni in cui si divide il sapere filosofico: ■ ■ ▪ 4. LA DIALETTICA La dialettica è la legge che regola il divenire, quindi l'Assoluto, che è anche la legge ontologica di sviluppo della realtà e la legge logica di comprensione della realtà. I TRE MOMENTI DEL PENSIERO Il momento astratto o intellettuale (connotazione negativa perché ha la stessa idea di ragione e intelletto di Kant) [tesi]; Il momento dialettico o negativo-razionale [antitesi]; Il momento speculativo o positivo-razionale [sintesi]. ■ La logica, che è la scienza dell'idea in sé e per sé; La filosofia della natura, cioè ka scienza dell'idea nel suo alienarsi da sé; La filosofia dello spirito, che è la scienza dell'idea che dal suo alienamento torna in sé. ■ ■ Momento STRATTO O INTELLETTUALE: concepire l'esistente sotto forma di una molteplicità di determinazioni statiche e separate le une dalle altre della realtà, limitandosi quindi a considerarle nelle loro differenze reciproche seguendo i principi di identità e non- contraddizione. Momento DIALETTIVO O NEGATIVO-RAZIONALE: consiste nel mettere in rapporto le varie determinazioni con le determinazioni opposte poiché per specificare ciò che una cosa è, bisogna implicitamente chiarire ciò che essa non è. I. Momento SPECULATIVO O POSITIVO-RAZIONALE: consiste nel cogliere l'unità delle determinazioni opposte, ossia rendersi conto che esse sono aspetti unilaterali di una realtà che li sintetizza entrambi. Da questa distinzione si può ricavare la contrapposizione tra intelletto e ragione in senso stretto. L'intelletto è un modo di pensare statico che immobilizza gli enti considerandoli nella loro reciproca esclusione (ciò che sono e che non sono); La ragione è invece un modo di pensare dinamico, che in quanto dialettica nega le determinazioni astratte dell'intelletto, e in quanto speculativa coglie l'unità degli opposti realizzandone la sintesi. Se l'intelletto è l’organo del finito. la ragione è l'organo dell'infinito. L'intelletto non è che la ragione che, dimenticando il suo compito più alto, s'irrigidisce nelle distinzioni. II. La dialettica consiste quindi: Nell'affermazione di un concetto astratto e limitato che funge da tesi; Nella negazione di questo concetto e passando al concetto opposto (antitesi); Nell'unificazione delle precedenti affermazione e negazione in una sintesi comprensiva di entrambe. La sintesi quindi si presenta come la riaffermazione potenziata dell'affermazione iniziale ("Aufhebung"). La dialettica corrisponde alla totalità dei tre momenti e illustra la risoluzione del finito nell'infinito, mostrandoci che ogni finito esiste solo in un contesto di rapporti, obbligato a opporsi a qualcos'altro e che coincide con il tutto infinito di cui fa parte. Poiché il tutto di cui si parla, ovvero l'idea, è un'entità dinamica, la dialettica esprime il processo mediante cui le varie parti della realtà perdono la loro rigidezza e diventano momenti di un'idea unica e infinita. Per Hegel la dialettica ha un significato globalmente ottimistico, poiché ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare i conflitti. Il negativo sussiste solo come momento del farsi del positivo. La dialettica hegeliana è a sintesi chiusa e non aperta, ovvero che ha un ben preciso punto di arrivo, poiché se fosse aperta si sposterebbe indefinitamente la meta da raggiungere. Questa visione comporta l'idea del mondo come uno stagnante epilogo, che verrà più volte criticato dai futuri filosofi. Inoltre tali filosofi più che sulla conciliazione si concentreranno sull'opposizione e la contraddizione, ossia su ciò che Hegel chiama il "travaglio negativo". 5. LA CRITICA HEGELIANA HEGEL E GLI ILLUMINISTI Illuministi: la ragione tramite la quale operano una critica alla realtà, non è una ragione metafisica. Non capiscono che la realtà è razionale. Hegel: la ragione illuminista esprime solo le esigenze e le aspirazioni degli individui. HEGEL E KANT Kant: antitesi tra essere e dover essere, tra realtà e razionalità, tra fenomeno e noumeno, al contrario di Hegel. Filosofia del finito. Il noumeno non può essere conosciuto. Hegel: filosofia dell'infinito. Identità tra realtà e razionalità. Il noumeno (ragione, infinito, assoluto, idea...) si può conoscere ed è l'unica realtà accettabile. HEGEL E I ROMANTICI Romantici: esaltazione del sentimento e di atteggiamenti individualistici dell'eroe (es. titanismo). Hegel: critica del sentimento ed esaltazione della ragione. Contro l'atteggiamento individualista dell'eroe romantico, il finito è solo una manifestazione degli individui e il cittadino è tale solo all'interno dello stato. HEGEL E LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO 1. L'AUTOCOSCIENZA L'attenzione si sposta dall'oggetto al soggetto, quindi all'attività concreta dell'io considerandolo nei suoi rapporti con gli altri, quindi vengono presi in considerazione anche la società, la storia della filosofia e la religione. I) SERVITÙ E SIGNORIA: l'uomo secondo Hegel è autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da un'altra autocoscienza, per questo non può cercare l'appagamento dei suoi desideri solo negli oggetti sensibili, ha bisogno anche degli altri uomini. Si potrebbe pensare che il reciproco riconoscersi delle autocoscienze debba avvenire tramite l'amore, che il giovane Hegel influenzato dalla cultura romantica aveva definito come il miracolo per cui ciò che è due diviene uno senza eliminare la sua dualità. In questo caso però intraprende un'altra strada, in quanto l'amore è un qualcosa a cui mancano dolore, serietà, pazienza e travaglio negativo. Quindi il riconoscimento tra le autocoscienza deve passare attraverso un momento di lotta e sfida, le autocoscienze devono inizialmente essere in conflitto. Da questo conflitto ne viene fuori la subordinazione di un'autocoscienza all'altra nel rapporto servo-signore. Il signore è colui che per affermare la sua indipendenza ha messo valorosamente a repentaglio la propria vita, fino alla vittoria, mentre il servo ha preferito la perdita della propria indipendenza pur di avere salva la vita. Questo rapporto però è destinato a svilupparsi con un'inversione di ruoli, poiché il signore finisce per dipendere dal servo, mentre il servo finisce per rendersi indipendente per il modo in cui trasforma le cose. Questo processo di indipendenza del servo avviene attraverso i tre momenti della paura della morte, del servizio e del lavoro. Infatti lo schiavo diventa tale per la paura della morte, ma è proprio questo terrore di perdere la propria essenza che gli ha fatto capire a pieno il proprio essere come qualcosa di distinto e indipendente rispetto a quel mondo di realtà e di certezze con le quali prima si identificava. In questo modo l'individuo acquisisce la propria autocoscienza. Nel servizio poi la coscienza si autodisciplina e impara a vincere i propri impulsi naturali. Nel lavoro infine, il servo formando a coltivando le cose, non solo forma e coltiva se stesso, ma anche imprime nell'essere quell'autocoscienza III) che gli permette di trovare sé stesso nella propria opera e si intuisce come essere indipendente. STOICISMO E SCETTICISMO: il raggiungimento dell'indipendenza dell'io nei confronti delle cose si traduce in ambito filosofico con lo stoicismo, ossia una visione del mondo che celebra l'autosufficienza e la libertà del saggio nei confronti di ciò che lo circonda. Nello stoicismo però l'autocoscienza, che pretende di svincolarsi dai condizionamenti della realtà ed essere libera, raggiunge solo un'astratta libertà interiore. Invece la pretesa di potersi effettivamente distaccare dal mondo esterno e raggiungere la concreta indipendenza, appartiene allo scetticismo, ossia una visione del mondo che sospende l'assenso su tutto ciò che è comunemente ritenuto reale e vero. Quindi lo stoicismo è inconsapevole mentre lo scetticismo è consapevole. Tuttavia lo scettico si auto contraddice, poiché afferma che tutto è vano e non-vero, ma dall'altro lato pretende di dire qualcosa di reale e vero. LA COSCIENZA INFELICE: la coscienza scettica dopo aver affermato che non vi è nulla di vero ma al tempo stesso preteso di dire una verità, si trasforma nella figura della coscienza infelice, in cui la contraddizione diventa esplicita e assume la forma di una separazione radicale tra uomo e Dio. Quest'infelicità si manifesta innanzitutto nell'antitesi tra finito e infinito. Questa è la situazione propria dell'ebraismo in cui l'Assoluto, quindi la realtà vera, è lontana dalla coscienza individuale e ha le sembianze di un Dio trascendente, padrone della vita e della morte, da cui l'uomo è dipendente. Ciò rappresenta la traduzione del rapporto servo-signore in chiave religiosa. Nel cristianesimo medievale Dio viene considerato una realtà effettuale (Gesù Cristo). Tuttavia la pretesa di cogliere l'Assoluto in maniera sensibile è un fallimento, poiché Cristo, come Dio trascendente esprime il momento dell'aldilà, mentre come Dio incarnato, vissuto in un periodo storico, risulta per i posteriori inevitabilmente lontano. Perciò con il cristianesimo la coscienza continua a essere infelice e Dio continua configurarsi come un irraggiungibile al di là che sfugge. Manifestazioni di questa infelicità cristiano-medievale sono le figure della devozione, del fare e della mortificazione di sé. La devozione è un pensiero a sfondo sentimentale e religioso che non si è ancora elevato a concetto, perciò, come afferma Hegel, una sorta di prosa poetica che cerca di ricreare l'atmosfera medievale dalle tinte romantiche. Il fare della coscienza è il momento in cui essa rinunciando a un contatto immediato con Dio, cerca di esprimersi nell'appetito o desiderio e nel lavoro, da cui trae il proprio godimento. La coscienza cristiana però avverte il frutto del proprio lavoro come un dono di Dio e anche le forze e le capacità che ci permettono di ottenerlo, e in questo modo si umilia perché afferma che ad agire è sempre e soltanto Dio. Ciò prosegue con la mortificazione di sé, in cui si ha la completa negazione dell'io a favore di Dio. Ma il punto più basso raggiunto dall'individuo sarà quello che poi nel Rinascimento farà rendere conto alla coscienza che nel suo vano sforzo di unificarsi con Dio alla fine è lei stessa Dio, l'Universale, il soggetto assoluto. HEGEL E L'ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO 1. LO SPIRITO SOGGETTIVO Si riferisce allo spirito individuale ed è studiato da antropologia, fenomenologia e psicologia che rispettivamente lo articolano in anima (naturale, senziente e reale), coscienza (autocoscienza e ragione) e spirito (teoretico, pratico e libero, che studia l'uomo come conoscenza, azione e libertà). 2. LO SPIRITO OGGETTIVO Riguarda secondo Hegel lo spirito fattosi mondo a livello sociale e quindi quell'insieme di determinazioni denominate da lui con il termine diritto. Lo spirito oggettivo si manifesta come: 1) Diritto astratto (tesi), che riguarda la proprietà, il contratto e il diritto contro il torto; II) E III) 1) II) Moralità (antitesi), riguarda il proponimento e la colpa, l'intenzione e l bene e il male; Eticità (sintesi), che riguarda la famiglia (matrimonio, patrimonio ed educazione dei figli), la società civile (il sistema dei bisogni, l'amministrazione della giustizia, la polizia e le corporazioni) e lo Stato (il diritto interno, esterno e la storia del mondo). IL DIRITTO ASTRATTO: riguarda la manifestazione esterna della libertà delle persone concepite come puri soggetti astratti di diritto. La persona trova il suo primo compimento in una cosa esterna che diventa sua "proprietà". La proprietà diviene tale però solo in virtù del reciproco riconoscimento tra le persone, quindi il cosiddetto contratto. Ovviamente l'esistenza del diritto rende possibile anche l'esistenza del suo contrario, ovvero il torto, che nel suo aspetto più grave è il delitto. Questa colpa richiede poi una pena intesa come ri-affermazione potenziata del diritto, quindi una negazione del delitto, che a sua volta è una negazione del diritto. Tuttavia per far sì che la pena sia punitiva e formativa in maniera efficace deve essere interiormente riconosciuta dal colpevole, ma questa necessità richiama la sfera della moralità. LA MORALITÀ: è la sfera della volontà soggettiva che si manifesta nell'azione. Quest'ultima ha un valore morale solo perché parte da un proponimento che, a sua volta, è proposto da un essere pensante e prende la forma dell'intenzione. Quando l'intenzione raggiunge l'universalità, il fine assoluto della volontà diventa il bene in sé e per sé, che però è ancora III) un'idea astratta, perché ancora nessuna volontà soggettiva l'ha compiuto facendolo in tal modo esistere davvero. Quindi ciò ci porta ad affermare che per un verso la morale esige la realizzazione del dovere ma per un altro verso non deve raggiungere tale realizzazione, in quanto la moralità implica un limite insuperabile che comporta una lotta infinita e uno sforzo senza fine. Questi sono quindi i limiti della morale, questa contraddizione tra essere e dover essere tipica della morale kantiana Hegel la critica soprattutto per la sua formalità e astrattezza. Un'altra manifestazione di questo soggettivismo astratto che mira alla base della morale sono le diverse forme della morale del cuore. Queste fanno consistere il bene in intenzioni velleitarie del soggetto. Un altro elemento è il distacco tra l'ideale e il reale che si ritrova nell'ironia romantica che, non prendendo seriamente la realtà, finisce per abbassare la legge etica a piacimento dell'io così da renderlo il signore del bene e del male. Il culmine dell'individualismo e del soggettivismo romantici è espresso con la figura dell'anima bella, che sprofonda nella sua stessa interiorità e si compiace in maniera narcisistica della bellezza della sua coscienza e non vuole agire perché non vuole "sporcarsi" con la realtà traducendo l'ideale del bene in qualcosa di determinato e concreto. L'ETICITÀ: risolve la separazione tra la soggettività e il bene, perché il bene nell'eticità si attua concretamente e diventa un qualcosa di esistente. Infatti mentre la moralità è la volontà soggettiva del bene, l'eticità è la moralità sociale, quindi il bene inserito in quelle forme istituzionali come la famiglia, la società e lo Stato. Hegel inoltre fa notare che il termine "eticità" deriva dalla parola "costume", il che sottolinea il fatto che l'individuo non po' operare in modo autonomo perché quando è nato si è ritrovato in un ambiente precostruito, un orizzonte storico-culturale che orienterà le sue scelte. In questo senso il bene è determinato e concreto, perché formato da regole comportamentali condivise che l'individuo acquisisce in modo istintivo e naturale. Questo concetto era presente anche nell'eticità greca, ma c'è una sostanziale differenza, ovvero che la moralità moderna è più consapevole e meno ingenua, ma dall'altro lato ha anche un elemento negativo perché è opera di un intelletto astratto, che non coglie la realtà. Per questo Hegel vuole che ci sia la consapevolezza dei moderni ma che recuperi l'antica unità di individuo e cittadino che oggi si è trasformata in un individualismo liberale borghese. L'eticità quindi è in grado di superare sia le forme della morale che vuole perseguire il bene universale, che le forme del diritto, cioè l'esteriorità istituzionale, che entrambe sono forme unilaterali. Questo però non vuole diventare un piatto conformismo che nega l'uso della coscienza individuale, ma afferma che è lecito appellarvisi solo in certe occasioni. Si ricorda innanzitutto che razionale non è ogni realtà, ma soltanto quella che Hegel definisce come "realtà effettiva" che è sensata e contribuisce all'incremento della libertà. Per questo al singolo non restano che due possibilità: L'attesa di una nuova eticità, quindi un nuovo universo di valori; Il rifugio nella pura interiorità. - Il primo momento dell'eticità è la famiglia, in cui i rapporti tra gli individui sono come un'unità spirituale fondata su amore e fiducia. La famiglia si articola nel matrimonio, nel patrimonio e nell'educazione dei figli. Man mano si creano sempre più nuclei familiari (tesi) e questo ambiente unitario si trasforma in una società civile (antitesi), che rappresenta la sfera economico-sociale e giuridico-amministrativa del vivere insieme. Questa società civile si articola in 3 momenti: Il sistema dei bisogni; L'amministrazione della giustizia; La polizia e le corporazioni. Il primo nasce dal fatto che gli individui danno origine a diverse classi per soddisfare i loro diversi bisogni di ricchezza e divisione del lavoro. Si distinguono, per Hegel, tre classi: 1) La classe sostanziale o naturale degli agricoltori; 2) La classe formale degli artigiani, fabbricanti e commercianti; 3) La classe universale dei pubblici funzionari. L'amministrazione della giustizia riguarda le leggi e la tutela giuridica, ovvero il diritto pubblico. La polizia e le corporazioni provvedono alla sicurezza sociale. L'idea di porre la società civile come terzo termine tra l'individuo e lo Stato è ritenuta una delle più grandi intuizioni di Hegel. Lo Stato è il momento culminante dell'eticità, quindi la ri-affermazione dell'unità della famiglia (tesi) al di là della dispersione della società civile (antitesi). Lo Stato non sopprime la società civile ma, anzi, cerca di indirizzarne i particolari al bene collettivo. Lo Stato congiunge l'organicità (quindi l'individuo che vive come un “organismo" unitario) con la consapevolezza soggettiva (il cittadino è consapevole di essere parte del tutto). La concezione hegeliana dello Stato etico rifiuta sia quella liberale che quella democratica, perché la prima, con uno Stato volto a garantire la sicurezza e i diritti umani, comporterebbe una confusione tra società civile e Stato, e la seconda, secondo cui la sovranità risiede nel popolo, è sbagliata in quanto il popolo, al di fuori dello Stato, è solo una moltitudine di forme. Perciò lui espone una prospettiva organicistica, secondo cui lo Stato non è fondato sugli individui ma sull'idea di Stato, quindi sul concetto del bene universale. È lo Stato a fondare gli individui e non viceversa, infatti a governare non devono essere gli uomini, ma le leggi. La costituzione infatti sgorga dalla vita collettiva e storica del popolo. Hegel identifica la costituzione moderna come una costituzione razionale, con poteri distinti ma uniti tra loro, che sono: Potere legislativo, il poter determinare e stabilire l'universale e le leggi, sottolineando la sua lontananza dal pensiero democratico in quanto per natura gli individui son inclini a far valere i propri interessi privati; Potere governativo, o esecutivo, che consiste nel tradurre in atto l'universalità delle leggi; Potere principesco, il principe rappresenta l'incarnazione dell'unità dello Stato, con l'idea di una monarchia costituzionale che rappresenta la costituzione della ragione sviluppata, secondo cui tutte le altre costituzioni appartengono a gradi minori, e risolve in se stessa le forme classiche di governo (monarchia, aristocrazia e democrazia). In questo modo si esplicita una divinizzazione dello Stato, come una vita divina che si realizza nel mondi che non ha limiti morali. Inoltre afferma che il solo giudice o arbitro che può regolare i rapporti tra gli Stati è lo spirito universale, ovvero la storia, che ha come momento strutturale la guerra, la quale preserva i popoli dalla fossilizzazione. 3. LA FILOSOFIA DELLA STORIA Il grande contenuto della storia del mondo è razionale, e razionale deve essere la volontà divina che domina nel mondo. Il fine della storia del mondo è che lo spirito scopra ciò che esso è veramente e che lo manifesti oggettivamente. Questo spirito è lo spirito del mondo che si incarna negli spiriti dei popoli che si succedono all'avanguardia della storia. I messi della storia sono gli individui con le loro passioni, e poiché lo spirito del mondo è lo spirito di un popolo determinato, l'azione dell'individuo sarà tanto efficace quanto si avvicinerà allo spirito del popolo a cui appartiene. Gli eroi della storia del mondo seguono la loro passione e la loro ambizione, ma l'elemento importante che fa la differenza è l'astuzia della ragione che usa gli individui come mezzi per attuare i propri fini. Il fine ultimo è quindi la realizzazione della libertà dello spirito. Questa libertà si compie nello stato, che è dunque il fine supremo. I tre momenti della realizzazione della libertà sono tre forme fondamentali: il mondo orientale, il mondo greco-romano e il mondo germanico. Nel primo uno solo è libero, nel secondo solo alcuni sono liberi mentre nel terzo tutti gli uomini sanno essere liberi. Ovviamente questa libertà si può ottenere solo in uno Stato etico. 4. LO SPIRITO ASSOLUTO È il momento in cui l'idea raggiunge la consapevolezza della sua infinità, ovvero che tutto è spirito. Questo auto-sapersi assoluto dell'Assoluto è il risultato di un processo dialettico rappresentato da arte, religione e filosofia, che hanno stesso contenuto, ma diversa forma per presentarlo: L'arte conosce l'Assoluto in forma di intuizione sensibile; La religione nella forma della rappresentazione; La filosofia nella forma del puro concetto. 1) L'ARTE È il primo gradino attraverso il quale lo spirito arriva ad avere coscienza di se, grazie alle forme sensibili. Inoltre nell'arte lo spirito vive in maniera immediata e intuitiva perché nell'esperienza del bello artistico, come una statua, lo spirito e la natura dell'oggetto vengono percepiti come un tutt'uno, perché l'oggetto è rappresentazione sensibile di un messaggio spirituale e il soggetto è già stato reso un concetto incarnato e conosciuto. Da questo ragionamento Hegel distingue tre momenti nella storia dell'arte: L'arte simbolica, caratterizzata dallo squilibrio tra contenuto e forma, come il ricorso ad una simbologia per inviare significati astratti tramite una realtà materiale, o la tendenza allo sfarzoso o al bizzarro. L'arte classica, caratterizzata da un armonico equilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile, messo in atto tramite l'uomo, che è la forma sensibile con cui l'arte riesce a manifestarsi a pieno, perciò l'arte classica è considerata il culmine della perfezione artistica. II) L'arte romantica, caratterizzata da un nuovo squilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile, perché lo spirito si rende conto del fatto che qualsiasi forma sensibile in realtà non è sufficiente a esprimere al meglio l'interiorità spirituale (il contrario dell'arte simbolica che, mentre questa è molto ricca, l'altra è povera). Il passaggio tra l'arte simbolica e quella classica e da questa alla romantica, è considerato un processo di graduale smaterializzazione e spiritualizzazione subito dall'arte attraverso i secoli, infatti la forma artistica tipica dell'arte simbolica è l'architettura, nell'arte classica invece si predilige la scultura, che è espressione di perfetto equilibrio tra materia e contenuto, e poi nell'arte romantica vi sono la pittura, la musica e la poesia, andando ad eliminare sempre più l'elemento materiale. Tutto ciò determina la "crisi" moderna dell'arte, perché viene rispettata e ammirata, ma si sottopone ad un'analisi del pensiero per collocarla in qualche funzione in maniera molto razionale, rendendola una cosa legata, per noi umani, ad un'idea di passato. La "morte dell'arte" va però considerata come una sua mancata abilità ad esprimete la spiritualità moderna. LA RELIGIONE È la seconda forma dello spirito, in cui l'Assoluto si manifesta nella rappresentazione, che sta a metà tra l'intuizione sensibile dell'arte e il concetto razionale filosofico. Quindi la religione è una speculazione teologica ancora affetta dall'elemento sensibile. La teologia è "pensiero di Dio", nel senso che l'uomo cerca di pensare Dio, ma non riuscendoci adeguatamente si arena di fronte a un mistero dell'Assoluto. Quest'ultimo, nella religione, è rappresentato in forma storica, come un evento accettato come vero sulla base di una rivelazione. III) Hegel inoltre distingue la filosofia della religione e la religione stessa, affermando che la prima deve solo riconoscere la religione che c'è già, senza crearla. L'oggetto della religione è Dio, il soggetto è la coscienza umana che ha come scopo l'unificazione di Dio e della coscienza stessa. Questo rapporto tra coscienza e Dio è essenziale nella religione, che avviene in maniera immediata nel sentimento. Il sentimento non è sufficiente a giustificare l'esistenza di Dio in maniera oggettiva e veritiera, perciò dopo di esso giunge l'intuizione di Dio che si ha nella rappresentazione. Lo sviluppo della religione, ovvero dell'idea di Dio, avviene in tre stadi: Nel primo troviamo la religione naturale Nel secondo le religioni naturali che diventano religioni della libertà Nel terzo le religioni dell'individualità spirituale Nel quarto la religione assoluta, ovvero la religione cristiana, in cui Dio si rivela per quello che è, ovvero puro spirito infinito. Sebbene il cristianesimo sia la religione più vicina alle verità filosofiche, essa ha sempre dei limiti propri di tutte le religioni. L'unico superamento possibile della religione senza residui è la filosofia. Per Hegel la religione è lo strumento tramite il quale gli uomini possono entrare in rapporto con la verità e apprendere diversi concetti come "tutto è spirito" e "la realtà è razionale". LA FILOSOFIA E LA STORIA DELLA FILOSOFIA È l'ultimo momento dello spirito assoluto, in cui l'idea giunge alla piena e concettuale coscienza di se stessa. Anche la filosofia per Hegel è "pensiero di Dio", come la religione, solo che qui cambia la lettura della frase, in quanto riguarda la comprensione che Dio ha di se stesso, quindi la sua autocoscienza. Inoltre per lui la filosofia non è altro che l'intera storia della filosofia giunta a compimento, al pari della realtà. Tutti i sistemi filosofici esistiti sono, dunque, un insieme di opinioni succedute nel tempo che hanno portato alla filosofia del momento. Per questo la storia della filosofia, per Hegel, inizia da quella greca fino ad arrivare alla sua stessa filosofia, considerando il suo pensiero come l'ultima espressione della filosofia.