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Hegel

14/9/2022

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HEGEL Il pensiero hegeliano si presenta come una costruzione in sé compiuta e armonica che segue un modello di sviluppo unitario e il cui assunto di base è la risoluzione del finito nell'infinito. Hegel considera la realtà come un tutto organico, un sistema, le cui singole manifestazioni sono parti di un'unica entità assoluta e infinita: lo spirito o Dio che si realizza nel divenire del mondo. Ogni elemento della realtà ha una sua precisa posizione e un suo ruolo, solo così assume significato per se stesso e l'intero sistema. Se la realtà è quindi l'enstrinsecarsi di un soggetto spirituale infinito, non può essere formata da entità caoticamente giustapposte, al contrario deve esistere un ordine che coincide con la razionalità, la quale è forma stessa della realtà. Da qui il caposaldo del sistema hegeliano, ovvero l'identità di reale e razionale. Hegels prima di tutto spiega i presupposti del suo sistema, si tratta di tre principi che si applicano alla realtà e permettono di comprendere il suo pensiero: →il razionale è reale e il reale è razionale → il vero è l'intero →la dialettica Per Hegel la realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione. Tale organismo coincide con l'Assoluto e con l'infinito, mentre...

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Didascalia alternativa:

i vari enti del mondo, essendo manifestazioni di esso, coincidono con il finito. Per tanto il finito non esiste perché non è altro che un'espressione parziale dell'infinito. Come la parte non può esistere se non in connessione con il tutto, in rapporto del quale ha vita e senso, così il finito esiste unicamente nell'infinito e in virtù di esso. Il razionale è reale e il reale è razionale - Il soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà viene denominato da Hegel "idea" o "ragione", termini che esprimono l'identità di pensiero ed essere o meglio di ragione e realtà. Da ciò il noto aforisma contenuto nella prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto che riassume il senso stesso dell'hegelismo "Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale". con la prima parte di questa formula Hegel intende dire che la razionalità non è pura idealità, astrazione, ma la forma stessa di ciò che esiste poiché la ragione governa il mondo e lo costituisce con la seconda parte della formula Hegel intende affermare che la realtà non è una materia caotica ma il dispiegarsi di una struttura razionale. Hegel esprime così la necessaria, totale e sostanziale identità di realtà e ragione e ciò che è risulta anche ciò che razionalmente deve essere. Inoltre in tutte le manifestazioni della realtà nulla è casuale, ma tutto è espressione di un criterio, di una ragione sottesa alla realtà. Ciò significa che le cose vanno in un certo modo perché obbediscono a questa legge sottesa alla realtà. Questa logica, ovvero la razionalità del reale, non è preimpostata, la ragione che dà significato alla realtà non sa di avere questo compito, ma nel momento in cui la realtà si realizza, la ragione comprende il significato (così come quando noi guardiamo ad un evento storico ne riconosciamo chiaramente le cause e gli effetti in quanto evento già studiato, mentre una cosa che si sta vivendo è difficile da capire da cosa è stata causata e soprattutto gli effetti che produrrà). Hegels dice che il razionale è reale e il reale è razionale, la realtà in tutto il suo svolgimento ci fa capire che esprime una logica, le cose accadono come frutto di cause ed effetto di conseguenza tutto è interrelato. Tutto ciò che esiste ha un suo significato e questo significato è la ragione sottesa alla realtà. Hegels prende il concetto di storia escatologica, perché la storia tende ad un fine ma esso non è la volontà di Dio, la ragione infatti è immanente e non sa dove far andare avanti la storia (lo capirà solo alla fine il senso) mentre Dio si. Hegels è quindi uno storicista, tutti gli eventi storici non fanno altro che dimostrare come questo spirito stia dando forma alla realtà e la storia ne spiega il suo percorso. Il vero è l'intero - Hegel spiega questo concetto nel suo testo Chi vuole pensare in astratto servendosi di un esempio: prendendo il concetto di assassino in assoluto (ovvero colui che uccide un altro uomo) esso appare completamente con accezione negativa; prendendo invece il concetto in astratto, contestualizzando quindi il concetto stesso che in assoluto è negativo, si può modificare la sua accezione. Hegels afferma così che il vero è l'intero, si comprendono le cose solo nella loro completezza e nel loro insieme, non nella loro forma assoluta. Hegel ritiene che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realtà e nel comprendere le strutture razionali che la costituiscono. A dire come dev'essere il mondo tuttavia la filosofia arriva sempre troppo tardi giacché sopraggiunge quando la realtà ha compiuto il suo processo di formazione. La storia racconta in che modo la razionalità dà significato alla realtà (come lo spirito si riflette nella realtà), la filosofia invece interpreta perché dà il significato che quell'evento ha avuto rispetto all'intera realtà. Afferma Hegel con un noto paragone che la filosofia è come la nottola di Minerva la quale inizia il suo volo sul far del crepuscolo, cioè quando la realtà del giorno è già bell'e fatta e può essere compresa. La filosofia deve dunque rinunciare alla pretesa assurda di determinare e guidare la realtà, ma deve solo elaborare in concetti il contenuto reale che l'esperienza le offre dimostrando l'intrinseca razionalità. L'autentico compito che Hegel ha inteso attribuire alla filosofia è quindi la giustificazione razionale della realtà, la filosofia spiega in che modo lo spirito ha dato significato alla realtà e cogliere la razionalità del reale. La dialettica La dialettica è il terzo presupposto del sistema hegeliano. La realtà consiste in un processo di sviluppo infinito, perciò solo alla fine, cioè con lo Spirito, giunge a conoscere e a rivelarsi per quello che è. "Il vero è l'intero" nella Prefazione della Fenomenologia dello Spirito, proprio per indicare come l'Assoluto si conosca per ciò che veramente è solo al termine del processo di sviluppo. Soltanto quando tale processo è compiuto, infatti, si può comprendere appieno la razionalità che in esso si è dispiegata. La filosofia non ha il compito di trasformare la società, di determinare o guidarla, ma di spiegarla. La filosofia, però, può spiegare la realtà solo al termine del suo processo di realizzazione. Infatti, un periodo storico può essere pienamente compreso solo al termine del suo sviluppo, quando ha espresso tutte le sue potenzialità. Hegel sostiene che la filosofia è simile all'uccello sacro a Minerva la nottola (la civetta) che inizia il suo volo solo al crepuscolo, quando il sole è già tramontato. Hegel, con questa metafora, vuole dire che la filosofia sorge quando una civiltà ha ormai compiuto il suo processo di formazione e si avvia al suo declino. Così, al tramonto degli stati ionici nell'Asia Minore sorge la filosofia ionica. Con la decadenza di Atene nasce la filosofia di Platone e di Aristotele. A Roma la filosofia si diffonde solo al tramonto della repubblica e col regime dittatoriale degli imperatori, ecc. Per Hegel la verità - e la realtà - hanno un andamento circolare, poiché si parte da un soggetto per ritornare ad esso, dopo aver capito che l'oggetto, che sembrava essere contro o indipendente da esso, non è altro che una "espressione" del soggetto stesso (ecco l'idealismo, perché l'oggetto deriva dal soggetto, la materia deriva dallo spirito). Questo processo di sviluppo continuo è un processo dialettico. La dialettica ha per Hegel due significati per altro strettamente collegati: in un primo senso essa è il processo mediante il quale l'Assoluto si riconosce nella realtà che, in un primo momento, gli era apparsa come estranea od opposta, togliendo o conciliando appunto quella opposizione, dunque è la regola interna della realtà. In un secondo senso è la legge del pensiero, dunque si ha la coincidenza tra il piano logico e quello ontologico. Anche il mondo, in ogni sua parte, nella natura e nella storia, porta le tracce di questa legge. [Si noti: le divisioni, i conflitti ecc. sono reali, ma sono aspetti della alienazione (estraniazione, allontanamento, separazione) in cui la ragione viene a trovarsi di fronte a se stessa; ed appunto sono reali come "strumenti di passaggio", forme di mediazione del processo attraverso il quale la Ragione si costituisce come unità, come Autocoscienza Assoluta, cioè lo spirito apprende di essere tutta la realtà ] La dialettica si svolge in tre momenti chiamati tesi, antitesi, sintesi. → il 1° momento è definito intellettivo astratto → il 2° momento è definito razionale negativo o dialettico →il 3° momento è definito razionale positivo o speculativo. Il momento intellettivo astratto - Il 1° momento intellettivo astratto consiste nel considerare i concetti opposti del pensiero come del tutto distinti e separati gli uni dagli altri. Questo modo di pensare i concetti opposti, come sussistenti di per sé e senza influenze reciproche (il bene distinto dal male, la vita dalla morte, ecc.), è opera dell'intelletto, che si lascia guidare dal principio di identità e di non contraddizione, secondo cui ogni cosa è uguale a se stessa ed è assolutamente diversa dalle altre. Per l'intelletto, ad esempio, il bene è bene e basta, e per esistere non ha bisogno che di se stesso, la vita è vita e basta, ecc. Si tenga presente che per Hegel l'intelletto è la facoltà del dividere, del classificare, che separa e irrigidisce i concetti. La ragione, invece, è la facoltà che li mette in movimento e ne coglie l'unità. L'intelletto è il pensiero astratto, la ragione è il pensiero concreto. Il momento razionale negativo - Nel 2° momento razionale negativo o dialettico, interviene appunto la ragione, che mette in evidenza i limiti dell'intelletto: infatti la ragione dimostra che ogni concetto, per essere compreso, non dev'essere isolato da tutti gli altri, ma, al contrario, va messo in relazione con la sua negazione, col suo opposto e l'opposizione per Hegel è la molla della realtà: il bene, per essere compreso, va messo in relazione con l'esperienza concreta del male, ecc. Infatti, il bene è tale solo in rapporto al male: chi non conosce il male non conosce nemmeno il bene. Per spiegare ciò che una cosa è bisogna chiarire ciò che essa non è. Secondo Hegel, se isoliamo totalmente un concetto dal suo opposto, questo concetto perde di significato e addirittura si confonde e si rovescia nel suo opposto. Il momento razionale positivo - Nel 3° momento, definito razionale positivo o speculativo, la ragione si rende conto che ogni coppia di idee opposte si trova sempre contenuta in un'altra idea superiore che ne rappresenta la sintesi, ossia la loro correlazione. L'idea del vendere è l'opposto di quella del comprare, ma l'una non può sussistere senza l'altra, ed entrambe sono contenute nell'idea del commercio (sintesi) che le mette in correlazione. Il terzo momento è detto anche della negazione della negazione, giacché in esso gli opposti vengono negati nella loro negatività (cioè nella loro separazione) e affermati nella loro unità in un concetto superiore. Il terzo momento è detto anche del superamento, parola italiana che traduce il tedesco Aufhebung, che, in realtà, ha due significati: 1° togliere via, 2° conservare. Infatti nel terzo momento gli opposti sono tolti dal loro isolamento e conservati nella loro unità. Puntualizzazioni - Ma la sintesi, a sua volta, diviene tesi di una successiva triade, e così via. In tal modo lo spirito passa da sintesi particolari a sintesi sempre più vaste. Ad esempio, il mercato è solo una delle componenti di una sintesi più vasta, la società, e questa di una sintesi ancora più ampia, lo Stato, ecc. Il processo dialettico per Hegel non è, però, a sintesi aperta, ma a sintesi chiusa. Se il processo fosse aperto, cioè se non si concludesse mai, l'Assoluto non avrebbe mai il pieno possesso di se stesso. Di conseguenza, Hegel opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cioè per una dialettica che ha un ben preciso punto di arrivo (lo Spirito Assoluto). Pertanto, solo la sintesi finale è propriamente il Vero. La Verità definitiva si comprende solo alla fine del processo dialettico, quando ne abbiamo percorso tutte le articolazioni L'Assoluto, per Hegel, è fondamentalmente divenire. La legge che regola tale divenire - e cioè la legge dell'Assoluto - è la dialettica. La dialettica è in primo luogo la legge della razionalità, cioè il principio universale che fissa i rapporti fra i concetti opposti del pensiero. Ma la dialettica è anche la legge della realtà, cioè chiave stessa dell'universo, dato che la realtà (la natura e il mondo umano della storia) è una manifestazione della razionalità. La dialettica è una proprietà dei pensieri e una proprietà delle cose. Per chiarire il significato della dialettica Hegel si serve di un celebre esempio contenuto nella prefazione della Fenomenologia dello spirito: se consideriamo il bocciolo, il fiore, il frutto come realtà individuali e distinte, ognuna per affermarsi nega l'altra, infatti il bocciolo deve scomparire per dar posto al fiore che poi scomparirà per dar posto al frutto. Però riflettendoci, nessuno di questi momenti è vero in sé ma complessivamente cioè per permettere alla pianta di svilupparsi, del resto perché ci sia un risultato complessivo nessuno di questi passaggi può essere saltato. Questa è la dialettica, il movimento che porta dal bocciolo al frutto e alla crescita della pianta attraverso la contrapposizione dell'uno con l'altro Concludendo possiamo affermare che la dialettica in Hegel ha un significato complessivamente ottimistico, dal momento che ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare le conflittualità e ridurre ogni cosa alla perfezione del tutto e all'ordine. Per Hegel conflitti, opposizione e molteplicità sono indubbiamente reali, ma solo come momenti di passaggio. Dunque il negativo esiste solo come momento del farsi positivo e la tragedia è solo l'aspetto transitorio di una sostanziale commedia ossia la vicenda della storia ha sempre un epilogo positivo. Nella filosofia hegeliana l'identità di reale e razionale viene illustrata in due modi diversi: da un lato Hegel si sofferma ad analizzare la lunga vicenda storica che, dall'alba della civiltà greca, la coscienza ha compiuto per arrivare alla consapevolezza di tale risoluzione o identità tra finito ed infinito, cioè il viaggio percorso dallo spirito mediante la coscienza umana per giungere a comprendere se stesso come assoluto: questa è la prospettiva diacronica o fenomenologica. Dall'altro lato Hegel esamina il principio come appare in atto in tutte le sue determinazioni presenti nella realtà, questa è la prospettiva sincronica, detta così perché prevede l'eterna coesistenza nel reale dei tre momenti della logica della natura e dello spirito delineando così il sistema dell'assoluto. Tale approccio è realizzato nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche. Come il vento pulisce le acque del mare, così la guerra la società, disse Hegel: siamo ormai molto lontani dal pacifismo cosmopolita di Kant. Momento astratto o intellettivo → L'intelletto, facoltà dell'astrazione e dell'analisi, pensa la realtà secondo rigide astrazioni concettuali ( identità e non contraddizione) Momento dialettico o negativo-razionale → Le determinazioni concettuali sono pensate in rapporto al loro opposto ( omnis determinatio est negatio) Momento speculativo o positivo razionale → Gli opposti sono pensati nella loro unità cioè nella sintesi che è l'aspetto positivo emergente dall'opposizione (negazione della negazione) LA RAZIONALITÀ DEL REALE Il termine "fenomenologia" dal greco phainomenon, "apparenza, e logos, "discorso, indica la descrizione o la scienza di ciò che appare. Poiché nel sistema hegeliano l'intera realtà è spirito, la fenomenologia consisterà nell'apparire dello spirito a se stesso, cioè nel pervenire dello spirito alla consapevolezza di essere tutta la realtà, cioè l'Assoluto. Il principio della risoluzione del finito nell'infinito viene illustrato da Hegel in due modi diversi, corrispondenti a due differenti prospettive: → la via diacronica o fenomenologica, rappresentata dall'opera La fenomenologia dello spirito, in cui Hegel si sofferma ad analizzare la lunga vicenda storica che dall'alba della civiltà greca fino alla modernità la coscienza umana ha compiuto per arrivare alla consapevolezza di tale risoluzione o identità. Ciò significa che la razionalità un ordine e significato fino ad arrivare ad un sistema dove tutte le cose sono a posto loro La via diacronica è chiamata via all'insù perché si passa dalla condizione del singolo fino a giungere all'armonia di questo singolo col tutto. → la via sincronica, rappresentata dall'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, il filosofo esamina il principio in questione quale appare in atto in tutte le determinazioni fondamentali della realtà. Così chiamata perché prende in considerazione l'eterna coesistenza dei tre momenti del logos, della natura e dello spirito. In questa via le cose sono rappresentate già in ordine, essa rappresenta lo spirito in tutte le sue manifestazioni ordinarie La fenomenologia dello spirito - Nella Fenomenologia Hegel descrive dunque il progressivo affermarsi e conoscersi dello spirito e lo fa attraverso una serie di figure, cioè di tappe ideali che hanno trovato, ciascuna, un'esemplificazione tipica nel corso della storia e che esprimono i settori più disparati della vita umana.Le figure possono essere considerate come momenti della progressiva conquista della verità da parte dell'uomo, dei passaggi in cui lo spirito acquista maggiore consapevolezza di sé. La Fenomenologia viene definita anche Storia Romanzata della coscienza, dato che i momenti storici vengono interpretati con nuovo significato. La coscienza attraverso contrasti, scissioni, esce dalla sua individualità, raggiunge l'universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione. La Fenomenologia ha pertanto uno scopo introduttivo e pedagogico, essa, come divenire della filosofia, prepara e introduce il singolo alla filosofia spiegando come dalla storia si può capire la razionalità del reale. La Fenomenologia ha un andamento dialettico, dato che la dialettica è schema di pensiero e schema di realtà. Essa comprende i tre macro momenti della coscienza (tesi), dell'autocoscienza (antitesi) e della ragione (sintesi). Vi era anche un quarto, lo spirito, ma Hegel decide di trattarlo in maniera più approfondita nell'Enciclopedia. Nella fase della coscienza predomina l'attenzione verso l'oggetto, nella fase dell'autocoscienza l'attenzione verso il soggetto, e nella fase della ragione si arriva a riconoscere l'unità profonda di soggetto e oggetto. La Fenomenología parte da un determinato momento storico, Hegel individua esso nella democrazia ateniese, momento in cui vi era già razionalità del reale, si osservava infatti una sintesi e armonia tra l'uno e il tutto perché il cittadino ateniese faceva parte dello Stato in quanto partecipava alle scelte politiche che ricadevano sul cittadino stesso. Hegel dice che questa condizione è una casuale, non il frutto di un processo dialettico, la chiama "Lo spirito bambino", ciò è come definisce la condizione di armonia tra l'uno e il tutto prettamente casuale e ingenua, non frutto di consapevolezza. Uno spirito ingenuo che ha dato ordine alla realtà senza essere frutto di lavoro. Questa condizione è considerata come la condizione perfetta, come la mitica età dell'oro, però mentre il Romanticismo aspira al ritorno dell'età dell'oro volendo riportare modi di essere, Hegel afferma che c'è necessità di andare avanti perché lo spirito si deve manifestare. Il punto di partenza è l'Atene democratica, ma quella armonía non si può recuperare perché la storia che procede deve portare a far coincidere realtà e razionalità, questa coincidenza non sarà ingenua, ma frutto di un lavoro dialettico. COSCIENZA La coscienza, intesa come ciò che si rapporta a un oggetto, si articola a sua volta nei tre momenti della certezza sensibile, della percezione e dell'intelletto. La coscienza sensibile parte da una condizione di assoluta incertezza, non rende certi che di una indeterminata e generica cosa singola. Hegel intende criticare tutte le forme di sapere immediato, la certezza sensibile non può pensare il proprio oggetto, poiché pensandolo dovrebbe introdurre una meditazione, essa si limita invece a sentirlo nella sua unicità e immediatezza. Essa pensa di esistere perché determinata dall'oggetto, pretende di essere interamente risolta nell'oggetto, non sa di essere indipendente. Questa pretesa di massima determinatezza e concretezza trapassa così nell'indeterminatezza, in un nulla di determinato. Il passaggio del sapere immediato al sapere mediato si realizza con la percezione, la quale esplicita quella distinzione tra soggetto che percepisce e oggetto percepito che era implicitamente presente nella certezza sensibile. Nella percezione la coscienza che riceve sensazioni ordinate pensa che sia il mondo esterno a inviarle e che nella realtà esista una sostanza che dà corpo alle sensazioni, gli oggetti esistono e generano sensazioni che la coscienza percepisce quindi in maniera ordinata. Il terzo momento è l'intelletto in cui la coscienza comprende che è essa stessa a dar ordine alle sensazioni e non il mondo. Per Hegel l'intelletto consiste nella capacità di cogliere gli oggetti non come tali ma come fenomeni. Nel momento in cui la coscienza si definisce come colei che dà corpo e ordina le sensazioni e dà significato si è trasformata in autocoscienza perché è il soggetto che determina l'oggetto, ma ciò significa che il soggetto esiste e può determinare l'oggetto. Sa di esistere a prescindere dal mondo esterno. AUTOCOSCIENZA La sezione dedicata all'autocoscienza contiene le due figure più celebri della Fenomenologia, in primo luogo quella del servo-padrone seguita dalla coscienza infelice. Con l'autocoscienza l'attenzione si sposta dall'oggetto al soggetto, ovvero all'attività concreta dell'io, considerato nei suoi rapporti con gli altri. Servo padrone o servitù e signoria- L'autocoscienza postula la presenza di altre autocoscienze, l'uomo è autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da un'altra autocoscienza. "L'autocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in un'altra autocoscienza" Si potrebbe pensare che il reciproco riconoscersi delle autocoscienze debba avvenire tramite l'amore (per Hegel è il miracolo per cui ciò che è due diviene uno, senza per altro implicare l'eliminazione della dualità). Nella fenomenologia il filosofo sceglie però un'altra strada, l'amore infatti è pur sempre un qualcosa a cui mancano, per usare le parole di Hegel "la serietà, il dolore, la pazienza e il travaglio del negativo". Pertanto il riconoscimento non può che passare attraverso un momento di lotta e di sfida ossia attraverso il conflitto tra le autocoscienze. Tale conflitto nel quale ogni autocoscienza deve essere pronta a tutto, anche a rischiare la vita, non si conclude con la morte delle autocoscienze contendenti ma con il subordinarsi dell'una all'altra nel rapporto servo-signore. Il signore è colui che ha vittoria mentre il servo è colui che ha preferito la perdita della propria indipendenza, cioè la schiavitù. Tuttavia la dinamica del rapporto servo-signore è destinata a mettere capo a una paradossale inversione di ruoli, ossia a una situazione in cui il signore diviene servo del servo e il servo signore del signore. Infatti il signore finisce per dipendere dal servo, il quale invece grazie al lavoro diventa indipendente. Il servo nella misura in cui padroneggia e trasforma le cose da cui il signore riceve il proprio sostentamento, finisce per rendersi indipendente. Questo processo di indipendenza da parte del servo avviene attraverso i tre momenti della paura della morte, del servizio e del lavoro. Lo schiavo è tale perchè ha tremato dinanzi alla possibilità della morte, ma da questa paura egli ha potuto sperimentare il proprio essere come qualcosa di distinto e indipendente da quel mondo di realtà e di certezze naturali che prima gli apparivano come qualcosa di fisso e con le quali in qualche modo si identificava. Inoltre nel servizio la coscienza si autodisciplina e impara a vincere in tutti i singoli momenti i propri impulsi naturali. Nel lavoro il servo trattiene in un certo senso il proprio appetito rimandando il momento dell'utilizzo dell'oggetto che sta producendo. L'opera prodotto rappresenta il riflesso della raggiunta indipendenza. Il servo non solo forma e coltiva se stesso ma ancora imprime nell'essere quella forma che è dell'autocoscienza e così trova se stesso nella propria opera (Jean Hyppolite). In tal modo egli giunge a intuirsi come essere indipendente. La figura del servo-padrone presenta una notevole ricchezza tematica che è stata apprezzata soprattutto dai marxisti i quali hanno visto in essa un'intuizione dell'importanza del lavoro e della configurazione dialettica della storia nella quale grazie all'esperienza della sottomissione si generano le condizioni per la liberazione. La figura hegeliana però non si conclude con una rivoluzione sociale o politica, ma con la coscienza dell'indipendenza del servo nei confronti delle cose e della dipendenza del signore nei confronti del lavoro. La conclusione è rappresentata dal fatto che inizialmente vi era il confronto delle due autocoscienze, ma alla fine si capisce che la libertà è un valore assoluto non si è liberi rispetto a qualcosa ma solo se lo si sente. Stoicismo e scetticismo - Il tema della libertà, dell'indipendenza dell'io viene rappresentato attraverso altre due figure: lo scetticismo e lo stoicismo. Lo stoicismo affermava attraverso l'apatia la condizione di libertà dello spirito perché esso attraverso l'apatia vive la realtà senza attaccarsi ad essa e dunque è libero. Hegel afferma che lo stoicismo è lo spirito libero sia in trono (condizione di predominio) sia in catene (sottoposto al volere degli altri) perché attraverso l'apatia essa ti permette di vivere la vita senza attaccarsi ad essa. Lo scetticismo applica quello che lo stoicismo ha detto in teoria, esso è la filosofia del dubbio. Il dubbio rende liberi perché afferma che non ci sono certezze e rispetto alla mancanza di certezze si può dire e fare qualsiasi cosa. Questa condizione di libertà assoluta ha però dei limiti perché dire che non esistono certezze è una certezza. La seconda fase dello stoicismo invece alla fine invoca delle norme basilari per poter vivere tipo rispettare i ritmi della natura e anche questo è certo. L'assolutizzazione del concetto di libertà viene messa in discussione e ciò significa che la libertà che aveva emancipato l'autocoscienza in realtà produce una frattura, lo spirito totalmente libero ha perso in riferimento l'armonia con il tutto. Il giustificazionismo Hegeliano - Hegel è accusato di giustificazionismo dai suoi critici perché se, come dice lui, il reale è razionale tutta la storia dovrebbe significare il percorso dello spirito, ma Hegel prende solo alcuni episodi storici e li interpreta. Risulta evidente un atteggiamento programmaticamente giustificazionista nei confronti della realtà. L'accusa di ottimismo - Hegel sarà accusato di ottimismo, poiché dice che tutta la storia ha un andamento dialettico e si giunge sempre ad una sintesi. Questo è vero dato che per qualsiasi problema si giungerà sempre ad un equilibrio. I critici dicono che nella storia la sintesi è frutto di una serie di eventi drammatici che non si prendono in considerazione. La coscienza infelice - L'assolutizzazione del concetto di libertà viene messa in discussione tramite lo scetticismo e ciò significa che la libertà, che aveva emancipato l'autocoscienza, in realtà produce una frattura, lo spirito totalmente libero ha perso in riferimento l'armonia con il tutto. La libertà si astrae tanto da creare la frattura tra trasmutabile e intrasmutabile o meglio tra uomo e Dio. Ora questa opposizione tra uomo e Dio, tra finito e infinito produce nella coscienza una lacerazione che genera infelicità e che si manifesta in primo luogo sotto forma di antitesi tra l'intrasmutabile e il trasmutabile. La figura della coscienza infelice si sviluppa attraverso tre micro figure: l'ebraismo, il cristianesimo e il cristianesimo medievale. → Nell'ebraismo, la prima religione monoteista, l'Assoluto, la realtà vera, è sentita come lontana dalla coscienza individuale e assume le sembianze di un Dio trascendente, padrone assoluto della vita e della morte, ovvero di un Signore inaccessibile di fronte a cui l'uomo si trova in uno stato di totale dipendenza. L'uomo entra in contatto con un Dio infinito percepito completamente diverso da lui. Hegel si rifà all'episodio biblico del vitello d'oro: mentre Mosè era sul monte Sinai, gli ebrei si trovano nel deserto alla ricerca della Terra Promessa in condizioni di estremo disagio, per questo fusero le loro ricchezze fino a formare l'immagine del vitello d'oro che divenne oggetto della loro venerazione nella speranze che li aiutasse a superare le difficoltà. Quando Mosè scende dal Monte distrugge subito il vitello e capisce che il popolo non riesce a concepire Dio come spirito, il quale di conseguenza decide, a dimostrazione della sua potenza divina, di mandare la manna dal cielo che soddisfa gli ebrei nelle loro necessità. Hegel racconta in questo modo l'incapacità dell'uomo di comprendere l'infinito. → Nel secondo momento l'intrasmutabile assume la figura di un Dio incarnato. La scissione si colma infatti con il cristianesimo che rappresenta Dio sotto forma di una realtà effettuale, Dio diventa lo spirito fatto carne che dà all'uomo la speranza di poter raggiungere l'infinito. → Tuttavia la pretesa di cogliere l'Assoluto in una presenza particolare e sensibile è destinata al fallimento con la morte di Cristo, il suo messaggio viene infatti destinato agli apostoli e si produce una nuova scissione in mancanza di una testimonianza diretta di Cristo. Simbolo di questo fallimento sono le crociate nelle quali l'inquieta ricerca di Dio si conclude con la scoperta di un sepolcro vuoto, Cristo di fronte alla coscienza continua a rimanere qualcosa di diverso e di separato. Siccome Dio incarnato è vissuto in uno specifico e irripetibile periodo storico risulta pur sempre per i posteri inevitabilmente lontano. Di conseguenza con il cristianesimo medievale la coscienza continua a essere infelice e Dio continua a configurarsi come "un irraggiungibile al di là che sfugge". La scissione si colma col cristianesimo che rappresenta Cristo come figura di sintesi, dato che è Dio fatto in carne. Siccome nella religione ebraica non è concepibile l'arrivo del messia, nel cristianesimo Dio è lo spirito fatto carne che da all'uomo la speranza di poter raggiungere l'infinito. Se con Cristo c'è la sintesi tra l'uno e tutto, morto Cristo il suo messaggio fu affidata agli apostoli e si produsse una nuova scissione perché quando si cercava testimonianza della figura di Cristo (con la sua morte non c'era più la speranza dell'infinito). Manifestazioni di questa infelicità sono le sottofigure della preghiera/devozione, del fare/lavoro e della mortificazione del sé. → La preghiera diventa quel pensiero a sfondo sentimentale e religioso che non si è ancora elevato al concetto. → Il fare è il momento in cui la coscienza cerca di esprimersi nell'appetito e nel lavoro da cui trae il proprio godimento. La coscienza cristiana avverte il frutto del proprio lavoro come un dono, anzi avverte come dono di Dio anche le proprie forze e le proprie capacità umiliandosi ulteriormente e riconoscendo che ad agire in ultima analisi è sempre e soltanto Dio. → Tale vicenda prosegue e si esaspera con la mortificazione di sé in cui si ha la più completa negazione dell'io a favore di Dio. Con la mortificazione è la coscienza che negando la sua mortalità capisce di essere spirito. Ciò è il motivo per cui la coscienza infelice è la figura più emblematica del sistema hegeliano in cui si parte da una separazione di scissione per arrivare alla sintesi della coscienza che capisce di essere spirito. Quindi il punto più basso toccato dal singolo è destinato a trapassare dialetticamente nel punto più alto allorquando la coscienza, nel suo vano sforzo di unificarsi con Dio, si rende conto di essere, lei stessa, Dio. La coscienza infelice diventa quindi ragione rappresentata dal Rinascimento, non a caso il motto sarà "l'uomo è artefice del proprio destino", la vita dell'uomo apparterrà quindi all'uomo. Per Hegel la razionalità del reale si realizza con lo stato prussiano che rappresenta attraverso le istituzioni soddisfa il bisogno dei cittadini e li rende felici. Lo stato dà quello che serve al cittadino e lo rende felice. L'ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO La via sincronica è rappresentata dall'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, qui il filosofo esamina il principio in questione quale appare in atto in tutte le determinazioni fondamentali della realtà. Così chiamata perché prende in considerazione l'eterna coesistenza dei tre momenti dialettici del logos (l'idea in sé, tesi), della filosofia della natura (idea fuori di sé, antitesi) e dello spirito (sintesi). La logica - In quanto scienza dell'idea pura, cioè dell'idea nell'elemento astratto del pensiero, la logica prende in considerazione la struttura programmatica o l'impalcatura originaria, logico-razionale, del mondo. La logica hegeliana considera solo la struttura completamente astratta la quale si specifica in un organismo dinamico di concetti. Bisogna tenere in mente che il pensiero per Hegel non è una facoltà dell'individuo, ma ciò che di più oggettivo e universale esiste. La logica hegeliana indaga il pensiero in quanto è la realtà in senso forte, vale a dire il fondamento di tutto ciò che può presentarsi alla coscienza come suo oggetto, in altre parole i concetti di cui tratta la logica di Hegel sono pensieri oggettivi che esprimono la realtà stessa nella sua essenza. La logica hegeliana si divide in logica dell'essere, logica dell'essenza e logica del concetto e procede mostrando come partendo dai concetti più poveri e astratti (essere, nulla, divenire) si giunga a concetti via via più ricchi e concreti fino a quel concetto di tutti i concetti ovvero l'idea. La filosofia della natura - Per Hegel la natura e tutto ciò che è fenomeno naturale, non ha anima ed è priva di razionalità. Per Hegel la natura è l'idea nella forma dell'essere altro e come tale è essenzialmente esteriorità. Essa è contraddizione insoluta, il suo carattere è di essere negazione, non ens. Il filosofo presenta la natura come una sorta di caduta dell'idea e dall'altro come un suo potenziamento. In altre parole sembra che nella natura ci sia qualcosa di meno oppure di più dell'idea. Fatto sta che per Hegel risulta assurdo voler conoscere Dio, l'Assoluto, a partire dalle opere naturali dato che "anche la più perfetta manifestazione naturale è minore della più infima azione umana". La natura non essendo razionale, rappresenta il mondo dell'accidentale e del possibile, significa che siccome è possibile potrebbe non esistere. Tuttavia è necessaria, se non ci fosse la natura non ci sarebbe l'antitesi all'idea che potrebbe generare lo spirito. Ha quindi nonostante tutto una funzione-chiave nella dottrina di Hegel che non è possibile eliminare o togliere senza eliminare o togliere l'intera dottrina. Le divisioni della filosofia della natura sono: meccanica, considera l'esteriorità nella sua astrazione, isolamento e libertà di movimento. fisica, comprende la fisica dell'individualità universale, particolare e totale fisica organica comprende la natura geologica, vegetale e animale LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO La filosofia dello spirito consiste nello studio dell'idea che dopo essersi estraniata a sé diventa la sintesi di pensiero e materia, logica e natura, ovvero spirito. Lo sviluppo dello spirito avviene attraverso tre momenti principali: lo spirito soggettivo, che è lo spirito individuale nell'insieme delle sue facoltà. Si divide in antropologia (lo spirito come anima), fenomenologia (spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione), psicologia (studia lo spirito in senso stretto nelle sue manifestazioni di conoscere teoretico, attività pratica e volere libero) lo spirito oggettivo, che è lo spirito sovra-individuale o sociale lo spirito assoluto, il quale sa e conosce se stesso nelle forme dell'arte, della religione e della filosofia. LO SPIRITO OGGETTIVO Nella sfera dello spirito oggettivo, lo spirito si manifesta in istituzioni sociali concrete, rappresenta lo spirito nella sua socialità, ovvero il rapporto dell'uomo con gli altri uomini. I momenti dello spirito oggettivo sono tre: il diritto astratto la moralità l'eticità Di tali argomenti Hegel si occupa non solo nell'Enciclopedia, ma anche nei Lineamenti di filosofia del diritto, in cui spiega che esso individua l'individuo come depositario dei diritti. Il diritto astratto Il volere libero si manifesta come volere del singolo individuo considerato come persona fornita di capacità giuridiche. Il diritto astratto riguarda appunto la manifestazione esterna della libertà delle persone, concepite come puri soggetti astratti di diritto. La persona trova il suo compimento in una cosa esterna che diventa sua proprietà, grazie ad essa un individuo si definisce attraverso ciò che possiede. L'individualitá viene quindi rappresentata dal possesso di un bene. La proprietà diviene però effettivamente tale soltanto in virtù del reciproco riconoscimento tra le persone, ossia tramite l'istituto giuridico del contratto. L'esistenza del diritto rende possibile l'esistenza del suo contrario, cioè il delitto, la colpa richiede una sanzione o una pena che si configura dialetticamente come un ripristino del diritto violato. La pena quindi intesa come negazione del delitto quale è a sua volta negazione del diritto appare come una necessità oggettiva del nostro razionale e giuridico vivere insieme. A fine Settecento Cesare Beccaria nel trattato de “I delitti e delle pene" spiega che la pena di morte non serve perché non rappresenta un esempio così pauroso tanto che gli altri non commettano più il reato. La pena deve essere infatti riabilitativa. Hegel tuttavia afferma che la pena deve essere fortemente punitiva, e perché lo sia deve essere riconosciuta interiormente dal colpevole incidendo sulla razionalità dell'individuo. La pena punitiva diventa così Aufhebung. La moralità La moralità è la sfera della volontà soggettiva quale si manifesta nell'azione, questo passaggio rappresenta la ricerca del bene personale attraverso il giusto comportamento. Il dominio della moralità è caratterizzato dalla separazione tra le soggettività che deve realizzare il bene e il bene che deve essere realizzato, quest'ultimo assume inevitabilmente l'aspetto di un dover essere. Hegel però intende dire che per un verso la morale esige la realizzazione del dovere, ma per un altro verso non deve raggiungere tale realizzazione in quanto la moralità implica un limite da superare (un'incessante lotta contro l'inclinazione sensibile) configurandosi come compito infinito e sforzo senza fine. In questa figura Hegel si rifà quindi al concetto di moralità sia di Kant che di Fichte. La morale kantiana però ha un grande problema ovvero se ci si comporta bene di conseguenza ci si aspetta di essere felice, però poiché il mondo ideale non esiste bisogna postulare l'idea dell'anima e di dio. Il problema della moralità è che se una cosa è giusta o buona non è detto che si debba fare per forza. Hegel della moralità kantiana ne critica la sua formalità e astrattezza, la sua assenza di contenuti concreti. I Per Hume non c'è coincidenza tra l'essere e il dover essere, se una cosa è sbagliata ci vuole la legge che la vieta. Hegel riprende questo concetto affermando che senza una indicazione concreta riguardo a che cosa sia autenticamente bene, la coscienza buona può degradarsi e dissolversi in cattiva coscienza. L'eticità Si passa così dalla moralità all'eticità, nella quale il bene si attua concretamente e diviene esistente. Mentre la moralità è la volontà soggettiva del bene, l'eticità è la moralità sociale ovvero la realizzazione concreta del bene in quelle forme istituzionali che sono la famiglia, la società civile e lo Stato. È lo Stato quindi che rispondendo alle necessità individuali rende felici attraverso le istituzioni. Sia il termine moralità che eticità derivano dalla parola "costume", il filosofo sottolinea che ogni individuo nascendo si trova collocato in una sorta di orizzonte storico-culturale che orienterà le sue scelte. Questo significa che la coscienza individuale non può operare in modo autonomo poiché è calata in un tessuto di relazioni interpersonali e di valori consolidati che è tenuta a rispettare: in questo senso il bene è concreto e determinato. La famiglia - Il primo momento dell'eticità è la famiglia, un gruppo basato sui legami di affetto. La famiglia si articola nel matrimonio, nel patrimonio e nell'educazione dei figli. Il primo assume la forma di una unità spirituale fondata sull'amore e sulla fiducia con in comune il patrimonio trasmesso successivamente ai figli. Una volta cresciuti e divenuti personalità autonome, questi escono dalla famiglia originaria per dare origine a nuove famiglie aventi ognuna interessi propri. La società civile - L'antitesi della famiglia è rappresentata dalla società civile, che si identifica sostanzialmente con la sfera economico-sociale e giuridico-amministrativo del vivere insieme ovvero con il luogo di scontro, ma anche di incontro, di interessi particolari e indipendenti. Gli individui collaborando riescono a raggiungere obiettivi comuni, dunque la società si deve preoccupare della cura degli interessi economici, dell'amministrazione della giustizia e anche l'educazione dei giovani, la scuola infatti insegna ai ragazzi a stare insieme e ad agire come socialità. Hegel pensa che la società civile debba inibire e annientare ogni forma di individualismo e protagonismo e una persona che si erge su tutti per Hegel è sbagliata dato che non rappresenta il senso della società civile che insieme soddisfa i bisogni fondamentali e interessi economici. Hegel individua tre classi: la classe sostanziale degli agricoltori la classe formale dei fabbricanti e commercianti la classe degli interessi generali dei pubblici funzionari Poiché nella società devono essere negati i particolarismi, Hegel vede un sistema corporativistico. Le corporazioni di mestiere provvedono alla sicurezza sociale e rivestono un ruolo particolare in quanto attuando una sorta di unità tra la volontà del singolo e quella della categoria lavorativa a cui quel singolo appartiene prefigurano il momento dell'universalità statale fungendo da cerniera dialettica tra la società civile e lo Stato. Tutti devono lavorare non per il successo personale, ma per realizzare il successo dello Stato. Critica di totalitarismo - L'accusa di totalitarismo a Hegel arriva da Karl Popper. Popper afferma che Hegel, sulla scia di Platone (accusato di aver creato uno stato totalitario, che vuole organizzare totalmente la vita dei singoli, la cui vita non conta nulla di per sé, se non in funzione dello stato) sarebbe stato un nemico della società aperta e un profeta del totalitarismo, in quanto sostenitore del carattere assoluto dello stato. La loro dottrina è che lo stato è tutto e l'individuo nulla; infatti quest'ultimo deve tutto allo stato, sia la sua esistenza fisica sia la sua esistenza spirituale. Questo è il messaggio di Platone, del prussianesimo di Federico Guglielmo, e di Hegel. Popper prende in considerazioni alcune affermazioni di Hegel, ad esempio: "L'universale va creato nello stato", "lo Stato è l'Idea Divina quale esiste in terra", "L'ingresso di Dio nel mondo è lo Stato", "Allo stato compiuto appartiene essenzialmente la coscienza, il pensiero, pertanto lo Stato sa ciò che vuole", "Lo Stato è la vita morale concretamente esistente, effettivamente realizzata". Popper accusa quindi Hegel di totalitarismo, la teoria secondo cui lo Stato entra nel pubblico e nel privato. H. Marcuse (Berlino 1898 - Starnberg 1979) ritiene che proprio in virtù della distinzione tra società civile e stato e della salvaguardia dei diritti, lo stato hegeliano non possa assolutamente essere interpretato come stato totalitario. Abbiamo visto che l'analisi fatta da Hegel lo condusse a negare ogni armonia "naturale" tra l'interesse particolare e l'interesse generale, tra la società civile e lo stato. L'idea liberale dello stato veniva così demolita. Affinché lo schema dell'ordine sociale costituito non venga infranto, l'interesse comune deve dipendere da un'istituzione autonoma e l'autorità dello stato deve essere posta al di sopra del campo di battaglia tra gruppi sociali in concorrenza. Lo stato di Hegel non può in nessun modo essere messo a confronto con quello fascista. Quest'ultimo, infatti, rappresenta proprio quel livello dello sviluppo sociale che lo stato di Hegel doveva evitare, cioè il dominio diretto e totalitario sull'insieme da parte di interessi particolari. In un regime fascista la società civile domina lo stato, mentre lo stato di Hegel domina la società civile. E in nome di chi e che cosa esso domina tale società? Secondo Hegel, in nome del libero individuo e del suo vero interesse. "L'essenza dello stato moderno consiste nell'unione dell'universale con la completa libertà del particolare e con il benessere degli individui". La principale differenza tra il mondo antico e il mondo moderno sta nel fatto che in quest'ultimo i grandi problemi della vita umana devono essere decisi non da qualche autorità superiore, ma dalla libera volontà dell'uomo. "Questa volontà deve avere la sua nicchia particolare nella grande costruzione dello stato". Il principio fondamentale di questo stato consiste nel pieno sviluppo dell'individuo. La sua costituzione e tutte le sue istituzioni politiche devono esprimere "la conoscenza e la volontà degli individui". Il totalitarismo però è frutto della società di massa nella quale l'individuo si spersonalizza. Lo Stato - Lo Stato rappresenta la sintesi e la chiusura del sistema hegeliano. Esso è il momento culminante dell'eticità ossia la ri-affermazione dell'unità dell'unità della famiglia (tesi) al di della dispersione della società civile (antitesi). Lo Stato che è una sorta di famiglia in grande sta alla società civile come l'universale (la ricerca del bene comune) sta al particolare (la ricerca dell'utile privato). Di conseguenza lo Stato non implica una soppressione della società civile ma uno sforzo di indirizzarne i particolarismi verso il bene collettivo. Hegel definisce lo Stato universale-concreto o sostanza etica consapevole di sé. Queste definizioni rappresentano un'entità ovvero lo Stato che integra, raccoglie e soddisfa le esigenze dei cittadini attraverso le istituzioni. In quanto autocoscienza e volontà di un popolo esso è il vero soggetto del bene e del male che sostiene le scelte del singolo condizionandole e orientandole. Ciò significa che lo Stato è sostanza etica consapevole di sé. Questa concezione etica dello Stato visto come incarnazione suprema della moralità sociale e del bene comune si differenzia nettamente dal modello politico elaborato da autori come Locke e Hobbes, ossia dalla teoria dello Stato come strumento volto a garantire le libertà individuali. Hegel afferma che non è il cittadino che fa lo Stato ma il contrario, egli non parla di patti, lo Stato di Hegel è infatti: anticontrattualistico in quanto rappresenta l'essenza dei cittadini che prende corpo attraverso le istituzioni antiliberale, non garantisce le libertà individuali ma quelle del bene comune, non vede nello Stato lo strumento che deve garantire la sicurezza e i diritti dei privati, né Hegel lo vede come un tutore dei particolarismi della società civile. antidemocratico dato che il potere non proviene dal basso, ma allo stesso tempo non è autoritario perché le leggi devono essere alla portata di tutti La sovranità dello Stato di Hegel deriva dallo Stato medesimo il quale ha dunque in se stesso la propria ragion d'essere e il proprio scopo. Il che equivale a dire che lo Stato non è fondato sugli individui ma sull'idea di Stato. Hegel afferma che lo Stato è l'idea che entra nella storia e rappresenta la razionalità del reale, si parla di culto dello stato e ciò sarà definito statolatria ovvero un'idealizzazione dello Stato. Ciò sarà frainteso dai totalitarismi del Novecento dove ci sarà una sovrapposizione tra partito e stato. Sarà accusato di totalitarismo, ma quest'ultimo è frutto di una società di massa dove gli individui sono spersonalizzati mentre i cittadini di Hegel sono consapevoli di sé. Lo Stato di Hegel pur essendo assolutamente sovrano non è dispotico in quanti il filosofo tedesco ritiene che lo Stato debba operare soltanto attraverso le leggi e nella forma delle leggi. E ciò in omaggio al principio secondo cui a governare non devono essere gli uomini ma le leggi. Si tratta di uno Stato di diritto (Rechtsstaat), fondato sul rispetto delle leggi e sulla salvaguardia della libertà e della proprietà, ogni comportamento è dettato dal diritto e i cittadini sono difesi e garantiti da esso e dalle leggi. Lo Stato di Hegel è anche Stato etico dato che rappresenta i costumi della società e assume la responsabilità di imporre determinati comportamenti morali (lo stato italiano è di diritto ma non è etico). In questo Stato, la costituzione migliore è quella monarchico-costituzionale, con la tripartizione dei poteri in legislativo (affidato ai rappresentanti dei vari ceti o stati sociali; stati o ceti sociali da non confondere con le classi sociali antagonistiche dei proletari e capitalisti di cui parlerà Marx), esecutivo (affidato al governo) e sovrano (esercitato dal monarca). Nel sovrano si incarna l'unità dello Stato ed a lui spetta la decisione ultima circa gli affari della collettività. Il vero potere politico è quello del governo. Lo Stato è in ultimo per Hegel la "volontà divina" ovvero "l'ingresso di Dio nel mondo è lo Stato". E come vita divina che si realizza nel mondo, lo Stato non può trovare nella morale un limite alla sua azione. Il solo giudice ed arbitro sarà lo Spirito Universale cioè la Storia, che ha, come suo momento strutturale, anche la guerra. Essa non è solo necessaria ed inevitabile, ma preserva gli uomini dalla fossilizzazione a cui li ridurrebbe una pace durevole. In questo Stato, si ricordi, non vi è il potere giudiziario perché è demandato alla società civile. In conclusione, Hegel è "semplicemente un conservatore, in quanto pregia più lo stato che l'individuo, più l'autorità che la libertà".