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Democrito, Sofisti, Protagora, Giorgia

19/10/2022

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Democrito Nasce nel 460 in Tracia soggiorna anche ad Atene e va a contatto con la cultura sofistico-socratica che lascerà tracce visibili nel suo pensiero filosofico. Distinzione eleatica tra apparenza e realtà (elea vogliono conoscere l'essere unico) Il filosofo= va oltre la scena del mondo e cerca di raggiungere la realtà autentica delle cose perché "la verità dimora nel profondo". • conoscenza sensibile (oscura)= sensi colgono la superficie • conoscenza razionale (genuina)-la ragione coglie l'essere vero del mondo (=gli atomi) conoscenza 1. con i sensi si capiscono le cose sensazione-effluvi di atomi dagli oggetti e penetrano nel corpo dove incontrano gli atomi dell'anima che coglie le emanazioni e non direttamente le cose 2. Autonoma elaborazione logica 3. Teoria che spiega quello che i sensi mostrano Atomismo (prima forma di materialismo-materia come sostanza e causa delle cose) universo costituito da atomi (=particelle indivisibili di materia) • Essere-pieno con gli atomi • Non essere- vuoto in cui gli atomi si muovono Atomi= λόγος • pieni • Immutabili Ingenerati • Eterni= gli atomi si muovono sempre (materia-movimento) • Infiniti esistono anche infiniti mondi Nascita= unione di atomi Morte-separazione di atomi Le cose cambiano in base alla forma e all'ordine degli atomi Ateismo FILOSOFO della NATURA DEMOCRITO muore vivere povero in democrazia > ricco in oligarchia Presocratico ma anche sofistico-socratico Presocratico FILOSOFO UOMO • mutevolezza del mondo ericletea • teoria Parmenide dell'eternità • pluralismo di Empedocle Sofisti ATOM • Relativismo • interesse per la morale+Etica e politica ATOM al punto di...

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Didascalia alternativa:

vista QUALITATIVO (sono composta matena diversi dal punto vista QUANTITATIVO (feriscono per GRANDEZZA FORMA GEOMETRICA Gatomi, che sono SEMOVENT mono vorticosamente nel VUOTO (epano infinito che non oppone resista) PSICOLOGIA Fama è composta datori psichida natura ignesmosom GNOSEOLOGIA come conosciamo? EFFLUM da sensazione è prodotta nellanima da diatoms che provengono dagogge che penetrano nel corpo umano, venendo a contato con gli atomi anima Alla base del mondo non c'è nessuna intelligenza Meccanicismo (contrario al finalismo-non c'è un fine) spiegarsi un oggetto chiedendosi in virtù di quale causa esista o funzioni causalismo ETICA: la sua etica si lega strettamente alla mentalità racionalistica che pervade fatomismo si tratta di una forma di RAZIONALISMO MORALE che elegge la ragione a guidice e guida desisters nessione sulla CIVILTA, sul LINGUAGGIO sulla RELIGIONE MATERIAL ERIALISMO tuta la realtà deriva dalla matena, che ne costituisce anche unico princip esplicativo MECCANICISMO: le cose sono spiegate in vi delle cause efficient ematena che le producene indipendentemente dal concetto di CAUSALISMO DETERMINISMO Mode awiene nell'universo presuppone un sistema en preciso di cause che lo ha prodotto nulla avviene -non tutte le proprietà che noi attribulamal cose esistono veramente neg (datione tra proprietà OGGETTIVE Tutto ciò che avviene presuppone un sistema di cause Materialismo Tutto è materia (esiste da sempre- no al cristianesimo perché dio crea la materia dal nulla) Anima L'anima è corporea Il pensiero risiede nel cervello EQUILIBRIOMISURA devono guidare la condotta da etica del dovere fondata sul rispeto verso se Etica forma di razionalismo morale che si esprime in sentenze Felicità= bene più alto che risiede nell' interiorità dell'anima (=è la giustizia e la ragione che rendono felici) Non cadere nell'eccesso ma ricercare equilibrio e misura Etica del dovere- soffri di più a fare ingiustizia che a subiria cosmopolitismo Gli uomini sono tutti Cittadini del mondo e devono superare i conflitti Riconosceva comunque l'importanza dello stato -> buon governo-importantissimo perché se cade tutto created using bubbl.us SOFiSti σoplotńs=sapiente dotato di una vasta cultura Intellettuali che facevamo della propria sapienza una professione con un compenso Riformano l'istruzione con l'apprendimento del sapere si è nobili Insegnano retorica, grammatica o nozioni utili alla carriera politica "Prostituti della cultura" cit senofonte offrono ai cittadini uno strumento per esercitare i propri diritti nella democrazia= arte della parola L'uomo diventa tale in base a ciò che apprende verità- forma di conoscenza relativa al soggetto che la produce e al suo rapporto con l'esperienza FOCUS non più natura ma l'essere umano • politica, etica, moralismo • educazione (ex docere)= dare la possibilità di esprimersi psicologicamente e fisicamente, formazione globale atene v sec= democrazia+Pericle Post guerre persiane ceto aristocratico in crisi, potenza ceto medio cittadini Tutti hanno la possibilità di esprimersi, argomentare e controbattere-sofisti insegnano queste capacità Razionalità illuminismo greco sostituiscono i miti-credenze tradizionali con la razionalità Liberazione del passato in nome della ragione Paideia educazione/cultura La virtù non si acquisisce per nascita ma attraverso lo studio In rapporto con la democrazia= senso di yévoc Storia Prima storia in decadenza, eta dell'oro (=quando crono regnava, prima di zeus sull'Olimpo) poi decadenza Sofisti-Storia come progresso attraverso la tecnica Protagora Platone nel dialogo "protagora" pa narrare a protagora il mito di prometeo -prometeo e epimeteo distribuiscono la forza/velocità agli animali, prometeo ruba il fuoco agli dei e lo da agli uomini perché sviluppassero l'abilità tecnica e la capacità per sopravvivere + danno anche la giustizia significato il genere umano non vive senza le tecniche e la politica -necessità di impararie con le tecniche l'uomo trasforma il mondo a proprio vantaggio Politica= regina delle tecniche ->tutti abitano nella poleis e sono in qualche modo politici Lavoro alla base delle tecniche, prodico di ceo dice che conduce alle più alte conquiste Atene Tecniche+democrazia+sofisti-nuovo concetto di civiltà che modifica l'ambiente naturale e sociale a proprio vantaggio Religione versione laica del mondo non legato alla religione Rottura della visione antica della religione per i greci protagora- agnosticismo religioso • prodico di ceo-il divino nasce dai bisogni umani, hanno divinizzato ciò che serve alla loro esistenza • crizia=la religione inventata dai potenti come instrumentum regni (=strumento di potere che da punizione o compensi riguardo ciò che fai in vita) Leggi opera umana, non divine protagora- senza leggi non ci sarebbe la società e quindi neanche l'uomo (=diventa tale grazie alle tecniche e entrando in società). L'uomo realizza la propria natura grazie alle leggi che regolano la società Ippia distinzione tra leggi umane e natura • Legge naturale (non scritta)= immutabili e uguali ovunque ->cosmopolitismo • Leggi umane (scritte)= diverse e mutabili, schiavizzano e tirannizzano, prima avevano origine divina Antifonte Ritiene vera solo la legge natura uguale per tutti, leggi umane opinabili Legge natura= governano l'uomo verso il giovevole (=ciò che aumenta la mia auto conservazione), la legge della città annulla perché mette l'individuo contro i simili Legge-potere Trasimaco=le leggi umane sono strumento dei potenti per garantire la loro utilità crizia-convenzionalismo politico (=la società non è il frutto della socievolezza umana ma una costruzione per regolamentare il comportamento individuale) Leggi= mezzi con cui i potenti tutelano i propri diritti callicle • legge di natura della sopraffazione il + forte ha il sopravvento sul + debole leggi umane= inventate dai deboli per ridurre i diritti dei + forti e tutelarsi Parola Dialettica= confrontarsi con le opinioni altrui, ma sostenendo le proprie tesi e facendole prevalere. Non per forza ricercavano la verità, l'importante è raggiungere l'obiettivo (es. convincere un tribunale) • brachilogia-discorso breve- per mettere in difficoltà gli avversari • Macrologia-discorso lungo= per articolare riguardo una tesi eristica=arte del competere e di argomentare Antologica per confutare una tesi la contrapponevamo a un'altra contraria Linguaggio Realtà pensiero parola (Eraclito e parmenide dicono il contrario) La realtà non è pensabile in modo univoco perché è soggettiva Gorgia demolisce la concezione eleatica, la parola diventa l'arte della persuasione crisi sofistica 1. La sofistica diventa eristica pura-arte di avere la meglio sulle affermazioni dell'avversario a qualunque costo, senza avare riguardo per la verità o falsità delle tesi sostenute 2. Muta il contesto storico culturale in cui era sorta la sofistica-non ve poi il terreno su cui basavano la loro missione educativa e si sono così trasformati in intellettuali isolati Protagora Nato nel 490 in Tracia Ad Atene si becca una accusa di empietà->perché? per le sue idee spregiudicate di religione uomo misura di tutte le cose • Essere umano-metro/criterio di giudizio della realtà/irrealtà Diverse interpretazioni. 1. Uomo-individuo singolo. cose= con i sensi= appaiono diverse a chi le percepisce=relativismo 2. uomo-umanità. L'uomo giudica attraverso parametri comuni le cose-realtà generale 3. uomo-comunità. L'uomo valuta le cose-i valori secondo la mentalità del gruppo sociale ...in realtà... uomo-misura delle cose a vari livelli 1. come singolo 2. come comunità 3. come specie cose oggetti fisici + valori/realtà uomo- misura delle cose e di ciò con cui entra in rapporto Dottrina • umanismo= L'essere umano come criterio di valutazione • Fenomenismo- non abbiamo a che fare con la realtà ma con la realtà che appare tramite fenomeni • Relativismo morale=non esistono principi etici/verità assoluta, ma è relativo a chi giudica • Relativismo culturale-diverse civiltà esprimono culture diverse NO Verità unica Realtà interpretazione soggettiva tutto è vero? No soggettivismo anarchico Ma ce un principio di scelta= tutto è vero ma non tutto è legittimato Principio di scelta Non si può scegliere un comportamento sulla base di verità certe (non ce ne sono) -> ma se è utile per se è la propria comunità Utile Strumento di verifica e legittimazione • verità ciò dimostrato utile all'individuo-alla comunità-alla specie (no verità assoluta) Sofista per protagora =propagandista dell'utile che grazie alle parole tenta di modificare le opinioni secondo il principio dell'utilità Perché protagora pa filosofia? Non è fine a se stesso, ma con funzione politico-educativa Chi Stabilisce Putile? (La maggioranza) Forse i sofisti legittimano l'utile solo dei potenti Ma protagora tutelava il benessere comune della polis pensare+fare ->di mezzo ci sono le leggi Dio Non è affermabile, ne negabile =agnosticismo religioso Gorgia Nasce nel 485 a lentino (sicilia) La sua dottrina (tre tesi) • nulla esiste= nega il valore ontologico dell'essere in generale (=nichilismo), se riferito a dio (=ateismo) • se esiste l'uomo non può conoscerlo = il pensiero non rispecchia la realtà (pensiero essere) • se la conoscesse non la potrebbe comunicare= il linguaggio è altra cosa rispetto alla realtà pensiero e linguaggio strumenti di verità Dimostrazioni delle sue tesi Tesi- enunciato di cui si intende dimostrare la validità Nichilismo filosofico (1 tesi) Nega più elementi significativi della realtà scetticismo (2, 3 tesi) • scetticismo metafisico = Puomo non ha strumenti per affermare/negare l'esistenza dell'essere/dio o eterno quindi è infinito quindi non è in alcun luogo T quindi non esiste o essere IPOTESI INIZIALE: QUALCOSA ESISTE quindi è o generato quindi è o nato dall'essere ma questo è impossibile, perché, se è nato, non è quanto prima quanto prima non era) quindi è o nato dal non essere ma questo impossibile. perché il non essere non è e non può generare o eterno e generato insieme ma questo è impossibile, perché è contraddittorio o non essere ma questo è impossibile, perché il non essere o essere e non essere insieme ma questo è impossibile, perché è contraddittorio =impotenza umana di parlare dell'essere e del reale =messa in discussione della metafisica Metafisica=dottrina filosofica che individua la natura assoluta della realtà Differenza con protagora per lui il criterio di verità è l'utile, in gorgia nessun criterio-tutto è falso (scetticismo gnoseologico) Parola strumento con cui persuadere e guidare gli altri visione tragica della vita Esistenza= qualcosa di irrazionale e misterioso Azioni non rette dalla logica e dalla verità ma dalle circostanze e menzogne Encomio di Elena-gorgia prende le difese di Elena perché pece ciò per volere del caso o degli dei Quindi è senza colpa perché soggiogata da forza o convinta da discorsi o presa d'amore e la sua psiche non poteva resistere se mi avessi spiegato il perché l'avrei fatto-intellettualismo etico di socrate-quando sai il bene lo fai Perché socrate andava in battaglia? come si comportava? come si è comportato socrate? Il male-ignoranza Arroganza-modalità attraverso cui si esprime l'ignoranza -presunzione di verità senza dialogo Il demone distoglie socrate dalle cose che lo distolgono dalla filosofia I sofisti e Socrate I sofisti e Socrate segnano una svolta nella filosofia delle origini: con loro vengono in primo piano i problemi etici, quelli cioè relativi all'uomo ed al suo comportamento: che cosa è il bene, il giusto, la virtù, la felicità? Si riflette anche sullo scopo del sapere e della filosofia e sulla possibilità stessa di conoscere la verità. 1/I sofisti 1.1/ Caratteri generali della filosofia sofistica I sofisti (i "sapientissimi") sono maestri di filosofia, retorica e politica che troviamo nel V secolo in Grecia, in Asia Minore e in Italia meridionale I sofisti più famosi sono: Protagora, Gorgia, Ippia, Callicle, Trasimaco, Polo, Prodico. Non costituiscono una scuola ma sono accomunati da: una concezione pragmatica del sapere: esso è valido in quanto serve all'affermazione dell'individuo nella società (saper parlare, saper difendere la propria causa in un'assemblea, ecc.) O una critica radicale delle tradizioni religiose e dei pregiudizi comuni O uno scetticismo nei confronti delle pretese di validità oggettiva della conoscenza filosofica la sofistica esercitò una notevole influenza etico-politica e ispirò la storiografia (Tucidide), il teatro (Euripide) e soprattutto l'oratoria; mentre invece venne avversata da Socrate e da Platone. O 1.2/ Protagora: l'uomo come misura di tutte le cose è stato uno dei più grandi sofisti nacque ad Abdera, Tracia, e poi si trasferì ad Atene dove aprì una scuola ed entrò in contatto con la cerchia di Pericle e di Euripide. Pare che in casa di ques'ultimo leggesse il suo libro Sugli dèi, dove sosteneva che non esistono e per questo venne bandito da Atene e il suo libro bruciato sulla pubblica piazza. Partendo dalla constatazione che la conoscenza si riduce a pura sensazione e cioè ad un fatto meramente soggettivo, Protagora perviene all'affermazione di un relativismo scettico: "L'uomo è misura di tutte le cose, dell'essere di quelle che sono e del non essere di quelle che non sono. Le cose sono esattamente così come ci appaiono. Ciò che sembra a ciascuno è sempre vero." Comunque si intenda questa celebre affermazione ("uomo" infatti può essere inteso sia come "singolo individuo", sia come "specie umana", sia infine come "esponente di una certa cultura"), si tratta comunque di un'energica affermazione del principio della soggettività, che nega la possibilità di una vertità oggettiva, come pretendevano i filosofi precedenti. Vediamola nel dettaglio: Autore: L. Guaragna - tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 1 di 12 L'uomo è misura di tutte le cose dell'essere di quelle che sono e del non essere di quelle che non sono. Le cose sono esattamente così come ci appaiono. Ciò che sembra a ciascuno è sempre vero. Non esiste una verità assoluta perché ogni uomo ha un proprio criterio di verità (una propria misura) per tutte le cose: questo per me è giusto, questo è sbagliato, questo per me è bello, questo è brutto... non esiste un criterio universale, ma ogni uomo ha il proprio. Ogni uomo stabilisce l'essere (l'essere giusto, l'essere bello, ecc.) o il non essere di ogni cosa: questo per me è giusto, e questo non è giusto; questo è vero e questo non è vero... Non esiste un criterio oggettivo che valga per tutti. Protagora proporrà come criterio approssimativo per orientarsi nella realtà quello dell'utile, ma gli è stato obiettato che anche quest'ultimo può essere criticato in quanto il concetto di utile è relativo. Le nostre sensazioni sono il criterio di verità per ciascuno di noi, non esiste una verità diversa da quella che sentiamo: se l'arancia la sentiamo dolce, ebbene allora essa è dolce; se invece la sentiamo amara, ebbene, essa è amara. Non esiste un criterio oggettivo per stabilire se sia amara o dolce, non si può dire che io abbia torto e tu ragione: se la sento amara ho gione io e se tu la senti dolce hai ragione anche tu. Tutto è relativo. 1.3/ Gorgia: l'inesistenza della realtà e la potenza della parola Nato a Lentini in Sicilia, si recò ad Atene per domandare soccorso durante la guerra peloponnesiaca contro i Siracusani, e vi fondò anch'egli una scuola. Compose un'opera intitolata Del Non-essere, ossia della Natura Ancora più radicale la posizione scettica di Gorgia rispetto a quella di Protagora: Nessuna realtà esiste, "Nessuna realtà esiste, se anche la realtà esistesse non sarebbe conoscibile, e se anche fosse conoscibile non sarebbe comunicabile" se anche la realtà esistesse, non sarebbe conoscibile, Vediamo di chiarire dettagliatamente cosa intende Gorgia con queste affermazioni: Questa affermazione (nessuna realtà esiste) deriva dalla constatazione che i filosofi precedenti hanno sostenuto intorno alla realtà dottrine contrastanti: ad esempio Parmenide ha sostenuto che l'essere (la realtà) è uno; mentre Democrito ha sostenuto che l'essere è molteplice (atomi); sempre Parmenide ha sostenuto che l'essere non muta, è ingenerato, incorruttibile; mentre Eraclito ha sostenuto che la realtà eternamente muta e diviene. E così via. Tutte queste dottrine si presentano come opposte e ciascuna può essere sostenuta con buoni argomenti. Dato che non può accadere che la realtà, se esiste, sia insieme una e molteplice, incorruttibile e corruttibile, ecc. (che cioè essa abbia caratteristiche contraddittorie), se ne deve concludere che nessuna realtà esiste perché non può esistere qualcosa che abbia caratteristiche contraddittorie. Non è nemmeno detto anche ammettendo per ipotesi che la realtà esista che il pensiero sia in grado di coglierla: infatti non esiste una perfetta corrispondenza tra la realtà e i contenuti del pensiero: ad es., ci sono contenuti del pensiero che non si trovano nella realtà (ad es., l'asino che vola o la chimera) e non c'è una perfetta corrispondenza tra il Autore: L. Guaragna - tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 2 di 12 e se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile agli altri. pensiero e la realtà (ad es., il pensiero del Medioevo non dura mille anni!). Infine, se anche il pensiero potesse cogliere perfettamente la realtà, vi sarebbe comunque un ulteriore ostacolo: l'impossibilità di comunicare il pensiero tramite il linguaggio. Infatti, se qualcuno deve pensare ad una cosa cui non ha pensato, come è possibile che riesca a farlo mediante semplici segni o parole che stanno al posto di quella cosa? In altri termini, possono le parole e i segni rappresentare perfettamente le cose che designano? Gorgia sostiene di no. Possiamo esemplificare la sua posizione (il linguaggio ha dei limiti nell'esprimere il pensiero e la realtà) con una serie di esempi che Gorgia non fa, ma che probabilmente avrebbe trovato plausibili: 1) proprio in quanto segni della cosa, i segni e le parole non sono la cosa stessa che denotano: ad es. la parola "montagna" non è grande quanto una montagna; la parola "cane" non abbaia, ecc. 2) il linguaggio verbale non può descrivere adeguatamente i colori (es. non posso descrivere un colore ad un non vedente) L'importanza del linguaggio per Gorgia Lo scetticismo radicale di Gorgia, la sua sfiducia rispetto alla possibilità da parte della metafisica di comprendere la realtà e rispetto alla capacità della mente umana di cogliere e di comunicare l'essere e la struttura del reale, fanno spazio a una singolare concezione: in luogo dell'essere, del pensiero e del linguaggio come strumento di comunicazione, rimane solo il linguaggio (logos, discorso), inteso non come qualcosa che significa qualcos'altro ma come costituente esso stesso l'autentica, unica realtà. L'aspetto referenziale del linguaggio il suo stare per qualcos'altro, il suo significare qualcosa fuori da sé - viene dunque messo da parte per esaltare il linguaggio in quanto tale, scisso da ogni significato. Esempi di uso descrittivo: Gorgia non nega l'esistenza e l'efficacia del linguaggio, ma la sua capacità di rispecchiare una realtà che stia al di fuori di esso. In effetti è indiscutibile che il linguaggio - pur non avendo un significato rigoroso - produca degli effetti sugli ascoltatori, effetti che sono in grado di condizionarne le convinzioni e le azioni. Come tutti i sofisti, interessati all'aspetto pragmatico e all'utilità del sapere e della cultura, Gorgia è perciò attratto da questa caratteristica del linguaggio, che sta alla base della retorica, cioè dell'arte del parlare, come unica e vera filosofia, in quanto non c'è altra verità che quella prodotta dai discorsi efficaci, persuasivi, creatori essi stessi di convinzioni paragonabili ad una vera e propria fede (es. di oratoria gorgiana è l'Elogio di Elena, in cui sostiene che Elena non è colpevole perché sedotta dal discorso di Paride). Gorgia e l'uso performativo del linguaggio Riprendendo una recente analisi del linguaggio effettuata da un filosofo contemporaneo (J. Austin, che ha scritto il libro Come fare le cose con le parole, 1963), si potrebbe dire che Gorgia non apprezza il carattere descrittivo del linguaggio ma quello performativo. Il linguaggio infatti può descrivere le cose e da questo punto di vista, secondo Gorgia, è debole perché non riesce a descrivere tutto. Può però fare delle cose (to perform, in inglese) e da questo punto di vista è invece molto potente. fare la radiocronaca di una partita. Chi ascolta, "vede" la partita attraverso le parole (esse però, per quanto, efficaci, non riescono a descrivere perfettamente tutto, come ad esempio lo stato del campo di calcio o del cielo sopra lo stadio durante una Autore: L. Guaragna-tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 3 di 12 giornata piovosa, ecc.: un'immagine fotografica o televisiva sarebbe in questo caso molto più efficace delle parole) Esempi di uso performativo: fare un discorso che commuove gli ascoltatori recitare una poesia che evoca sensazioni; raccontare qualcosa con immagini che evocano sensazioni (in Grecia, scrive d'Annunzio, "la pietra è figlia della luce": non si tratta di una descrizione fotografica ma di un'immagine che ciascuno può elaborare e sentire a proprio modo; in questo caso è il linguaggio che determina il nostro stato d'animo dunque il linguaggio non descrive ma fa qualcosa, ci costringe ad avere certe sensazioni) raccontare una propria esperienza infelice ad un amico, giusto per sfogarsi (l'amico magari la conosce già ma il nostro raccontargliela ci permette comunque di sfogare le nostre emozioni): il dire, in questo caso, non serve a informare, ma assume una funzione terapeutica, serve cioè a sfogarci e ciò ci fa bene dare degli ordini a qualcuno ("Apri la finestra!" non è una frase che descrive qualcosa ma un uso performativo del linguaggio perché attraverso di essa imponiamo a qualcuno di fare qualcosa) il prete che battezza un bambino o dichiara marito e moglie gli sposi durante la celebrazione di un matrimonio (quando dice "Io ti battezzo" o "Io vi dichiaro marito e moglie" non sta descrivendo qualcosa ma sta facendo qualcosa); lo stesso vale per lo sposo che dice "Io prendo te come mia sposa" o per il testimone che al processo dice: "Giuro che dirò la verità". Scrive Gorgia a proposito del potere della parola: "la parola è un gran dominatore, che con piccolissimo corpo e invisibilissimo, divinissime cose sa compiere; riesce infatti e a calmar la paura, e a eliminare il dolore, e a suscitare la gioia, e ad aumentar la pietà." (Gorgia, Encomio di Elena) Autore: L. Guaragna-tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 4 di 12 2/ Socrate (469-399) 2.1/Vita "Quanto a Socrate, questi trattò non di questioni riguardanti la natura in generale, bensì di questioni morali, ma intanto cercò in queste l'universale e per primo ebbe consapevolezza che il pensiero s'aggira intorno alle definizioni." (Aristotele) nasce ad Atene, da una famiglia della piccola borghesia, dallo scultore Sofronisco e dalla levatrice Fenarete ha per moglie Santippe grazie ad un'eredità lasciatagli dal padre, può dedicarsi completamente agli studi compie il suo dovere di cittadino combattendo valorosamente nella guerra del Peloponneso, a Potidea, Delo e Anfipoli non lascia mai la sua città perché vuole migliorarla: si reca sulle piazze e discute vari argomenti allo scopo di chiarire le proprie e le altrui idee nella sua missione si diceva assistito da un dèmone (forse personificazione della coscienza dell'individuo), che lo avvertiva di quello che doveva evitare già avanzato negli anni, fu accusato di ateismo e di corruzione dei giovani dall'oscuro poeta Meleto, dal mercante Anito e dal retore Licone; ma a tale accusa non dovettero essere estranei motivi politici, per essere stati suoi discepoli Crizia e Carmide, aristocratici, detestati dal partito democratico, da poco ritornato in Atene. Secondo molti studiosi, va sottolineato inoltre che le accuse a Socrate erano determinate anche dall'essere egli un personaggio scomodo, che col suo atteggiamento critico invitava i giovani a riflettere e a mettere in discussione continuamente ciò che facevano. Comparso in giudizio non parlò da accusato, ma da maestro, e propose di essere nutrito a spese pubbliche dalla città per l'azione benefica che vi aveva esercitato con le sue discussioni. Rifiutò inoltre qualsiasi compromesso e con i suoi discorsi irritò i giudici che lo condannarono a morte con scarsa maggioranza. Rinunciò alla possibilità di fuga che gli veniva offerta e morì bevendo la cicuta. 2.2/ Opere E' difficile ricostruire il pensiero di Socrate perché non lasciò alcuno scritto, convinto che la filosofia debba nascere soprattutto dal dialogo diretto tra gli individui (gli scritti - egli sosteneva - sono come le pitture: se le interroghi non rispondono). Gli storici perciò si rifanno alle testimonianze dei contemporanei, mettendole a confronto per ricostruirne il pensiero. Le principali fonti su Socrate sono le seguenti: le opere di Platone (che però era discepolo di Socrate, e perciò lo idolatrava; e che a sua volta era un grande filosofo, e perciò ne interpreta il pensiero mentre ce lo riferisce) I detti memorabili di Socrate, opera di Senofonte, altro discepolo di Socrate Le nuvole, commedia di Aristofane, che ce ne dà un'immagine deformata umoristicamente. 2.3/ Pensiero Il disinteresse di Socrate per i problemi relativi alla natura ed il suo interesse per i problemi morali, cioè per un sapere utile all'uomo Socrate mostra disinteresse per i problemi della natura e attenzione ai Autore: L. Guaragna-tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 5 di 12 soli problemi dell'uomo, attenzione che si può riassumere nel motto scolpito sul tempio di Delfi e fatto proprio da Socrate: "Conosci te stesso". Scrive Senofonte che Socrate "ragionava soltando delle cose umane, studiando che cosa sia pietà, che cosa empietà, che cosa onesto, che cosa giusto, che cosa ingiusto, che cosa sia lo Stato, che cosa l'uomo politico... ritenendo virtuosi ed onesti solo gli uomini consapevoli di queste questioni". Il vero sapere è dunque per Socrate solo quello utile all'uomo, quello che gli consente di orientarsi nel campo etico e politico. I problemi della filosofia sono anzitutto problemi morali. Il metodo socratico per raggiungere il sapere utile all'uomo Come ottenere questo sapere? Socrate propone il meto che possiamo riassumere nei punti seguenti, metodo in cui il dialogo diretto con l'interlocutore è essenziale (ecco perché rifiutava gli scritti): 1. Occorre anzitutto liberarsi del sapere comune professando la propria ignoranza sulla vera realtà delle cose ("so di non sapere"); Per aiutare i suoi concittadini a liberarsi del sapere comune Socrate dice di voler essere per loro una specie di tafàno, che è un insetto fastidioso e pungente. Egli cioè vuole metterli in difficoltà con i propri ragionamenti, distruggendo le loro false certezze. 3. Per distruggere le false certezze, Socrate utilizza questi strumenti: ironia o simulazione: Socrate finge di aderire alle posizioni dell'interlocutore e di ritenerlo più sapiente di sé sugli argomenti affrontati. Tutto ciò serve a disporre l'interlocutore al dialogo e a costringerlo ad esplicitare meglio le proprie prese di posizione, mostrandogliene i punti deboli e conducendolo a rendersi conto dell'infondatezza delle proprie opinioni. 2. brachilogia o discorso breve (dal gr. brachis, breve, e logos, "discorso"): consiste nell'incalzare l'interlocutore con dialoghi rapidi, fatti di domande precise che costringono a risposte stringate, che non consentono di aggirare le questioni con lunghe argomentazioni e artifici retorici. armi dialettiche approntate dalla tradizione filosofica (cfr. Zenone di Elea e i Sofisti): uso di paradossi e di altri argomenti dialettici che mettano in difficoltà l'interlocutore disponendolo a prendere coscienza della propria ignoranza e della fragilità delle proprie posizioni. 4. Questa scossa alle false certezze non è però fine a se stessa. Essa non fa che preparare l'interlocutore a trovare da solo la verità: Socrate infatti non insegnava nulla, ma lasciava che dopo aver insinuato il dubbio fossero gli interlocutori stessi a "partorire" la verità (è questo il famoso metodo maieutico di Socrate; maieutico significa "ostetrico", cioè come quello della levatrice che aiuta a partorire la donna gravida). Ecco dunque la ragione per la quale Socrate non scrisse nulla: lo scritto pretende di consegnare la verità ad un testo fissato una volta per tutte e valido per chiunque, ma la verità è il frutto di uno sforzo di ragionamento fatto in prima persona dall'individuo attraverso il dialogo con altri. La madre di Socrate faceva la levatrice e Socrate riprende questa immagine dicendo che come la madre aiutava a partorire il bambino, che non aveva fatto lei ma la donna gravida, così il filosofo aiuta l'interlocutore a partorire una verità che è l'interlocutore stesso ad elaborare autonomamente. Autore: L. Guaragna-tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 6 di 12 La saggezza consiste nel saper cogliere i concetti o le verità universali. L'uomo buono è l'uomo saggio: il bene si identifica con la retta conoscenza (o scienza) Socrate dunque non insegnava nulla ai propri interlocutori, ma dai racconti di Platone, che nei suoi libri ci riferisce i discorsi che il suo maestro faceva con i suoi interlocutori, si capisce che egli li induceva a cercare (a "partorire") delle definizioni universali o concetti. Socrate era infatti convinto che solo chi abbandona la molteplicità e la casualità dei casi concreti, raggiunge il vero sapere e quella saggezza universale che gli permette di orientarsi in campo etico. Cfr. il dialogo platonico Eutifrone dove si cerca la definizione di "santità". E' per questo che, secondo Aristotele, Socrate è nella storia della filosofia lo scopritore dei concetti. Che cosa significa che il vero sapere consiste nell'abbandonare i casi concreti ed elevarsi al sapere universale fatto di concetti? Per possiamo fare un esempio. Chi si lega solo a degli esempi ncreti per capire le cose è come un bambino che si serve continuamente di oggetti (pallottoliere, biglie, frutti, ecc.) per capire i concetti matematici (somme, sottrazioni, ecc.). Il bambino ha capito questi concetti se riesce a distaccarsi dagli esempi concreti ed afferra la verità generale che vale per tutti i casi. Se capisce che 2 biglie più 2 biglie fanno 4 biglie, ma non capisce che 2 matite più 2 matite fanno sempre 4, allora non ha compreso il concetto di somma, di cui le biglie sono solo un esempio concreto. Per Socrate, chi comprende veramente le cose, il vero sapiente, è chi sa afferrare le verità generali o universali (che cioè valgono per tipi differenti di oggetti), cioè i concetti. Così quando egli dialoga con il suo concittadiono Eutifrone, che sta andando in tribunale per denunciare il padre perché così ritiene sia giusto e santo fare, gli fa capire che le sue definizioni del concetto di ciò che è santo (ma potrebbe trattarsi anche di altri concetti come "giusto", "ingiusto", "bello", ecc.) non sono universali ma si legano a casi troppo differenti tra loro per essere valide e dunque Eutifrone non ha afferrato il concetto di santità. Per capire quanto sia importante tutto questo discorso nel campo delle verità che interessano l'uomo (cioè in campo etico, politico, giuridico ecc.), si pensi ad un giudice che in un tribunale deve giudicare degli imputati guardando ad un concetto di giustizia, che necessariamente è universale e deve potersi applicare ai vari casi concreti che capitano di volta in volta. Se il giudice non possiede questo concetto universale e ogni volta che gli capitano casi particolari non è in grado di ricondurli al concetto generale, è come il bambino che di fronte alle matite si arena e non capisce che si trova in presenza di una situazione identica a quella delle biglie. Allo stesso modo Eutifrone, che sta addirittura andando a denunciare il padre, in realtà non ha ben chiaro il concetto che guida le sue azioni e perciò non sa che cosa sta facendo. I paradossi dell'etica socratica Oltre alla ricerca dell'universale (o dei concetti) e all'identificazione del bene con la conoscenza (l'uomo virtuoso e buono è l'uomo sapiente, che cioè conosce le verità universali), si attribuiscono a Socrate alcune convinzioni di carattere morale che egli non smette di sottolineare nel dialogo con i suoi interlocutori. Alcune di queste opinioni hanno il carattere di paradossi, cioè tesi che vanno contro il senso comune e che perciò vengono indicati come i paradossi dell'etica socratica: 1) Nessuno commette il male volontariamente - Socrate è convinto che si agisce sempre seguendo ciò che attraverso la conoscenza si ritiene essere il bene ad esempio, se studio è perché penso che studiare sia bene e non studiare sia male; se faccio dei viaggi è perché penso che viaggiare, fare nuove esperienze, sia bene e non viaggiare sia male, ecc. In sostanza, ciò che guida il nostro comportamento sono le nostre conoscenze o convinzioni. E' per questo che quando si parla delle teorie morali di Socrate si dice che egli era fautore di Autore: L. Guaragna-tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 7 di 12 un'etica intellettualistica: secondo Socrate, infatti, il nostro comportamento è dettato dal nostro intelletto cioè dalle nostre conoscenze. Chi agisce male, dunque, secondo Socrate lo fa perché è tratto in errore da un'errata conoscenza del bene e scambia per il bene ciò che in realtà è il male. Ad esempio, chi non studia non è adeguatamente consapevole del fatto che sia importante studiare, ecc. Solo con la conoscenza (l'individuazione del retto sapere o dei concetti) si riuscirà a identificare il vero bene e a guidare rettamente il nostro comportamento. Questa concezione che fa dipendere l'etica dalla conoscenza, trascura gli elementi istintuali e affettivi che vi sono nel comportamento ed è stata criticata da autori successivi a Socrate (es. Aristotele). Non si spiega infatti perché persone che sanno perfettamente che qualcosa fa male, ad esempio il fumo, siano comunque degli accaniti fumatori. Aristotele sostiene che l'etica intellettualistica di Socrate, che prende in considerazione le sole motivazioni legate alla conoscenza, non basta a spiegarcene la ragione: bisogna considerare anche fattori (il vizio, le abitudini sbagliate o lo stress,come diremmo oggi) che non sono necessariamente riconducibili alla conoscenza, ma agli affetti, agli istinti ecc. 2) La felicità sta nel praticare la virtù anche quando questa ci costringe (apparentemente) all'infelicità. L'uomo che sa che cos'è il bene e lo pratica è un uomo virtuoso ed è anche felice; se facciamo il bene ci sentiamo interiormente felici. Socrate dunque identifica la felicità con la virtù. Questa concezione viene chiamata anche eudemonismo etico, espressione greca che significa all'incirca che la felicità (eudaimonìa) si identifica con il fare il proprio dovere. Es., sottrarsi alle leggi con la fuga, come gli propongono i suoi allievi dopo la condanna, salverebbe la vita a Socrate ma lo renderebbe infelice perché avrebbe commesso un'ingiustizia sottraendosi alle leggi di Atene. Meglio morire sentendo di aver fatto il proprio dovere piuttosto che vivere con la coscienza di essersi comportati ingiustamente. 3) Chi fa il male, apparentemente è superiore a chi lo subisce, ma in realtà accade il contrario. Infatti è preferibile subire il male che commetterlo, perché solo la virtù e la giustizia rendono l'uomo felice, mentre l'immoralità e l'ingiustizia gli portano solo, alla lunga, bruttura e infelicità. Es., Socrate è condannato ingiustamente dagli Ateniesi, ma è lui ad essere più intimamente felice perché sa in realtà di essere nel giusto. Autore: L. Guaragna-tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 8 di 12 2.4/ Le scuole post-socratiche: Accademia platonica, Cinici, Megarici e Cirenaici Alla morte di Socrate ne raccolgono gli insegnamenti varie scuole: ● Anzitutto a raccogliere le idee di Socrate vi sono tre scuole filosofiche che approfondiscono tematiche relativisitche e sofistiche, che erano presenti nel pensiero di Socrate (pur essendo spesso Socrate in contrasto con i sofisti, condivideva con loro alcune posizioni e atteggiamenti, come il mettere tutto in discussione, il vivere al di fuori delle convenzioni, ecc.): 1. la scuola cinica (i cinici erano detti così o perché si riunivano in una palestra di Atene chiamata Cinosarge o per il loro ideale di vita che consisteva nell'essere come i cani randagi, cioè metaforicamente slegati da ogni padrone o convinzione comune; in greco kyon significa "cane", da cui il termine "cinici"). Secondo i cinici, vero saggio è colui che non si lega ai beni materiali, alle leggi, alle classi sociali ecc. Il loro mito era Diogene di Sinòpe (la città della Turchia da cui proveniva), il filosofo cinico definito da Platone il "Socrate pazzo", per i suoi atteggiamenti fortemente provocatori. Egli viveva in una botte, avendo come ideale l'autosufficienza rispetto ai bisogni superflui indotti dalla società. Per questo, tra i molti aneddoti attorno a Diogene, si ricorda quello che lo vede vagare per le strade di Atene con una lanterna accesa, in pieno giorno, urlando "Cerco l'uomo", intendendo trovare l'uomo autentico in contrapposizione a quello che si era smarrito negli artifici e nelle convenzioni della vita sociale. 2. la scuola megarica (dalla città di Megara, in Grecia): fusione di Socrate e Parmenide: Euclide di Megara riteneva che il bene è uno solo (cfr. Socrate che identificava il bene con la scienza) ed è l'Essere di cui parlava Parmenide. I megarici ripresero lo studio della dialettica nella stessa direzione di Zenone per dimostrare la tesi dell'assoluta unità ed unicità dell'essere. 3. la scuola cirenaica (dalla città di Cirene, in Libia): i cirenaici sono convinti che tutto muti, istante per istante: il sapiente perciò non deve attaccarsi alla vita ma viverla istante per istante. A raccogliere le idee di Socrate vi è poi la scuola del suo allievo Platone, l'Accademia, che invece - al contrario di quanto fanno le tre scuole precedenti interpreta Socrate come colui che ha demolito la sofistica. dopo Socrate, i filosofi successivi valorizzeranno due aspetti della sua figura I Socrate relativista e sofista Cinici (Anticonformismo) Autore: L. Guaragna-tratto da: www.leoneg.it/archivio Megarici (Socrate + Parmenide) Cirenaici (Socrate +Eraclito) Socrate demolitore della sofistica Accademia di Platone Pagina 9 di 12 Antologia di testi 1/ Il relativismo culturale dei sofisti secolo a.C., Nei brani seguenti, tratti dai Ragionamenti doppi, un testo scritto da un anonimo sofista del si espone quello che oggi chiamiamo relativismo, cioè l'idea che non esistano punti di riferimento assoluti nel campo dei valori e che ogni popolo o individuo abbia i propri. Il titolo è dovuto al fatto che l'autore per ciascun argomento trattato (bene e male, giusto e ingiusto, ecc.) prende sempre in considerazione due ragionamenti tra di loro contrastanti. "Ragionamenti doppi intorno al bene e al male sostenuti in Grecia da coloro che si occupano di filosofia. Gli uni dicono che altro è il bene, altro è il male; altri invece, che sono la stessa cosa; la quale, per alcuni sarebbe bene, per altri, male; e per lo stesso individuo sarebbe ora bene, ora male. Quanto a me, io mi metto dal punto di vista di questi ultimi; e ne ricercherò le prove nella vita umana, le cui cure sono il mangiare, il bere e i piaceri sessuali; poiché questi soddisfacimenti per l'ammalato sono un male, ma per chi è sano e ne ha bisogno, sono un bene. Pertanto, l'abuso di essi è male per gli incontinenti, ma per chi li vende e ci guadagna, è un bene. E così la malattia per i malati è un male, ma per i medici un bene. E ancora, la morte per chi muore è un male, ma per gli impresari di pompe funebri e i becchini è un bene. E che l'agricoltura dia abbondante raccolto, è un bene per gli agricoltori, ma per i commercianti è male. Così pure, che le navi onerarie¹ si scontrino e si fracassino, per l'armatore è male, ma per i costruttori è bene. E ancora, che il ferro si corroda e si ottunda e si spezzi, è male per gli altri, ma per il fabbro è bene. E che le scarpe si logorino e si lacerino, per gli altri è male, ma per il calzolaio è bene. E così pure nelle gare ginniche e nelle musicali e belliche; per esempio nella gara lla corsa allo stadio, la vittoria è un bene per chi vince, ma per chi perde è un male." La seconda parte dello scritto prosegue nell'esporre la relatività dei valori nelle varie culture: "Presso i Macedoni si ritien bello che le fanciulle prima di sposarsi amino e si congiungano con un uomo, e dopo le nozze, brutto; presso i Greci, è brutta l'una e l'altra cosa. Presso i Traci il tatuaggio per le fanciulle è un ornamento; presso gli altri popoli invece, il tatuaggio è una pena che si impone ai colpevoli. Gli Sciti ritengono bello che uno, dopo aver ammazzato un uomo e averne scuoiata la testa, ne porti in giro la chioma posta dinanzi al cavallo, e dopo averne indorato e argentato il cranio, con esso beva e faccia libagioni agli dèi; invece presso i Greci neppure si vorrebbe entrare in casa di uno che avesse compiuto tali cose. I Massageti squartano i genitori e se li mangiano, perché pensano che l'essere sepolti nei propri figli sia la più bella sepoltura; invece se qualcuno lo facesse in Grecia, Navi da carico. Autore: L. Guaragna - tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 10 di 12 cacciato in bando morirebbe con infamia, come autore di cose turpi e terribili. I Persiani reputano bello che anche gli uomini si adornino come le donne, e si congiungano con la madre, con la figlia, con la sorella; per i Greci son cose turpi e contro legge. Presso i Lidi, che le fanciulle si sposino dopo essersi prostituite per denaro, sembra bello; presso i Greci, nessuno le vorrebbe sposare. Anche gli Egizi non s'accordan con noi su ciò che è bello; qui è ritenuto bello che siano le donne a tessere e filare la lana; lì invece gli uomini, e che le donne facciano quel che qui fanno gli uomini. Impastare l'argilla con le mani, e la farina con i piedi, lì è bello, ma per noi è tutto il contrario". La conclusione del discorso è questa: "Se si proponesse a tutti gli uomini di scegliere tra le varie leggi e li si invitasse a scegliere la migliore, ognuno, dopo aver riflettuto, sceglierebbe quella del proprio paese: tanto a ciascuno sembrano di gran lunga migliori le proprie leggi." 2/ Socrate scopritore del concetto Il brano seguente - tratto dall' Eutifrone o sulla santità, un dialogo di Platone - ci mostra Socrate come lo "scopritore del concetto", secondo la nota definizione di Aristotele. Egli infatti cerca, con l'aiuto del suo interlocutore, di arrivare alla definizione universale dell'idea di santità; non vuole singoli esempi di azioni sante, ma il concetto generale, che permetta di individuare come sante tutte le possibili azioni di questo tipo. Per comprendere il brano, si deve ricordare che nel dialogo Socrate incontra Eutifrone, che sta andando a denunciare il padre, colpevole di aver lasciato morire un suo servo, cui non ha prestato le dovute cure. Eutifrone sostiene che la pietà dovuta agli dèi gli impone di denunciare il padre (da qui il sottotitolo del dialogo: sulla santità o sulla pietà). Socrate allora gli chiede di chiarire il concetto di pietà religiosa o santità e questi risponde portando come esempio proprio ciò che sta facendo lui, accusando per riverenza agli dèi il proprio padre. Socrate replica che non vuole un esempio concreto ma la definizione generale della santità e allora Eutifronte ne fornisce la seguente: santo è "fare ciò che piace agli dèi". Tale definizione però non raggiunge, secondo Socrate, un livello di vera universalità, perché non funziona in tutti i casi: in effetti, non tiene conto del fatto che gli Dei siano tra loro in lotta e che dunque fare ciò che piace a uno di essi potrebbe scontentarne un altro. Eutifrone prova a riformulare la sua definizione sostenendo che santo è ciò che piace agli dèi. Ma anche in questo caso Socrate rifiuta la sua definizione perché gli dèi sono molti e in disaccordo tra loro: com'è possibile individuare qualcosa che piaccia a tutti? Eutifrone allora prova a dare una nuova definizione, sostendendo che santo è fare ciò che è giusto cioè prestare servizio agli dèi. Ma anche qui Socrate obietta che non è sostenibile che gli dèi, perfetti, abbiano bisogno dei servizi degli uomini. A questo punto, Eutifrone interrompe la sua conversazione con Socrate perché deve affrettarsi a compiere il suo dovere, cioè denunciare il padre. I due si salutano e non viene fornita una definizione soddisfacente di santità. Il dialogo perciò non porta ad una conclusione e per questo viene detto aporetico, cioè irrisolto. Ma la cosa più importante è che in esso emerge con chiarezza il metodo di ricerca di Socrate: il vero sapere non consiste nell'accontentarsi di indicare una o più azioni sante, ma nel cercare delle definizioni universali, cioè nel cogliere "quella tale idea del santo per cui tutte le azioni sante sono sante". E' in questo senso che Aristotele vede giustamente in Socrate lo scopritore del concetto. Nella tabella seguente si trovano le varie definizioni di santità formulate da Eutifrone nel dialogo e le Autore: L. Guaragna - tratto da: www.leoneg.it/archivio Pagina 11 di 12 obiezioni mosse ad esse da Socrate. Alcune definizioni di santità fornite da Eutifrone nel dialogo con Socrate Santo è denunciare il padre. Santo è ciò che piace agli dèi. 1. 2. 3. Per un'azione, essere santa significa anche essere giusta. Essendo dunque la santità una parte della giustizia, essere santo consiste nel rendere il giusto servizio agli dèi. EUTIFRONE - E dicevo la verità, o Socrate. EUTIFRONE - Molte altre, senza dubbio. Le obiezioni mosse da Socrate SOCRATE- Ora vedi di dirmi più chiaro quello che ti domandai poco fa: perché con quella tua prima risposta, amico mio, non mi hai istruito abbastanza. Io ti domandavo che cosa è il santo, e tu mi hai detto solamente che è santo ciò che stai facendo tu ora, accusando d'omicidio tuo padre. Questo è solo un esempio tra tanti i santità, non la sua definizione generale. Questa definizione è più astratta della precedente, ma non è efficace. Infatti, gli déi sono molti e ciascuno ha le sue preferenze. Come è possibile individuare in ciò che a loro piace il concetto di santo? EUTIFRONE - Sì, mi ricordo. Come possono gli dèi avere bisogno di un servizio da parte degli uomini, essendo loro perfetti e non bisognosi di nulla? SOCRATE - Può darsi: ma certo molte altre azioni ancora tu dici che sono sante. Inoltre Socrate fa osservare che si è tornati indietro (santo è ciò che piace agli dèi) senza fare alcun passo avanti nella discussione. Autore: L. Guaragna - tratto da: www.leoneg.it/archivio SOCRATE - Ebbene, tu ricordi che non di questo io ti pregavo, di indicarmi una due delle molte azioni che diciamo sante; bensì di farmi capire che cosa è in se stessa quella tale idea del santo per cui tutte le azioni sante sono sante. Dicevi, mi pare, che per un'idea unica le azioni non sante non sono sante, e le sante sono sante; o non ti ricordi? SOCRATE - E allora insegnami bene questa idea in sé quale è; affinché io avendola sempre davanti agli occhi e servendomene come di modello, quell'azione che le assomigli, di quante o tu o altri possiate compiere, questa io dica che è santa; quella che non le assomigli, dica che non è. Pagina 12 di 12