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Realismo, Impressionismo, Postimpressionismo

3/4/2023

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Realismo
Si sviluppa negli ultimi anni '40 dell'Ottocento; ufficialmente nel 1855, anno in cui Courbet pubblica un
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Realismo Si sviluppa negli ultimi anni '40 dell'Ottocento; ufficialmente nel 1855, anno in cui Courbet pubblica un opuscolo in cui espone in maniera programmatica ciò che aveva già dipinto. Ci sono state pitture realistiche anche in passato, inteso che, come scopo, avevano la riproduzione della realtà; altra cosa sono le opere appartenenti alla corrente del Realismo (con la R maiuscola), che nasce appunto in Francia in questo periodo. Ci sono ancora strascichi romantici che fanno da sfondo a questa corrente; industrializzazione con conseguenti migrazioni dalle campagne alla città porta alla trasformazione dei quartieri, in particolare quelli operai, economicamente, sanitariamente e socialmente degradati. Contemporaneamente nasce il Positivismo con Compte: l'uomo può conseguire la felicità con il progresso grazie alla sua scienza, allo studio scientifico oggettivo e sperimentale. Tutto ciò fa da cornice al Realismo. Gustave Courbet: Conosciuto soprattutto per essere stato il più significativo esponente del movimento realista (e accreditato anche dell'invenzione del termine stesso), Courbet fu pittore di composizioni figurative, paesaggi terreni, marini e donne; si occupò anche di problematiche sociali, prendendosi a cuore le difficili condizioni di vita e lavoro dei contadini e dei poveri. «Ho cinquant'anni ed ho sempre vissuto libero; lasciatemi finire libero la mia vita; quando sarò morto voglio che questo si dica di me: Non ha fatto parte di alcuna scuola,...

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Didascalia alternativa:

di alcuna chiesa, di alcuna istituzione, di alcuna accademia e men che meno di alcun sistema: l'unica cosa a cui è appartenuto è stata la libertà. >> Gustave Courbet I Salones parigini rifiuteranno le sue opere, che verranno esposte nel celebre Salon des Refusés (Salone dei Rifiutati), mostra organizzata nel 1863 da Napoleone III in cui espose anche Manet. Gli spaccapietre (1849): firmato, si trovava a Dresda ma è stato poi distrutto nel 1945. Rappresenta un giovane di spalle che tiene in mano un cesto di gramigna e un anziano in ginocchio che spacca le pietre. Il minatore era un lavoro che, anche nella letteratura francese, non dava margine di miglioramento, è una situazione perpetua a cui i poveri sono condannati. I protagonisti sono umili lavoratori emarginati, ma rappresentati con una forte dignità data loro dal proprio lavoro; non sono esposti a pena o pietà. Dipinge ogni dettaglio d'umiltà con minuziosità e naturalismo quasi fotografico (a Courbet piace la fotografia): pasto frugale, vestiti sgualciti, usurati ma sempre dignitosi. Figure monumentali, primeggiano nell'opera. Colori bruni, scuri e contrasti chiaroscurali; dice chiaramente di conoscere la pittura passata e contemporanea, ma di non ispirarsi ad alcuna, vuole dipingere arte viva. Funerale a Ornans (1849): paesino originario di Courbet. Raffigura un comune funerale di un anonimo uomo (ci sono veri abitanti ritratti dal vivo); la critica lo giudica negativamente, anche Delacroix lo giudica: con questo quadro avrebbe seppellito il Romanticismo. Qui non vi è alcun intento idealista, i personaggi sono fortemente realistici, fotografici (figure laterali tagliate di netto). Di fianco alla fossa c'è il memento mori, un teschio e delle ossa; anche il contrasto cromatico e chiaroscurale è tipico della fotografia. Il quadro è di dimensioni esagerate (315x618cm) e raffigura la quotidianità con la stessa dignità di soggetti considerati importanti; figure alla stregua di un fregio antico. I soggetti umili spaventano: i borghesi capivano il potenziale sovversivo che avrebbe potuto provocare, dà tanta dignità a chi non ce l'ha (Courbet era socialista, partecipa alla Comune di Parigi). Paesaggio scarno, spoglio che chiude l'orizzonte; cielo cupo e terroso. Impressionismo Si sviluppa in Francia; i massimi esponenti sono Monet, Manet, Renoir, Degas e Pissarro. La prima mostra impressionista è del 1874, l'ultima del 1886: questo è solamente il periodo ufficiale, alcuni quadri impressionisti vengono realizzati sia prima che dopo ('60-'90, ma anche fino a inizio '900). In particolare, la prima mostra impressionista, del 1874, si svolse nello studio fotografico parigino di Nadar, mentre questo era a Londra; gli artisti si presentano qui come "Societé Anonyme". Furono molto criticati, nei Salones parigini erano esposti in alto, lontani dalla portata dei visitatori. Raccolgono vari elementi da scuole passate: dalla Scuola di Barbizon riprendono la pittura en-plein-air, l'amore per la natura, la luce riflessa nell'acqua con personale interpretazione (la natura non è più pura e incontaminata, ci sono anche luoghi industrializzati come i paesaggi urbanistici francesi); si discostano invece dal Realismo di Courbet, la pittura impressionista non vuole denunciare, crede fermamente nel progresso e ha carattere borghese. Date le committenze borghesi, che vivevano ormai in piccoli appartamenti, i quadri divengono più piccoli per adattarsi alle dimensioni limitate delle pareti. Si sviluppa un nuovo rapporto tra la luce e i colori, soprattutto questi ultimi vengono studiati e vengono utilizzati soprattutto i colori complementari. Vi sono svariate novità in campo tecnico: le tele sono già pronte e anche i colori a olio già pronti nei tubetti, di modo da poter dipingere catturando l'attimo sfuggente e ineffabile, cosa che, preparando prima gli attrezzi, era più facile e veloce. La pittura impressionista può essere definita come una pittura di tocco, quasi limitata allo stato di abbozzo. Édouard Manet: Non espose mai con gli impressionisti, volendo provare a rivoluzionare l'arte dall'interno, cercando di far riconoscere ufficialmente la propria arte. La critica fu molto feroce nei suoi confronti. Viene da una famiglia borghese francese; studia i capolavori veneti del '500 conservati a Louvre, poi viaggia in Italia, dove studia il tonalismo cromatico veneto di Giorgione e Tiziano, oltre che in Olanda e in Spagna, dove conosce l'arte di Velazquez e Goya. Ritratto di Zola (1868): come una dichiarazione artistica: Manet mostra tutte le sue fonti d'ispirazione. Zola era un grande amico di Manet, tanto che lo difese dalla critica. Nel ritratto lo scrittore naturalista apre un libro, nella stanza vi è un quadro raffigurante un samurai (riferimento alle celebri stampe giapponesi che circolavano in quegli anni), un'opera di Manet e / Bevitori di Velazquez. Altri elementi orientali è il paravento con la rondine e la porcellana. Abbonda l'uso del nero, un non-colore evitato a morte dagli impressionisti, ma difeso da Manet in "Il nero è un colore". La figura è piatta, la stesura rapida, come un abbozzo. Manet si definisce realista, ma manca l'oggettività di Courbet, che lascia spazio alla resa dell'attimo percepito fugacemente. Da lontano l'opera sembra effettivamente realistica, ma avvicinandosi le pennellate sintetiche divengono sempre più evidenti. Colazione sull'erba (1862-1863): le donne dovevano essere sempre accompagnate, ai tempi, nelle uscite. Manet inviò quest'opera, attorno al 1862-1863, ai Salones parigini, da cui fu rifiutata. Per le proteste degli artisti, Napoleone III dovette istituire il Salon de Refuses Vennero invece accettati quadri di artisti semi- sconosciuti e dal tratto più tradizionale. Due uomini borghesi vestiti alla moda del tempo sono accompagnati da delle donne nude, cosa considerata indecorosa e disdicevole. L'artista prese spunto da 2 quadri (uno di Raimondi, l'altro di Tiziano), ma in quel caso la nudità era accettabile poiché legata a un contesto mitologico, mentre qui si tratta di persone comuni. Altro motivo di critica fu la tecnica pittorica impiegata: sintesi, colori stesi a macchie con pennellate veloci e unione di diversi soggetti pittorici che assumono qui la medesima importanza (figure umane, natura morta e paesaggio). Olympia (1863): opera scandalosa poiché la protagonista è una prostituta molto celebre nella Parigi dell'epoca. La sua attività è testimoniata dalla nudità, dai gioielli e dal fiore che porta tra i capelli. Sta invitando il cliente (ovvero l'osservatore) a unirsi a lei; il gatto ci vede e si spaventa, non conoscendoci. La serva nera ha in mano i fiori che abbiamo donato alla donna, in quanto suoi clienti. La citazione alle veneri tizianesche è evidente, ma lo scandalo risiede nel fatto che Olympia è una donna esistente; le lenzuola sono pure disfatte, a indicare un rapporto da poco concluso. La resa del corpo è priva volume, piatta, come nella enere nascente di Cabanel. Il colore è steso con macchie grossolane e nette, che conferiscono all'opera un carattere bozzettistico (cosa evidente nei fiori del bouquet, semplici macchie di colori puri accostate tra loro); mancano le linee guida, i contorni, i mezzi toni. La serva è nera, oltre che per ragioni storiche, anche per dare sfoggio di bravura, poiché gli incarnati scuri venivano considerati più complicati da dipingere; inoltre, si crea un forte contrasto con la veste bianca, che spicca fortemente. Claude Monet: Può essere considerato il pittore impressionista per antonomasia; fedele ai paesaggi soprattutto, ricerca la resa della percezione istantanea, studiando la luce riflessa e varie tecniche coloristiche. La Grenouillère (1869): era un luogo di ritrovo lungo la Senna, una sorta di spiaggia dove i giovani si recavano d'estate per trascorrere le giornate tra lo svago. Vediamo infatti molti contatti tra le persone: alcuni ragazzi fanno il bagno, altri si trovano su una barchetta e altri al coperto sotto il portico galleggiante. Grazie alle pennellate spezzate, rapide e brevi e l'uso di colori luminosi vi è un effetto di solarità piena, totalizzante e smagliante. Le ombre non sono scure ma caratterizzate da varie tonalità e sfumature di colori. Monet riesce a rendere bene l'idea del movimento dell'acqua grazie a colori complementari posti orizzontalmente. Il soggetto verrà riproposto anche da Renoir Impressione, sole nascente (1872): il titolo viene dato inizialmente, in senso dispregiativo, durante la prima mostra del 1874, ma viene poi adottato dall'intero movimento impressionista; il dipinto raffigura il porto della città di Monet, è l'alba e c'è la nebbia, che si unisce allo smog di un paese industrializzato. I due pescatori si stanno allontanando sulla barchetta per andare a lavorare di prima mattina. Monet vuole rappresentare non la realtà esterna, ma ciò che il suo occhio vede; è la luce della natura il vero soggetto del quadro, una luce azzurra e livida che tende a diventare rosa. La serie sulla cattedrale di Rouen: soggetti ripetuti in serie in momenti diversi della giornata, ogni quadro ha lo stesso soggetto. La luce influenza il colore, dandoci percezioni diverse dello stesso soggetto. Pierre-Auguste Renoir: È l'esponente della fase felice dell'impressionismo; tende a rappresentare la felicità nell'attimo fugace in cui essa si presenta. Molto amico di Monet, rappresenta anche dei quadri raffiguranti lo stesso soggetto, come la Grenouillère, l'isolotto di ritrovo sulle rive della Senna. Ballo del Moulin de la Galette (1876): dipinto esposto alla terza mostra impressionista, è considerato il manifesto dell'Impressionismo, assieme a Impressione di Monet. Rappresenta un luogo di ritrovo parigino nato dalla ristrutturazione di un mulino, un luogo di svago (Renoir vi abitava davanti) nella zona di Mon Matre, in cui il pittore si reca ogni giorno per rendere al meglio l'eterogeneità degli avventori. Sono presenti tagli obliqui (resi tramite le panchine): si coglie il carattere istantaneo, fotografico, usando anche linee spezzate e divergenti tipiche del giapponismo; vi è il decentramento caratteristico della fotografia, riprende le stampe giapponesi che arrivano in occidente in questo periodo. Da ciò la forte sintesi, il forte essenzialismo e l'uso dei colori brillanti. Infatti, vi è un vero e proprio rifiuto del bianco e del nero, si usano solamente colori complementari con pennellate filamentose. La luce filtra dagli alberi, generati dal colore. Anche le ombre sono colorate, e la donna in controluce appare comunque luminosa. Renoir si cimentò anche nella raffigurazione di donne nude all'aperto, tra il '75 e il '76, dipingendo ritratti criticati per la resa delle ombre, blu e verdognole, che ai contemporanei sembrano quasi lividi. Edgar Degas: Ama dipingere al chiuso, in atelier, usando campiture di colore, ma anche il bianco e il nero, tutte caratteristiche atipiche per un impressionista. Il disegno, assolutamente non accademico, non scompare e assume un carattere spezzato. Degas usa una prospettiva impressionista sui generis: impressionisti sono i tagli fotografici dei dipinti per l'istantaneità della visione, la penetrazione psicologica e la drammaticità. Era figlio di un banchiere napoletano emigrato in Francia. Viaggia in Italia e si forma guardando a Mantegna e Veronese. Non mancano gli elementi realisti. L'assenzio (1875-76): prende il titolo dalla bevanda verde alla menta e all'anice alcolica che era molto diffusa tra i poveri di fine '800, poiché poco costosa, poi ritirata in quanto allucinogena e nociva, detta per le sue caratteristiche la "fata verde". Ci troviamo in un Cafè, precisamente il Nouvelle Athene, luogo di ritrovo degli impressionisti; raffigura la triste e mesta serata di due persone, con una forte atmosfera affranta. Vi è un doppio taglio prospettico e la donna si trova al centro. I due personaggi non si conoscono, non sono insieme e rappresentano l'altro lato di Parigi, nascosto: c'è una forte vacuità e solitudine, entrambi hanno sguardi mesti, sembrano ubriachi, come assorti in un mondo tutto loro. Lui sembra un clochard, ha un incarnato ceruleo con abiti sgualciti, mentre lei veste i panni da prostituta povera, da strada (merletto appariscente), non come Olympia, ha una postura rassegnata, abbandonata alla vita e dalla vita. C'è l'idea dell'incomunicabilità, si percepisce l'estraneità tra i personaggi nonostante siano molto vicini. Il tavolino è vuoto, così come la bottiglia; i tavolini sembrano poi sospesi, fluttuanti, elemento che accentua ulteriormente lo straniamento, un effetto che ricalca le allucinazioni da Assenzio. sullo specchio, poi, più che i riflessi dei due, sembrano proiettarsi le loro ombre, dando un effetto claustrofobico opposto a quello dato dagli specchi di Manet, vitali e pieni di colori, come ne il Bar delle Folie- Bergeres. I due personaggi erano due attori, una modella e un incisore amico di Degas, non dei veri poveri seduti al bar; riescono comunque al meglio a esprimere il concetto di alienazione in cui sono posti dal proprio stato interiore. L'osservatore sembra immerso nella scena, ma come se la stesse osservando attraverso una serratura. Il quadro venne presentato alla seconda mostra impressionista. Per tematiche e resa, l'opera ricorda la celebre opera di Edward Hopper, I falchi della notte, rappresentazione della solitudine caratteristica del boom economico americano degli anni '60. La lezione di danza (1871-74): Degas dipinge ciò che gli è rimasto impresso nella memoria, ritenendo superfluo ciò che non ricorda. pittore dipinge uno spaccato assolutamente realistico, ogni ballerina sta facendo qualcosa di diverso e sono colte in un momento di quotidianità come se fossero spiate dal buco della serratura. Il maestro di ballo era un vero maestro giapponese; dal giapponismo riprende la prospettiva (impennata dei punti di fuga, sia in alto che in basso per far piombare lo spettatore nell'opera), i tagli obliqui e la stesura piatta del colore. Post-impressionismo Seurat: Si definiva neoimpressionista, e lo stesso dicevano i critici a lui contemporanei, ma venne descritto come post-impressionista dagli studiosi, vedendo in lui una cesura col movimento. Una domenica pomeriggio all'isola della Grande-Jatte, (1886): È l'opera spartiacque nella storia dell'arte impressionista: venne presentata all'ultima mostra del movimento, accompagnandone la conclusione. Inaugura il post-impressionismo, cioè l'insieme dei movimenti successivi che traggono ispirazione dall'impressionismo, segnandone il superamento. Gli elementi impressionisti, tuttavia, sono molteplici. Innanzitutto, è impressionista il soggetto, ovvero la borghesia parigina che trascorre ore liete su un'isola della Senna (i proletari stavano sulla riva opposta, quella di Amiens), nella zona verde di una città industrializzata (ciminiere sullo sfondo e imbarcazioni a vapore accanto alle barche a vela, più tradizionali). Riconosciamo che si tratta della borghesia dai vestiti e dagli accessori; come animali da passeggio vediamo anche delle scimmiette al guinzaglio (sinonimo di esotismo). Il pittore usa svariati bozzetti preparatori, cosa lontana dall'istantaneità della resa impressionista, che si limitava ai bozzetti (realizzò addirittura una prima versione completa dell'opera), mentre l'accostamento dei colori complementari è tipicamente impressionista. Neoimpressionista è l'uso di una tela molto grande, non adatta alla pittura en-plein-air (realizza sul luogo solo i bozzetti) e impiega due anni per dipingerla; le figure hanno regolarità geometrica, ripresa della regolarizzazione del dato naturale tipica di Piero della Francesca, da cui riprende anche l'uso totalizzante della luce. Il pittore usa una base scientifica per la resa del colore: il chimico francese Chevreul, che lavora nelle colorerie di tessuti, nel 1839 teorizza alcune ipotesi riguardo la teoria del colore e la sua percezione, impiegando il cerchio simultaneo dei colori e la luce spezzata. Seurat si basa su questi studi, da cui ricava due criteri, mentre il terzo deriva dalle ricerche di La Route: 1) scomposizione e ricomposizione retinica, cioè applica i colori scomposti e la retina li vede come un solo colore (per esempio, il verde sembra essere applicato normalmente, ma si tratta in realtà di tanti puntini gialli e blu accostati); 2) contrasto simultaneo, ovvero l'accostamento di colori complementari per generare una piena e totale luminosità; 3) diverse gradazioni di colore accostate per ottenere una luminosità piena, solare, quasi accecante (anche le ombre sono colorate). In sintesi, in Seurat c'è un rigore scientifico del tutto estraneo agli impressionisti. Usa poi la tecnica del puntinismo, forse di ispirazione musiva. Alcuni pensano che si tratti di critica ai vezzi della borghesia, una parodia degli stessi (pescatrice, in francese, si dice come peccatrice, e vi è una donna che pesca, cosa riservata agli uomini); altri invece vi vedono il messaggio opposto (celebrazione dell'emancipazione femminile). La composizione è divisa in tre zone: il prato in ombra, il prato illuminato, la Senna con la riva dell'Amiens sullo sfondo. Paul Gauguin: Paul Gauguin diviene pittore tardi, prima era un impiegato alla dogana di Francia e dipingeva solo per diletto; a un certo punto perde il lavoro a causa della crisi economica e la moglie, una donna danese, lo lascia per tornare in Danimarca, quindi Paul inizia a dipingere a tempo pieno. L'artista nasce in Perù da una famiglia francese e presto torna in Francia con i genitori; è un pittore girovago, viaggia per tutto il territorio francese, poi si reca ai Caraibi e infine in Polinesia (viaggio importantissimo nella sua vita). In Francia, precisamente in Bretagna, conosce Vincent Van Gogh, divenendone amico e dipingendo con lui, fino a una violentissima lite per una prostituta, che culmina con l'automutilazione dell'orecchio sinistro da parte di Van Gogh, che lo inviò poi alla prostituta coinvolta. Si narra poi che, alla domanda "Come lo dipingi il mare?", Gauguin rispondesse "Tu come lo vedi? Nello stesso modo dipingilo": insomma, Gaugin segna un superamento del realismo e dei suoi obiettivi, tendendo piuttosto alla soggettività e alla rappresentazione degli stati d'animo, storpiando la realtà e la natura. Inoltre, il soggetto immagine decentrato favorisce l'ingresso dello spettatore nel quadro. Arte spirituale, simbolica, essenziale: rappresenta il pensiero filosofico, che diventa arte, molto intellettuale e cerebrale (differentemente da Van Gogh); simbolica in termini di colori in senso anti- naturalista; essenziale per il sintetismo, la semplificazione formale (influenza del giapponismo, della cultura egizia, della pittura a smalti medievale). In questo senso si comprende l'avversione del pittore per la tridimensionalità, percepita come un'illusione, un inganno che distrae dall'essenza del reale. Preferisce, dunque, la bidimensionalità resa con contorni netti. Anche le vetrate delle cattedrali gotiche sono esemplari: le figure sono alveoli di ferro dal contorno spesso, riempiti di colori a smalto stesi in modo uniforme (cloisonnisme). Giapponismo: moda che si diffonde dalla metà dell'800 in Europa grazie all'arrivodi oggetti orientali e di stampe di Hiroshige e Hokusai, caratterizzate da un'estrema capacità di sintesi, che restituisce i concetti fondamentali, tralasciando quelli superflui. la resa è bidimensionale e il colore steso per campiture delimitate da contorni netti e scuri, come evidente nell'Onda di Hokusai. Cristo giallo (1889): Gauguin era in Bretagna quando ha realizzato il soggetto in più versioni. Sullo sfondo c'è la campagna bretone, in primavera è tutta gialla per il grano e ci sono delle donne con costumi bretoni. È un Cristo medievale realmente esistente in Bretagna, sulle cui strade si trovavano crocifissi che lui riprende. Gauguin attualizza la crocifissione, con 3 donne bretoni che pregano ai piedi di Cristo al posto di Maria, Maddalena e San Giovanni, rinnovando il tema tipico della crocifissione con la loro religiosità. Cristo ha la pelle gialla: l'eucarestia è il pane fatto con il grano, dunque il colore si carica anche di simbolismo. Pittura bidimensionale, contorni netti, campiture di colore, forme semplici e negazione della tridimensionalità. Gauguin si reca in Polinesia dove si ammala di cuore e di sifilide. È sofferente e solo a causa della quarantena, tanto che tenta il suicidio, invano, anche a causa dell'improvvisa morte della figlia. Proprio in questo periodo di forte dolore dipinge il suo capolavoro, un vero e proprio testamento filosofico e artistico. O ALLONE, Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (1897-98): Vi sono numerosi personaggi, tutti in posizioni diverse. L'opera è ambientata a Tahiti, la più grande delle isole della Polinesia francese, nell'Oceano Pacifico, qui dipinta come una sorta di Eden tropicale, incorrotto poiché non ancora civilizzato. Esso è rappresentato con un contrasto di blu e giallo fatto di rami e alberi dalle forme curve, dando un senso di serenità e armonia a tutta la composizione. Proprio a Tahiti Gauguin ha vissuto per quasi dieci anni. E molte delle sue opere sono state ispirate da questi paesaggi esotici. I corpi nell'opera come in altre dello stesso genere sono solidi e sensuali (come le figurine primitive) e i colori molto intensi e accesi, ispirati a questi luoghi esotici. Come altri dipinti di Gauguin anche questo racconta una storia: il ciclo della vita. E lo si intuisce già dal titolo composto da alcune delle più grandi domande esistenziali, le cui risposte sembrano srotolarsi davanti all'osservatore come in un Vangelo. L'opera si legge da destra verso sinistra (come in oriente) e le figure rappresentano ognuna un diverso stadio della vita. Il ciclo inizia in basso a destra con un bambino che dorme e finisce sulla sinistra con una donna anziana accompagnata da un uccello. Il bambino che dorme è il punto di inizio della rappresentazione, il primo stadio del ciclo della vita. Il bimbo è circondato da un gruppo di tre donne e rappresenta la felicità originaria dell'uomo, uno stato di serenità primitiva e infantile irrecuperabile e destinato a lasciare spazio alla sofferenza. Al centro dell'opera due figure vengono esaltate. Una di queste è una donna seduta di spalle che sembra mettersi la mano fra i capelli mentre ascolta con attenzione. Attira la nostra di attenzione perché è seduta di spalle e la sua schiena è illuminata dalla luce dal colore chiaro che Gauguin ha scelto di applicare sulla sua tela per rappresentare la sua pelle. L'altra figura è un giovane in piedi per raccogliere della frutta, che riempie in altezza tutta la composizione. Potrebbe essere simbolo dei piaceri della giovinezza, il momento, appunto, centrale della nostra vita, il più rigoglioso e ricco di frutti. Come le altre figure anche questa ha i contorni neri e il colore della pelle di un giallo oro intenso che contrasta con lo sfondo blu/verde della scena. In basso alla sua sinistra v'è un'altra ragazza seduta e pensierosa, con in mano uno dei frutti. Sta mangiando un mango ed è circondata da due gatti bianchi. Probabilmente è la protagonista della seconda parte dell'opera che viene identificata con la seconda domanda del titolo ("Chi siamo?"). La ragazza infatti sembra pensierosa, e anche i colori della sua figura sono più chiari e in alcune parti più vicini al marrone e non al giallo del giovane alla sua destra in piedi. La presenza di sculture e divinità di Tahiti nelle opere di Gauguin di questo periodo è molto diffusa. Un esempio è l'opera Mata Mua. La divinità rappresentata in questo caso però è differente e presente solo in un'altra opera di Gauguin (Il Giorno di Dio del 1894). Si tratta di un idolo raffigurante la divinità del mondo ultraterreno, intagliata e dipinta di blu. Gauguin durante il suo periodo a Tahiti rimane sconvolto dalla distruzione dell'arte sacra nativa da parte dei missionari cristiani e per questo inserisce spesso delle figure divine locali nelle sue opere. Queste incarnano, infatti, una bellezza pura e originaria, priva degli artifici estetici delle civiltà occidentali (esempio di primitivismo). Seduta all'estrema sinistra dell'opera a concludere il ciclo c'è una donna anziana con la pelle più scura. Vicino a lei una giovane donna bella e sensuale. La donna anziana è accovacciata quasi come se stesse uscendo dall'opera. Sta forse aspettando la fine della sua vita. E accanto a lei un uccello bianco a simboleggiare quel momento sconosciuto a tutti noi del passaggio dalla vita alla morte ("Dove andiamo?", domanda senza risposta). Primitivismo: recupero delle civiltà primitive e della loro religiosità, oltre che della loro espressione artistica ed estetica. Si recuperano elementi delle civiltà egee, egizie e aborigene. Si usano figure bidimensionali, simboliche, dunque più vere e genuine Vincent Van Gogh: Olandese, muore suicida a 39 anni (forse per sbaglio); inizia a dipingere tardi, in soli 10 anni produce circa 3000 quadri. Attraversa almeno due fasi artistiche: una fase olandese, cioè la maniera scura, e una fase francese con una pittura molto più luminosa, accesa. Prima voleva fare il pastore religioso protestante, ma non riesce a diplomarsi in teologia; professa illegalmente e agita alcuni minatori con prediche sovversive (ha sempre avuto a cuore i poveri) venendo infine cacciato dai padroni della cava. In Olanda realizza circa due dipinti al giorno. I mangiatori di patate (1885): opera emblematica della maniera scura, in cui viene sottolineata la vicinanza ai poveri. L'ambiente è povero, manca di oggetti e i vestiti dei personaggi sono sgualciti. Stanno mangiando un pasto frugale dopo una lunga giornata di lavoro: un lavoro deformante, che plasma i corpi tramite la fatica. La loro carnagione appare quasi bruciata e la luce è fioca, poiché stanno mangiando molto tardi. Van Gogh riprende la tradizione olandese del '600 basata sul chiaroscuro. La pennellata è dura e deformante. 20 Si trasferisce a Parigi per vivere dal fratello Theo, gallerista con cui tiene sempre una fitta corrispondenza: qui conosce i colori complementari e la luce degli impressionisti, elementi che rielaborerà. Usa sempre una pittura dura, una pennellata che sembra scavare nel colore, plastica e deformante, vorticosa (mette il colore con una spatola, a volte direttamente col tubetto e con le mani). La sua è una pittura soggettiva e inquietante, in cui egli riversa se stesso e i suoi problemi. Si sposta nel sud, più precisamente ad Arles, nel 1888, per raggiungere Gauguin, da cui ricava il simbolismo, il soggettivismo e il sintetismo. La stanza di Arles (1888): è un periodo felice e sereno, come emerge dalle lettere al fratello. Si tratta di un luogo in cui rifugiarsi, un vero e proprio nido sicuro per l'artista, che lo immortala in più versione dell'opera. Contorni netti e spessi (ripresi dall'amico Gauguin) e spazio sintetico grazie a linee verticali e orizzontali. Stanza vuota, non ci sono persone (sintesi): gli oggetti simboleggiano la sua persona. La composizione presenta un'incongruenza prospettica, ci sono diversi riferimenti (cosa evidente nella sedia) e crea un effetto anomalo e disorientante; pittura soggettiva. Il periodo felice si chiude quando litiga con Gauguin a causa dell'amore per una prostituta, si taglia un orecchio e si fa ricoverare in una clinica psichiatrica. La notte stellata (luglio 1889): momento precedente all'alba, lui la vede dalla finestra del manicomio e la dipinge; il cipresso è un soggetto ricorrente nelle sue opere, le stelle sembrano fuochi, il cielo è turbolento, vorticoso, sembra un mare in tempesta (il paesaggio è sereno ma il suo stato d'animo non lo è e lo riversa nell'opera). Il cielo è mosso da una forza cosmica agitata, che s'irradia dalle stelle fiammeggianti; anche il cipresso appare nella sua sagoma come un fuoco agitato dal vento. La pennellata è deformante, vi è sintetismo, semplificazione delle forme unita al giapponismo dei tagli obliqui tipici. Realizza vari autoritratti: non c'è narcisismo, è un tentativo di indagine interiore, di autoconoscenza, Vincent vuole conoscere la propria interiorità e la propria inquietudine. Ne realizza svariati; la pennellata è dura e spesso ricorrono stilemi cromatici tipici delle sue opere. Differenza tra Gauguin e Van Gogh: la prima è una pittura pensata, ponderata, intellettuale; la seconda è istintiva, presenta una natura che è animata, come se vi fosse un demone che si agita nelle cose. Campo di grano (1890): è una delle ultime opere; rappresenta un campo francese, ma assomiglia all'Olanda. Ci sono tre strade (simbolismo), rappresenta l'angoscia della scelta (Kierkegaard), l'autore non sa che direzione prendere per la propria vita. Il cielo è plumbeo, scuro, incombente in modo minaccioso sul campo: sta arrivando la tempesta. Gli uccelli, ridotti a delle "v", scappano come per un infausto presagio. Il dipinto è diviso orizzontalmente in due parti, con colori intensi, carichi di luce, accostati in modo complementare ma innaturale. La tavolozza è ridotta al minimo. Paul Cézanne: Nasce nel sud della Francia nella seconda metà dell'800 da una ricca famiglia che lo mantiene, non ha quindi bisogno di seguire dei canoni per vendere i suoi quadri, può dipingere come preferisce. Partecipa alle mostre impressioniste del '74 e del '77. La casa dell'impiccato (1872): soggetto ancora impressionista, ma manca la presenza umana. Vi è una grande solitudine e l'occhio fatica a muoversi nell'opera per l'attitudine a formalizzare le forme geometrizzandole (differentemente dagli altri impressionisti). La prospettiva sembra ribaltata verso lo spettatore, non c'è un punto di fuga preciso. La natura è statica, ma manca la fugacità luminosa impressionista, è immobile e solida. Presentato alla mostra impressionista del '74, in cui venne molto criticato. Viene criticato, poi partecipa alla mostra del '77. Era amico di Zola, ma litigano a causa di un'opera dello scrittore che parla di un pittore fallito, che sembra far riferimento proprio a Cézanne. Si ritira a vita privata in un paesino di pescatori a sud, in solitudine, e si dedica a numerose nature morte; ne parla in uno scritto esplicativo, in cui cerca di individuare nella realtà complessa che ci circonda le forme geometriche basilari come fondamento. Usa le prospettive multiple, in un'unica visuale coesistono più punti di vista: ogni oggetto ha una prospettiva a sé incongruente con quelle degli altri oggetti presenti. Così si vede ogni elemento, anche quelli altrimenti nascosti. Anche il contorno è multiplo, accentuando l'idea delle diverse prospettive. Salto di qualità: si passa dall'impressione alla percezione; vi è un superamento, rielaborazione della realtà dopo la sensazione. Il quadro si svincola dalla realtà in una semplificazione formale. Monte Sainte-Victoire: rappresenta varie volte una montagna che vede dalla finestra di casa sua, era un simbolo iconico del luogo. Usa colori accostati, blu e verde sia nel prato che nel cielo (diverso dalla realtà tangibile, gli elementi si mescolano). Il quadro è fatto di armonie ed equilibri cromatici e geometrici, non realistici. La realtà è semplificata via via, usa tratti verticali e orizzontali per realizzare i campi e la natura; spariscono i disegni definiti ma pittura con tratti di colori; sono ridotti a figure, volumi e solidi. Rimane solo l'essenza del paesaggio. Quello in figura è del 1904- 1906. Grandi bagnanti (1906): tema del nudo all'aperto con aspetti di primitivismo che riprende da Gauguin; gli uomini sono fusi alla natura con un rimando a sculture africane. Per lo sfondo riprende Manet, ma con alberi che inquadrano il paesaggio. Usa contorni netti, a differenza dell'impressionismo; disegno pietrificato, massivo, architettonico. Nuvole e aria come masse colorate. Edvard Munch: Vive nella seconda metà dell'800, nasce a Oslo e vaga per Parigi e Berlino. Ha una vita difficile, muoiono sia la mamma che la sorella dopo una lunga malattia, perciò la sua vita è colpita da importanti lutti femminili, da cui sviluppa un rapporto conflittuale con le donne e il sesso. La donna è vista come la femme fatale, caratterizzata però da una funzione di salvezza affascinante, accompagnata però anche da perdizione e tormento (esempio Donna vampiro o il Bacio (1897), un bacio che avvolge ma stritola nello stesso tempo, condannando alla sofferenza). Madonna (1895): blasfemia, donna nuda con spermatozoi che le girano intorno, sulla cornice; c'è un feto in un utero esterno al corpo, a sinistra. È nuda, ma in modo inquietante: ha l'aspetto decadente di un fantasma reso con linee ondulate. Ripropose lo stesso soggetto più volte e in diverse modalità. L'urlo (1893): tema del disagio esistenziale, vengono realizzate 4 diverse versioni. È autobiografico, sullo sfondo vediamo un paesaggio norvegesi e due persone distanti (due amici durante una passeggiata); egli si stacca dal gruppo, mette le mani sulle orecchie e grida: disagio logorante, non sente altro che la sua angoscia. Il volto è scarnificato, scheletrico, il corpo è consunto (prende spunto da una mummia peruviana o dalla pittura longobarda). L'urlo avviene attraverso il colore, con colori stridenti, impattanti: rosso come il pericolo, blu e nero per il disagio. Colore espressivo e simbolico. Pubertà (1894): disagio della pubertà: la maturità sessuale spaventa la piccola (forse la sorella del pittore), incombendo su di lei in un'ombra scura. La fanciulla ha gli occhi sgranati, davanti a un corpo che cambia e non riconosce più.