La Crisi del Dopoguerra e l'Ascesa del Fascismo in Italia
La crisi del dopoguerra in Italia si manifestò con particolare intensità nel periodo immediatamente successivo alla Prima Guerra Mondiale. Il paese si trovò ad affrontare una situazione estremamente complessa, caratterizzata da profondi sconvolgimenti sociali ed economici. Gli ex militari, al loro ritorno dal fronte, si trovarono in una condizione drammatica: le industrie non riuscivano ad assorbirli e molte aziende, che durante la guerra avevano assunto donne, procedettero a licenziamenti di massa.
Definizione: Il Biennio Rosso 1919−1920 fu un periodo di intense agitazioni sociali caratterizzato da scioperi, occupazioni delle fabbriche e rivendicazioni operaie che misero l'Italia sull'orlo di una rivoluzione.
La società italiana si polarizzò in due gruppi principali: da una parte i soldati frustrati e arrabbiati che trovarono sfogo nei movimenti di protesta, successivamente confluiti nelle Camicie Nere; dall'altra gli operai e i contadini che, delusi dalle promesse non mantenute, si orientarono verso una propaganda politica di stampo rivoluzionario, ispirata agli eventi della Russia. Nel 1921, questa divisione si accentuò ulteriormente con la nascita del Partito Comunista d'Italia, guidato da Gramsci e Togliatti.
In questo contesto emerse la figura di Benito Mussolini, ex socialista che fondò i Fasci Italiani di Combattimento nel 1919. La Dichiarazione di San Sepolcro delineò un programma politico apparentemente progressista che includeva il suffragio universale, l'abolizione del Senato, la formazione di Consigli nazionali e varie riforme sociali. Mussolini riuscì a catalizzare il malcontento popolare presentandosi come leader di un nazionalismo di sinistra, capace di interpretare le aspirazioni degli italiani delusi.