La crisi della Repubblica romana rappresentò un periodo cruciale di trasformazione politica e sociale nell'antica Roma.
La società romana del II secolo a.C. era profondamente divisa tra patrizi e plebei, con crescenti tensioni sociali. I fratelli Gracchi, Tiberio e Caio, tentarono di attuare importanti riforme agrarie per redistribuire le terre pubbliche (ager publicus) ai cittadini più poveri. Le riforme dei Gracchi miravano a limitare l'accumulo di terre nelle mani dei grandi proprietari terrieri e a garantire appezzamenti ai contadini-soldati. Tuttavia, queste riforme incontrarono una forte opposizione da parte del Senato e della classe degli optimates, portando all'assassinio di entrambi i fratelli.
Un ruolo fondamentale in questo periodo fu svolto dagli equites, la classe dei cavalieri, che costituiva un ceto intermedio tra patrizi e plebei. Gli equites erano originariamente membri della cavalleria romana, ma nel tempo divennero una potente classe sociale dedita agli affari e al commercio. La loro crescente influenza economica li pose spesso in contrasto con i senatori tradizionali. La crisi si aggravò con l'emergere di figure come Mario e Silla, che utilizzarono l'esercito come strumento di potere personale, minando le istituzioni repubblicane. Le guerre civili che ne seguirono portarono alla fine della Repubblica e all'instaurazione dell'Impero. Le cause principali della crisi della Repubblica romana furono molteplici: la corruzione della classe dirigente, l'ineguale distribuzione della ricchezza, le tensioni sociali tra le diverse classi e l'incapacità delle istituzioni tradizionali di adattarsi ai cambiamenti di una Roma ormai divenuta potenza mediterranea.