La poesia italiana del Novecento trova in Salvatore Quasimodo e Giuseppe Ungaretti due delle voci più significative dell'Ermetismo.
Salvatore Quasimodo, nato a Modica nel 1901, rappresenta una delle figure più emblematiche della letteratura italiana del XX secolo. La sua raccolta "Acque e terre" del 1930 segna l'inizio del suo percorso poetico, caratterizzato da una profonda riflessione sulla solitudine e sul rapporto tra l'uomo e la natura. Tra le opere più importanti di Quasimodo spicca "L'eucalyptus", una poesia che racchiude i temi centrali della sua poetica: il legame con la terra siciliana, la memoria dell'infanzia e la ricerca di un significato esistenziale. Durante il periodo del fascismo, Quasimodo mantenne una posizione di distacco, concentrandosi sulla sua ricerca poetica introspettiva.
La poetica di Quasimodo si intreccia con quella di Giuseppe Ungaretti, altro maestro dell'ermetismo italiano. Le opere di Ungaretti si distinguono per l'essenzialità del linguaggio e la profondità dei temi trattati. La sua poetica e pensiero si sviluppano attraverso raccolte fondamentali che esplorano l'esperienza della guerra, il dolore umano e la ricerca di significato nell'esistenza. Entrambi i poeti hanno contribuito a rinnovare il linguaggio poetico italiano, creando uno stile caratterizzato dalla densità semantica e dalla ricerca della parola essenziale. Le loro opere continuano a essere studiate e analizzate nelle scuole, rappresentando un punto di riferimento fondamentale per comprendere l'evoluzione della poesia italiana del Novecento.