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Primo levi, se questo è un uomo

13/2/2023

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710 TRACKER DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI CAPITOLO 8 Primo Levi Le testimonianze del Lager A lungo Primo Levi fu considerato solo come un nobile testimone della realtà dei Lager nazisti. Più recentemente, soprattutto dopo la sua morte, l'at- tenzione e il lavoro di indagine della critica han- no messo in luce uno scrittore di ben più ampia portata e di eccezionale qualità letteraria, dalla statura di un classico. Certo Se questo è un uomo e La tregua sono documenti preziosi di testimonianza di una delle pagine più terribili della storia, il genocidio degli ebrei nei campi di sterminio. Testimonianza sempre pacata, equilibrata, senza cedimenti emo- tivi all'odio e al rancore o all'enfasi retorica, e proprio per questo straordinariamente incisiva. Ma i due libri scaturiti da quella esperienza sono anche capolavori letterari. In primo luogo sono studi di impareggiabile acutezza, è il caso di dir- lo, "scientifica" sulle leggi che governano una particolare comunità come quella concentrazio- naria, indagini sul comportamento umano in condizioni del tutto fuori del comune e durissi- me; al tempo stesso offrono una galleria di per- sonaggi indimenticabili, ritratti con penetrazione umana e curiosità per ambienti sociali, mentalità e costumi di popoli diversi, e, nella Tregua, anche con sottile humour. A questo clima si collega Se non ora, quando?, il romanzo che narra la lotta disperata di un gruppo di partigiani ebrei contro l'esercito tedesco in riti- rata per le steppe russe...

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e ucraine: lotta alla ricerca di un'occasione unica di riscatto da secoli di perse- cuzioni, di pregiudizi e di emarginazione, ma più ancora riscatto dalle recenti persecuzioni naziste. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C © Pearson Italia S.p.A. I racconti Nelle raccolte di racconti Storie naturali e Vizio di forma Levi mette a frutto la sintesi fra le due culture, quella scientifico-industriale e quella umanistica, che sono alla base della sua forma- zione. Come afferma in L'altrui mestiere, <<Quan- do un lettore si stupisce del fatto che io chimico abbia scelto la via dello scrivere, mi sento auto- rizzato a rispondergli che scrivo proprio perché sono un chimico: il mio vecchio mestiere si è lar- gamente trasfuso nel nuovo». In questi testi por- ta alla luce i pericoli insiti negli usi sconsiderati delle scienze e nello sviluppo tecnologico perse- guito in modo irresponsabile. Lo fa nelle forme apparentemente lievi e paradossali del "diverti- mento", pervaso di ironia, a volte usando moduli narrativi vicini a quelli della fantascienza; ma in realtà raggiunge livelli critici estremamente profondi nei confronti della realtà esistente, e sa cogliere quasi profeticamente i segni premo- nitori di un futuro inquietante (che corrisponde al nostro presente attuale). Nel Sistema perio- dico e in La chiave a stella, poi, riesce a dare un quadro egualmente vivido e approfondito della realtà del lavoro e dell'industria moderna, inserita in precise coordinate storiche. A conferire a Primo Levi la statura di classico contribuisce il rigore della scrittura, limpida, pre- cisa, sempre misurata, ma al tempo stesso ricca di registri diversi e di sfumature, come conferma anche l'esperimento della Chiave a stella, dove viene riprodotto il linguaggio colloquiale dell'o- peraio narratore, in cui si scorge in trasparenza il dialetto. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. anteprima 712 Gli studi e la laurea in Chimica La partecipazione alla Resistenza e la deportazione L'esperienza del Lager Q 1 La vita Nato a Torino nel 1919, frequentò il liceo classico D'Azeglio, dove avevano insegnato illu- stri professori antifascisti, come Augusto Monti, e per un breve periodo ebbe come sup- plente il giovane Pavese. Si laureò poi in Chimica nel 1941, ma i suoi interessi erano mol- teplici e grazie a voraci letture si formò una vasta cultura anche in campo letterario. Una volta laureato, cominciò a lavorare nell'industria chimica. Dopo l'armistizio dell'8 settem- bre 1943, che segnò la dissoluzione dell'esercito italiano e gettò il paese nel caos, lasciando campo libero all'occupazione tedesca della penisola, entrò nelle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà, che sulle montagne combattevano contro l'esercito germanico e i fa- scisti della Repubblica di Salò. In seguito a una delazione, nel dicembre la banda partigiana appena formatasi fu catturata dalle milizie fasciste e Levi, in quanto ebreo, fu inviato al campo di raccolta di Fossoli, in Emilia, dove convergevano gli ebrei catturati in Italia, e poi deportato nel Lager di Auschwitz, nella Polonia occupata dai tedeschi. Grazie al fisico giovane, alla forza d'animo, al sostegno di pochi amici deportati con lui, e grazie anche a una serie di fortunate coincidenze, riuscì a scampare alle condizioni disumane della prigio- nia, alla fame, al freddo, alle malattie, ai maltrattamenti, alle selezioni periodiche dei pri- gionieri, che venivano mandati alle camere a gas e ai forni crematori. Un'opportunità gli fu offerta dalle sue competenze di laureato in chimica: grazie ad esse fu tolto dai lavori più massacranti della costruzione di uno stabilimento di gomma sintetica e trasferito nei labo- Frequenta il liceo D'Azeglio di Torino; ha come supplente di italiano Cesare Pavese Nasce a Torino 1919 1925 Mussolini proclama la dittatura fascista in Italia Entra nella Resistenza. A dicembre è catturato dalle milizie fasciste Periodo giovanile 1934 1938 In Italia vengono emanate le leggi razziali Si laurea in Chimica a Torino 1939 1941 Inizia la Seconda DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI guerra mondiale A febbraio è deportato nel Lager di Auschwitz un uomo Se questo è È assunto come chimico nella fabbrica di vernici presso Torino dove resterà fino alla pensione A gennaio viene liberato dai russi. A ottobre fa ritorno in Italia La deportazione 1943 1944 1945 Fine della Seconda guerra mondiale e nascita della Repubblica italiana 1947 1948 Proclamazione dello Stato di Israele Caduta del fascismo e armistizio dell'Italia con gli Alleati. Costituzione della Repubblica di Salò e inizio della guerra partigiana G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 Primo Levi alla vita normale Il difficile ritorno I prigionieri italiani però non furono subito rimpatriati, poiché la guerra in Italia era ancora in corso. Ricominciò così un periodo di permanenza in un campo di raccolta degli ex prigio- nieri gestito dai russi, a Katowice, sempre in Polonia, in condizioni però meno dure. Solo quando il conflitto fu concluso, a maggio, cominciò l'interminabile odissea del ritorno. Dopo un altro periodo di internamento in Bielorussia nei mesi estivi, a metà settembre gli ex prigionieri, con altri internati, partirono in treno, su vagoni merci, per un viaggio durato trentacinque giorni attraverso vari paesi europei (Ucraina, Romania, Ungheria, Austria, Germania) e arrivarono a Verona a metà ottobre: un'esperienza che Levi raccontò in un al- tro suo libro importante, La tregua. Ritornato a Torino, Levi riprese la vita che era stata spezzata dall'anno di Auschwitz e dall'interminabile peregrinazione del ritorno, ma era profondamente segnato da quell'esperienza. Esercitò la professione di chimico in una fab- brica di vernici, dedicandosi parallelamente alla letteratura. Morì suicida nel 1987: forse le ferite lasciate nell'animo dalla prigionia erano un peso insopportabile. → La tregua 1961 1963 ratori, dove poté trovare condizioni più vivibili. Nel gennaio 1945, all'avvicinarsi dell'Arma- ta Rossa sovietica che avanzava da est respingendo l'esercito tedesco, il campo fu evacuato e gran parte dei prigionieri morì durante le lunghe marce di trasferimento in condizioni du- rissime. Lo scrittore, che aveva contratto la scarlattina, era rimasto con tutti gli altri malati nell'infermeria del Lager. E lì si trovava quando arrivarono i primi soldati russi, che libera- rono i pochi superstiti. Viene eretto il muro di Berlino Storie naturali 1966 Vizio di forma Tra chimica e letteratura Il sistema periodico 1968 1971 1975 Contestazione giovanile Tensioni sociali e attentati terroristici in Italia La chiave a stella 1978 Lilit e altri racconti Se non ora, quando? 1981 1982 Invasione del Libano da parte di Israele. Massacri nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila Ad ora incerta 713 L'altrui mestiere 1984 1985 In URSS il presidente Gorbačiov avvia le riforme democratiche I sommersi e i salvati Muore suicida a Torino 1986 1987 G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. INCONTRO CON L'OPERA La volontà di denunciare la barbarie nazista 2 Se questo è un uomo La genesi dell'opera Il libro d'esordio di Primo Levi, Se questo è un uomo (1947), che ha goduto di un'immensa diffusione, è il resoconto dell'esperienza nel Lager nazista. Fu scritto all'indomani del ritor- no in patria, sotto l'impulso della volontà di far conoscere la spaventosa realtà dei campi di sterminio, quindi in nome di un'esigenza morale e civile insieme, nella speranza che la denuncia potesse impedire il ripetersi dell'orrore. È un'opera che si colloca nel filone docu- mentario che fu ricco in quegli anni di "scoperta" della realtà, ma si stacca con eccezionale rilievo dallo sfondo del clima neorealistico, assurgendo alla statura di un vero e proprio classico. Il libro è una testimonianza sulla barbarie estrema dell'universo concentraziona- rio, sulla sua crudeltà non solo fisica, ma anche morale, che mirava prima di tutto a distrug- gere la sostanza umana stessa del deportato, secondo un disegno programmato con scien- tifica organizzazione da un regime mostruoso. Le condizioni di vita nel Lager delle condizioni disumane dei prigionieri La descrizione I vari capitoli illustrano in modo esaustivo tutti gli aspetti della vita del Lager: il siste- ma complicatissimo di regole vessatorie, la cui trasgressione comporta pene atroci; le gerar- chie interne, con le funzioni dei capi delle baracche e dei Kapò, detenuti anch'essi, in genere criminali comuni, ma in vari casi deportati ebrei che pur di ottenere privilegi e comodità si prestano a opprimere i loro stessi confratelli; le crudeltà e le violenze esercitate da questi in- dividui ignobili; la fame continua, ossessiva, che spinge a cercare a ogni costo e con qualun- que mezzo del cibo; il sistema economico che si instaura nel campo, dove la moneta più cor- rente per gli scambi è la scarsissima razione di pane o la zuppa acquosa di patate, rape o ca- voli; il lavoro pesantissimo e sfibrante, al gelo estremo dell'inverno del Nord Europa, con addosso solo gli indumenti di tela a righe, sotto la pioggia, la neve, nel fango, una fatica af- frontata con l'estrema debolezza fisica procurata dalla denutrizione; le continue umiliazio- ni, per cui in ogni occasione i prigionieri sono costretti a girare nudi, scherniti dai capi. Lo scherno supremo è la scritta che campeggia sulla porta di ingresso del Lager, Arbeit macht frei, "Il lavoro rende liberi". E questi detenuti sono ancora fortunati, perché la scarsità di braccia dovuta alla guerra co- stringe il regime nazista a utilizzare gli ebrei e gli altri prigionieri (oppositori politici, rom, omosessuali) come lavoratori-schiavi, mentre in nome della cosiddetta "soluzione finale" erano destinati allo sterminio totale. Difatti gli uomini e le donne che risultano più deboli, insieme con i bambini, sono eliminati subito dopo l'ingresso nel Lager; poi vengono com- piute periodicamente delle altre selezioni, in cui i prigionieri debilitati e i malati, non più Gli incubi ricorrenti sfruttabili per il lavoro, sono mandati a morire nelle camere a gas. Dopo una lunga giorna- ta di fatica, interrotta solo dalla distribuzione della zuppa, questi esseri umani ridotti a lar- G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C © Pearson Italia S.p.A. La continua minaccia della morte Capitolo 8 Primo Levi I «salvati» e i «sommersi>> La disumanizzazione dei prigionieri e le forze dell'uomo dell'umanità La perdita Una vita del genere sopprime ogni forma di umanità: il detenuto dimentica ogni legge morale e civile, anche se era persona colta e raffinata; è disposto a tutto, ai gesti più igno- bili, pur di procurarsi i mezzi per sopravvivere. Non esistono più solidarietà, pietà, rispetto. Solo pochissimi riescono ancora a conservare la loro umanità originaria, come l'amico fra- terno di Primo, Alberto, o come il "Pikolo" a cui lo scrittore cerca di spiegare il canto dan- tesco di Ulisse, in un episodio famoso (> T4, p. 725). In questo sistema selvaggio e primitivo solo alcuni pochi, i più forti, i più abili, i più decisi o quelli del tutto privi di scrupoli, riesco- no a sopravvivere: sono i «salvati», e taluni, con le loro arti, riescono persino a ottenere condizioni di privilegio e di prestigio: i «<prominenti», come vengono chiamati nel campo; gli altri, i deboli, gli inetti, quelli che non si sanno adattare al sistema, sono destinati alla morte, e sono la larga maggioranza: sono i «sommersi»>. Levi precisa che dei seicento ebrei circa, partiti con lui dal campo di raccolta di Fossoli in vagoni piombati, solo tre riuscirono a sopravvivere. Lo scrittore traccia i ritratti di alcuni rappresentanti delle due categorie, con una penetrazione e una precisione di linee straordinarie. Il riaffiorare dell'umanità nelle ultime pagine ve e a scheletri piombano in un sonno devastato da incubi, nelle loro cuccette dove dormo- no in due in settanta centimetri di larghezza. In un incubo ricorrente i prigionieri sognano, dopo essere tornati a casa, di raccontare a parenti e amici queste sofferenze indicibili, e di non essere creduti, di trovare solo indifferenza e disattenzione; in un altro incubo fre- quente compaiono invece cibi invitanti, di cui il dormiente percepisce con allucinante con- cretezza i profumi, i colori, i sapori. L'ultimo capitolo è dedicato ai dieci giorni trascorsi fra l'evacuazione del campo, effettuata per l'avvicinarsi dell'Armata Rossa, e l'arrivo dei soldati russi. I malati, tra cui Levi stesso, sono stati abbandonati nell'infermeria del Lager, senza cibo, acqua, medicine, riscaldamento, 1 TORINO Nasce nel 1919 a Torino, dove frequenta il liceo classico D'Azeglio e si laurea in Chimica nel 1941. Torino 2 AUSCHWITZ Deportato nel Lager di Auschwitz nel febbraio 1944, vi rimane fino al gennaio del 1945. 715 Katowice Auschwitz 4 TORINO Rientra finalmente a Torino nell'ottobre del 1945. Qui inizia a lavorare come chimico in una fabbrica di vernici, dove resterà fino alla pensione e di cui diventerà direttore generale. Muore suicida nella sua casa torinese nel 1987. 3 KATOWICE Dopo la liberazione dal Lager, è internato per alcuni mesi in Polonia in un campo di raccolta di ex prigionieri gestito dai russi. i luoghi e la vita G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. 716 Il rigore conoscitivo La scrittura di Levi La lucidità Ciò che conferisce forza alla rappresentazione data da Levi dell'universo concentrazionario è della scrittura l'assenza di emotività e di retorica, unita alla sobrietà e alla limpidezza della scrittura, che SNODI storia AUDIOLETTURA 5 DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI 10 luce. Un numero altissimo di essi muore, nella devastazione del campo, tra la sporcizia estrema e le feci disseminate ovunque dai malati di dissenteria. Solo Levi e pochi compagni della sua baracca riescono a sopravvivere, dimostrando una forza d'animo ma anche di in- gegno eccezionale, nel procurarsi alimenti e legna per riscaldarsi. Queste ultime pagine so- no molto belle, per l'immagine che offrono delle risorse impensabili di cui l'uomo dispo- ne nelle avversità, della solidarietà umana ritrovata dopo la disumanizzazione del Lager, ma anche per la tensione creata con estrema sapienza narrativa. riesce a fissare un quadro di orrore indicibile in linee ferme ed essenziali. Se questo è un uomo non è solo un libro di memorie, un documento, ma è anche uno studio acutissimo, si potreb- be dire scientifico e antropolog sulle leggi che regolano quella società fuori del comune che è il Lager. La rievocazione è quindi sorretta da un estremo rigore conoscitivo, che giun- ge in certo qual modo a fornire un riscatto intellettuale di ciò che sarebbe mostruoso e intol- lerabile. La chiarezza "scientifica" dello sguardo, che porta ordine nel caos della realtà, sarà poi una prerogativa costante dello scrittore. Oltre alla lucidità conoscitiva, l'opera rivela an- che, nel rilievo con cui si delineano figure ed eventi, una grande felicità narrativa. L'arrivo nel Lager da Se questo è un uomo, cap. II Il ventiquattrenne Primo Levi, partigiano sulle montagne valdostane, fu catturato dalla milizia fa- scista il 13 dicembre 1943. Come ebreo, fu interna- to nel campo di Fossoli, nel Modenese, poi insieme ad altri seicento ebrei italiani fu caricato su un convoglio di merci pio dopo un via durato più giorni, in condizioni spaventose, senza mangiare né bere, giunse al campo di concentra- mento di Auschwitz, in Polonia. Qui i deportati, scesi dal treno, furono privati dei bagagli e di tutti i loro averi. Gli uomini furono separati dalle donne e dai bambini, poi caricati su dei camion. temi chiave > la condizione materiale dei deportati > l'annientamento psicologico > il sadismo degli aguzzini > l'istinto di sopravvivenza degli esseri umani Il viaggio non durò che una ventina di minuti. Poi l'autocarro si è fermato, e si è vista una grande porta, e sopra una scritta vivamente illuminata (il suo ricordo ancora mi percuote nei sogni): ARBEIT MACHT FREI, il lavoro rende liberi. Siamo scesi, ci hanno fatti entrare in una camera vasta e nuda, debolmente riscaldata. Che sete abbiamo! Il debole fruscio dell'acqua nei radiatori ci rende feroci: sono quattro giorni che non beviamo. Eppure c'è un rubinetto: sopra un cartello, che dice che è proibito bere perché l'acqua è inquinata. Sciocchezze, a me pare ovvio che il cartello è una beffa, «<essi>> sanno che noi moriamo di sete, e ci mettono in una camera, e c'è un rubinetto, e Wasser- trinken verboten'. Io bevo, e incito i compagni a farlo; ma devo sputare, l'acqua è tiepida e dolciastra, ha odore di palude². Questo è l'inferno. Oggi, ai nostri giorni, l'inferno deve essere così, una camera grande e vuota, e noi stanchi stare in piedi, e c'è un rubinetto che gocciola e l'acqua non si può bere, e noi aspettiamo qualcosa di certamente terribile e non succede niente e continua a non 1. Wassertrinken verboten: proibito bere acqua. 2. odore di palude: odore di acqua stagnante, putrida. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C © Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 | Primo Levi 15 20 717 succedere niente. Come pensare? Non si può più pensare, è come essere già morti. Qualcu- no si siede per terra. Il tempo passa goccia a goccia. Non siamo morti; la porta si è aperta ed è entrata una SS³, sta fumando. Ci guarda senza fretta, chiede: - Wer kann Deutsch? - Si fa avanti uno fra noi che non ho mai visto, si chia- ma Flesch; sarà lui il nostro interprete. La SS fa un lungo discorso pacato: l'interprete tra- duce. Bisogna mettersi in fila per cinque, a intervalli di due metri fra uomo e uomo; poi bi- sogna spogliarsi e fare un fagotto degli abiti in un certo modo, gli indumenti di lana da una parte e tutto il resto dall'altra, togliersi le scarpe ma far molta attenzione di non farcele ru- bare. Rubare da chi? perché ci dovrebbero rubare le scarpe? e i nostri documenti, il poco che ab- biamo in tasca, gli orologi? Tutti guardiamo l'interprete, e l'interprete interrogò il tedesco, e 25 il tedesco fumava e lo guardò da parte a parte come se fosse stato trasparente, come se nes- suno avesse parlato. [...] Poi viene un altro tedesco, e dice di mettere le scarpe in un certo angolo, e noi le mettiamo, perché ormai è finito e ci sentiamo fuori del mondo e l'unica cosa è obbedire. Viene uno con la scopa e scopa via tutte le scarpe, via fuori dalla porta in un mucchio. È matto, le me- 30 scola tutte, novantasei paia, poi saranno spaiate. La porta dà all'esterno, entra un vento ge- lido e noi siamo nudi e ci copriamo il ventre con le braccia. Il vento sbatte e richiude la por- ta; il tedesco la riapre, e sta a vedere con aria assorta come ci contorciamo per ripararci dal vento uno dietro l'altro; poi se ne va e la richiude. 40 Adesso è il secondo atto. Entrano con violenza quattro con rasoi, pennelli e tosatrici, hanno 35 pantaloni e giacche a righe, un numero cucito sul petto; forse sono della specie di quegli al- tri di stasera (stasera o ieri sera?); ma questi sono robusti e floridi5. Noi facciamo molte do- mande, loro invece ci agguantano e in un momento ci troviamo rasi e tosati. Che facce gof- fe abbiamo senza capelli! I quattro parlano una lingua che non sembra di questo mondo, certo non è tede- sco, io un poco il tedesco lo capisco. 3. SS: sono le iniziali di Schutzstaffeln, "squadre di sicurezza", la milizia nazista inquadrata nell'esercito, famosa per fero- cia e spietatezza. 4. Wer ... Deutsch?: chi sa parlare tedesco? 5. della specie... floridi: una volta scesi dal treno, i deportati avevano già incontra- to un gruppo di prigionieri; i quattro che entrano ora sono detenuti anch'essi, ma godono di un trattamento migliore, perché collaborano e si prestano a vari servizi, quindi appaiono meno magri. L'ingresso principale del campo di concentramento di Auschwitz con la scritta Arbeit macht frei, "il lavoro rende liberi". G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. 718 45 Finalmente si apre un'altra porta: eccoci tutti chiusi, nudi tosati e in piedi, coi piedi nell'ac- qua, è una sala di docce. Siamo soli, a poco a poco lo stupore si scioglie e parliamo, e tutti domandano e nessuno risponde. Se siamo nudi in una sala di docce, vuol dire che faremo la doccia. Se faremo la doccia, è perché non ci ammazzano ancora. E allora perché ci fanno stare in piedi, e non ci dànno da bere, e nessuno ci spiega niente, e non abbiamo né scarpe né vestiti ma siamo tutti nudi coi piedi nell'acqua, e fa freddo ed è cinque giorni che viag- giamo e non possiamo neppure sederci. E le nostre donne? 50 L'ingegner Levi mi chiede se penso che anche le nostre donne siano così come noi in que- sto momento, e dove sono, e se le potremo rivedere. Io rispondo che sì, perché lui è sposato e ha una bambina; certo le rivedremo. Ma ormai la mia idea è che tutto questo è una gran- de macchina per ridere di noi e vilipenderci, e poi è chiaro che ci uccidono, chi crede di vi- vere è pazzo, vuol dire che ci è cascato, io no, io ho capito che presto sarà finita, forse in 55 questa stessa. mera, quando si saranno annoiati di vederci nudi, ballare da un piede all'al- tro e provare ogni tanto a sederci sul pavimento, ma ci sono tre dita d'acqua fredda e non ci possiamo sedere. Andiamo in su e in giù senza costrutto, e parliamo, ciascuno parla con tutti gli altri, questo fa molto chiasso. Si apre la porta, entra un tedesco, è il maresciallo di prima; 60 parla breve, l'interprete traduce. - Il maresciallo dice che dovete fare silenzio, perché questa non è una scuola rabbinica -. Si vedono le parole non sue, le parole cattive, tor- cergli la bocca uscendo, come se sputasse un boccone disgustoso. Lo preghiamo di chiedergli che cosa aspettiamo, quanto tempo ancora staremo qui, delle nostre donne, tutto: ma lui dice di no, che non vuol chiedere. Questo Flesch, che si adatta molto a malincuore a tradurre in italiano frasi tedesche piene di gelo, e rifiuta di volgere in te- desco le nostre domande perché sa che è inutile, è un ebreo tedesco sulla cinquantina, che porta in viso la grossa cicatrice di una ferita riportata combattendo contro gli italia- ni sul Piave". È un uomo chiuso e taciturno, per il quale provo un istintivo rispetto per- ché sento che ha cominciato a soffrire prima di noi. 65 DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI 70 Il tedesco se ne va, e noi adesso stiamo zitti, quantunque ci vergogniamo un poco di sta- re zitti. Era ancora notte, ci chiedevamo se mai sarebbe venuto il giorno. [...] Alla campana, si è sentito il campo buio ridestarsi. Improvvisamente l'acqua è scaturita bollente dalle docce, cinque minuti di beatitudine; ma subito dopo irrompono quattro (for- se sono i barbieri) che, bagnati e fumanti, ci cacciano con urla e spintoni nella camera atti- 75 gua, che è gelida; qui altra gente urlante ci butta addosso non so che stracci, e ci schiaccia in mano un paio di scarpacce a suola di legno, non abbiamo tempo di comprendere e già ci troviamo all'aperto, sulla neve azzurra e gelida dell'alba, e, scalzi e nudi, con tutto il corre- do in mano, dobbiamo correre fino ad un'altra baracca, a un centinaio di metri. Qui ci è concesso di vestirci. 80 Quando abbiamo finito, ciascuno è rimasto nel suo angolo, e non abbiamo osato levare gli occhi l'uno sull'altro. Non c'è ove specchiarsi, ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso in cento visi lividi, in cento pupazzi miserabili e sordidi. Eccoci trasformati nei fantasmi intra- visti ieri sera?. 85 Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprime- re questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione 6. combattendo ... Piave: nella Prima guerra mondiale. 7. fantasmi ... sera: all'arrivo avevano vi- sto un gruppo di detenuti (> nota 5) avanza- re in fila, «<con un curioso passo impaccia- to, il capo spenzolato in avanti e le braccia rigide», come degli automi. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C © Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 | Primo Levi umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capi- rebbero. Ci toglieranno anche il nome³: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la 90 forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, ri- manga. Noi sappiamo che in questo difficilmente saremo compresi, ed è bene che così sia. Ma con- sideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle più piccole nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il più umile mendicante possiede: un faz- 95 zoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati, nel nostro mondo, ché subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre. 100 105 719 1 analisi del testo La sofferenza fisica e psicologica Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso più for- tunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine <<Campo di annientamento», e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo. 8. toglieranno... nome: in effetti non saranno più designati con il loro nome, ma con un numero che è stato loro tatuato sul polso. L'annientamento della persona P. Levi, Opere complete, Einaudi, Torino 2016 L'UOMO RIDOTTO A NULLA Nella descrizione dell'impatto dei deportati con la realtà ancora sconosciuta del Lager spicca innanzitutto la loro sofferenza fisica: la fame, la sete, il freddo, la fatica, le percosse. Ma al- trettanto e forse più dolorosa è la sofferenza psicologica che viene loro inflitta: la nudità, la tosatura dei capelli che stravolge l'aspetto e toglie ogni dignità, la privazione di ogni mi- nimo oggetto personale, le attese snervanti di ore e ore senza sapere di che cosa, senza che nessuno si degni di rispondere alle domande, il timore di una probabile prossima morte. È una tecnica deliberatamente, abilmente studiata per annientare la persona, la sua umani- tà, per ridurre l'uomo a meno che un bruto, a un nulla. Come osserva il narratore, colui a cui viene tolto tutto quanto possiede «sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, di- mentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perde- re se stesso»> (rr. 100-102). UNA ABERRANTE IDEOLOGIA È significativo il contegno del tedesco che alla domanda dell'interprete lo guarda <<come se fos- se stato trasparente, come se nessuno avesse parlato» (rr. 25-26). Per l'aberrante ideologia nazi- sta un ebreo non è un uomo, è un essere a cui è consentito infliggere qualunque tormento, qualunque umiliazione, persino la morte, perché per lui non valgono le leggi consuete G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. 720 Il sadismo degli aguzzini Un cieco istinto di sopravvivenza La capacità di analisi dell'umanità. Infatti gli aguzzini sadicamente si divertono a osservare le sofferenze inflitte, come l'ss che sta a guardare i prigionieri nudi che si contorcono per il vento gelido, anzi riapre la porta proprio per prolungare la scena. LA DEGRADAZIONE UMANA I prigionieri si meravigliano all'udire l'avvertimento di non farsi rubare le loro cose, non capi- scono chi potrebbe compiere un gesto simile: non sanno ancora a che punto di degradazione la vita del campo può ridurre l'uomo. Le condizioni disumane annullano ogni senso di so- lidarietà, per cui ciascuno pensa solo a sé, spinto da un cieco istinto di sopravvivenza, che lo induce a ricorrere a ogni mezzo pur di procurarsi il poco che gli consenta di vivere, anche a danno degli altri. Ne sono un esempio i detenuti che si prestano a collaborare con gli aguzzini e a compiere certi servizi, comportandosi con i nuovi arrivati con brutalità pur di godere di pic- coli privilegi, come un po' più di cibo. esercitare le competenze COMPRENDERE E ANALIZZARE 1. Comprensione Come vengono descritti nel bra- no i tedeschi con cui hanno a che fare i deportati? Trac- ciane sinteticamente un profilo. TESTI UNO STUDIO SCIENTIFICO Questo passo esemplifica perfettamente le caratteristiche del libro che abbiamo delineato nell'introduzione. Come si può constatare, il quadro dell'orrore è tracciato da Primo Levi con straordinaria lucidità e ferma pacatezza, senza enfasi o sbavature emotive del discorso. Pur rievocando atroci esperienze vissute, lo scrittore conserva la capacità di analisi dell'uomo di scienza, che sa studiare con precisione l'oggetto, anche se dietro a ogni parola si coglie l'indi- gnazione morale e la dolente partecipazione umana a tante sofferenze. La denuncia acquista così una forza che nessuna deprecazione retorica avrebbe potuto raggiungere. 2. Comprensione Alla riga 89, l'autore dichiara «Ci toglieranno anche il nome»: che cosa rappresenta il <<nome»> nel suo discorso? DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI 3. Lingua Rintraccia tutti i passaggi in cui, fuori dal discorso diretto, l'autore ricorre a frasi esclamative e in- terrogative. Qual è la loro funzione espressiva? 4. Stile In due punti del testo l'autore ricorre ad un'a- nafora (> Glossario) piuttosto insistente. Individuali e spiega che cosa intende esprimere attraverso l'uso dil questa figura retorica. APPROFONDIRE E INTERPRETARE 5. Scrittura In un testo di 10 righe (600 caratteri cir- ca) commenta e spiega il senso della seguente affer- mazione, apparentemente paradossale, di Levi: «Noi sappiamo che in questo difficilmente saremo compre- si, ed è bene che così sia» (r. 92). Zero Diciotto: l'uomo 2 ridotto a un numero da Se questo è un uomo, cap. IV SNODI storia G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 Primo Levi 3 I sommersi e i salvati da Se questo è un uomo, cap. IX Il passo ricostruisce i meccanismi della lotta per la sopravviven- za che regolano il Lager. Levi afferma che fra gli uomini esistono due categorie ben distinte: i «sommersi» e i «salvati», quelli che nella lotta si perdono e quelli che sopravvivono. La distinzione è ben evidente nel campo. SNODI storia AUDIOLETTURA 20 Qui la lotta per la sopravvivenza è senza remissione, perché ognuno è disperatamente fe- rocemente solo. Se un qualunque Null Achtzehn¹ vacilla, non troverà chi gli porga una mano; bensì qualcuno che lo abbatterà a lato, perché nessuno ha interesse a che un «<<mus- sulmano»>² si trascini ogni giorno al lavoro, e se qualcuno, con un miracolo di selvaggia 5 pazienza e astuzia, troverà una nuova combinazione per defilarsi dal lavoro più duro, una nuova arte che gli frutti qualche grammo di pane, cercherà di tenerne segreto il modo, e di questo sarà stimato e rispettato, e ne trarrà un suo esclusivo personale giovamento; diven- terà più forte, e perciò sarà temuto, e chi è temuto è, ipso facto³, un candidato a sopravvi- vere. 10 Nella storia e nella vita pare talvolta di discernere una legge feroce, che suona «<a chi ha, sarà dato; a chi non ha, a quello sarà tolto»". Nel Lager, dove l'uomo è solo e la lotta per la vita si riduce al suo meccanismo primordiale, la legge iniqua è apertamente in vigore, è ri- conosciuta da tutti. Con gli adatti, con gli individui forti e astuti, i capi stessi mantengono volentieri contatti, talora quasi camerateschi, perché sperano di poterne trarre forse più 15 tardi qualche utilità. Ma ai mussulmani, agli uomini in dissolvimento, non vale la pena di rivolgere la parola, perché già si sa che si lamenterebbero, e racconterebbero quello che mangiavano a casa loro. Tanto meno vale la pena di farsene degli amici, perché non han- no in campo conoscenze illustri, non mangiano niente extrarazione, non lavorano in Kommandos5 vantaggiosi e non conoscono nessun modo segreto di organizzare. E infi- ne, si sa che sono qui di passaggio, e fra qualche settimana non ne rimarrà che un pugno di cenere in qualche campo non lontano, e su un registro un numero di matricola spunta- to. Benché inglobati e trascinati senza requie dalla folla innumerevole dei loro consimili, essi soffrono e si trascinano in una opaca intima solitudine, e in solitudine muoiono o scompaiono, senza lasciar traccia nella memoria di nessuno. 721 1. Null Achtzehn: Zero Diciotto (> T2, p. 720). 2. <<mussulmano»>: <«<Con tale termine, "Muselmann", ignoro per quale ragione, i vecchi del campo designano i deboli, gli inet- ti, i votati alla selezione» (nota dell'autore). temi chiave > le leggi del campo > la lotta per la sopravvivenza > il razzismo 25 [...] Soccombere è la cosa più semplice: basta eseguire tutti gli ordini che si ricevono, non mangiare che la razione, attenersi alla disciplina del lavoro e del campo. L'esperienza ha dimostrato che solo eccezionalmente si può in questo modo durare più di tre mesi. Tutti i mussulmani che vanno in gas hanno la stessa storia, o, per meglio dire, non hanno storia; hanno seguito il pendio fino al fondo, naturalmente, come i ruscelli che vanno al mare. 30 Entrati in campo, per loro essenziale incapacità, o per sventura, o per qualche banale inci- dente, sono stati sopraffatti prima di aver potuto adeguarsi; sono battuti sul tempo, non cominciano a imparare il tedesco e a discernere qualcosa nell'infernale groviglio di leggi e 3. ipso facto: per questo stesso fatto. 4.«<a chi... tolto»: la frase costituisce un'allusione ad una massima evangelica (Matteo 13, 12). 5. Kommandos: squadre di lavoro. 6. organizzare: nel gergo del Lager il ter- mine indica gli espedienti per trovare cibo od oggetti utili. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. 722 35 40 45 50 55 di divieti, che quando il loro corpo è già in sfacelo, e nulla li potrebbe più salvare dalla se- lezione o dalla morte per deperimento. La loro vita è breve ma il loro numero è stermina- to; sono loro, i Muselmänner, i sommersi, il nerbo del campo; loro, la massa anonima, continuamente rinnovata e sempre identica, dei non-uomini che marciano e faticano in silenzio, spenta in loro la scintilla divina', già troppo vuoti per soffrire veramente. Si esita a chiamarli vivi: si esita a chiamar morte la loro morte, davanti a cui essi non temono per- ché sono troppo stanchi per comprenderla. Essi popolano la mia memoria della loro presenza, e se potessi racchiudere in una imma- gine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa immagine, che mi è familiare: un uo- mo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto non si possa leggere traccia di pensiero. Se i sommersi non hanno storia, e una sola e ampia è la via della perdizione, le vie della salvazione sono invece molte, aspre e impensate. La via maestra, come abbiamo accennato, è la Prominenza. «Prominenten» si chiamano i funzionari del campo, a partire dal direttore-Häftling (Lagerältester) ai Kapos', ai cuo- chi, agli infermieri, alle guardie notturne, fino agli scopini delle baracche e agli Scheis- sminister e Bademeister (sovraintendenti alle latrine e alle docce). Più specialmente inte- ressano qui i prominenti ebrei, poiché, mentre gli altri venivano investiti degli incarichi automaticamente, al loro ingresso in campo, in virtù della loro supremazia naturale¹⁰, gli ebrei dovevano intrigare e lottare duramente per ottenerli. I prominenti ebrei costituiscono un triste e notevole fenomeno umano. In loro convergono le sofferenze presenti, passate e ataviche, e la tradizione e l'educazione di ostilità verso lo straniero, per farne mostri di asocialità e di insensibilità. Essi sono il tipico prodotto della struttura del Lager tedesco: si offra ad alcuni individui in stato di schiavitù una posizione privilegiata, un certo agio e una buona probabilità di so- pravvivere, esigendo in cambio il tradimento della naturale solidarietà coi loro compagni, e certamente vi sarà chi accetterà. Costui sarà sottratto alla legge comune, e diverrà intan- 60 gibile, sarà perciò tanto più odioso e odiato, quanto maggior potere gli sarà stato concesso. Quando gli venga affidato il comando di un manipolo di sventurati, con diritto di vita e di morte su di essi, sarà crudele e tirannico, perché capirà che se non lo fosse abbastanza, un altro, giudicato più idoneo, subentrerebbe al suo posto. Inoltre avverrà che la sua capacità di odio, rimasta inappagata nella direzione degli oppressori, si riverserà, irragionevolmen- 65 te, sugli oppressi: ed egli si troverà soddisfatto quando avrà scaricato sui suoi sottoposti l'offesa ricevuta dall'alto. 75 DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI Ci rendiamo conto che tutto questo è lontano dal quadro che ci si usa fare, degli oppressi che si uniscono, se non nel resistere, almeno nel sopportare. Non escludiamo che ciò pos- sa avvenire quando l'oppressione non superi un certo limite, o quando l'oppressore, per 70 inesperienza o per magnanimità, lo tolleri o lo favorisca. Ma constatiamo che ai nostri giorni, in tutti i paesi in cui un popolo straniero ha posto piede da invasore, si è stabilita una analoga situazione di rivalità e di odio fra gli assoggettati; e ciò, come molti altri fatti umani, si è potuto cogliere in Lager con particolare cruda evidenza. Sui prominenti non ebrei c'è meno da dire, benché fossero di gran lunga i più numerosi (nessuno Häftling «<ariano» era privo di una carica, sia pure modesta). Che siano stati stoli- 7. spenta... divina: l'anima posta in essi da Dio, che fa sì che siano uomini. 8. Häftling: detenuto, in tedesco. 9. Kapos: i capi delle squadre di lavoro, scelti fra i detenuti stessi. 10. supremazia naturale: secondo le teo- rie razziste del nazismo, i non ebrei, gli "ariani", appartenevano a una razza supe- riore rispetto agli ebrei. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 | Primo Levi di e bestiali è naturale, a chi pensa che per lo più erano criminali comuni, scelti dalle carce- ri tedesche in vista appunto del oro impiego come sovraintendenti nei campi per ebrei [...]. Ma oltre ai funzionari propriamente detti, vi è una vasta categoria di prigionieri che, non fa- voriti inizialmente dal destino, lottavano con le sole loro forze per sopravvivere. Bisogna ri- 80 salire la corrente, dare battaglia ogni giorno e ogni ora alla fatica, alla fame, al freddo, e alla inerzia che ne deriva; resistere ai nemici e non aver pietà per i rivali; aguzzare l'ingegno, in- durare la pazienza, tendere la volontà. O anche, strozzare ogni dignità e spegnere ogni lume di coscienza, scendere in campo da bruti contro gli altri bruti, lasciarsi guidare dalle inso- spettate forze sotterranee che sorreggono le stirpi e gli individui nei tempi crudeli. Moltissi- me sono state le vie da noi escogitate e attuate per non morire: tante quanti sono i caratteri umani. Tutte comportano una lotta estenuante di ciascuno contro tutti, e molte una somma non piccola di aberrazioni e di compromessi. Il sopravvivere senza aver rinunciato a nulla del proprio mondo morale, a meno di potenti e diretti interventi della fortuna, non è stato concesso che a pochissimi individui superiori, della stoffa dei martiri e dei santi. 85 P. Levi, Opere complete, cit. 3 analisi del testo Da chimico ad antropologo Un discorso pacato e fermo 723 La negazione delle leggi morali e civili IL RIGORE SCIENTIFICO In queste pagine si può cogliere in modo evidente un aspetto del libro che abbiamo indicato come fondamentale: il suo carattere di studio scientifico rigoroso delle leggi che governano la vita del Lager. D'altronde Primo Levi, laureato in chimica, aveva una formazione scientifica: invece che sui composti in laboratorio, qui lo scienziato esercita il suo studio sui comporta- menti umani in una particolare collettività, quindi si trasforma in antropologo e sociologo. L'abito mentale scientifico si scorge nell'atteggiamento che lo scrittore assume dinanzi alla realtà del campo di annientamento, e nel modo in cui imposta il discorso. Non troviamo reazioni emotive esasperate, deprecazioni violente, espressioni di odio e di indignazione manifestate con enfasi: il discorso è pacato, preciso, proprio come di chi compie un'analisi scientifica. Lo sdegno morale per l'umanità offesa e umiliata è tutto implicito dietro questa freddezza anali- tica, ma non è difficile coglierlo: e ciò fa sì che il quadro tracciato scuota e indigni la coscienza del lettore ben più che ogni tirata eloquente e reboante. La semplice descrizione delle condi- zioni di vita nei campi di concentramento rappresenta di per sé un implacabile atto di accusa nei confronti del nazismo. LA LOTTA PER LA SOPRAVVIVENZA La legge fondamentale individuata dallo "scienziato" è quella della lotta per la sopravvi- venza in una condizione durissima, in cui la sofferenza è continua, oltre i limiti del tollerabile, e la morte è sempre a un passo. Ciascuno non arretra dinanzi ai mezzi più subdoli e infami pur di procurarsi un po' più di cibo, trovare gli oggetti indispensabili (una gamella per la zuppa, un cucchiaio, un coltello per il pane, ago e filo), evitare la fatica. Anche in questa negazione delle leggi morali e civili che dovrebbero regolare la vita di una comunità consiste l'annientamen- to a cui mira il meccanismo del Lager. Ma se i detenuti smarriscono il senso morale e civile, nessuna colpa può essere loro imputata: la colpa è tutta di chi li ha ridotti in quelle condizioni. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. 724 Una razza eletta e una inferiore IL RAZZISMO Emerge dal passo anche il fondamento razzista dell'universo concentrazionario: i non ebrei hanno automaticamente posizioni di privilegio e di dominio, che consentono loro condizioni di vita più accettabili. L'aberrazione assurda e odiosa è ritenere che chi non appartiene alla raz- za eletta, quella ariana, sia un essere inferiore, la cui vita non ha alcun valore e può essere spazzata via con l'indifferenza con cui si schiaccia un insetto nocivo. In Italia, dopo le leggi razziali contro gli ebrei del 1938, si pubblicò una rivista dalle pretese scientifiche, "La difesa della razza", a cui collaborarono noti scienziati. In realtà le teorie razziste non hanno alcun fondamento scientifico: la scienza dimostra che non esistono "razze" umane. EDUCAZIONE CIVICA Se questo è un uomo uscì più di set- tanta anni fa, ma il suo messaggio è quanto mai vivo oggi. Il razzismo, proprio in questi tempi, ha mani- festazioni frequenti e preoccu- panti: ancora contro gli ebrei, che in questi anni sono stati vittime di attentati sanguinosi a Parigi, in altre città francesi e in vari altri paesi, soprattutto a causa del terrorismo islamico; ma in Europa e in Italia sono attivi movimenti neofascisti e neonazisti che fomentano l'odio antisemita. Spesso vittime di razzismo, anche nel nostro paese, sono gli immigrati africani e asiatici, fatti segno di insul- ti, aggressioni, pestaggi, persino di tiri al bersaglio, che hanno provocato morti e feriti. Le cronache sono piene di questi epi- sodi. Ma al di là dei fenomeni estremi, c'è un razzismo più subdolo e strisciante, forse egualmente pericoloso, fatto di pregiudizi, di avversione e di odio contro gli immigrati, specie se di colore. Questo razzismo lo si riconosce facilmente dalla I CLASSICI PARLANO AL PRESENTE esercitare le competenze COMPRENDERE E ANALIZZARE 1. Comprensione Qual è la «legge iniqua» (r. 12) che vige nel Lager? Rispondi facendo riferimento al testo. 2. Sintesi Dopo aver individuato le quattro tipologie umane che secondo il racconto di Levi popolano il La- ger, sintetizza le caratteristiche di ognuna di esse (circa 5 righe 300 caratteri - per ciascuna). 3. Lessico Individua i termini e le espressioni con cui Levi si riferisce a coloro che nel campo sono i primi a soccombere e, quando possibile, spiegane il significato. 4. Stile Quale figura è presente nell'espressione «sel- vaggia pazienza» (rr. 4-5)? Spiegane il significato alla luce del testo nel suo complesso. DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI formula: «<lo non sono razzista, però...», oppure dall'altra for- mula che si sente spesso ripetere: «Se ne tornino a casa loro». Il seme del mo è già nel vedere in ogni strani ogni diverso, un nemico. A tal proposito proprio Primo Levi ha parole incisive nella prefazione a Se questo è un uomo: <<A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che "ogni straniero è nemico". Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezio- ne latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa mag- giore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager»>. Oggi poi la realtà del Lager con i suoi orrori non è affatto scomparsa: basti pensare ai campi di raccolta in Libia, dove i migranti so- no rinchiusi in condizioni terribili, tra botte, torture e stupri nei confronti delle donne. 5. RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE SVILUPPO SOSTENIBILE APPROFONDIRE E INTERPRETARE SNODI arte Ricerca in rete o su qualche libro d'argomento storico o artistico un'immagine che a tuo parere possa efficacemen- te rappresentare la tipologia umana del «sommerso», quale emblema del «male del nostro tempo» secondo la descrizione di Levi: «un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto non si possa leg- gere traccia di pensiero» (rr. 41-43). 6. ALLENARE IL PENSIERO CRITICO Argomentare Nel pre- sentare il «triste fenomeno umano» dei «prominenti ebrei>> (considera le rr. 49-66), Levi adotta il procedere pro- prio di un'argomentazione scientifica: individua la sua tesi, le possibili obiezioni ad essa (o antitesi) e gli ar- gomenti adoperati per sostenere la prima e confutare le seconde. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 Primo Levi Il canto di Ulisse 4 nell'inferno del Lager nazista SNODI storia AUDIOLETTURA 10 15 Appeso con una mano alla scala¹ oscillante, mi indicò: - Aujourd'hui c'est Primo qui viendra avec moi chercher la soupe². Fino al giorno prima era stato Stern, il transilvano strabico; ora questi era caduto in disgra- zia per non so che storia di scope rubate in magazzino, e Pikolo era riuscito ad appoggiare 5 la mia candidatura come aiuto nell'«<Essenholen³», nella corvée quotidiana del rancio. Si arrampicò fuori, ed io lo seguii, sbattendo le ciglia nello splendore del giorno. Faceva tie- pido fuori, il sole sollevava dalla terra grassa un leggero odore di vernice e di catrame che mi ricordava una qualche spiaggia estiva della mia infanzia. Pikolo mi diede una delle due stanghe", e ci incamminammo sotto un chiaro cielo di giugno. 20 Cominciavo a ringraziarlo, ma mi interruppe, non occorreva. Si vedevano i Carpazi coperti di neve. Respirai l'aria fresca, mi sentivo insolitamente leggero. - Tu es fou de marcher si vite. On a le temps, tu sais5 -. Il rancio si ritirava a un chilometro di distanza; bisognava poi ritornare con la marmitta di cinquanta chili infilata nelle stan- ghe. Era un lavoro abbastanza faticoso, però comportava una gradevole marcia di andata senza carico, e l'occasione sempre desiderabile di avvicinarsi alle cucine. Rallentammo il passo. Pikolo era esperto, aveva scelto accortamente la via in modo che avremmo fatto un lungo giro, camminando almeno un'ora, senza destare sospetti. Parla- vamo delle nostre case, di Strasburgo e di Torino, delle nostre letture, dei nostri studi. Del- le nostre madri: come si somigliano tutte le madri! Anche sua madre lo rimproverava di non saper mai quanto denaro aveva in tasca; anche sua madre si sarebbe stupita se avesse potuto sapere che se l'era cavata, che giorno per giorno se la cavava. Passò una SS in bicicletta. È Rudi, il Blockführer. Alt, sull'attenti, togliersi il berretto. - Sa- le brute, celui-là. Ein ganz gemeiner Hund' -. Per lui è indifferente parlare francese o tede- sco? È indifferente, può pensare in entrambe le lingue. È stato in Liguria un mese, gli piace 25 l'Italia, vorrebbe imparare l'italiano. Io sarei contento di insegnargli l'italiano: non possia- mo farlo? Possiamo. Anche subito, una cosa vale l'altra, l'importante è di non perdere tem- po, di non sprecare quest'ora. Passa Limentani, il romano, strascicando i piedi, con una gamella nascosta sotto la giacca. Pikolo sta attento, coglie qualche parola del nostro dialogo e la ripete ridendo: - Zup-pa, cam-po, ac-qua. Passa Frenkel, la spia. Accelerare il passo, non si sa mai, quello fa il male per il male. 30 temi chiave > la disumanità del Lager > la solidarietà umana da Se questo è un uomo, cap. XI Il "Pikolo", un giovane alsaziano che è un po' il factotum della baracca, e pur nell'ambiente disumanizzato del Lager ha conservato il senso dell'umanità, si fa accompagnare dallo scrittore a ritirare la pentola della zuppa, e durante il lungo tragitto chiede al compagno di insegnargli un po' di italiano. 725 > l'umanità recuperata nella letteratura 1.scala: Levi e alcuni compagni stanno pulendo l'interno di una caldaia arruggini- ta. Il Pikolo si affaccia dallo sportello aper- to in alto. 4. stanghe: per reggere il recipiente della zuppa. 5. Tu es... sais: sei matto a camminare così in fretta. Abbiamo tempo, sai. 6. Blockführer: erano così chiamati i militi incaricati della sorveglianza di singoli repar- ti della fabbrica a cui erano adibiti i detenuti. ... Il canto di Ulisse. Chissà come e perché mi è venuto in mente: ma non abbiamo tempo di sce- gliere, quest'ora già non è più un'ora. Se Jean è intelligente capirà. Capirà: oggi mi sento da tanto. 7. Sale... Hund: la frase è metà in francese e metà in tedesco (gli alsaziani, abitando una regione alla frontiera con la Germa- nia, sono bilingui): è uno sporco bruto, quel- lo là. Un cane malvagio. 8.gamella: recipiente metallico in dotazio- ne ai soldati, usato per contenere il rancio. 2. Aujourd'hui ... soupe: oggi verrà Primo a ritirare la zuppa con me. 3. Essenholen: l'andare a prendere il cibo. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. 726 35 40 50 55 60 ... Chi è Dante. Che cosa è la Commedia. Quale sensazione curiosa di novità si prova, se si cerca di spiegare in breve che cosa è la Divina Commedia. Come è distribuito l'Inferno, co- sa è il contrappasso. Virgilio è la Ragione, Beatrice è la Teologia. Jean è attentissimo, ed io comincio, lento e accurato: Lo maggior corno della fiamma antica Cominciò a crollarsi mormorando, Qui mi fermo e cerco di tradurre. Disastroso: povero Dante e povero francese! Tuttavia l'e- 45 sperienza pare prometta bene: Jean ammira la bizzarra similitudine della lingua, e mi sug- gerisce il termine appropriato per rendere <<antica»>. E dopo <<Quando»? Il nulla. Un buco nella memoria. <«<Prima che sì Enea la nominasse»>. Al- tro buco. Viene a galla qualche frammento non utilizzabile: <<... la piéta Del vecchio padre, né 'l debito amore Che doveva Penelope far lieta...» sarà poi esatto? Ma misi me per l'alto mare aperto. Pur come quella cui vento affatica. Indi, la cima in qua e in là menando Come fosse la lingua che parlasse Mise fuori la voce, e disse: Quando'... DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI Di questo sì, di questo sono sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere per- ché <<misi me»> non è «je me mis», è molto più forte e più audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L'alto mare aperto: Pikolo ha viaggiato per mare e sa cosa vuol dire, è quando l'orizzonte si chiude su se stesso, libero diritto e semplice, e non c'è ormai che odore di mare: dolci cose ferocemen- te lontane. Siamo arrivati al Kraftwerk¹0, dove lavora il Kommando dei posacavi. Ci dev'essere l'inge- gner Levi. Eccolo, si vede solo la testa fuori della trincea. Mi fa un cenno colla mano, è un uomo in gamba, non l'ho mai visto giù di morale, non parla mai di mangiare. <<Mare aperto»>. <<Mare aperto». So che rima con «diserto»: «... quella compagna Picciola, dalla qual non fui diserto», ma non rammento più se viene prima o dopo. E anche il viag- gio, il temerario viaggio al di là delle colonne d'Ercole, che tristezza, sono costretto a rac- contarlo in prosa: un sacrilegio. Non ho salvato che un verso, ma vale la pena di fermarcisi: 9. Lo maggior... Quando: in un'edizione da lui stesso commentata, l'autore precisa in una nota che i passi danteschi sono citati a memoria, perciò contengono molte ine- sattezze. 10. Kraftwerk: centrale elettrica. 1 in una cidaie interratu alto. Tu po 10 lav o el controllava; però fiesT reado e Castil in sesletta di cords che ocenaev paseo 'out o Deutsch spanse la sigaretta, solder vid divan tut niachiere vigoroasente 1a/47930 ti era reato in 1 11 Torarbeiter, era solo aan latte lees. Il manoscritto originale di Levi del capitolo "Il canto di Ulisse", custodito presso l'Holocaust Memorial Museum di Washington, DC. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 Primo Levi ... Acciò che l'uom più oltre non si metta. 65 <<Si metta>>: dovevo venire in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima, <<e misi me». Ma non ne faccio parte a Jean, non sono sicuro che sia una osservazione impor- tante. Quante altre cose ci sarebbero da dire, e il sole è già alto, mezzogiorno è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda. Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu capisca: 70 80 85 75 Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie¹¹; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle. Li miei compagni fec'io sì acuti... 90 95 Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza. 100 Come se anch'io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono. 727 ... e mi sforzo, ma invano, di spiegare quante cose vuol dire questo «<acuti». Qui ancora una lacuna, questa volta irreparabile. <<... Lo lume era di sotto della luna» o qualcosa di simile; ma prima?... Nessuna idea, «<keine Ahnung» come si dice qui. Che Pikolo mi scusi, ho di- menticato almeno quattro terzine. - Ça ne fait rien, vas-y tout de même ¹². Quando mi apparve una montagna, bruna Per la distanza, e parvemi alta tanto Che mai veduta non ne avevo alcuna. Sì, sì, <<alta tanto»>, non «molto alta», proposizione consecutiva. E le montagne, quando si vedono di lontano... le montagne... oh Pikolo, Pikolo, di' qualcosa, parla, non lasciarmi pensare alle mie montagne, che comparivano nel bruno della sera quando tornavo in treno da Milano a Torino! Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono. Pikolo atten- de e mi guarda. Darei la zuppa di oggi per saper saldare «non ne avevo alcuna» col finale. Mi sforzo di rico- struire per mezzo delle rime, chiudo gli occhi, mi mordo le dita: ma non serve, il resto è si- lenzio. Mi danzano per il capo altri versi: «... la terra lagrimosa diede vento...>> no, è un'al- tra cosa. È tardi, è tardi, siamo arrivati alla cucina, bisogna concludere: Tre volte il fe' girar con tutte l'acque, Alla quarta levar la poppa in suso E la prora ire in giù, come altrui piacque….. Trattengo Pikolo, è assolutamente necessario e urgente che ascolti, che comprenda questo <<come altrui piacque», prima che sia troppo tardi, domani lui o io possiamo essere morti, o non vederci mai più, devo dirgli, spiegargli del Medioevo, del così umano e necessario e 11. riguarda ... specie: Levi commenta: «La famosa terzina appena citata acquista un va- lore terribilmente attuale per l'autore e per il G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, suo amico: in Lager si vive "come bruti", la "semenza" umana è calpestata, virtù e cono- scenza sono relegate a rari attimi di pace». Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C © Pearson Italia S.p.A. 12. Ça même: non importa, continua egualmente. 728 105 pure inaspettato anacronismo¹3, e altro ancora, qualcosa di gigantesco che io stesso ho vi- sto ora soltanto, nell'intuizione di un attimo, forse il perché del nostro destino, del nostro essere oggi qui¹4... 110 13. anacronismo: il fatto che il pagano Ulisse faccia riferimento al Dio cristiano («come altrui piacque>>). 14. il perché ... qui: intravede un'analogia tra il naufragio di Ulisse e la sorte dei pri- gionieri: sono stati gli uni e gli altri puniti, Siamo oramai nella fila per la zuppa, in mezzo alla folla sordida e sbrindellata dei porta-zuppa degli altri Kommandos. I nuovi giunti ci si accalcano alle spalle. - Kraut und Rüben? - Kraut und Rüben -. Si annunzia ufficialmente che oggi la zuppa è di cavoli e ra- pe: - Choux et navets. - Kaposzta és répak¹5. Infin che 'l mar fu sopra noi rinchiuso¹. 4 analisi del testo Un senso alla vita DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI l'eroe greco per aver infranto i vincoli im- posti da Dio, i detenuti perché hanno osato opporsi all'ordine fascista in Europa. 15. Choux... répak: «cavoli e rape>> è ripe- tuto in francese e in polacco, oltre che in tedesco e in italiano, poiché i deportati La resistenza all'annientamento P. Levi, Opere complete, cit. LA LETTERATURA E LA SALVEZZA DELL'UMANO di umano Il canto dantesco di Ulisse ha una funzione essenziale in questo famoso episodio del libro di Primo Levi. Nei versi del poeta trecentesco, l'uomo di una tragica epoca del Novecento, quella della guerra mondiale, della barbarie nazista e dello sterminio del popolo ebraico, trova un'il- Salvare qualcosa luminazione che può dare un senso alla vita, proprio al centro dell'orrore assoluto. Nell'estre- ma degradazione provocata dal Lager, in cui l'uomo è ridotto a un bruto che non pensa e che obbedisce istintivamente ai soli bisogni primordiali, mangiare ed evitare il dolore, l'aggrap- parsi al ricordo letterario può ancora esprimere il disperato tentativo di salvare qualcosa di umano. La chiave del passo è quindi nella citazione dei famosi versi: «<Fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e conoscenza», che risuonano nel narratore come per la pri- ma volta e assumono un significato rivelatore. provengono da diversi paesi europei. 16. Infin... rinchiuso: il verso che chiude l'episodio di Ulisse pone fine anche a un al- tro «<volo»>, lo sforzo dei due prigionieri per sollevarsi al di sopra della realtà spaven- tosa del Lager. LA LETTERATURA E IL LEGAME SOCIALE È un messaggio «che riguarda tutti gli uomini in travaglio» (rr. 77-78), specie chi, come i due prigionieri, è costretto a parlare con le stanghe del pesante recipiente della zuppa sulle spalle. Ma poi l'episodio dantesco suscita l'affollarsi di riflessioni e di ricordi: tutta la parte spirituale dell'individuo, quella che l'organizzazione del Lager mira sistematicamente ad annientare, riaffiora, ha la meglio sulla riduzione dell'uomo ad animale o a cosa. L'ostinato tentativo di ri- comporre nella memoria i versi di Dante diviene una forma di resistenza all'annientamento. Il recupero dell'umanità si unisce indissolubilmente al bisogno di socialità, che si manifesta nel senso di amicizia istituitosi fra i due prigionieri: la letteratura serve anche a stabilire imme- diatamente il legame con l'altro uomo. L'arrivo tra la <<folla sordida» dei «porta-zuppa» (rr. 108-109) segna invece la reimmersione nel quotidiano inferno concentrazionario, ed è suggellato emblematicamente dal parallelismo fra la ripetizione degli ingredienti della zuppa in varie lingue, che allude al ritorno a una condi- zione animalesca attenta solo ai bisogni primordiali, e l'ultimo verso dell'episodio dantesco, <<Infin che 'l mar fu sopra noi rinchiuso». G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 Primo Levi I CLASSICI PARLANO AL PRESENTE Un episodio come questo del canto dantesco richiamato nel Lager può offrire l'occasione per riflettere sul senso e sul valore della cultura umanistica. Sostenere, come facevano gli umanisti quattro- centeschi, che in essa risiede l'essenza dell'umanità, ciò che fa sì che l'uomo sia tale e non sia assimilabile a un animale o a una cosa, può suonare astratto e quindi non ben comprensibile. Ma il senso diventa subito chiaro nella situazione concreta del La- esercitare le competenze COMPRENDERE E ANALIZZARE 1. Comprensione Recupera nel testo tutti gli ele- menti che fanno riferimento alla dimensione domesti- ca e degli affetti personali propri della vita del narratore prima della deportazione. Egli si abbandona al rimpian- to nostalgico o cerca di evitarlo? Per quale motivo? 2. Comprensione Perché l'espressione dantesca «come altrui piacque» (rr. 101 e 103) risulta tanto signi- ficativa per il narratore? 3. Lingua Rintraccia nel testo tutti i passi in cui si in- seriscono termini ed espressioni provenienti da lingue straniere. Quale effetto producono e quale funzione svolgono? 4. Tecnica narrativa Pikolo e il protagonista incon- trano diversi personaggi lungo il loro percorso: delinea i La continuazione di Se questo è un uomo Un ritorno alla vita 729 ger descritta da Primo Levi, dove l'uomo è svuotato di umanità e ridotto davvero al livello di animale o cosa, e il recupero di un passo letterario attraverso la memoria risveglia in lui l'uma- nità negata. È la smentita più recisa di chi è convinto (e oggi sono molti) che la cultura umanistica sia superata, inutile a fronte di discipline dall'immediata produttività pratica. E va ri- cordato che a narrare l'episodio in cui risalta il valore della cul- tura umanistica è proprio un uomo dalle competenze tecniche, che lavora nell'industria. connotati di ciascuno di essi e spiega quale sia, secon- do te, la funzione narrativa di questi dettagli. APPROFONDIRE E INTERPRETARE 5. Esposizione orale Quali sono le caratteristiche del paesaggio in cui è ambientata la narrazione? È pos- sibile individuare un legame tra la loro connotazione e il messaggio positivo implicito nell'episodio narrato? Ri- spondi in un discorso di circa 3 minuti, facendo riferi- mento al testo. 6. Scrittura | Confronto fra testi Metti a confronto il valore e la funzione della poesia quali emergono dal testo di Levi, con quelli espressi da Ungaretti nella lirica Com- miato (> T9, p. 237). Quali coincidenze e quali differenze ri- levi? Rispondi in un testo di 15 righe (900 caratteri circa). 3 La tregua La tregua, scritto fra il 1961 e il 1962 e pubblicato nel 1963, è un'ideale continuazione di Se que- sto è un uomo, in quanto racconta la lunga odissea del ritorno in patria dei deportati attra- verso l'Europa orientale. La materia è ancora costituita da degradazione umana, sofferenze fisiche e morali, fame, ma il libro è molto diverso da quello precedente. Se questo è un uomo at- tinge a livelli tragici altissimi nel descrivere l'annientamento morale dell'uomo e l'incombere costante della morte, attraverso lo sfinimento fisico, le malattie o le camere a gas; nella Tregua invece questo senso di morte non si coglie più, anzi si impone proprio lo slancio di un ritor- no alla vita, quindi allo scrittore si apre la possibilità di una vasta gamma di altri toni. e l'acutezza scientifica Il tema del viaggio Innanzitutto centrale è il tema del viaggio, con l'osservazione di paesaggi, ambienti sociali, co- stumi e mentalità di varie nazioni. E in queste descrizioni ricompare l'acutezza di osservazio- ne dello scrittore, che come sempre raggiunge i livelli di penetrazione scientifica dell'antropolo- go e del sociologo. Anche qui lo studio si effettua su delle collettività, prima quella del campo di raccolta polacco di Katowice, poi di quello bielorusso di Staryje Doroghi: vengono ricostruite con estrema esattezza le reti di rapporti e le leggi che regolano queste particolari comunità di persone, che devono affrontare condizioni di vita di estremo disagio e di incredibile durezza. Non vi è più una lotta per la sopravvivenza spietata come ad Auschwitz, però l'individuo deve egualmente mettere alla prova il suo ingegno e la sua capacità di adattamento alle circostanze G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C © Pearson Italia S.p.A. 730 economico L'aspetto per riuscire a vivere un po' meglio. È soprattutto in primo piano l'aspetto economico, attraverso la ricerca disperata di cibo e di oggetti necessari alla vita; tale ricerca avviene di norma median- te il baratto, secondo rigide leggi di mercato, anche a questi livelli elementari. I ritratti di personaggi Le figure femminili Il senso del titolo DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI Ma poi il libro è caratterizzato dalla presenza di una miriade di figure, ritratte con una vi- vezza straordinaria: a proposito dell'ingegno che occorre nello scambio economico, spicca il mercante greco di Salonicco, Mordo Nahum, il cui comportamento è dominato dall'interes- se, ma che sa anche dimostrare una profonda saggezza. Oppure si offre in primo piano il giovanissimo ebreo del ghetto romano, Cesare, amico inseparabile di Primo, dall'abilità commerciale sbalorditiva, che sa cavarsela nelle situazioni più impossibili e da cui emana una simpatia calorosa e vitale. Si incidono nella memoria anche figure femminili indimen- ticabili, come l'infermiera russa Marija, efficiente ma ricca di umanità nei confronti degli ex detenuti, o la giovanissima segretaria Galina, dalla prorompente vitalità, o la dolente figura dell'italiana che nel Lager era stata costretta ad esercitare la prostituzione con i capi, e che ora nel campo è schiava di un individuo brutale che la batte senza pietà (ma Levi sa evitare ogni forma di patetismo, un rischio che era insito in una simile materia). La dimensione Il viaggio per l'Europa conosce infinite traversie, per cui il racconto spesso assume un'av- avventurosa vincente dimensione avventurosa e "picaresca". Ricordiamo che il romanzo picaresco è un genere diffuso nella letteratura barocca, soprattutto spagnola, e narra le avventure dei pícari, furfanti vagabondi, sfrontati, astuti e simpatici. Il personaggio di Cesare rientra per vari aspetti in questa categoria. Spassoso è ad esempio l'episodio in cui il giovane romano, durante una sosta del treno, vende a un contadino un anello d'ottone spacciandolo per oro, e confidando che il treno parta prima che la vittima si accorga dell'inganno. Invece il treno, appena partito, si arresta di nuovo, mentre il contadino arriva inferocito. Cesare è terroriz- zato e cerca disperatamente di nascondersi sotto un mucchio di stracci, ma per sua fortuna Lo humour il treno riparte proprio all'ultimo istante. La penosa vicenda di soggiorni in campi di raccol- ta e di interminabili viaggi in treno e l'infinita galleria di personaggi sono pervase da un sottile senso dello humour, che è tipico della tradizione ebraica, e che è una novità rispet- to alle note cupe e dolenti ispirate dal Lager in Se questo è un uomo. Il senso del titolo è spiegato nella conclusione del libro: i mesi di vagabondaggio ai margini della civiltà, sebbene duri, dopo il ritorno a casa appaiono come «<una tregua» tra il periodo di Auschwitz e un avvenire oscuro, in cui sarà necessario «dare battaglia, contro nemici ancor ignoti, dentro e fuori di noi». Questi «<nemici» sono il difficile reinserimento nella realtà da cui gli ebrei deportati erano stati strappati, ma soprattutto le ferite lasciate dall'esperienza del La- ger, «il veleno di Auschwitz». Quelle ferite che in Primo Levi non si rimarginarono mai, e for- se lo portarono alla morte. Fotogramma dal film La tregua, di Francesco Rosi, con John Turturro, Rade Serbedzija, Massimo Ghini, 1997. Nel 1997 esce al cinema La tregua di Francesco Rosi, un libero adattamento dell'omonimo libro di Primo Levi, che è la prosecuzione di Se questo è un uomo. A differenza del libro, caratterizzato da un distacco ironico talvolta squarciato da vivide immagini d'orrore, il film adotta uno stile fortemente retorico, allo scopo dichiarato di «commuovere>> lo spettatore. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 Primo Levi Il titolo La guerra partigiana Il taglio epico La scrittura piana e l'ironia La narrazione corale 751 La speranza di una liberazione 6 Il romanzo: Se non ora, quando? Dopo le raccolte di racconti e un libro dalla struttura particolare come La chiave a stella, Levi approda al romanzo vero e proprio con Se non ora, quando?, uscito nel 1982. Il titolo è stato suggerito all'autore da Le massime dei Padri, una raccolta di detti di rabbini famosi, redatta nel II secolo dopo Cristo e che fa parte del Talmud, libro fondamentale della cultu- ra ebraica. Il romanzo, basato su fatti reali ma reinventati dall'immaginazione letteraria, narra le peripezie di un gruppo di ebrei russi e polacchi che, durante l'ultima guerra mondiale, conducono una guerriglia partigiana contro l'esercito tedesco invasore ora in ritirata. Alla fine riescono a raggiungere l'Italia, per salpare di lì verso la Palestina, dove da tempo si era insediata una folta emigrazione di ebrei in fuga dall'Europa e dalle perse- cuzioni, e dove nel 1948 nascerà lo Stato di Israele. Il racconto ha un taglio epico, anche se, secondo l'inclinazione letteraria tipica di Levi, ri- fugge dalla retorica e dall'enfasi, che sono rischi insiti nella scelta dell'epopea. Al contra- rio la scrittura, come sempre, è piana, equilibrata, anzi pervasa dalla consueta lieve iro- nia, che è l'antidoto più efficace contro ogni cedimento agli eccessi emotivi e alla tenta- zione di innalzare eccessivamente il tono. Non si può dire che spicchino figure protagonistiche: il romanzo è corale. Presenta una galleria di personaggi caratterizzati da età, provenienze sociali e nazionali diverse, e anche dalle esperienze tragiche che hanno alle spalle, a causa delle persecuzioni naziste. La vicenda è tutta intessuta di attacchi, fu- ghe, accanite resistenze, pericoli, privazioni, vittorie e ripiegamenti, nei paesaggi sconfi- nati e nevosi delle pianure russe. di riscatto L'ultima possibilità Tutti i personaggi sono uniti dalla consapevolezza che quella guerra offre loro l'ultima possibilità di riscattare il proprio destino, di ribellarsi alla condizione secolare di perseguitati dall'odio razzista e dal pregiudizio: una condizione sfociata infine nell'or- rore della "soluzione finale", il genocidio nazista. Questa consapevolezza è rispecchiata dal titolo, Se non ora, quando?. La durezza della lotta partigiana, continuamente esposta al rischio mortale, è sorretta dalla speranza nella possibilità di una condizione diversa, caratterizzata dalla liberazione da ogni servitù, da dignità ed eguaglianza. Questa lotta disperata e coraggiosa si pone in qualche modo come contraltare positivo dell'an- nientamento a cui sono sottoposti i milioni di ebrei inermi, deportati e richiusi nei La- ger e condannati alle camere a gas, senza alcuna possibilità di opporsi alle forze sover- chianti e alla macchina stritolante dell'organizzazione nazista (anche se vi furono egualmente tentativi di rivolta nei Lager: un episodio del genere è toccato nelle ultime pagine di Se questo è un uomo, in cui si narra l'impiccagione di un appartenente a un gruppo di sabotatori). 7 Le poesie e i saggi La produzione La produzione narrativa di Levi è accompagnata costantemente, negli anni, da una produ- poeticazione poetica. Un gruppo di testi uscì nel 1946 con il titolo L'osteria di Brema, le altre poesie comparvero per gran parte sul quotidiano "La Stampa", e tutte sono state poi raccolte sotto I temi il titolo Ad ora incerta. Esse affrontano temi affini a quelli delle opere narrative, rifles- sioni agganciate alle vicende storiche, alle memorie della deportazione, alla condizione G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. 752 La produzione saggistica Incursioni in campi diversi Lo stile nitido e preciso I sommersi ei salvati della vita nella realtà presente. Il linguaggio rifugge da ogni preziosità, da ogni oscurità e da ogni ostentato artificio letterario, è piano, diretto, a tratti quasi colloquiale. La produzione saggistica confluisce in primo luogo nel volume L'altrui mestiere, uscito nel 1985, che raccoglie scritti composti fra il 1964 e il 1984. Come suggerisce il titolo, sono incursioni in campi diversi dal proprio, zoologia, astronomia, bo- tanica, linguistica, letteratura, che diventano occasione per gustose ed estrose di- vagazioni, sorrette però da autentica competenza. Inoltre Levi parla di autori che gli sono cari, spiega le motivazioni del suo scrivere, evoca ricordi di giovinezza no- stalgici ma sempre percorsi dalla sua caratteristica ironia. Anche lo stile è quello solito della prosa narrativa, nitido e preciso. Altri saggi, uniti a vari ulteriori rac- conti, uscirono sotto il titolo Il fabbricante di specchi nel 1986. DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI In I sommersi e i salvati (1986) Levi torna sull'esperienza del Lager nazista e la leg- ge non come un fatto ormai concluso e circoscritto, ma come una vicenda esemplare che consente di capire sin dove può giungere l'uomo nell'orrore. Ed è importante per lui riprendere quei problemi dal momento che, soprattutto per le nuove generazioni, quegli eventi si fanno remoti e talora restano nebulosi o del tutto ignoti. È anche un li- bro militante, che si batte contro falsificazioni e negazioni della realtà storica, quin- di è un contributo fondamentale per la formazione di una coscienza critica, specie per i giovani. INTER PRETA ZIONI CRITI CHE allenamento all'analisi e produzione di un testo argomentativo 5 CESARE SEGRE Chiarezza razionale e aspetti oscuri del mondo Il critico insiste in primo luogo sulla chiarezza e la precisione della scrittura di Primo Levi, che nascono dalla necessità di testimoniare su un'esperienza di orrore. Lo scrittore ha conosciuto gli aspetti più oscuri dell'uomo, ed è ri- corso alla ragione per inquadrarli e portarli a chiarezza. Il secondo aspetto su cui insiste il passo è la preparazione scientifica di Levi, il quale come scrittore opera sempre con criteri ben definiti, come lo scienziato, che lo portano a evitare ogni cedimento all'irrazionale. Anche il suo stile punta all'esattezza, non ama l'ambiguità in cui talora risiede la poesia. CESARE SEGRE (1928-2014) è stato uno dei più importanti filologi e critici del Novecento italiano. Seguace del metodo strutturalista, nella sua attività di interprete dei testi non si è mai fermato a indagare solo le loro strutture interne, ma le ha sempre collocate entro il processo storico, come testimonia già solo il titolo di uno dei suoi primi e fondamentali libri, Le strutture e il tempo (1974). 66È difficile scrivere di Primo Levi. Il suo punto di partenza è stato la necessità di testimoniare, e un testimone dev'essere chiaro ed esplicito. Egli non vuole che l'uomo dimentichi; egli fornisce i propri ricordi con l'esattezza possibile, segnalando persino se zone della sua memoria sono confuse, corrispondenze cronologiche in- certe. Egli ha conosciuto, nelle loro conseguenze, gli aspetti più oscuri, inconfessabi- G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A. Capitolo 8 Primo Levi li, abietti dell'animale uomo, ma è ricorso alla ragione, che se non riesce a spiegarli permette di inquadrarli e distinguerli e aiuta a vincerli almeno sul piano intellettua- le. Ecco perché Levi non sente alcuna attrazione per gli angoli torbidi della coscienza («<il pozzo buio dell'animo umano» [...]) in cui si spingono alcuni scrittori, desiderosi 10 di sfiorare tutto il conoscibile dell'uomo. Questi angoli, Levi li ha visitati per forza, e preferisce ora aggrapparsi, illuministicamente, ai criteri di scelta e di giudizio che la sua ragione e la sua moralità gli forniscono. Ciò vale anche per gli scritti non dedica- ti all'esperienza concentrazionaria. 15 20 25 30 753 Utile a questo proposito un confronto che fa Levi tra se stesso e Kafka, da lui tradotto negli ultimi anni: ... amo e ammiro Kafka perché scrive in un modo che mi è totalmente precluso. Nel mio scrivere, nel bene o nel male, sapendolo o no, ho sempre teso a un trapas- so dall'oscuro al chiaro, come [...] potrebbe fare una pompa-filtro, che aspira ac- qua torbida e la espelle decantata: magari sterile. Kafka batte il cammino opposto: dipana senza fine le allucinazioni che attinge da falde incredibilmente profonde, e non le filtra mai. Il lettore le sente pullulare di germi e spore: sono gravide di si- gnificati scottanti, ma non è mai aiutato a rompere il velo o ad aggirarlo per andare a vedere ciò che esso nasconde. In più, Levi è fortemente condizionato dalla sua preparazione scientifica. Egli ope- ra, anche come scrittore, con criteri ben definiti, che ridefinisce a nostro uso sia in dichiarazioni apposite di poetica e in interviste. Questo naturalmente non implica estraneità o sordità all'irrazionale, ma favorisce una posizione di principio contraria a qualunque incauta adulazione dell'irrazionale, a qualunque gioco intellettuale che possa indulgere a potenzialità non sicuramente controllabili. Il suo sforzo, an- che stilistico, è indirizzato verso la precisione, che è poi spesso esattezza espressiva: non ama e non cerca l'ambiguità, in cui talora risiede la poesia, ma anche la confu- sione dei valori. C. Segre, Introduzione a P. Levi, Opere, vol. II, Einaudi, Torino 1988 esercitare le competenze COMPRENSIONE E ANALISI 1. Comprensione A quale esigenza risponde, secon- do il critico, l'«<esattezza» della scrittura di Primo Levi? 2. Comprensione A sostegno di quale tesi Segre ri- porta un brano di Levi stesso? 3. Lessico Spiega il significato dell'espressione «<in- cauta adulazione dell'irrazionale» (r. 28): a che cosa si riferisce e come si pone l'opera di Levi, rispetto al con- cetto in essa espressa? PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO 4. Nelle riflessioni di Levi riportate da Segre, lo scrit- tore dichiara di aver «sempre teso», nella sua opera, «a un trapasso dall'oscuro al chiaro» (rr. 17-18). Ritieni che egli sia sempre riuscito nel suo intento? Argomenta la tua risposta in un testo di 15 righe (900 caratteri circa) tenendo conto dei testi presenti in antologia, delle ri- flessioni di Segre e delle tue conoscenze riguardo alla biografia e all'opera dello scrittore. G. Baldi, R. Favatà, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Imparare dai classici a progettare il futuro Edizione bianca Volume 3C Ⓒ Pearson Italia S.p.A.